di Giorgio Bona

William Le Queux, Il ministro del male – La storia segreta di Rasputin, trad. di Sara Musarra Pizzo, pp. 237, € 18, Lorenzo de Medici Press, Firenze 2025.

Che cosa sappiamo veramente di Rasputin? Vi sono molte incertezze su gran parte della sua vita. Grigorij Efimovič Rasputin, ladro di cavalli prima e poi consigliere privato dei Romanov, quinto di nove figli di cui soltanto due raggiungeranno l’età matura, nacque nel 1869 in un villaggio della Siberia occidentale.
Dopo il matrimonio (1887, con Praskov’ja Fëdorovna Dubrovina, da cui ebbe sette figli) abbandonò la famiglia e il lavoro nei campi per dirigersi verso un monastero a Verchotur’e e vestirsi dei panni del pellegrino (1892). Ben presto affermò di aver avuto una visione della Madonna di Kazan’ e dopo quel fatto decise di dedicarsi completamente alla vita mistica.
Spostandosi da monasteri e conventi e vivendo di elemosina, giunse a San Pietroburgo dove approdò alla corte dello zar Nicola II e della moglie Aleksandra (1905).
La biografia romanzata di William Le Queux (interessante figura di giornalista, attivissimo e versatile scrittore nonché diplomatico anglo-francese, 1864-1927) raccoglie l’insieme delle rivelazioni scritte, quasi in forma di resoconto storico, del giovane Feodor Rajevski, segretario e servitore di Rasputin. Intere pagine che riportano segreti, tradimenti, sotterfugi e sconvolgimenti intorno alla figura più inquietante della Russia moderna.
Feodor Rajevski era un giovane universitario che, grazie alle amicizie del padre trovò lavoro come impiegato negli uffici della polizia politica dell’impero, per ricoprire poi un ruolo importante grazie al generale Aleksej Nikolaevič Kuropatkin, amico intimo dell’imperatrice, che gli conferì il ruolo di sottosegretario di gabinetto al Ministero della guerra.
Fu il generale Kuropatkin a nominare Rasputin segretario dello Stareč (termine russo che indica i mistici cristiani ortodossi che hanno molto carisma e seguito), allora riconosciuto come il monaco mandato da Dio per essere la guida spirituale e il protettore della Russia.
Rajevskij fu successivamente trasferito al servizio di Rasputin con la mansione di segretario personale con il compito di rispondere alle centinaia di lettere che il monaco riceveva dai suoi adulatori, oltre a organizzare incontri e feste private con le sorelle-discepole che rappresentavano le donne più colte e ricche della capitale.

Alle dodici del giorno stabilito lasciammo Pietrogrado insieme. Il  monaco indossava, con pretesa umiltà, il vestito più vecchio e logoro, anche se sotto di esso, sia detto, i suoi abiti di seta erano i migliori della capitale, mentre al collo aveva una croce a buon mercato sospesa da una sottile catena di ottone. Era trasandato, sporco, con il viso giallognolo e marcato, eppure quegli occhi brillanti guardavano con straordinaria intensità espressiva. Le mani erano sporche e le unghie lunghe e affusolate non venivano tagliate da settimane. Affascinata dal suo sguardo questo era l’uomo che Alexandra Feodorovna aveva chiamato al suo fianco.
All’arrivo alla stazione di Tsarskoe-Selo trovammo una delle carrozze imperiale ad attenderci, con fante e cocchiere in livree di un blu scintillante, con le sentinelle.
Due tirapiedi, anch’essi in blu, avanzarono e, mettendo le mani sotto le braccia del santo, lo sollevarono nella carrozza, un onore sempre dovuto agli ospiti di Sua Maestà lo Zar. Io, invece, salii dopo, sorridendo allo spettacolo dello sporco monaco che veniva tirato su come se fosse invalido. Con noi c’era un ufficiale in uniforme e un civile, un agente dell’Ochrana.
Nel momento in cui ci sedemmo, i servi imperiali si tolsero il tricorno e lo misero inclinato da un lato come segno che all’interno della carrozza vi era un ospite di Sua Maestà e per segnalare ai passanti, mentre guidavamo, di togliersi il cappello e salutare.

