di Lorenzo Fe

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Venerdì 13 e sabato 14 dicembre 2013, nel c.s.o.a. Cox 18 (via Conchetta 18, Milano) avrà luogo la quinta edizione di Slam X, il festival di reading e performance organizzato da Agenzia X (per la direzione artistica di Marco Philopat e Andrea Scarabelli) con la partecipazione di numerosi scrittori, musicisti e artisti che rappresentano stili, sensibilità e opinioni differenti, ma pronti a salire sul palco per leggere testi, alcuni musicati altri figurati, che richiamano a un’idea critica della società contemporanea.

“L’epoca che scrivo, la rivolta che mordo”

20 settembre 2008, è il mio terzo giorno a Milano. Sono alla manifestazione anti-razzista in seguito all’omicidio di Abba. Un corteo selvaggio partito dal Duomo sta arrivando al luogo della tragedia. Ho vent’anni, non conosco nessuno e sono dotato di un’idea quanto mai approssimativa della toponomastica dei movimenti locali. Mi sento come Renzo Tramaglino che, arrivato per la prima volta a Milano, si trova nel bel mezzo delle rivolte per il pane del 1628. Nella confusione vedo, alla testa del corteo assieme ai compagni, giovani con la bandana e il cappellino da baseball con il frontino dritto, che all’estero sarebbero considerati “banlieusards”. Tra qualche tafferuglio, ragazzine in ghingheri ballano sulle rime di Tupac sopra ai furgoncini, accanto ai cordoni di una polizia quanto mai tesa. Un MC vestito come un presentatore degli Mtv Awards dirige gli interventi, sotto gli sguardi un po’ sorpresi di militanti con la kefiah o la maglietta dell’EZLN.

Questo almeno è il mio ricordo, da ultimo arrivato, di un episodio che per me simboleggia la capacità dei centri sociali italiani di penetrare i territori che li circondano anche grazie a un’apertura a subculture che vengono trasformate in controculture. Il mio termine di paragone è Londra, altra città in cui ho trascorso diversi anni. Nei pochi squat politicizzati di Londra, circolava una certa diffidenza verso l’organizzazione di eventi che avrebbero “trasformato lo spazio in un club”. Ricordo un sabato sera a un’occupazione a Southwark con un gruppo di espatriati italici. Ci dissero che non c’era il bar, non si poteva bere, non si poteva fumare. La serata prevedeva venti studenti in cerchio con una chitarra acustica. Tentammo di fuggire in una stanzetta per girare una canna: fummo scoperti e ci sorbimmo una colta quanto patetica ramanzina. L’occupazione durò venti giorni e non ci fu neanche un presidio di solidarietà. Qualche settimana dopo, alla manifestazione davanti al parlamento britannico contro una legge epocale sulla repressione delle occupazioni, eravamo meno di cento. C’era però l’immancabile chitarra acustica.

Non credo sia un caso se nel fatidico anno 2011 il movimento Occupy, che aveva realizzato due presidi permanenti in centro a Londra, sia rimasto completamente scollegato dalle rivolte che si sono scatenate nelle periferie. Rivolte che, per quanto sicuramente legate alla commercializzazione di tutto e alle disuguaglianze sempre più profonde che attanagliano la città, si sono indirizzate contro obiettivi quanto meno discutibili.

Con questo non voglio togliere nulla all’importanza storica di Occupy, un movimento che è stato senza dubbio in grado di creare indignazione e immaginario. Sappiamo che spesso è fin troppo facile criticare dall’esterno. Dico solo che una sinergia tra cultura di strada e militanza dal basso è oggi impensabile in una città come Londra, che pure ha così tanto potenziale artistico e sociale. Il tipico ragazzino dei quartieri non sa neanche che cosa sia un’occupazione. Questa incapacità si traduce in una conseguente debolezza dei movimenti. Eppure tale sinergia c’è stata negli anni ’90, quando le grandi mobilitazioni di Reclaim the Streets riuscirono a unire la promozione di un underground in esplosione con le lotte per il diritto alla città e alla salute.

Nel recente dibattito sulla “narrazione mancante”, è stata giustamente problematizzata una crisi nel rapporto tra subculture e movimenti anche qui da noi. Ma questa incrinatura fa parte di un processo più ampio che va oltre il contesto nazionale. Non è solo un problema dei movimenti ma anche dello stesso mondo delle subculture. Nel suo ultimo libro, Simon Reynolds registra uno stallo nella capacità di innovazione delle culture popolari, che faticano sempre più a creare nuovi generi e immaginari ma tendono invece a recuperare e ricombinare, anche con prodotti di qualità assai elevata, stilemi e idee del passato. Nonostante tutti i limiti dell’attuale situazione odierna, bisogna riconoscere che la “forma centro sociale” è stata in grado di garantire una continuità anche durante un decennio nel quale le condizioni esterne sono state sfavorevoli.

Questo non è certo un invito a dormire sugli allori. Il rapporto tra movimenti e controculture è ancora molto forte ma, come è stato detto in questi giorni, non è più una luna di miele e merita di essere rinnovato. Anche grazie a questi processi di diffusione di contenuti culturali di dissenso nei territori si possono costruire mobilitazioni “che non lasciano indietro”. Slam X, nel suo piccolo, si inserisce in questo sforzo collettivo, creando un canale di incontro e comunicazione tra autori, artisti e utenti legati per scelta di vita o anche per caso al mondo degli spazi autogestiti. Anche il Premio Dubito, che si muove in parallelo a Slam X, è un fragile tentativo di cercare nuove strade, mettendo al centro l’attenzione verso under 30 non necessariamente affermati e forme espressive a cavallo tra la letteratura in senso stretto e le subculture giovanili. Possiamo ancora scrivere il nostro tempo.

Collegati:

SLAM X —-> http://www.agenziax.it/slam-x-2013/
AGENZIA X ——> http://www.agenziax.it
COX 18 ——-> http://cox18.noblogs.org
PREMIO DUBITO ——-> http://www.premiodubito.com/
ALBERTO DUBITO ——> http://www.albertodubito.it/

STREAMING SLAM X—->http://cox18.noblogs.org/ascoltaci-in-streaming/

*Lorenzo Fe è autore di Londra zero zero e In ogni strada (Agenzia X)

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