di Walter Catalano

Bodies, è una serie britannica – tratta dalla graphic novel omonima di Si Spencer edita nel 2015 da DC/Vertigo – realizzata da Netflix per la regia del tedesco Marco Kreutzpaintner nei primi quattro episodi e della cinese Haolu Wang, nei successivi quattro, e sceneggiata da Paul Tomalin, autore di vari episodi di Shameless, di Torchwood, nonché del poco riuscito The Frankenstein Chronicles.

La trama a prima vista potrebbe avere delle potenzialità: quattro epoche storiche in ognuna delle quali il protagonista è un diverso detective londinese alle prese con il caso misterioso di un cadavere – sempre lo stesso, anche se all’inizio lo sa solo lo spettatore e non il singolo poliziotto – ritrovato nudo in un identico vicolo di Whitechapel. Nel 2023 tocca alla sergente di polizia Shahara Hasan (Amaka Okafor), mentre insegue un giovane in fuga durante una manifestazione di estrema destra, imbattersi nel cadavere di Longharvest Lane. Nel 1941, è invece il detective Whiteman (Jacob Fortune-Lloyd) che si aggira, perseguendo loschi traffici, nella Londra sotto i bombardamenti della Luftwaffe dopo una misteriosa chiamata che lo convoca in Longharvest Lane per un“prelievo”: lì troverà il solito cadavere. Nel 1890 il detective vittoriano Hillinghead (Kyle Soller) arriva a Longharvest Lane per analizzare la scena del crimine di un corpo appena rinvenuto, sempre quello – come scopriremo in seguito, appartenente allo scienziato Gabriel Defoe (Tom Mothersdale) –  stesso occhio cavato da una revolverata (ma all’interno del cranio, riveleranno le varie autopsie, nessun proiettile), stesso tatuaggio sul polso, stessa esatta posizione. Nel 2053 infine, in una Londra distopica controllata da un regime autocratico presieduto da un certo Elias Mannix (Stephen Graham), la detective Maplewood (Shira Haas) di nuovo ritrova il solito corpo di Longharvest Lane, ma questa volta la vittima è ancora viva.

Tutti i detective protagonisti hanno solo una cosa in comune: sono membri di una qualche minoranza. Hillinhead è omosessuale, ebreo Whiteman, disabile Maplewood e musulmana Hasan. Come il cadavere onnipresente poi, anche la presenza di un misterioso e capillare culto escatologico che unisce i vari indiziati e sospetti, con il suo enigmatico motto di riconoscimento – Know you are Loved , sappi che sei amato –  è una costante delle varie differenti epoche.

Piuttosto intrigante, si dirà. Solo all’apparenza in effetti. Perché la storia salta erraticamente tra il 2023, il 1890, il 1941 e il 2053 ogni pochi minuti e oltre all’intricata cronologia disorientante il tono e l’atmosfera cambiano troppo bruscamente da una scena all’altra. Come un Frankenstein televisivo, Bodies sembra un assemblaggio fatto di generi eterogenei, parti frammentate che non si vogliono saldare l’una con l’altra. Così seguiamo i nostri protagonisti in un percorso a zig-zag dove saltabecchiamo da una love story gay in costume fin de siècle; ad un noir anni ’40, tra le esplosioni dei Blitz aerei nazisti; ad un thriller contemporaneo sulla contro-terrorismo; ad un distopico sci-fi. Il tutto unito dal deus ex machina più trito: un wellsiano marchingegno che abolisce la soglia del tempo, creando paradossi in cui i personaggi vagano da un’epoca all’altra e da una situazione all’altra, andando e venendo tra la propria gioventù e vecchiaia, prima e dopo la propria morte, lasciandosi reciproci messaggi e appuntamenti attraverso una tortuosa e confusa cronologia. Manca inoltre un vero approfondimento dei personaggi che rende spesso i dialoghi un cliché. È vero che vi sono dettagli abbastanza accurati d’ambientazione nelle scenografie e nei costumi delle diverse epoche, ma il tutto sembra per la trama ingarbugliata e pretestuosa, una riscrittura della germanica Dark – che è però molto più noiosa, questo va detto – con sprazzi futuri di tipizzazione distopica che guardano, senza altrettanto mordente, alla Gilead di The Handmaid’s Tale.