Il romanzo è ambientato tra il crepuscolo dell’impero zarista e la Rivoluzione, dentro un crescendo di mistero e di tensione. Il Ministro del Male intende approfondire la figura di Rasputin dentro una narrazione ampiamente documentata. William Le Queux, da maestro della narrativa di genere, riesce a dare del personaggio un profilo ipnotico e agghiacciante nel cuore della corte imperiale russa fino a uno dei momenti più drammatici della storia: dalla prima guerra mondiale alla rivoluzione. Un uomo che esercita attraverso fascino e carisma propri un potere straordinario che non è soltanto spirituale, ma anche psicologico e politico.
Il ritratto che l’autore fa di Rasputin appare contraddittorio, misterioso, con tratti di genialità, attraverso un’introspezione psicologica di tutto interesse. Tradimenti, sotterfugi, colpi di scena si succedono con un ritmo incalzante. C’è in questo susseguirsi di notizie documentate e di voci d’epoca un intreccio di oscure passioni, un’ambizione che trascende il limite dell’umanità e l’incalzare di un’imminente tragedia.
Feodor Rajevski parla delle sue missioni diplomatiche all’estero al servizio dello zar, e già da subito entra nello specifico dell’azione di Rasputin dal momento che aveva libero accesso alla Corte Imperiale ed era al corrente delle informazioni più delicate.
Secondo molti, Rasputin sarebbe stato in grado di prevedere il futuro e guarire i malati, e dopo essere entrato nelle grazie della zarina Alexandra esercitò grande influenza sulla famiglia imperiale intervenendo e condizionando molte decisioni dello zar.

Tutti sapevano che il potere di Rasputin era, già nel 1912, più grande di quello dello stesso Zar Nicola. Il più forte della terra si inchinava davanti al furfante, mentre chiunque osasse sminuirlo o provasse a contrastare i suoi malvagi piani, veniva subito eliminato dall’ufficio. Grazie a Madame Vyrubova che riceveva la parte del bottino e influenzava l’imperatrice, Rasputin regnò in quanto lo Zar non fece altro che firmare i documenti che gli misero davanti.
Così la Russia era costretta a vedere una processione regolare di ufficiali nominati dall’uomo di Dio, secondo il danaro ricevuto. Persino Goremykin fu costretto a inchinarsi davanti al mistico imbroglione. Per cinque anni Rasputin nominò e licenziò tutti i vescovi, e guai a chi cercava di interferire con  il suo potere.
L’Arcivescovo Theophanus, pieno di rimorsi per aver aiutato l’imbroglione, cercò di spodestarlo denunciandone pubblicamente gli atti malvagi, mentre il vescovo Hermogenes che conosceva il passato del monaco, cercò di rivelarlo. La vendetta di Rasputin cadde subito su di loro, Theophanus fu mandato a Tradiz e Hermogenes venne isolato in un monastero. Helidor fu cacciato dalla polizia e cercò asilo all’estero; mentre un uomo chiamato Grinevitch, che aveva conosciuto Rasputin a Pokrovsky molto tempo prima, una sera fu invitato dal monaco a cena e la mattina fu ritrovato morto nel proprio letto; mentre un altro venne arrestato dalla polizia con la stessa accusa di complotto e fu mandato in prigione per dieci anni, sebbene perfettamente innocente.
L’arrogante insolenza di Rasputin non conosceva limiti. Ora che era il potere dietro il Trono, costringeva tutti a inchinarsi a lui, istruiti e contadini. Entrando nelle case, sia in quelle di un principe che in quella di un contadino, baciava sempre la donna giovane e carina mentre girava le spalle e addirittura si rifiutava di parlare con quelle più anziane.

Tale era l’uomo soprannominato l’immortale. In realtà era soltanto sorretto da una straordinaria forza fisica e se ne avvidero i congiurati che nella notte tra il 29 e il 30 dicembre del 1916 misero fine alla sua incredibile esistenza.
Era comunque tardi per evitare il crollo dell’impero russo. Come sostiene l’autore, Rasputin fu ucciso allo scopo di ripulire la Russia dalle forze oscure. Eppure la sua malvagia influenza recò frutti in favore della Germania anche dopo la Rivoluzione e la caduta dei Romanov.
Il risultato è il ritratto di una figura sinistra e sorprendente, terribile, che ancor oggi crea interesse e attenzione. La lettura del romanzo di Le Queux offre d’altra parte una visione a trecentosessanta gradi della società dell’epoca e di come abbia saputo riconoscere fin troppo facilmente potere al monaco siberiano, spalancando le porte a una delle menti più contorte e perverse del suo tempo.