di Jenő Farkas

La prima versione ungherese di Dracula 

[In questo studio, Jenő Farkas esamina la prima traduzione ungherese del Dracula di Bram Stoker, pubblicata a puntate nel Budapesti Hírlap tra il gennaio e il marzo del 1898 e successivamente uscita in volume. L’articolo sostiene che la traduzione, con ogni probabilità opera di Jenő Rákosi, rappresenti al tempo stesso un’adattamento culturale e un importante atto di mediazione letteraria tra Oriente e Occidente. Sebbene la versione di Rákosi ometta o semplifichi alcuni passaggi descrittivi e scientifici, essa conserva con notevole abilità il ritmo e la tensione del romanzo. Lo studio confronta vari dettagli testuali tra l’originale di Stoker e la pubblicazione ungherese, mettendo in luce errori di traduzione, omissioni e spostamenti interpretativi. Nonostante le sue inesattezze e occasionali abbreviazioni, il Dracula ungherese si presenta come un notevole esempio precoce di traduzione letteraria moderna, un’opera che rimane ancora oggi una lettura coinvolgente e di valore storico. Le citazioni in italiano dal romanzo sono state riprese dal sito: Dracula: https://www.skylabstudios.it/dracula/dracula.pdf.  Cfr. Simone Berni,  “Dracula, di Bram Stoker – Il mistero dell’edizione ungherese del 1898″, Cultora, https://www.cultora.it/dracula-di-bram-stoker-il-mistero-delledizione-ungherese-del-1898/; Marinella Lőrinczi, “Dracula in Iceland”. An interview, Nordicum-Mediterraneum, vol. 5, n. 1, 2010, https://nome.unak.is/wordpress/05-1/interview/qdracula-in-icelandq-an-interview-with-marinella-lorinczi/  Nell’immagine qui in incipit, il volto del Conte nella seconda edizione (MÁSODIK KIADÁS) del romanzo Dracula in ungherese, 1906.]

La prima traduzione ungherese di Dracula (1898) dovette rappresentare un compito eccezionalmente complesso per il suo traduttore. La gamma linguistica del romanzo spazia dall’inglese contemporaneo ai dialetti dei marinai, mentre l’interpretazione dei concetti scientifici moderni – teorie darwiniane, osservazioni psichiatriche, ipnosi e nuove procedure mediche – richiese anche un notevole sforzo intellettivo da parte del traduttore. Si può dire che lo stesso Bram Stoker compia una sorta di atto di traduzione: egli traduce le forze orientali, irrazionali e arcaiche nel linguaggio del moderno discorso razionale occidentale – un processo che richiese quasi un decennio di ricerche da parte dell’autore. Il romanzo è strutturato attorno a situazioni di confine accentuate e a opposizioni intense: tra Occidente e Oriente, civiltà e barbarie, vivi e morti. Di conseguenza, il Dracula ungherese non è soltanto una traduzione, ma anche un’interpretazione – una resa letteraria raffinata, eseguita con la meticolosità tipica dell’epoca. Tuttavia, per ragioni di leggibilità, il traduttore omise alcuni passaggi descrittivi e in altri punti accorciò o semplificò il testo. Il suo obiettivo principale fu mantenere il ritmo della narrazione e intensificare la suspense. Segue un breve confronto della lunghezza della traduzione in termini di numero di caratteri.  Da questi dati risulta evidente che le omissioni testuali elencate di seguito non sono caratteristiche dell’intero romanzo. È inoltre importante notare che la traduzione non presenta segni di adattamento o di modifica testuale. La spiegazione più plausibile risiede nell’identità del traduttore: Jenő Rákosi (1842-1929), scrittore, drammaturgo e traduttore di fama nazionale, membro corrispondente dell’Accademia Ungherese delle Scienze, caporedattore e co-proprietario del Budapesti Hírlap (fondato nel 1881), nonché direttore di diversi altri quotidiani. Rákosi era considerato uno dei pubblicisti più influenti d’Ungheria, noto per le sue traduzioni dal tedesco, dall’inglese e dal francese. Tradusse in ungherese circa una dozzina di opere di Shakespeare, che nel corso degli anni rivide e perfezionò. Egli espresse così la sua concezione dell’arte della traduzione letteraria:

Ogni traduzione è un patto combattuto fino all’estremo. Con ogni riga bisogna decidere che cosa conta di più: il pensiero, l’ingegno, l’ordine delle parole, l’espressione, l’immagine, il suono — e tante altre cose ancora. Solo dopo viene il compito di trasformare davvero il testo dall’inglese all’ungherese!