Quanto allo stile e al ritmo, i salti di montaggio da un periodo all’altro – potremmo quasi dire da un film all’altro – sono introdotti nel tentativo di renderli più fluidi, dall’uso abbondante e reiterato dello split screen, un escamotage piuttosto stucchevole che rimanda ad un’interpunzione inattuale da cinema degli anni ’70, abbastanza fuorviante. Buone invece le interpretazioni di tutti gli attori fra i quali si stagliano in particolare un sempre intrigante Stephen Graham, villain problematico perfetto (l’Al Capone di Boardwalk Empire: lo si guardi, oltre che in Peaky Blinders e in This is England, anche in Boiling Point, forse la sua performance più geniale e straziante…) e Greta Scacchi – con amare considerazioni da parte di noi cinefili, sui danni del tempo: l’affascinante femme fatale degli anni ’80, qui e ora interpreta (bene come sempre) una matura casalinga sovrappeso, per niente sexy… sic transit gloria mundi.

Il vero problema di Bodies, comunque, oltre la frammentarietà e la confusione,  è la caduta banalizzante nel luogo comune, l’allinearsi a tutti gli stereotipi – tematici e visuali – sul viaggio nel tempo (con tanto di paradossi, tra raggi luminosi, esplosioni di lampadine e fumigazioni avvolgenti) e, nell’episodio futuro, sulla distopia totalitaria, diluendoli all’interno di quelli del racconto crime. Altrimenti non tutte le situazioni e i personaggi, se meglio approfonditi, sarebbero stati  così scontati: Shahara madre single musulmana, Whiteman poliziotto ebreo che sopravvive agli anni della Guerra con sotterfugi e relazioni al limite dell’illegalità, Hillinghead omosessuale represso che cerca di rinnegare la propria sessualità nella Londra bigotta di fine Ottocento, Maplewood sopravvissuta alla grande bomba del 2023 perdendo l’uso delle gambe e costretta per poter camminare ad impiantarsi nella schiena un dispositivo fornito dal governo totalitario che si assicura così la sua totale fedeltà e dipendenza, sono tutte figure problematiche, membri di minoranze in una Londra che – qualunque sia l’epoca di riferimento – si definisce progressista, ma è in realtà ancora satura di pregiudizi. Una musulmana, un ebreo, un omosessuale e una storpia saranno, loro malgrado, gli individui che risolveranno non solo un caso criminale ma riusciranno, passandosi la staffetta attraverso il tempo, a “correggere” la realtà. Sappi che sei amato, la formula, eco di codici massonici o rituali settari, in realtà specchia il comune bisogno di trovare conforto al dolore da parte del singolo individuo nel calore degli affetti, nell’appartenenza comune a qualcosa di più ampio. I quattro protagonisti della storia, chi per una ragione e chi per un’altra, sono soli al mondo, vittime degli eventi, senza controllo sul loro destino. Solo un personaggio attraversa indenne tutte le fasce temporali: Elias Mannix, l’uomo che domina il tempo e intende plasmarlo a suo vantaggio. Mannix compare in tutti e quattro gli archi temporali: nel 1890 è Sir Julian Harker, un facoltoso massone che regge le fila di una loggia molto particolare; nel 1941 è Sir Julian, ormai vecchio, sposato con Polly (Greta Scacchi) e prossimo alla morte; nel 2023 è un ragazzino di 15 anni (Gabriel Howell) impaurito e bisognoso d’affetto, nel 2053 è il Generale Mannix, il Capo dell’Inghilterra dittatoriale del futuro. Mannix è dunque il filo conduttore delle quattro linee temporali. Nell’intricato garbuglio troppe domande restano però aperte e non trovano una spiegazione esaustiva giunti alla conclusione: nulla si sa, ad esempio, del destino finale dello scienziato Defoe, il cadavere che sbalza da un’epoca all’altra ma che viene infine “fermato” prima dell’uccisione che determinerà gli altri passati/futuri; vaga resta la natura dell’organizzazione che è alle spalle di Mannix, chi ne siano i componenti, quali gli scopi reali, quale l’effettivo rapporto tra loro e Mannix o il ruolo della bomba atomica che deflagherà (o no) distruggendo Londra, nel creare il loop temporale di cui il protagonista si serve per restare in vita e abitare varie epoche. Anche il finale, la soluzione dell’enigma, l’elemento che metterà tutti in salvo cambiando per sempre il corso della storia, non è da ricercare in un unico evento risolutivo, ma nelle scelte e nella disposizione di persone capaci di cambiare, di tornare sui propri passi quando venga loro fornita una seconda possibilità. Mannix da minaccia diventa soluzione, da villain eroe, per dare senso allo slogan Sappi che sei amato, un’eterogenesi dei fini che inverte un processo e corregge un errore trasformando i propositi distruttivi nei presupposti per salvare il mondo. Possiamo evolverci, dunque, non solo involverci, imparare dagli errori del passato: bello forse, ma troppo didascalico.

