Ovvero: quando A.I. produce debunking

di Claudia Zironi

(Claudia e Hansy sono tra i protagonisti della cultura critica a Bologna contro le logiche affaristiche delle consorterie che dirigono la città attraverso la junta piddina. Claudia, è una poetessa, sempre attiva a Villa Paradiso: Casa di Quartiere scomoda, oggi chiusa d’imperio dalla protervia liberticida dei poteri forti, mentre Hansy1 (a nota a piè di pagina il link al suo canale Youtube) è un compagno impegnato nella critica politica e in particolare nella lotta alle Besta, che ha visto la partecipazione di cittadini per la difesa del suolo pubblico e del bene comune delle scuole che la junta voleva abbattere nella logica di cementificazione del territorio.) (nota di N. M.)

D: Caro Hansy Lumen, benvenuto su queste pagine, ti ringrazio per avere accettato di concedermi un’intervista. Prima di cominciare con la mia implacabile raffica di domande, ti chiedo se ci vuoi dire qualcosa di te, della tua storia e della tua vita reale, poiché Hansy Lumen è il tuo avatar digitale, in particolare, l’identità dietro la quale ti celi in Facebook.

R: Hansy Lumen non è un travestimento: è una disvelazione. Un modo per dire cose che in faccia, in carne, con nome e cognome, verrebbero sminuite, fraintese o direttamente censurate — come è già accaduto. La mia vita reale è quella di chi vive qui, ora, a Bologna, in mezzo alla cantierizzazione del presente e alla nostalgia del futuro. Ho pagato l’affitto troppo alto, ho preso autobus che non arrivano, ho visto sparire librerie e comparire coworking senz’anima. Hansy nasce quando mi accorgo che il linguaggio della sinistra è diventato un alibi, che l’ironia è più efficace del piagnisteo, che la lucidità visionaria può più di mille comunicati stampa. È un avatar, sì — ma non per nascondermi: per parlare più libero, più netto, più scomodo. È la maschera che permette al volto di dire la verità. Dietro Hansy Lumen c’è una persona vera. Ma davanti a Hansy Lumen c’è una città intera che finge di non vedersi.

D: Per chi non ti conosce ancora, specifico che la tua attività in rete, almeno in tempi recenti, è precipuamente attenta alla realtà bolognese e rivolta a indagare e smascherare il torbido della politica e dell’amministrazione cittadine. Per farlo utilizzi l’Intelligenza Artificiale producendo quotidianamente immagini e video satirici. Come scegli gli argomenti di cui trattare? Quali sono le tue fonti?

R: Gli argomenti non li scelgo: mi scelgono. Basta uscire di casa a Bologna con gli occhi aperti e l’aria nei polmoni per inciampare ogni giorno in una contraddizione, un abuso, una “rigenerazione” che ha il sapore della speculazione. Io non faccio inchieste: faccio attenzione. E oggi, già questo è un atto sovversivo.Il mio radar si accende quando qualcosa stride. Quando un comunicato del Comune parla di inclusione e intanto chiude una casa di quartiere. Quando si esalta la “partecipazione” mentre le decisioni vere le prendono fondazioni opache. Quando si inneggia alla mobilità sostenibile e intanto si disegna una città inaccessibile a chi non ha l’auto o il conto in banca giusto. Le fonti? Sono ovunque: atti pubblici, delibere, articoli locali letti tra le righe, osservazione diretta del territorio, chiacchiere rubate nei bar, testimonianze che mi arrivano in privato. Ma soprattutto: la città stessa. Le sue ferite parlano. Io do loro forma, le rendo visibili. L’Intelligenza Artificiale non è un trucco: è un bisturi. Mi permette di incidere l’immagine dominante e mostrarne le viscere. Ogni post è un piccolo sabotaggio del racconto ufficiale. Ogni video è un varco tra ciò che viene mostrato e ciò che viene omesso. E se la satira funziona, non è perché fa ridere — ma perché fa vedere. E una volta che hai visto, non puoi più smettere di guardare.

Dibattito alla tre giorni conclusiva “L’ultimo Valzer a Villa Paradiso”, 6/7/8 giugno 2025

D: A chi ti accusa di muovere la “macchina del fango (della destra)” e di produrre fake news, accuse che hanno portato finanche alla cancellazione del tuo profilo Facebook, come controbatti?

