di Franco Ricciardiello

Stephen Markley, Diluvio (The Deluge, 2023), trad. Manuela Francescon e Tiziana Mennella, Einaudi, 2025

Lo scorso giugno ho partecipato a Futuri ambientali, un incontro pubblico organizzato dal Politecnico di Torino. Tra i relatori c’era Paola Mercogliano, scienziata che studia come difendersi dai danni della catastrofe climatica. Durante il dibattito ha ribadito una cosa ovvia, che però non è recepita a sufficienza dai media, e di conseguenza non fa presa sulla coscienza delle persone e nel dibattito politico: il fatto, cioè, che la catastrofe climatica non produce soltanto effetti climatici, ma, soprattutto, effetti sociali, tanto più gravi quanto meno abbienti sono le popolazioni colpite. In sostanza, la disuguaglianza sociale, la forbice della ricchezza, è un indicatore dell’incidenza dell’innalzamento della temperatura media.

Molta della fiction climatica pubblicata oggi nel mondo si concentra sulla descrizione di effetti particolari, locali, del climate change, come La memoria dell’acqua della finlandese Emmi Itäranta, La foresta brucia sotto i nostri passi dello svedese Jens Liljestrand o C’era una casa sopra la collina dell’inglese Jessie Greengrass. Rara è una prospettiva più ampia, che tenti di raccontare la catastrofe nel suo farsi, e i tentativi di opporsi e di riportare la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera a livelli non dannosi.
Abbiamo avuto, qualche anno fa, Il Ministero per il Futuro di Kim Stanley Robinson, scrittore statunitense di fantascienza, libro che ha anche ispirato un dibattito politico-scientifico sulle soluzioni tecniche che sembra suggerire, e abbiamo di recente un altro statunitense, Stephen Markley, scrittore non di genere, che pubblica questo monumentale Diluvio, concentrato sull’immediato futuro, fino al 2039, partendo però da qualche anno dietro di noi, dal 2013, quando uno dei protagonisti, lo scienziato Tony Pietrus, esperto della transizione degli idrati di metano, pubblica un libro molto radicale in cui esorta i governi a prendere misure drastiche contro l’innalzamento della temperatura media del pianeta, e per la decarbonizzazione dell’atmosfera, prima che sia troppo tardi. Naturalmente viene considerato un eccentrico menagramo, e ignorato.
Ha scritto l’accademico Sean Adams, specializzato in storia del capitalismo statunitense, che “The Deluge non è solo un catalogo impressionante, ben congegnato e fin troppo realistico dei modi in cui la crisi climatica potrebbe mutare in qualcosa di molto peggiore; è anche un libro avvincente e ricco di emozioni e di cuore”. Infatti questo complesso, magnifico, colossale romanzo di 1300 pagine che possiamo ascrivere al genere “fiction climatica”, è anche un romanzo politico sugli Stati Uniti del futuro prossimo, troppo prossimo purtroppo. Infatti, racconta la crisi ecologica, di democrazia e di rappresentanza di quel Paese che ancora oggi pensa se stesso come il centro del mondo, e che tanti danni ha inferto al pianeta in termini di emissioni di carbonio.
La lettura all’inizio può sembrare impegnativa, perché Markley presenta a rotazione Pietrus e gli altri protagonisti in lunghi capitoli introduttivi, ambientati nel nostro presente o nel passato prossimo; ma lo stile è di semplice lettura, anche nei passaggi che spiegano teorie scientifiche, applicazioni tecnologiche e sofismi politici statunitensi.
I differenti registri politico-sociali del romanzo sono esemplificati dai personaggi principali, che insieme a Pietrus raccontano gli anni terribili della crisi prossima ventura. La più importante è Kate Morris, giovane attivista climatica che fonda l’associazione Fierce Blue Fire per combattere l’establishment negazionista (la vediamo in azione attraverso il PdV del suo compagno Matt); ci sono poi Keeper, un marginale tossicodipendente che cerca di sbarcare il lunario, e tenta di rimettersi in sesto quando si fa una famiglia; Ashir al-Hasan, l’analista politico che supporta le scelte dei decisori politici; Shane, inafferrabile terrorista che organizza attentati contro stabilimenti industriali che emettono anidride carbonica; Jackie Shipman, che lavora nel mondo della finanza ma si rende conto della mancanza di responsabilità sociale e ecologica del sistema capitalista. A questi si aggiunge un insieme di personaggi secondari, politici di primo piano, predicatori cristiani integralisti, suprematisti bianchi, spacciatoli di stupefacenti, attivisti climatici, agenti FBI, deputati al Congresso, terroristi, e via dicendo. Senza contare, tra i protagonisti non umani, eventi come incendi devastati, mostruosi uragani , inondazioni rovinose. I media si sono sbizzarriti nella ricerca di risposte al declino dell’America media e alla disperazione dei trumpisti, scrive il New York Times in un trafiletto, ma Markley è uno dei primi romanzieri a riflettere pienamente le forze sociali in gioco senza sacrificare un briciolo del lavoro sui personaggi o di tensione narrativa.

La trama è vasta, piena di storie collaterali, colpi di scena, ribaltamenti di prospettiva; volendo riassumerla, possiamo dire che mentre diverse organizzazioni preoccupate dalla catastrofe climatica lavorano per giungere a leggi molto restrittive contro i combustibili fossili, manovre lobbiste e interessi politici introducono negli USA una stretta securitaria che porta all’arresto di diversi presunti oppositori e alla loro detenzione senza processo, mentre si prosegue come se nulla fosse con le immissioni di CO2 nell’atmosfera. L’organizzazione Fierce Blue Fire, fondata dall’attivista Kate Morris, arriva persino a appoggiare una candidata repubblicana alla Presidenza che ha garantito, in cambio, il varo di una legge sul clima; questa legislazione viene però bloccata, ritardata, stravolta in una stretta autoritaria che ricorda ciò che sta succedendo negli USA dopo l’elezione di Donald Trump.
Il paese si trasforma gradualmente in uno Stato di polizia, il Presidente non esita a ordinare un intervento militare contro i manifestati che protestano pacificamente nella capitale, provocando un sanguinoso massacro.
Diluvio è un’opera straordinaria e agghiacciante, estremamente documentata e altrettanto plausibile: non è difficile riconoscere negli USA dei nostri giorni, con l’opera di fascistizzazione portata avanti da Trump e dal suo entourage, i primi passi di questa deriva ultra-autoritaria, negazionista e violenta: la tipica risposta delle élites liberiste alla crisi politico-sociale.
La lettura di questo romanzo ci conferma che è impossibile disgiungere capitalismo e catastrofe climatica, e che per affrontare la seconda sarà necessario che termini il lungo dominio del primo, se non vogliamo che si trasformi in una sorta di “fascismo fossile”.