Il fumetto di Spencer poi era completamente diverso da questo suo adattamento televisivo. Otto episodi per otto numeri pubblicati nel 2014-2015, affidati a quattro diversi disegnatori – Phil Winslade, Dean Ormston, Tula Lotay e Meghan Hetrick – uno per ogni epoca storica della narrazione (la frammentazione c’era già lì dunque). Nel fumetto le date sono 1890, 1940, 2014 (l’anno in cui l’albo uscì) e 2050, invece di 1890, 1941, 2023 (il “nostro” oggi) e 2053. Se nella serie televisiva il primo corpo viene trovato nel 2023, nel fumetto si parte dal 1890, ma come si scoprirà nel corso delle indagini, c’è anche un corpo molto più antico: un cadavere conservato in una torbiera per circa 3000 anni; un dipinto del XIV secolo dello stesso cadavere appeso al British Museum, con l’iscrizione “E così inizia il Lungo Raccolto”. Un percorso nel tempo molto più tortuoso dunque. Inoltre il personaggio di Whiteman nel fumetto manca totalmente della redenzione della sua controparte televisiva: sebbene condividano la stessa storia, questo Whiteman (in realtà l’ebreo Karl Weissman) è un gangster e un assassino impenitente che ha ucciso sua nipote Esther a sangue freddo (nella serie Esther non è suo nipote e lui cerca invece di salvarla). Che sia Elias Mannix o Julian Harker poi, il personaggio interpretato da Gabriel Howell e Stephen Graham che è al centro della trama dello show televisivo con il suo piano di riplasmare il mondo a sua immagine e somiglianza, è del tutto assente dal fumetto: c’è sì uno spiritista chiamato Henry Harker, ma non sono lo stesso personaggio. La Londra futura dove vive Iris Maplewood inoltre, non è stata ricostruita dopo  l’attacco nucleare del 2023 e non è governata dal Comandante Mannix: nel fumetto una misteriosa “onda d’impulso” ha reso la maggior parte della popolazione amnesica, il cielo è di una tonalità di giallo permanente e inquietante e non c’è alcuna dittatura.

Infine il dettaglio più importante. Anche se il meccanismo di funzionamento dei viaggi temporali nella serie TV è vago, sappiamo che ha a che fare con la “Particella di Deutsch”: Elias Mannix utilizza una macchina chiamata La Gola per viaggiare indietro nel tempo fino al 1889, dove ruba l’identità del defunto Julian Harker, conquista la madre di Harker facendosi credere il figlio  e inizia (in senso cronologico) il suo piano per cambiare il mondo, che alla fine si realizza quando il suo io più giovane farà esplodere una bomba atomica nel 2023. Nel fumetto invece il viaggio nel tempo in senso tradizionale non esiste affatto. L’unica persona che si muove su varie linee temporali è la misteriosa entità nota come “Frank”, il corpo che continua a comparire: non più dunque quello dello scienziato Gabriel Defoe che viaggia nel passato nel tentativo di impedire l’attacco nucleare di Mannix. Quando Maplewood (all’epoca ancora più o meno fedele al suo Comandante) gli spara in un occhio, il suo corpo viene frammentato nel tempo, mettendo in moto il mistero e la conseguente indagine. Il corpo nel Comic è invece quello di un essere soprannaturale che si fa chiamare “con molti nomi”, ma preferisce essere solo Frank. E’ lui che permette a Hillinghead di accettare la sua omosessualità, che consente a Maplewood di annullare gli effetti dell’onda d’impulso e che aiuta Hasan ad eliminare gruppi razzisti a Londra (ne resta traccia solo all’inizio della serie, la manifestazione di estremisti di destra durante la quale tutto comincia). Il cattivo Whiteman invece, al contrario del suo omologo televisivo, fa una brutta fine. Hillinghead tra l’altro, frequentando Whitechapel nel 1890, incontra ovviamente il serial killer più famigerato della Londra vittoriana alla fine del fumetto: Jack lo Squartatore è invece del tutto assente dalla serie televisiva. Peccato !

Conclusione: il fumetto Bodies è, a conti fatti, molto più strano e meno stereotipato dello show di Netflix, sarà un effetto dell’algoritmo ?

 

 

 

 

 

 

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