Transeuropa, Massa 2023, pagg.95 € 15

(In questa epoca in cui il politicamente corretto, la cosiddetta cancel culture, un certo timore nell’osare, una ritrosia nella sfida, una museizzazione mediatica della lotta di classe, sembrano avvolgere di un velo opaco una società malata, violenta e ingiusta, una riscoperta di Tondelli può essere addirittura terapeutica. Il suo breve passaggio ha segnato un’epoca. Il suo lavoro letterario ed editoriale, sempre segnato da una puntigliosa ricerca critica e stilistica hanno resa immortale una certa scrittura selvaggia anni Settanta, indifferente alle mode e sprezzante di ogni condizionamento. Questo libro può essere molto utile sia per chi conosce l’autore, e ne ha letto l’opera, sia per chi, nella jungla di un mercato bulimico, ne ha solo sentito parlare. Di seguito pubblichiamo l’introduzione dell’autore, che funziona egregiamente come piano dell’opera. Per motivi editoriali il testo compare senza le note a piè di pagina. MB)

QUATTRO ROMANZI, UNA FORMAZIONE

“Altri libertini”, “Pao Pao”, “Rimini” e “Camere separate”: questo studio sui romanzi di Tondelli concede uno spazio rilevante alla dimensione personale, per molti motivi.

Il primo è che i quattro romanzi sopracitati, ciascuno con modalità diverse, dialogano di frequente con la biografia dell’autore, in quanto presentano personaggi che ne sono alter ego evidenti. In secondo luogo perché sono stati scritti in un momento storico, tra la fine dei settanta e l’inizio dei novanta, in cui le dimensioni di personale e politico sono legate tra loro forse ancor più che di norma, come nello slogan “il personale è politico” coniato proprio in quegli anni. Infine, per via del curioso intreccio tra i romanzi in questione e alcuni elementi biografici del sottoscritto.

Il mio primo incontro con Tondelli è stato con la lettura del suo romanzo d’esordio “Altri libertini”. Poco più che diciottenne, senza saperlo viaggiavo in treno verso la città dove l’autore del libro che sfogliavo aveva studiato una trentina d’anni prima, a quello stesso DAMS (Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo) in cui andavo a iscrivermi. Il mio ricordo dello shock profondo, suscitato dalle vicende di emarginazione ed eccessi che prendevano vita nel libro, è ancora vivo e mi ha portato a queste pagine. Ciò che più mi aveva colpito delle molte scene in cui degrado e pulsioni erotiche si intrecciavano come non potessero esistere l’una senza l’altra, era l’immediatezza con cui venivano narrate, quasi rappresentassero fatti del tutto ordinari.

Dopo più di un decennio, stringo tra le mani il suo ultimo romanzo, quello più dolente ed intimo, sempre durante un viaggio: un volo da Berlino, città che lasciavo dopo avervi vissuto gran parte degli ultimi anni, e nella quale si svolgeva una parte importante del romanzo che tenevo tra le mani.

Alla fine della lettura, un secondo fattore era sopraggiunto ad accrescere la sensazione di scomodità dei sedili del volo low-cost: lo scarto ingombrante che separava le anime dei due romanzi, il primo e l’ultimo della breve vita dell’autore. Basta un rapido confronto tra le due conclusioni per farsene un’idea: dall’inno all’avventura di “Altri libertini” alla tristezza del protagonista di “Camere separate” che immagina i propri spostamenti da un ospedale all’altro, prima di morire.

Assumendo l’interpretazione proposta da Concolino, per cui i quattro romanzi di Tondelli potrebbero essere accorpati in un unico percorso di formazione, non ho potuto fare a meno di interrogarmi su cosa fosse accaduto nei dieci anni che separano l’esordio dall’ultimo romanzo e che corrispondono, né più né meno, al decennio degli anni ottanta (in cui sono nato).

Due romanzi intermedi, una pièce teatrale, alcuni racconti e moltissimi articoli di costume, fino alla malattia mortale, hanno accompagnato il passaggio dalla protesta e dall’impegno della fine dei settanta all’ingresso nel riflusso, «tragedia dal punto di vista del rampantismo, della superficialità, del becero presenzialismo, di una certa stupidità» . “Weekend postmoderno” è l’etichetta, tanto intrigante quanto ambigua, che Tondelli ha coniato per questi dieci anni.

L’ampiezza dell’argomento mi ha suggerito di individuare un punto d’accesso da cui circoscrivere il campo di ricerca. In questo caso, continuando ad affidarsi alla dimensione personale (ma, si vedrà, anche politica), si è scelta la comunanza dei percorsi di studio tra Tondelli e il sottoscritto, nella fattispecie l’elemento dello spettacolo che, oltre a vivere un periodo di esplosione proprio negli anni ottanta, riveste un ruolo, questa è la mia tesi, determinante nel grande Bildungsroman di Tondelli. Quasi ne costituisse un personaggio ricorrente, è sembrato importante ricostruirne l’aspetto nelle varie narrazioni di Tondelli, un aspetto che si avvicina all’archetipo ambiguo, mutevole e problematico dello shapeshifter .

