di Antonino Fazio

Maurizio Cometto, Get Back, pp. 210, € 14, Il Foglio Letterario, Piombino 2022.

Get Back, che vuol dire “tornare indietro”, nel romanzo di Maurizio Cometto è anche il nome di un locale, ma più verosimilmente indica, da parte del protagonista, un ritorno all’indietro ai giorni della sua adolescenza, che non è solo un viaggio della memoria, ma comporta la ripresa di vecchi fili rimasti annodati, e che ora, nel momento della piena giovinezza, devono essere finalmente sciolti.
Il meccanismo narrativo del flashback fa oscillare Andrea Borando, e con lui il lettore, tra la Torino del 2002 e la provincia cuneese del 1989, ai tempi del liceo e della sua prima cotta giovanile. Questa avventura, vissuta con l’intensità tipica del diciottenne, rischia di sfociare in qualcosa di più serio e pericoloso, e da cui sarebbe meglio stare alla larga. Ma Andrea è testardo, e ci sono cose con le quali è destinato a fare i conti una volta per tutte.
Get Back è un romanzo di formazione nel senso più forte del termine. Se ci fossero dentro degli elementi fantastici e un tocco di horror, potrebbe sembrare una storia di Stephen King. Ma in questo caso Cometto non usa il registro del realismo fantastico, sfoderato ad esempio in Cambio di stagione (Il Foglio Letterario, 2011), ma quello di un realismo in cui il fantastico si insinua solo come uno degli effetti dell’attività tipicamente umana del fantasticare.
Tale attività, lungi dal rappresentare qualcosa che ci allontana dal reale, vi si incunea all’interno con tale persistenza da indirizzare il corso degli eventi in una specifica, benché imprevedibile, direzione, anziché verso un’altra. Il realismo quasi cronachistico assume perciò nel romanzo di Cometto un andamento che in alcuni frangenti è determinato più dall’immaginario (i sogni, come li chiama il protagonista) che dalla nuda realtà.
Get Back è anche un tuffo nell’Italia degli anni Ottanta, scandito dai riferimenti a nomi allora noti dello sport (ad esempio, Laurent Fignon nel ciclismo) o della musica leggera (ad esempio, il Bon Jovi di You give love a bad name, e The Style Council di You’re the Best Thing).
La figura femminile principale, Sara, riccioli biondi e una bellezza fresca come un fiore primaverile, è in qualche modo il nodo centrale del romanzo. Per Andrea rappresenta l’incarnazione della magia femminile, un sogno tanto più irresistibile in quanto la ragazza appare irraggiungibile (sta con un altro) eppure sembra talora quasi a portata di mano, un po’ come capita con la Luna.
I sommovimenti emozionali di questo amore giovanile sono descritti da Cometto con precisione e maestria quasi chirurgica, e direi senza uno sforzo apparente, come se attingesse a qualche sua esperienza personale tuttora vivida, benché ovviamente trasfigurata in materiale narrativo.
Per quanto in una certa misura imprevedibili, gli avvenimenti appaiono spontanei e naturali, e seguono un copione che non sembra scontato, né soggetto a forzature. Il ritmo narrativo segue l’ondeggiare della memoria, un va e vieni tra due periodi della vita del protagonista che corrispondono a due momenti di crisi, due snodi esistenziali nei quali le scelte che sembrano aprirsi forse non sono affatto disponibili.
Un aspetto centrale del romanzo ci sembra essere infatti il dubbio se le scelte di vita siano davvero il frutto di una decisione, o se invece gli ingranaggi dentro i quali ciascuno di noi si trova preso ci impediscano in realtà di poter spingere le cose in una direzione, piuttosto che un’altra. Sotto questo aspetto, il protagonista del romanzo mostra di credere nella libertà di scelta, salvo trovarsi poi a seguire una via obbligata, o quanto meno la via di minor resistenza.
In qualunque modo stiano le cose, l’impossibilità di prevedere come due (o più) soggetti reagiranno a una determinata situazione (un fenomeno che in gergo tecnico è definito “doppia contingenza”) fa sì che nessuna decisione abbia la garanzia di produrre un determinato risultato con ragionevole certezza.
Ne deriva che il nostro Andrea si troverà coinvolto in una serie di avvenimenti che non dipendono interamente da lui, o che dipendono da lui in un modo che egli non è in grado di prevedere. Il risultato di tutto questo sarà una sorpresa per lui e, naturalmente, una sorpresa per il lettore. Senza svelare nulla, diremo soltanto che questo romanzo di formazione assume a un certo punto quasi l’andamento di un giallo, al punto che, una volta chiuso il libro, ci potrebbe venire il dubbio se abbiamo letto un romanzo di formazione, un giallo decisamente atipico, oppure entrambe le cose.
Sciogliere questo dubbio non è essenziale, la cosa importante è che Cometto, da autentico narratore, sappia imbastire delle storie che hanno la capacità di farsi leggere. I personaggi sono credibili, la trama è ben condotta, lo stile è preciso, pulito, privo di sbavature. Ogni singola scena ha la sua funzione, ogni frase ha qualcosa da dire. Ci sono autori che si parlano addosso e autori che parlano al lettore. Cometto fa parte della seconda categoria.