La scelta e la traduzione del Dracula di Bram Stoker in ungherese non furono affatto casuali. Nel 1897, il Vígszínház (Teatro della Commedia) di Budapest mise in scena, con enorme successo, un dramma tratto da Trilby di George du Maurier – uno dei romanzi più popolari dell’epoca vittoriana. I giornali di Budapest dell’epoca scrivevano che Svengali (interpretato da Emil Fenyvesi) “nella sua apparizione scenica, nella maschera, nello sguardo e negli scoppi di passione, presenta in modo sconvolgente l’immagine di un uomo diabolico”. Era come se Dracula stesso fosse apparso davanti al pubblico. Jenő Rákosi era pienamente consapevole di quanto stretta fosse la relazione tra Svengali e Dracula all’interno di quella atmosfera fin de siècle, in cui paura e fascinazione si intrecciavano e il brivido diventava una forma di piacere. Attraverso ipnosi e suggestione, entrambe le figure evocavano l’idea di un potere superiore e misterioso, al quale l’uomo moderno, stanco delle proprie sofferenze, poteva talvolta abbandonarsi volontariamente. Ci troviamo dunque di fronte a due figure emblematiche al tempo stesso: Svengali e Dracula – entrambe percepite come incarnazioni del “pericolo” dalla mentalità fortemente nazionalista della fine dell’Ottocento, e la cui morte, in ultima analisi, ristabilisce l’ordine sociale e offre un senso di rassicurazione. Infine, dal punto di vista del potenziale commerciale, non era certo un piccolo vantaggio che la storia di Stoker fosse ambientata in Transilvania, nel castello di Dracula situato al Passo Borgo.
In qualità di comproprietario di una rinomata casa editrice e di uomo d’affari nato, Jenő Rákosi annunciò la prossima pubblicazione del romanzo di Stoker in tre distinte avvertenze. Nell’ultimo numero del Budapesti Hírlap del 1897, il romanzo veniva pubblicizzato nel modo seguente:

(Nel nostro nuovo romanzo.) Domani, giorno di Capodanno, apparirà la prima puntata del nostro nuovo romanzo. Questo romanzo, intitolato Dracula, è una delle più grandi sensazioni del mercato librario natalizio inglese. Il suo autore, l’americano Brom [inglese Bram] Stoker, è riuscito a ottenere quasi lo stesso effetto che una volta produsse Trilby. Dracula è il più meraviglioso tra i molti racconti meravigliosi mai usciti da una penna inglese. È avvincente fino al brivido, apparentemente incredibile e insondabile, e non si riesce a smettere di leggerlo. Per noi ha anche un fascino particolare: l’ambientazione del romanzo dell’autore inglese è la Transilvania. (Budapesti Hírlap, 31 dicembre 1897)

A questo seguì un altro annuncio di tipo simile pubblicato nello stesso numero, che differiva solo per l’omissione della frase iniziale. Il terzo avviso cominciava così: “In questo giorno di Capodanno appare la prima puntata del nostro nuovo romanzo” (Budapesti Hírlap, 1° gennaio 1898). Tra il 1° gennaio e il 28 marzo 1898, l’intero Dracula apparve sul Budapesti Hírlap in 79 puntate, come indicato nel giornale; tuttavia, il numero reale fu 85, poiché i tipografi numerarono erroneamente più volte gli episodi. La traduzione fu pubblicata nella sezione “Regény-csarnok” (“Sala del romanzo”), generalmente disposta in sei colonne – talvolta in quattro o cinque – sotto il titolo: Bram Stoker: Drakula. Angol regény. Harker Jonatán naplója  (Dracula. Romanzo inglese. Il diario di Jonathan Harker). La cura con cui il testo fu suddiviso in puntate rivela la mano di un abile redattore letterario: ogni segmento si legge come un’unità autonoma, che si conclude con un momento di suspense, spingendo il lettore curioso del giornale ad attendere con impazienza il numero successivo – e, naturalmente, a ricomprare il giornale.

Apparso ora: Dracula. Romanzo inglese. Il diario di Jonathan Harker. Scritto da Bram Stoker, prezzo 1 Forint [austriaco]. Pubblicità nel giornale Budapesti Hírlap, nel mese di maggio 1898.