Punto di partenza è la consapevolezza di Tondelli di appartenere alla prima generazione italiana cresciuta davanti alla televisione , dichiarazione da leggersi come rivendicazione della sua scelta, per certi versi gramsciana, di ricorrere a linguaggi ed elementi dell’intrattenimento per toccare un pubblico quanto più eterogeneo possibile .

L’intento di questa ricognizione è rintracciare gli elementi della cultura nazional-popolare nei romanzi di Tondelli nel tentativo di definire le modalità con cui vengono piegate dalla sua scrittura (o, al contrario, con cui la piegano) e individuarne l’evoluzione, non tanto a fine catalogatorio quanto per coglierne l’influsso rispetto alle problematiche principali dei suoi romanzi: emarginazione, abbandono e solitudine.

Questo approccio ambisce a fornire elementi utili a comprendere la malinconia esistenziale che caratterizza l’autore, definito «scrittore del magone» , quasi che il suo rapporto con lo spettacolo sin dall’opera d’esordio già prefigurasse gli esiti che caratterizzano l’ultimo, introspettivo viaggio di “Camere separate”.

L’ipotesi da cui prendo le mosse è la seguente: i romanzi di Tondelli – oltre che opere di impegno politico sfaccettato e di riflessione sul rapporto tra generazione, individuo e società – costituiscono una preziosa resa narrativa di importanti teorie critiche sulla società tardo-capitalistica, al punto da precorrere dinamiche concretizzatesi anche decenni dopo la sua morte, con l’evoluzione dei mezzi di comunicazione e dello spettacolo. Di rimando, molte di queste teorie critiche sembrano sorprendentemente efficaci nell’illuminare alcuni elementi impliciti dei romanzi di Tondelli, collegabili alla nostalgia e al magone dell’autore.

Nell’analisi che segue, le scene più significative (e scandalose) del grande Bildungsroman in quattro romanzi dialogheranno con scritti di teorici accomunati da una stessa volontà di analizzare, con discipline e strumentazioni diverse, la condizione di malessere derivante da una sorta di bug della nostra società: il situazionista Guy Debord – cui si deve l’espressione “società dello spettacolo”, il sociologo Jean Baudrillard, i filosofi Mark Fisher e Byung-Chul Han e molti altri.

Lo studio si costituisce di cinque capitoli, uno per ciascuno dei quattro romanzi di Tondelli, seguiti da una chiusura che interroga il “fuori campo” dei romanzi, la raccolta “Weekend postmoderno”, quaderno del viaggio spazio-temporale negli anni ottanta in cui lo spettacolo manifesta in maniera lampante il legame con altri esiti della società tardo-capitalista, quali la pornografia, il turismo, la diffusione dei nonluoghi ed il consumo. Rispetto a questi fenomeni, in corso di svolgimento all’epoca e oggi assodati, Tondelli è stato un osservatore e narratore particolarmente attento, quasi che lui stesso vivesse in sé stesso la metamorfosi che era in corso nel mondo.

Il primo capitolo prende le mosse dalla presunta oscenità del romanzo d’esordio, con lo scopo non di mitigarla (visto che quella stessa oscenità aveva colpito anche il sottoscritto) ma di valorizzarla e farla esplodere. A partire dalla contestata scena di masturbazione tra tossici nei bagni pubblici della stazione, si leggeranno i “libertini” sulla base di una loro insoddisfazione e bisogno esistenziali profondi, rispetto a cui lo spettacolo (nelle sue varie forme) interviene per bisbigliare una risposta.

Il secondo capitolo riflette sul paradosso insito nel romanzo altamente autobiografico “Pao Pao”, nel quale una sorprendente ricchezza di situazioni di vita e di affetti germoglia nel mondo solitamente restrittivo, anche rispetto allo spettacolo, della caserma militare.

Il terzo capitolo esplora il tripudio di kitsch e paillettes della Rimini hollywoodiana di Tondelli, dove il vissuto si confonde con lo spettacolare annebbiando la lucidità degli osservatori più acuti, in un romanzo poco riuscito nel quale i tanti personaggi sono appesantiti dalla sensazione di un’apocalisse greve come l’afa estiva.

Il quarto capitolo, dedicato all’ultimo romanzo, indaga in merito al sospetto di correità dello spettacolo nella situazione di abbandono e infelicità esistenziale in cui vive il protagonista appena trentenne, Leo, alter ego del coetaneo Tondelli e, come lui, scrittore.