di Mauro Baldrati

Poiché questa è una serie di successo (e l’argomento dà una mano, ovviamente), il web è sovraffollato di recensioni in cui la trama è spiegata nei dettagli (e non dicono quasi nulla di più) per cui saltiamo questo aspetto e concentriamoci su qualche nota di visione.

E’ stracolma di sesso, com’è prevedibile, un’orgia di orge, scopate in tutte le posizioni, ma è curiosamente una delle “pellicole” meno eccitanti che si siano viste. L’erotismo si perde nei personaggi troppo belli e goduriosi, una scarsa verosimiglianza dell’ambiente del cinema porno dove non c’è traccia di droga, né di “storie pese”, tutto sembra ai massimi livelli per il sesso liberato e gioioso. Il personaggio di Moana è patinato (ma poco definito), mentre nella realtà fu lei che, in un’intervista, definì l’ambiente “triste” e gli attori “dei disperati”. Anche le attrici (quelle vere, non del cinema nel cinema) che ogni tanto si sono viste qua e là in foto sono talvolta sfigurate dalla chirurgia estetica. Qui invece sono delle supermodelle tutte giovani in salute che hanno il sesso nella testa non solo per lavoro.

“Il sesso nella testa” è soprattutto nel protagonista, Rocco Siffredi, che fin da bambino sogna di diventare un attore porno come Gabriel Pontello del leggendario fotoromanzo Supersex. Alessandro Borghi, che lo interpreta, è un bravo attore che dà spessore al personaggio, ne fa un eroe il cui unico obiettivo è il porno, perché lui è un tipo porno, e tutte le comparse lo sono. Ha dei momenti bui, per la famiglia, l’amato fratello invischiato con la malavita, la morte della madre che ha abbandonato per andare a Parigi per recitare finalmente in un film con Pontello. Ma sono episodi un po’ lunghi e noiosi, perché lui non è quella cosa lì, lui è Supersex II, è il toro scatenato del sesso. Se ha qualche ossessione lo si avverte vagamente, mentre l’originale, in un’intervista che abbiamo letto in uno dei numerosi servizi e recensioni, ne soffriva come una patologia, tanto da andare in terapia e persino desiderare la castrazione chimica.

Invece sembra di vivere in una specie di paradiso della rivoluzione sessuale, come la sagoma di Riccardo Schicchi che deride i poveri borghesi complessati mentre loro sono liberi, anticonformisti, il Partito dell’Amore (che qualche anno dopo manderà in Parlamento Cicciolina). Una favola cool del genere, che nella realtà è un prodotto per il consumo soprattutto da parte di maschi voyeur e onanisti e, sembra, anche di adolescenti o addirittura bambini.

Però un’attrice come Jasmine Trinca, che interpreta una prostituta sposata al fratello Tommaso, una presenza vera che si staglia sullo skyline della fiction modaiola, glielo dice in faccia a Siffredi, col quale ha un rapporto di cui non si capisce l’entità, forse di amore, o conflittuale: tu sei solo cazzo, nient’altro. E lui non si offende, perché pare che così si senta, e ci sta bene. Solo cazzo. Ovvero il culto del fallo, come lo ha definito Lacan, che produce “la disperata solitudine dell’idiota”. Una dinamica di cui non c’è traccia nel protagonista, che potrebbe evocare Henry, il personaggio di Henry Miller, quando usa il sesso come mezzo di resistenza nella città tentacolare dove vive in miseria. Ma c’è una differenza abissale: Henry è un combattente, il sesso gli dà l’energia, la libertà, ed è accompagnato da lunghe filippiche anarchiche e mistiche (quel misticismo schopenhaueriano che piaceva a Deleuze) contro la società conformista e corrotta, contro la morte vivente. Il personaggio di Rocco Siffredi invece è solo un fenomeno, un mandrillo in grado di venire in “dieci secondi”, come dimostra durante un pranzo alzandosi e facendosi una sega sul tavolo tra gli sguardi ammirati e increduli di Pontello, attori e attrici (che poi magari si sparano un’orgia, cose così).

Questa rappresentazione del personaggio si alterna, si sovrappone all’altro, il Siffredi drammatico e dolente, forse incapace di amare o forse no: “Questo è l’amore. Qualcosa di così potente che bisogna che lo distruggi, che lo rifiuti, se non vuoi che lui distrugga te”. Oppure lo scopre alla fine, “e tutto il resto è porno”.

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