di Mauro Baldrati

Una nave dei folli alla deriva. Questo sembra il nostro paese, ormai travolto da una sequenza impressionante di involuzioni e di malattie che lo divorano dall’interno. L’allineamento acritico con le politiche guerrafondaie e di riarmo, guerra contro i poveri e i diversi, la censura, il controllo del governo sui media e – presto – sulla magistratura, lo smantellamento di ciò che resta della costituzione, l’invio di squadristi nei consultori per terrorizzare le donne che vogliono, o devono abortire, politiche “ambientali” in favore dei cacciatori, aumento verticale delle disuguaglianze e molto, molto altro ancora.

E laggiù nelle terre di mezzo, le ultime roccaforti delle amministrazioni progressiste annaspano per non farsi sostituire dalle truppe corazzate del Cartello fascio-leghista. Ma è una resistenza atipica, una resistenza partecipativa, che sembra lanciare questo messaggio: vedete, anche noi facciamo i bravi, anche noi siamo dei moderni fautori della crescita.

E allora vediamo di analizzare un po’ questa bestia vorace, uno dei Dioscuri generati dal padre Zeus/capitalista.

Senza la crescita -– ovvero senza la continua espansione, una tendenza che non può mai fermarsi – il sistema capitalista è destinato a crollare. Si salva con le guerre, ovvero distruggere per poi ricostruire, e quindi “crescere”.

Ma se scendiamo i gradoni della piramide della sussidiarietà, anche nelle amministrazioni locali questa divinità da molti anni ha iniziato a dettare legge. E tra queste, soffermiamoci sulla “città più progressista d’Italia”, Bologna.

Poiché, in ossequio del citato Dioscuro, i comuni, tutti, hanno abbandonato la vocazione di enti che si occupano del bene pubblico, i servizi, le manutenzioni, e si sono trasformati in aziende guidate da amministratori-manager, sembra che l’obiettivo sia trovare continuamente occasioni di crescita. E quando il meccanismo di puntamento individua il bersaglio si alza potente la musica wagneriana dei cantieri, le macchine scavatrici, i camion, i martelli pneumatici, e poi investimenti, contratti!

Ci siamo gà occupati di un progetto violento che l’amministrazione precedente a quella attuale ha elaborato, infilandolo di straforo in un’altra mega operazione – il nuovo stadio: la distruzione di un grande bosco all’interno della città, in zona Prati di Caprara, qui. L’ottica aziendale della crescita considera l’aspetto ambientale come oggetto di sfruttamento e di profitto, e l’abbattimento di un bosco è uno degli effetti collaterali inevitabili. Al posto di questa foresta doveva – deve? – sorgere il solito palazzo di appartamenti di lusso, con la foglia di fico di una piccola quota di “edilizia sociale”, e una scuola che è stata definita assolutamente inutile da parte dell’associazione di cittadini che, con una dura battaglia e una raccolta di migliaia di firme è riuscita a bloccarlo. Almeno per ora, perché il tempo lavora dentro, il tempo lavora per “loro”.

Poi ci sono le caserme militari dismesse. Di nuovo possibili magazzini pieni di occasioni di crescita, con ristrutturazioni, nuove costruzioni di… cosa? appartamenti di lusso, con la solita foglia di fico dell’edilizia sociale. Il caso più famoso è l’ex caserma Mazzoni, destinata a diventare una cittadella fortificata all’insegna dell’ordine e del decoro borghese, al riparo dagli sgradevoli segnali puzzolenti della povertà, i senzatetto, gli immigrati, i pazzi.

Oggi un altro evento si inserisce nel quadro descritto, questa volta elaborato dall’attuale amministrazione: una scuola elementare, la “Besta”, all’interno del parco Don Bosco: il progetto è di demolirla per ricostruirla più in là nel parco, abbattendo 42 alberi ad alto fusto. Un altro effetto collaterale un pochino doloroso, ma inevitabile per un obiettivo “elevato”. Di nuovo si è formato un comitato cittadino, composto, secondo l’amministrazione supportata dai media locali, da “violenti”, che si sono opposti, proponendo una ristrutturazione sul posto, che salverebbe gli alberi e avrebbe un costo pari alla metà della nuova costruzione. Ma l’amministrazione procede con una protervia che lascia interdetti: non solo la ristrutturazione non garantirebbe i requisiti della sismica e della termica – affermazione contraddetta dal comitato – ma sarebbe addirittura migliorativa dal punto di vista ambientale (ovvero dell’abbattimento di 42 alberi). Anche qui per l’accanita resistenza dei cittadini il progetto è stato bloccato. Ma il tempo…