È dunque fuori discussione che l’edizione ungherese potesse essere una sorta di “traduzione pirata”, poiché, secondo la legislazione ungherese dell’epoca, il Dracula di Bram Stoker non era tutelato dal diritto d’autore. Non essendovi alcun trattato sul copyright tra la Gran Bretagna e l’Austria-Ungheria, il romanzo poteva essere liberamente tradotto e pubblicato in Ungheria senza il permesso dell’autore. Ciò spiega perché la traduzione ungherese di Dracula apparisse anche in volume nel maggio del 1898, in un’edizione di 619 pagine, pubblicata dalla Casa Editrice del Budapesti Hírlap. La seconda edizione seguì nel marzo del 1906 (491 pagine) e la terza nel marzo del 1909 (485 pagine). A queste fecero seguito sei diverse traduzioni e adattamenti ungheresi (1925, 1985, 1997, 2006, 2012 e 2021), stampati complessivamente in alcune centinaia di migliaia di copie. Tra questi, si distingue in modo particolare la traduzione/adattamento di Tibor Bartos del 1985, considerata di notevole valore letterario.
A prima vista, può sembrare sorprendente che il testo pubblicato a puntate sulle pagine del Budapesti Hírlap sia stato ristampato in volume – per tre volte, e poi ancora più volte in seguito – senza la minima modifica. Perché accadde questo? Il traduttore doveva essere uno scrittore professionista, esperto nell’arte della prosa, le cui soluzioni stilistiche si rivelarono così efficaci da essere riutilizzate persino nelle edizioni del 1925 e del 2021. Sebbene il testo sia conciso e saldamente costruito, esso risponde perfettamente alle abitudini di lettura del suo tempo – in particolare alla domanda contemporanea di rapidità e chiarezza.
Naturalmente, anche la traduzione non è priva di errori. Si può citare un esempio significativo. All’inizio del romanzo, Harker dice nell’originale inglese: “I feared to go very far from the station, as we had arrived late and would start as near the correct time as possible” (“Non ho osato allontanarmi troppo dalla stazione, poiché, giunti in ritardo, saremmo però ripartiti quanto più possibile in orario”). Jenő Rákosi rende questo passo nel modo seguente: “I didn’t dare go very far from the station, since we arrived late, and I wasn’t completely confident about the departure being on time either”(“Non ho osato allontanarmi molto dalla stazione, visto che siamo arrivati tardi e non ero del tutto sicuro che la partenza sarebbe stata puntuale”).
Ritengo che il traduttore abbia affrontato il compito con piena consapevolezza della trama, e che gli sia stato estremamente difficile evitare che il proprio giudizio soggettivo si insinuasse nella voce narrativa. Per esempio, mancano anche alcune frasi all’inizio del romanzo, come:

At the very beginning of the seventeenth century it underwent a siege of three weeks and lost 13,000 people, the casualties of war proper being assisted by famine and disease.

All’inizio del diciassettesimo secolo la città ha subito un assedio di tre settimane, e ha perduto tredicimila anime, agli stermini della guerra vera e propria sommandosi fame ed epidemia.

Omettendo passaggi descrittivi più o meno lunghi, il traduttore sembra aver considerato alcuni dettagli eccessivi o inutilmente esplicativi. Ad esempio, manca la seguente frase: “stregoica—witch; vrolok and vlkoslak—both of which mean the same thing, one being Slovak and the other Servian for…”. Cioè: “stregoica, “strega”, vrolok e vloslak, entrambi aventi lo stesso significato: l’uno in slovacco e l’altro in serbo…”.
Vi sono inoltre casi in cui il traduttore tralascia interi segmenti di dieci o quindici righe del testo originale, come il seguente:

4 maggio,
[…] Davanti a noi, una terra verde e ondulata, coperta di foreste e boschi, e di quando in quando erti colli coronati da folteti o da fattorie con il nudo retro aguzzo prospiciente la strada. Ovunque, una rigogliosissima fioritura di alberi da frutto – meli, pruni, peri, ciliegi; e, passando, vedevo l’erba fresca ai loro piedi cosparsa di petali.Addentrandosi tra quei verdi colli, e sbucandone, la strada serpeggiava per questa che chiamano “Mittel Land” ora sparendo alla vista dietro una svolta erbosa ora nascosta dalle cime irregolari delle pinete che svettavano sui pendii come lingue di fiamma.

Questo tipo di omissioni descrittive suggerisce un intento di semplificazione narrativa, volto a rendere il testo più diretto e scorrevole per il pubblico dei lettori di giornale dell’epoca.