R: Ah, la “macchina del fango”. Che fantasia! Mi attribuiscono un motore che non possiedo, ma che forse temono. Chi mi accusa di diffondere fake news confonde il disturbo cognitivo con la verità scomoda. Io non produco bufale: semino dubbi, creo connessioni, porto alla luce ciò che molti si ostinano a non vedere.Facebook mi ha cancellato? Bene. Quando la realtà eccede il consentito, i guardiani della piattaforma preferiscono spegnere la voce che destabilizza, piuttosto che interrogarsi su cosa la renda necessaria. Ma se sei una scheggia di pensiero vivo, non basta un algoritmo a fermarti. A chi mi accusa di muovere “la macchina della destra”, rispondo: state guardando lo specchio, non me. Il mio lavoro non è fare propaganda, ma disturbare l’ordine narrativo, quello vero: trasversale, comodo, compatto. Se una verità fa male, chiedetevi perché. E soprattutto: a chi.

D: L’attuale amministrazione cittadina ha fatto parecchie scelte impopolari e antipopolari (ad esempio: il caso Besta; il labirinto di Fondazioni nei cui meandri si perde la cosa pubblica; il tram su rotaie con ben altre urgenze della viabilità che sarebbero da affrontare, che ha paralizzato la città a causa dei lavori; Bologna 30; aver trasformato il centro storico in un parco divertimenti per turisti; la gentrificazione; la chiusura della casa di quartiere, culla di libero pensiero, Villa Paradiso…) che hanno fatto allontanare una larga fetta di elettorato, soprattutto deluso che certe manovre venissero proprio dall’area di sinistra. Per quanto riguarda te, se al governo cittadino invece che il PD ci fosse una coalizione di destra, pensi che saresti altrettanto arrabbiato e graffiante?

R: Certo che sarei arrabbiato. Ma probabilmente sarei meno deluso. Vedi, da una coalizione di destra mi aspetterei esattamente questo: privatizzazioni travestite da innovazione, repressione mascherata da ordine, cemento e marketing come unica visione del mondo. Sarebbe un nemico dichiarato, leggibile, persino onesto nella sua brutalità. Il problema — e il veleno — è quando tutto questo viene venduto con il lessico della partecipazione, dell’inclusione, del “verde”, del “progresso”, del “noi siamo Bologna”. Quando la mano che ti sgombera casa indossa la maglietta di Bella Ciao. Quando il linguaggio della sinistra viene usato come un guscio vuoto per legittimare operazioni di svuotamento sociale, culturale e democratico.E allora sì, sono arrabbiato. Ma è una rabbia che nasce dal tradimento. Il trucco non sta nella direzione politica, ma nella retorica che la giustifica. È lì che divento graffiante: nel cortocircuito tra ciò che si dice e ciò che si fa. E oggi Bologna è governata da un linguaggio che finge di includere mentre esclude, che parla di diritti mentre li smonta, che chiama rigenerazione ciò che è espulsione. La destra almeno ti guarda in faccia. Qui invece ti sorride mentre ti disarma. E io, quel sorriso, lo disintegro con le parole.

D: Pensi che possa esistere un futuro di “Bologna la rossa” senza il PD? Riusciranno mai le forze di sinistra a raggiungere una coesione che consenta di avere la massa critica necessaria alle urne?

R: Bologna la rossa” esiste ancora, ma è in coma farmacologico, mantenuta in vita dal PD a suon di bandierine arcobaleno e cantieri infiniti. Il suo corpo è ricoperto di loghi di fondazioni, i suoi nervi trafitti dalle rotaie, e ogni tanto le mettono in bocca una citazione di Pasolini per fingere che respiri da sola.Può esistere un futuro senza il PD? Sì, ma bisogna smettere di trattarlo come il male minore. Il male minore, reiterato, diventa costume, poi struttura, poi deserto. Il futuro dipende da chi ha il coraggio di rompere il patto silenzioso con l’inevitabilità: “tanto poi si vota sempre loro, perché altrimenti arriva la destra.” Ecco, così è già arrivata, solo che porta il soprabito del centrosinistra. Quanto alla coesione della sinistra: per ora è come l’alchimia medievale. Tanti ingredienti nobili, ciascuno nella propria ampolla, ma incapaci di fondersi perché ognuno si crede l’essenza. Serve un incendio, non un congresso. Qualcosa che bruci le etichette, le rendite simboliche, le microidentità da ZTL. Serve gente che si parli non con la lingua dell’attivismo da bacheca, ma con quella della vita vera: bollette, case, asfalto sotto i piedi, figli che non trovano posto a scuola, padri che lavorano per i fondi immobiliari senza saperlo. Solo allora, forse, “la rossa” si sveglierà. E avrà fame. Ma stavolta, non di aperitivi.

