di Alessandro Peregalli*

Ayotzinapa Milano2Uno, dos, tres, cuatro, cinco, seis… La conta più ripetuta del Messico, quella che arriva a quarantatré ed è il grido di rabbia, di dolore e di lotta che da sette mesi investe il paese come un uragano: è stato scandito più volte martedì scorso a Milano, davanti agli sguardi increduli dei passanti. In piazza San Babila, in metropolitana, al parco di Trenno, al festival di Partigiani In Ogni Quartiere. In una città che ribolle di tensione in vista delle cinque giornate di contestazione No Expo del 29 aprile-3 maggio è arrivata la delegazione di Ayotzinapa, l’EuroCarovana43, a raccontare la sua storia di dolore e di lotta per la vita contro quello stesso sistema che mentre a Milano dal primo maggio celebrerà se stesso, nelle città e nelle province messicane e del Terzo Mondo è sinonimo, sempre di più, di assassinii, spoliazione, sparizioni forzate. Un sistema che – come ha ricordato Omar, uno dei tre membri della delegazione – non affligge in modo diverso tanto gli studenti normalisti e i tanti desaparecidos in Messico quanto quei migranti che di tanto in tanto trasformano il mar Mediterraneo in un’ecatombe.

Siete, ocho, nueve, diez, once, doce, trece… L’appuntamento era alle 15.30, in corso Matteotti, a due passi dal Duomo, di fronte al consolato messicano. Più di cento persone hanno dato il benvenuto a Omar, Eleucadio e Ramon, rispettivamente uno studente sopravvissuto la tragica notte di Iguala del 26 settembre, il padre di uno dei 43 desaparecidos e un attivista per i diritti umani. Hanno già attraversato mezza Europa, portando in tutti i paesi un messaggio e una responsabilità che pesano come un macigno e all’indomani sarebbero partiti alla volta di Roma. Tra le persone presenti, collettivi politici e studenteschi milanesi (tra cui il C.S. Cantiere, SOY Mendel e Casa Loca), associazioni di solidarietà con l’America latina e i suoi popoli in lotta come quelli mapuche e zapatista, le Ya Basta venete, il gruppo Bologna per Ayotzinapa e il Comitato Chiapas Maribel Bergamo. Sì, perché per precisa volontà del movimento di Ayotzinapa – come ci ricorda Omar – la Carovana invece di cercare il contatto con los de arriba (le istituzioni europee, i poteri costituiti, i capi di governo, i media mainstream), ha preferito incontrare e tessere relazioni con quelli come loro, con los de abajo: collettivi, radio libere, gruppi autogestiti. E a partire da questa saldatura con le lotte che attraversano i nostri territori reclamare con più forza la aparición con vida dei 43, che resta a più di sette mesi dalla loro scomparsa l’obiettivo principale del movimento.

Ayotzinapa Milano3Sono stati più d’uno i curiosi che si sono fermati ad applaudire, davanti al consolato messicano, mentre si susseguivano gli interventi e gli slogan: Ayotzinapa vive, la lucha sigue! e vivos se los llevaron, vivos los queremos! i più comuni. Di fronte all’edificio, nel frattempo, è stata attaccata una bandiera messicana a lutto, tricolore nero bianco nero, a testimoniare il grado di disperazione in cui versa un paese in cui narcos e Stato sono la stessa cosa, in cui regna l’impunità di politici, mafiosi e uomini d’affari mentre, come dice Eleucadio “per noi, i contadini, i poveri, non c’è giustizia alcuna”.

Finito il rumoroso presidio, tutti in corteo improvvisato, dietro allo striscione, a urlare alla cittadinanza che “Peña Nieto è un assassino” e che “Europa e Italia sono complici”. Già, complici. Per non aver detto nulla in sette mesi, in ossequio a un presidente messicano che sta portando avanti una serie di riforme strutturali neoliberiste, di privatizzazione e saccheggio dei beni comuni, che molti governi del cosiddetto “Primo Mondo” prendono ad esempio, a partire dal governo italiano. Complici perché, sebbene negli importanti accordi commerciali Messico-U.E. vi sia una “clausola democratica” che dovrebbe rendere tali accordi nulli nel momento in cui si verificassero gravi violazioni dei diritti umani da parte di uno dei contraenti, ciò è rimasto semplicemente lettera morta, per via, sembra, di fortissime pressioni diplomatiche e della triste realtà per cui, nel capitalismo neo-liberista, i diritti umani esistono fino a che non intaccano gli interessi del capitale. E complici perchè, al pari degli Stati Uniti, alcuni paesi europei traggono ingenti profitti dalla vendita di armi in Messico, sostenendo così attivamente una narco-guerra che negli ultimi otto anni ha già prodotto più di 100.000 morti e 30.000 desaparecidos.

Al termine del presidio, la giornata di incontro con l’EuroCarovana43 è continuata al parco di Trenno, proprio dove a partire dal 30 aprile prenderà il via il campeggio No Expo. Dopo una cena messicana benefit, il momento più significativo è stato l’incontro pubblico finale, in cui ammassati in centinaia dentro un capannone, i compagni messicani ci hanno raccontato la loro storia straziante e la loro lotta generosa.
Non è facile descrivere, senza abbandonarsi alla commozione, il racconto di un contadino di caffè che ha lavorato tutta la vita il doppio per permettere a suo figlio di fare la carriera scolastica fino alle superiori in una scuola Normal Rural (che forma i maestri di scuola nelle comunità contadine) per vederselo portare via da uno Stato fattosi criminalità organizzata; non è facile riportare il senso Ayotzinapa Milanodelle parole di uno studente sopravvissuto a un massacro, e che i suoi compagni di scuola andrà avanti a cercarli “fino all’inferno, se occorrerà”, e che assicura che le intimidazioni e la repressione non lo fermeranno, perchè la sola cosa che potrà farlo è la morte; e non è immediato nemmeno capire, da parte nostra, il senso profondo del concetto di comunità che si apprende “non dai libri, ma dal contesto e dalla pratica”, alla scuola normale rurale di Ayotzinapa.
Alla fine, la netta sensazione è che la loro visita sia servita a noi almeno quanto possa essere stata utile a loro. E’ stato nella dimensione profondamente umana dell’incontro che abbiamo potuto dare un senso nuovo alla solidarietà internazionale e alla circolazione delle lotte. Lo ha dimostrato il coro unanime che ha scandito per l’ennesima volta, al termine di una giornata forte e densa, la conta: … treinta y ocho, treinta y nueve, cuarenta, cuarenta y uno, cuarenta y dos, cuarenta y tres, justicia!
[*Le foto sono di Cristiano Capuano]

Link: Cronache dal presidio del 29 aprile a Roma

Fotogalleria dell’ #EuroCaravana43 a Milano

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