di Sara Passannanti

Arkadij e Boris Strugackij, Destino zoppo, con una postfazione di Boris Strugackij, trad. Daniela Liberti, pp. 359, € 19,50, Carbonio, Milano 2023.

Quando, nei primissimi anni Ottanta, si dedicarono alla scrittura di Destino Zoppo, ad Arkadij e Boris Strugackij si pose il problema di quale testo inserire come contenuto della cartella azzurra, la cartella nella quale il protagonista Feliks Sorokin nasconde il proprio romanzo. Dopo aver vagliato una serie di opzioni, la scelta ricadde su Brutti cigni, un racconto scritto tra il ’66 e il ’67 e mai pubblicato ufficialmente, ma circolato in migliaia di copie come samizdat. Il racconto, che era stato respinto dalla censura perché “decadente” (l’alcol e l’ubriachezza sono caratterizzanti dell’intero testo, e in più i contenuti hanno forti richiami al diluvio universale biblico) e inserito nella lista nera, venne pubblicato integralmente su rivista solo nel 1987, cavalcando i venti di cambiamento che di lì a poco avrebbero ribaltato le sorti dell’Unione Sovietica. Oggi Destino zoppo, rimasto finora inedito nel nostro paese, viene proposto da Carbonio, che negli ultimi anni prosegue nell’opera di recupero dei lavori dei due grandi autori nella bella traduzione di Daniela Liberti.

La pubblicazione dell’ultimo romanzo scritto a quattro mani dai fratelli Strugackij aggiunge un tassello alle discussioni che animano gli ultimi mesi sull’uso dell’intelligenza artificiale come nuovo strumento nella produzione artistica e sul livellamento delle opere letterarie, sicché Destino zoppo non è solo espressione e specchio della Russia sovietica degli anni Ottanta, ma risuona con affascinanti riverberi anche sui nostri giorni. Feliks Sorokin viene richiamato in via Bannaja, sede dell’Istituto delle ricerche linguistiche dell’Accademia delle Scienze dell’URSS, per inserire il suo manoscritto all’interno della macchina MisTaLet, sigla che sta per Misuratore del Talento Letterario. All’inizio, il progetto viene presentato come uno studio linguistico per rilevare l’entropia del linguaggio degli scrittori. Il clima di censura rende però sospettoso Sorokin, che così si lascia trascinare dal proprio destino che infila una serie di impedimenti e ostacoli nel percorso verso l’istituto di ricerca. In verità, non sorprende l’attualità di un testo di fantascienza, più ancora se gli autori sono Arkadij e Boris Strugackij, sempre attenti alla realtà contemporanea e con uno sguardo pronto a intercettare i mostri del presente e del futuro: l’analisi dell’entropia linguistica serve in realtà stabilire il gradimento dell’opera da parte del pubblico, ovvero il suo valore commerciale – l’NTPL calcolato dalla macchina non è altro che il numero più probabile di lettori del testo –, ed è la prefigurazione del sistema in gran parte opaco con cui algoritmi e intelligenza artificiale pervadono i diversi aspetti del quotidiano.

E però, Destino Zoppo è anche molto altro. Boris Strugackij, nella postfazione al romanzo, lo definisce “prima di tutto, un romanzo sull’inesorabile avvicinarsi della vecchiaia”, ed è proprio questo il tema annunciato in apertura dall’haiku di Raizan in esergo: sia nel romanzo in cornice, sia in Brutti cigni, i protagonisti sono scrittori che fanno i conti con la propria coscienza e con un’idea di futuro che forse non li comprende. Anzi, la scelta di Brutti cigni come testo contenuto nella cartella azzurra si rivela felice perché tra Banev e Sorokin si genera un continuo contrappunto tale che ognuno dei due romanzi getti una luce sull’altro. Banev deve scegliere se stare dalla parte degli studenti e fidarsi dell’idea di mondo dei mokrecy (i portatori del diluvio dall’aspetto ambiguo e malato) o essere strumento della propaganda che li vuole emarginati e annientati; Sorokin teme che, nonostante i successi passati, la macchina dia una bassa votazione alla sua cartella azzurra. Questa paura, che si somma a quella verso l’irricevibilità del testo in termini di contenuti politici, costituisce il nodo dell’opera e rende conto della complessità del romanzo.

Sia il romanzo cornice che quello incorniciato sono ricchi di citazioni e dichiarano apertamente le proprie ispirazioni, amplificando in modo telescopico il gioco metaletterario. In particolare, spicca il riferimento a Menzura Zoili, racconto di Akutagawa Ryunosuke (purtroppo introvabile in lingua italiana) che prefigura una macchina come il MisTaLet, e l’omaggio al grande Maestro Michail Bulgakov.

Il tributo a Bulgakov permea l’intero romanzo, dagli echi delle vicende che coinvolgono Feliks Sorokin, personaggio ispirato al protagonista di Memorie di un defunto – anche conosciuto come Romanzo teatrale, romanzo incompiuto che ha per protagonista Maksudov, alter ego dello stesso autore – alla scelta di presentare un personaggio che si chiama Michail Aleksandrovic e che non perde occasione di citare il Maestro (lo storione di seconda freschezza, i manoscritti che bruciano o no), fino ancora a imbibire la trama linguistica e lessicale del testo, con invocazioni al diavolo e sporadici cambi della voce narrante, a sottolineare anche in questo modo la molteplicità di livelli di lettura di Destino zoppo. Feliks Sorokin stesso, sebbene abbia moltissimi tratti in comune con Arkadij Strugakij (non ultima la conoscenza della lingua giapponese), è un Maksudov degli anni Ottanta, degli anni della stagnazione. Ma, per usare nuovamente le parole di Boris Strugackij, “a differenza del Maksudov bulgakoviano sa e capisce perfettamente che oggi, qui e adesso, è permesso, e ciò che non è permesso non lo sarà mai…”.