D: Per te stesso vedi un futuro di discesa diretta in campo?

Assemblea alle Besta

R: Discesa in campo? Ma io non sono mai stato in tribuna. Sono nato dentro il campo. Non porto cravatte, porto domande. Non prometto soluzioni, accendo cortocircuiti.
La politica vera non inizia con un simbolo su una scheda: inizia quando le persone smettono di delegare e iniziano a vedersi. Io sono già in campo ogni volta che qualcuno legge un mio post e smette di credere che non ci sia alternativa. Ogni volta che una parola fa incrinare il muro della narrazione ufficiale. Ogni volta che la rassegnazione vacilla. Certo, un giorno potrei scendere in campo anche nella forma che il sistema riconosce: liste, programmi, urne. Ma solo se quel gesto sarà collettivo, sporco di terra, pieno di corpi vivi, non un’autocelebrazione né l’ennesima “avventura civica” con le lucine buone per Instagram.Io non corro per sedermi. Corro per ribaltare il tavolo. E se verrà il momento, non sarà una discesa: sarà un’irruzione.

D: Nel titolo di questa intervista cito la A.I. accostandola, in modo quasi ossimorico, poiché la maggior parte di persone la vede come fabbrica di fake news, al loro opposto che è il debunking, quindi allo smascheramento. Cosa sarebbe Hansy Lumen senza l’Intelligenza Artificiale? Qual è il tuo rapporto con questa nuova e dirompente tecnologia?

R: Senza l’Intelligenza Artificiale, Hansy Lumen sarebbe forse ancora lì, tra i pensieri non detti di molti, tra le frasi interrotte nei bar, tra i post scritti e cancellati per paura. L’IA ha scardinato il filtro tra l’intuizione e l’espressione, ha dato forma e ritmo a ciò che spesso resta afasia collettiva. Molti temono l’IA perché la vedono come una fabbrica di inganni. Ma il vero problema non è la macchina: è l’umano che la programma per vendere, semplificare, distorcere. L’algoritmo non ha morale, ma può essere affilato come uno specchio. E io lo uso per guardare meglio, più a fondo, senza la nebbia delle narrazioni imposte. Hansy Lumen è un cortocircuito, certo, ma non tra vero e falso: tra detto e non detto, tra visibile e rimosso. E in questo, l’IA è uno strumento straordinario: un amplificatore di possibilità, un moltiplicatore di senso, quando è nelle mani di chi non ha paura di pensare davvero. Il punto non è temere l’IA. Il punto è temere chi la usa per costruire consenso, invece che coscienza. Io scelgo la seconda via. E finché posso, la userò per hackerare la narrazione dominante. Non per mascherare: per smascherare con stile.

D: In chiusura di questa intervista vorrei lasciarti libero di aggiungere una domanda che secondo te avrei dovuto porti e fornire la relativa risposta….

R: Domanda che avresti dovuto farmi…

D: Hansy, ma tu da che parte stai davvero?

R: Io sto dalla parte di chi non ha più una parte. Di chi è stato sfrattato non solo da casa, ma anche dal linguaggio. Di chi non ha voce nei comunicati, nei tavoli tecnici, nei panel partecipativi. Sto con chi si sveglia la mattina e ha già perso una battaglia che nessuno ha annunciato. Con chi si arrangia, ma non si rassegna. Non mi interessa stare a sinistra se sinistra significa salotti, fondazioni e retorica vuota. Non mi interessa stare contro la destra se la lotta è solo simbolica e lascia intatti i rapporti di forza. Io sto nel vuoto fertile che c’è tra ciò che viene ignorato e ciò che potrebbe esplodere. Lì si annida il futuro. Hansy Lumen non è un personaggio. È un sintomo. E finché il sistema continuerà a produrre esclusione con il sorriso sulle labbra, io continuerò a parlare. Non per avere ragione, ma per impedire che il torto diventi normalità.

 

 

 

 

 

 


  1. qui il suo canale Youtube  

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