di Mazzino Montinari
Quattro amici, la solita partita a carte, le battute, le allusioni, il rischio di esagerare, qualcuno ride, qualcuno ci resta male, ma è questione di un attimo, un bluff, una combinazione giusta di semi e numeri e si riparte. Nel fare le stesse cose, trascorrono i giorni, i mesi, gli anni. Passerebbero anche se riempissimo la vita di innumerevoli novità, perché il tempo, il nostro tempo, avanza inesorabile, pronto ad assorbire tutto ciò che non è ancora accaduto. Per Juan e gli altri il passato è memoria condivisa, ricordi offuscati o, forse, accuratamente selezionati. Per loro, come per noi, tutto appare allo stesso modo. Finché una cesura interrompe quel tempo. Un’irruzione dal cielo che sconvolge tutto.
La neve è un evento di per sé sorprendente. Cambia il paesaggio e le abitudini, almeno per quei cittadini che abitano al livello del mare e che accolgono quella precipitazione atmosferica con sentimenti opposti, inquieti, che si tratti di gioia ludica o di irritazione pragmatica. Se però quei fiocchi cadono in una stagione calda, lo stupore prende il sopravvento.
Non finisce qui. Juan e i suoi compari comprendono presto che quella nevicata è devastante, uccide al solo contatto con la pelle. Le persone cadono al suolo, le macchine sbandano e concludono la loro corsa contro un muro o un palo della luce. Il quotidiano ora è avvolto dalla morte. Il tempo si è trasformato in un buco nero che divora indiscriminatamente ciò che incontra, per non farlo più essere. I quattro amici sono testimoni, pur non sapendo di cosa.
De L’eternauta qui hanno già scritto molto bene Marco Sommariva e Walter Catalano. Motivo per cui non è necessario dare le coordinate di un’opera fondamentale nel mondo del fumetto e non solo. Così come sarebbe ridondante ricordare il tragico destino di Héctor Oesterheld, l’autore che scomparve durante l’orrenda dittatura argentina capeggiata dal generale Jorge Rafael Videla.
Non una recensione, perciò, e nemmeno un paragone con l’omonima serie visibile su Netflix, bensì alcuni appunti sull’insorgere di un nemico, sulla sua non immediata riconoscibilità e, poi, sulla capacità di allearsi per fronteggiare qualcosa di mostruoso che sembra inattaccabile e inaccettabile.
Ne L’eternauta la minaccia arriva inaspettata, anche se poi nel fumetto di Oesterheld (non per ora nella serie) scopriremo che l’invasione preceduta dalla nevicata tossica è frutto di un patto tra gli alieni e le potenze mondiali che, pur di salvarsi, hanno venduto (e condannato) il Sud America. Ad ogni modo, Juan e gli altri non sanno niente, non sono preparati al rovesciamento della loro esistenza. Sono impegnati nelle loro faccende come qualsiasi abitante del pianeta prima di un’invasione degli zombie o come i villeggianti che in una spiaggia fanno il bagno ignari di potersi trasformare in cibo per uno squalo. È la metafora di un presente che non dà segnali se non quelli che siamo già abituati a decriptare. Accanto a noi si muove qualcosa ma non siamo in grado di vederlo, quasi avessimo bisogno dei prodigiosi occhiali di Essi vivono (They Live, 1988), il film scritto e diretto da John Carpenter nel quale, appunto, solo con delle lenti rivelatrici è possibile scoprire che la Terra è stata invasa a nostra insaputa da una potenza extraterrestre.
Lo squalo di Steven Spielberg (Jaws, 1975) non sa di essere un nemico. È inconsapevole del suo ruolo, si dovrà adeguare suo malgrado. Procede seguendo il suo istinto, peraltro falsificato dal cinema perché lui avrebbe fatto altro nella sua vita. I nemici creati da Oesterheld, invece, come il governo e i militari israeliani, hanno pianificato il loro attacco, sanno cosa vogliono, quanta distruzione infliggere, quanto dolore arrecare. Dall’altra parte della barricata, prima che si formi una forza antagonista, uomini e donne sbandano, si dividono, lottano tutti contro tutti, magari per contendersi un’arma o una maschera antigas, una borsa con del cibo o una tuta che resista meglio all’impatto della neve.
È una colpa cercare di sopravvivere? È un delitto, di fronte all’irruzione del radicalmente nuovo di arendtiana memoria, crearsi delle regole inedite? Non è semplice reagire a una guerra che altri hanno dichiarato prevaricando i desideri, l’esistere quotidiano qui e ora, una sola volta e mai più. E poi dove e chi colpire?
Il nemico sotterraneo è destinato a uscire allo scoperto, non può nascondere la sua identità indefinitamente. Gli extraterrestri (insettoni umanoidi, robot e altro ancora) dopo aver colpito le abitudini di una collettività, manifestano i propri intenti in modo chiaro: lo scopo è sterminare per conquistare, disumanizzando le vittime al pari dei carnefici.
È a questo punto che Oesterheld non si accontenta di una Guerra dei mondi (The War of the Worlds, H.G. Wells, 1897) e aggiunge un altro tipo di contendente, il nemico mimetizzato che vive come le persone che inganna e vuole sopprimere. Tre esempi, di cui due abbastanza simili: l’Avversario (L’Adversaire, 2000) di Emmanuel Carrère, dove un uomo ben inserito nella comunità uccide la sua famiglia solo per conservare il suo aspetto. Truffa le persone per potersi permettere un tenore di vita che possa farlo sentire come gli altri e gli altri lo eleggono a uno di loro non potendo credere che si tratti di un impostore omicida. Lo straniero (The Stranger, 1946) di Orson Welles con il protagonista, Charles Rankin, che è uno stimato professore di Harper nel Connecticut. Sta per sposarsi con Mary Longstreet, la figlia del giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti. I suoi allievi lo adorano e lui compiaciuto ripara persino l’orologio del campanile della chiesa. Manca un dettaglio. Rankin non è chi dice di essere. Sotto una falsa identità, si cela quella spaventosa di Franz Kindler, uno spietato carnefice nei campi di concentramento nazisti, che ha trovato riparo negli Stati Uniti. E infine, forse i più noti e inquietanti imitatori e annientatori del genere umano, i baccelloni immaginati da Don Siegel nell’Invasione degli ultracorpi (Invasion of the Body Snatchers, 1956) che si schiudono e replicano gli abitanti di un’intera cittadina, sostituendoli definitivamente.
Gli alieni di Oesterheld padroneggiano corpi e menti umane e dunque producono un conflitto tra simili. Tuttavia, Juan e i resistenti non si arrendono, contrattaccano sacrificandosi e alleandosi, formando una resistenza. Non basta. Non è sufficiente vincere una battaglia. L’orrore rimane, non si può cancellare o addirittura giustificare come fanno i Jair Bolsonaro e Javier Milei del nostro mondo. E così si torna all’inizio e alla fine de L’eternauta, con Juan, il naufrago del pianeta, che vaga per epoche e spazi alla ricerca di un tempo diverso e alternativo, per riportare sulla Terra chi altrimenti non sarà mai più.