Ora trasferiamoci in uno dei comuni più ricchi della cintura metropolitana bolognese, Casalecchio di Reno. Qui siamo nel gioco duro. Qui si fa sul serio. Casalecchio potrebbe diventare un modello di crescita, di sfruttamento scientifico dell’ambiente. E che ambiente. La natura è stata generosa, il territorio è ricco di verde, è attraversato dal fiume Reno, circondato da un grande, bellissimo parco, il parco della Chiusa (Talon), e altri boschi e boschetti sparsi. Proprio il Talon in passato fu oggetto di un progetto pericoloso, la realizzazione di tre villette ottenute da tre case coloniche, bloccato dalle proteste e dalle polemiche. Ma un’azienda può fermare la dinamica che la qualifica? Può tollerare che enormi aree siano lasciate intatte, esenti da progetti espansionisti? Può davvero rinunciare alla potenza della sua musica wagneriana? Così, più di dieci anni fa, ha preso forma un vero e proprio Godzilla edilizio. Lungo la via Ronzani, sulla sponda sinistra del Reno, un vasto terreno di proprietà di una cava dismessa, la Sapaba, entrò immediatamente nell’ottica espansionista del comune azienda (che per muoversi ovviamente ha bisogno dell’apporto delle aziende edili): un colossale edificio residenziale con la realizzazione di 300 appartamenti. Immediatamente l’efficiente apparato aziendale entrò in azione. Su quel terreno sorgeva un grande bosco, fatto di vegetazione spontanea e alberi ad alto fusto, che fu raso al suolo fino all’ultimo giunco. Poi fu realizzato un vasto altipiano perfettamente livellato che doveva sostenere l’edificio. Ci furono proteste, e anche allarmi, perché la zona era, ed è soggetta al rischio inondazione. Ma il meccanismo, una volta attivato, non si ferma. Non può farlo. Però avvenne un fatto non previsto. Il delirio post berlusconiano della continua espansione era in realtà la famosa “bolla” speculativa, che sembrava inarrestabile, per cui ogni metro quadrato era un’occasione di costruire. Ma come sappiamo la bolla scoppiò, i costi delle case precipitarono e molti progetti si arenarono. Come il Godzilla Sapaba. Intanto il territorio di Casalecchio ci ha rimesso un bosco. Però però… ora la crescita ha ripreso vigore, e il Godzilla non sembra morto, ma solo in sonno, e il tempo, il tempo…

Ma andiamo avanti, perché la crescita ha bisogno di andare avanti, sempre. Adiacente all’area ex Sapaba esiste un grande edificio dismesso che fu una sede operativa dell’Hatù. Una specie di balocco di lusso per il team comune-azienda e il socio costruttore. Così si è configurato un altro progetto, l’ennesimo condominio composto da 100 appartamenti, ovviamente di lusso con la foglia di fico eccetera. Purtroppo non si sta formando nessun comitato cittadino che si opponga a questo nuovo evento. Regnano indifferenza, forse rassegnazione. C’è qualche divisione tra la maggioranza che guida il comune, come una lista frazionista del partito di maggioranza PD, che – probabilmente per motivi elettorali, visto che in giugno sono in programma le elezioni per il rinnovo del consiglio comunale – mette in discussione il mostruoso Godzilla e l’ex Hatù, che potrebbe invece essere destinato a studentato. Un progetto sociale condiviso anche dalla lista Potere al Popolo, che si batte in eroica solitudine contro la devastazione ambientale operata dai futuri, titanici cantieri wagneriani.

E non è finita qui. In centro a Casalecchio era presente da anni un albergo dismesso, il Pedretti. Quale migliore occasione per attenuare il carico del traffico apocalittico che opprime la città, attraversata dalle vie Porrettana e Bazzanese, provenienti da Porretta, Sasso Marconi, Bazzano, che ogni giorno vi riversano migliaia di auto dirette a Bologna? Quale meravigliosa opportunità di creare un polmone verde, demolendo l’edificio e piantumando altri alberi oltre alla decina già esistenti?

Non scherziamo. L’area a di proprietà privata. Quindi il progetto è privato. E per tutti gli eventi ricorre sempre lo stesso mantra: i progetti sono stati approvati, i contratti sottoscritti. Premesso che la situazione normativa-contrattuale è alquanto complicata e pare che nessuno abbia la conoscenza dello stato attuale, la potestà dei suoli non compete ai privati, ma al comune. Lo dice la legge urbanistica, approvata addirittura durante il ventennio, la 1150 del 1942. Il privato per costruire deve chiedere il permesso di costruire al comune, che dopo una serie di valutazioni può concederlo o rifiutarlo. Per esempio con una valutazione negativa della CQAP (Commissione per la Qualità Architettonica e per il Paesaggio), o per una VIA (Valutazione di impatto ambientale). Sul suolo dell’ex Pedretti, abbattuto nel 2019 (insieme ad alcuni alberi ad altofusto, ma sono quisquilie) è in programma un palazzo di nove piani per 37 appartamenti, più una galleria commerciale al piano terra. La quale costituisce un ulteriore disagio per la città. Infatti ovunque avanza la tendenza di chiudere i negozi di vicinato, soppiantati dai grandi store e superstore, determinando così una desertificazione dei centri città, riducendoli a dormitori. Dunque quale CQAP può dare parere favorevole per il Godzilla 1 e 2 e per il troll Pedretti? Quale VIA può permettere l’impatto sul traffico di 447 nuovi appartamenti in una realtà come Casalecchio? Poiché ciò è avvenuto il comune-azienda è complice della devastazione del suo territorio. In nome di cosa? Ma che domande. Della crescita!

Un piccolo grande fenomeno Casalecchio. Infatti, oltre a essere attraversato da un’autostrada come la Bologna-Firenze, per cercare di risolvere il dramma del traffico ha pensato, desiderato, progettato un nuova autostrada da affiancarle, la Nuova Porrettana. Così questa cittadina di 36.000 eroici abitanti sarà equiparabile a megalopoli come Città del Messico, Tokyo, con un’autostrada di 10-12 corsie che solca il centro abitato in continua espansione.