di Luca Cangianti

Wu Ming 1, La macchina del vento, Einaudi, 2019, pp. 334, € 18,50.

Da Jules Verne a Lost, ogni isola è sempre un’isola misteriosa. Ventotene durante il Ventennio fascista non fa eccezione. Il regime vi confina i suoi oppositori per separarli dalla società: sono centinaia e hanno a disposizione solo settecento metri per camminare, sono autorizzati a passeggiare al massimo in gruppi di tre, dormono in padiglioni freddi e scrostati, non possono entrare nei negozi del paese e gli è vietato perfino dipingere paesaggi dal vivo. I confinati sono divisi in “tribù” politiche: comunisti, anarchici, socialisti e “giellisti”, i militanti della formazione liberalsocialista Giustizia e Libertà. Ognuna di queste ha la sua mensa, i comunisti hanno perfino una biblioteca segreta con i classici del marxismo camuffati da copertine ingannevoli e nascosti in botole e fondi di armadio. Ci sono le dispute politiche che dividono, mentre le angherie della milizia fascista e l’attesa della corrispondenza uniscono. È questo il mondo narrativo della Macchina del vento, l’ultimo romanzo solista di Wu Ming 1.

L’arrivo di Giacomo, un giovane fisico, e un libro di fantascienza dello scrittore inglese H. G. Wells sottraggono la comunità antifascista alla routine malinconica, costringendola a confrontarsi con strani fenomeni quali l’orologio civico che sbaglia sempre ora e il disorientamento di certi uccelli migratori. Forse le teorie di Giacomo sono solo frutto di un trauma, in fondo nell’isola ogni confinato ha la sua fissazione. Come le fantasticherie di Erminio, l’io narrante che rivive a occhi aperti i temi di una tesi di laurea sul mito greco mai scritta, trasformando Poseidone e Ares in divinità fasciste alle quali si contrappongono Hermes e Atena. Oppure Giacomo potrebbe aver ragione e allora Ventotene sarebbe un vascello fantastico con a bordo «le menti migliori dell’antifascismo». Si potrebbe fuggire dalla dittatura, cambiare il corso degli eventi, evitare i lutti e le catastrofi della guerra.
Il romanzo è attraversato da un lungo appello di nomi tra i quali figurano: Pietro Secchia, Mauro Scoccimarro, Camilla Ravera, Umberto Terracini, Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni. Wu Ming 1 li fa rivivere tutti attraverso le discussioni appassionate di chi sentiva di aver il potere e il dovere di costruire la società del futuro. Fra tutti si staglia la figura del socialista Sandro Pertini, quasi un portavoce dell’intera comunità, costantemente concentrato sul mantenimento della dignità e sulla preparazione alla futura lotta.

L’attenta documentazione storica è consegnata al lettore da una vivace narrazione affabulatoria dove il dialogo dei personaggi si avvale degli accenti regionali e della lingua segreta dei confinati, alternando passaggi ironicamente classicheggianti ad aperture poetiche e visionarie. Come Proletkult, La macchina del vento è un libro che attraversa i generi della fantascienza, del fantastico, dello storico, della fiction e della non fiction. Nel famoso saggio Una guerra civile1 Claudio Pavone affrontò storiograficamente le motivazioni, le aspirazioni e le speranze della Resistenza. Con pari potenza esplicativa, ma in ambito narrativo, Wu Ming 1 ci fa rivivere narrativamente la moralità della lotta partigiana.


  1. Claudio Pavone, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza, Bollati Boringhieri, 2010.