In antico, gli “hospadar” si rifiutavano di ripararle per tema che i turchi pensassero che le stessero apprestando all’arrivo di truppe straniere, in tal modo affrettando una guerra sempre in procinto di scoppiare. Oltre le verdi colline ondulate della “Mittel Land” si levavano imponenti pendici boscose fino ai maestosi dirupi dei Carpazi veri e propri. Torreggiavano a destra e a sinistra, e la luce del sole pomeridiano, investendole in pieno, faceva risaltare tutti gli splendidi colori di codesta bella catena, l’azzurro cupo e il viola all’ombra dei picchi, il verde e il bruno là dove rocce ed erba si confondevano, e una prospettiva illimitata di rocce frastagliate e creste aguzze, che si perdeva in lontananza, dove picchi innevati si drizzavano maestosi.

Sembra interessante rilevare alcuni errori di traduzione. Nel testo di Stoker, la parola “nobleman” è resa come “capital” nella versione ungherese: Stoker (Cap. 1): “…it had struck me that some foreknowledge of the country could hardly fail to have some importance in dealing with a nobleman of that country”. Così la traduzione ungherese:

[…] eszembe jutott, hogy az országnak némi ismerete nem ártana, amikor az ország egyik fővárosával lévén dolgom.

[…] mi è venuto in mente che conoscere un po’ il paese non sarebbe male, visto che ho a che fare con una delle sue capitali.

Un altro errore riguarda la frase di Stoker: “Strange to say, there were hairs in the centre of the palm”. Troviamo infatti nella versione ungherese:

Különös, hogy a tenyere közepe vörösnek látszott.

Era strano che il centro del suo palmo apparisse rosso.

Qui il traduttore ha letto male “hairs” e l’ha trasformato in qualcosa di “rosso”, perdendo così il dettaglio originario – e piuttosto perturbante – dei peli cresciuti al centro del palmo della mano del Conte.
Altro errore, questo di semplice distrazione ma sulla prima pagina, si ravvisa dove il traduttore cita l’orario di arrivo del treno “alle 6 ore e 36 minuti”, mentre nel testo originale si legge “alle 6 ore e 46 minuti”.

Probabilmente per orgoglio nazionale, il traduttore omette poi anche alcune brevi proposizioni. Ad esempio: Stoker: “In old days there were stirring times, when the Austrian and the Hungarian came up in hordes, and the patriots went out to meet them—men and women, the aged and the children too…” Nella traduzione ungherese, la proposizione “when the Austrian and the Hungarian came up in hordes” (“In tempi andati, c’erano periodi turbolenti in cui gli austriaci o gli ungheresi piombavano a orde, e i patrioti salivano ad affrontarli – uomini e donne, i vecchi e persino i bambini…”), è mancante. L’omissione di questo riferimento agli “Austriaci e Ungheresi” ricontestualizza sottilmente lo sfondo storico-nazionale, attenuando il tono polemico e diluendo la coloritura d’epoca della frase.
Inoltre, due frasi importanti risultano assenti dalla Nota alla fine del romanzo di Stoker:

Nell’estate di quest’anno ci siamo recati in Transilvania, rivisitando quei luoghi che erano e sono per noi così pieni di vividi e terribili ricordi. E ci riusciva quasi impossibile credere che quanto avevamo visto con i nostri stessi occhi e udito con le nostre stesse orecchie, fosse davvero accaduto. Ogni traccia ne era scomparsa. Il castello si drizzava alto come sempre a dominare la circostante desolazione […] E sono rimasti colpiti dal fatto che, in tutta quella gran massa di materiale che compone la cronistoria, non vi sia neppure un documento inoppugnabile, null’altro che fogli e fogli dattiloscritti oltre alle ultime annotazioni a mano di Mina, Seward e mie, e il memorandum di Van Helsing. Impossibile chiedere a chicchessia, anche se lo volessimo, di considerarle prove di una vicenda così incredibile.

Nonostante tali omissioni, considero il lavoro di Jenő Rákosi – la prima traduzione ungherese di Dracula – un notevole risultato di traduzione letteraria. Anche nella sua forma abbreviata, essa rimane, in molte sue parti, una lettura coinvolgente e gratificante ancora oggi.

„Budapesti Hírlap”, 1 gennaio 1898, rubrica: Sala del romanzo. “Dracula. Romanzo inglese”. Scritto da: Bram Stoker. Diario di Jonathan Harker (Stenografia)
Prime tre colonne della parte iniziale, le seguenti tre sono leggibili in un’altra pagina.