di Luca Cangianti

Wu Ming, Ufo 78, Einaudi, 2022, pp. 520, € 21,00.

Una lettura antropologica degli Ufo potrebbe essere la seguente: gli avvistamenti rappresentano il desiderio di evasione da una realtà oppressiva. Un’ondata di questi fenomeni, in effetti, si verificò nel 1978 e fu interpretata come una reazione sognante allo scontro politico del decennio precedente, alla militanza totalizzante, al conflitto tra lo stato e le formazioni armate che culminò nel rapimento e nell’uccisione di Aldo Moro.
Martin Zanka si convince della necessità di capovolgere questo ragionamento. Assomiglia a François Truffaut ed è uno dei personaggi principali di Ufo 78, il nuovo romanzo dei Wu Ming. Ex partigiano, ex giornalista dell’Unità, elettore deluso del Pci, ha raggiunto il successo con opere di paleoufologia. Il suo editore non ha dubbi circa la ricetta dei suoi best seller: «La gente da te vuole i cosmonauti preistorici, le venusiane che trombano coi faraoni, i marziani che fanno piovere la manna.» Lo scrittore però giunge alla conclusione che bisogna partire dagli alieni per analizzare ciò che accade sulla Terra.

Non a caso si tratta di un’operazione simile a quella messa in campo dal gruppo di scrittura bolognese già con il precedente romanzo collettivo Proletkult e con quello “solista” La macchina del vento, firmato da Wu Ming 1. Ufo 78 è una sperimentazione straniante e riuscita dove si mescolano gli stilemi della scrittura cinematografica, del romanzo a enigma e dell’inchiesta ex post: «Ancora ai romanzi stai?» afferma un personaggio, dando ironicamente voce alle convinzioni metaletterarie degli autori. «Non lo sai che il romanzo è morto? Perché qualcuno li legga, bisogna travestire i romanzi da saggi».
La trama ruota intorno alla scomparsa in Lunigiana di una coppia di giovani fidanzati durante una simulazione di un’invasione aliena in un campo di boy-scout. Il gioco s’ispirava alla credenza che il monte Quarzerone fosse una zona di atterraggio degli Ufo.
Il mondo narrativo è evocato con grande attenzione alla vita quotidiana (stivaletti col tacco, maglioncini a rombi, giacche beige o a quadretti, borselli), alla terminologia (rotocalco, réclame, “stangona”), alla merceologia (le sigarette Muratti, la Citroën DS chiamata “Squalone”), alla musica (da non perdere la playlist che raccoglie i brani citati nell’opera), alla politica (il compromesso storico tra Dc e Pci e la sua crisi) e agli aspetti sociologici (il dilagare dell’eroina, il riflusso nel privato, le comuni, la ricerca di una nuova spiritualità). Tra quest’ultimi spicca il femminismo, impersonato dallo sguardo critico di Milena Cravero, assistente della cattedra di
Antropologia culturale a Torino, impegnata in uno studio di osservazione partecipante negli ambienti ufologici. Attraverso i suoi occhi facciamo conoscenza di individui dai tratti bizzarri e spesso comici: gli ufologi razionalisti e quantificanti del Grucat; gli “ufofili”, più fricchettoni ed empatici, gli incredibili sostenitori dell’“interplanetarismo rivoluzionario” che auspicano l’invasione aliena. In quest’ultimo caso possiamo affermare con il collettivo bolognese che «gli Ufo più inquietanti si muovono sulla Terra». E già, perché si tratta di teorie alle quali i Wu Ming non hanno potuto aggiungere molto di letterario. Nella realtà storica è esistito infatti un dirigente trotskista, J. Posadas, secondo il quale creature così evolute da compiere viaggi spaziali non potevano che appartenere a una civiltà comunista.1

Tra tutti i misteri che aleggiano nel romanzo, pagina dopo pagina, emerge che il vero Ufo è proprio quello ritratto nella copertina del libro. Il simbolo di un anno spartiacque tra l’Italia che fu e quella che è: «una Renault 4 – che i telespettatori videro grigia, sul momento fu detta rossa, e in realtà era amaranto – parcheggiata in via Caetani, a metà strada tra la sede nazionale del Pci e quella della Dc.»


  1. Cfr. David Broder, “J. Posadas, the Trotskyist Who Believed in Intergalactic Communism. An Interview with A.M. Gittlitz”, Jacobin, 4.5.2020. 

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