di Giovanni Iozzoli

Alle volte basta imbattersi in una vecchia rivista, buttata là, in garage, impolverata, in mezzo a un mucchio di libri e carte da smaltire. Basta prenderla in mano, sfogliarla superficialmente: ed ecco che ti si può magicamente squadernare davanti l’essenza segreta di un epoca, di una memoria collettiva. Ho trovato una copia di “Alpha Dimensione Vita”, mente toglievo ragnatele e spostavo cartoni. Una cimice aveva provato a passarsi l’inverno al riparo tra quelle pagine, ma naturalmente era morta stecchita. La rivista riporta la data: novembre 1995 (il cadaverino della cimice era sicuramente più recente). Costava allora 10.000 lire – non poco, ma era di buona fattura grafica. Fu una delle riviste egemoni, probabilmente la più importante, della stagione del new age italiano; credo però che in quegli anni, la definizione “new age” fosse già considerata in quei mondi troppo abusata, effimera, inadeguata: queste pubblicazioni preferivano autodenominarsi un po’ pomposamente “esoteriche”.

Naturalmente non c’era niente di esoterico – cioè di riservato ad anime elette – dentro quelle pagine; anzi, dietro l’aspetto vagamente patinato, si coglie lo sforzo di allargamento verso altre platee, altri segmenti di lettori. La prima cosa che salta agli occhi, infatti, sono le pagine della pubblicità di settore: una sequenza fitta fitta di annunci che rimandano a quella che fu un’attività frenetica di circoli, associazioni, gruppi, seminari; i quali, a loro volta, erano espressione di una “fetta di mercato” non irrisoria: in quegli anni, ogni grande libreria italiana esibiva un robusto settore (la Hoepli di Milano addirittura un piano intero) dedicato a libri, opuscoli, manuali, videocassette e giornaletti, interamente di argomento “esoterico”. Che poi sotto questo cappello si collocasse di tutto – da Renè Guenon allo Shiatzu – questo era solo il segno dell’epoca, confusamente ottimistica.

Ed ecco una rassegna di alcune inserzioni pubblicitarie:

  • Fidia srl – Fabbrica Macchine per Medicina Complementare – Macchine per cromoterapia, camere Kirlian portatili e a valigetta, macchine computerizzate per fotografare l’Aura, Psycotron Virtual Reality (con casco tridimensionale);
  • Associazione culturale laboratorio Avicenna – propone corsi di studio per chi intende incamminarsi sul sentiero della Fratellanza Bianca;
  • Sprigiona il potere in te in un week end – un evento dinamico, elettrizzante, che cambierà la vostra vita, a cura di Anthony Robbins, il trainer più famoso al mondo;
  • Laboratorio sciamanico e capanna sudatoria – per scoprire il tuo lato selvaggio, il tuo lato oscuro, il tuo lato luminoso;
  • La cucina esoterica – corsi settimanali in 5 lezioni teoriche di 2 ore ciascuna.

La vetrina dei video (VHS ovviamente) propone:

  • Le voci di Laura Paradiso e Aura. Il ritorno dello spirito. La piccola entità Aura, una bambina mai nata, tramite i sensitivi del gruppo “umanità in movimento” invia messaggi alle donne che si trovano davanti alla scelta angosciosa di conservare una vita o abortire (40.000 lire per 23 minuti);
  • Operazione Socrate. Il caso Osho Rajneesh.(40.000 lire per 40 minuti).

Il riferimento ad Osho, merita qualche approfondimento; il video (come l’omonimo libro di Valcarenghi) evoca il supposto avvelenamento da tallio del guru Osho, da parte del governo degli Stati Uniti, in epoca reaganiana. Viene naturale il collegamento con gli omicidi di ex spie che in anni recenti la Russia è accusata di aver praticato – anche se onestamente, non si capisce in che modo il povero (e screditatissimo) guru indiano avrebbe potuto nuocere agli apparati di Stato, detenendo come unico prezioso segreto, la minchioneria di tanti giovani americani che l’avevano scambiato per un vero maestro spirituale.

Chandra Mohan Jain – in arte Osho – fu un professore di filosofia indiano che ad un certo punto degli anni ’60, aveva colto la folgorazione (e l’immenso mercato che essa apriva) dei giovani occidentali rispetto ad una indefinita “saggezza orientale”. E aveva capito che quei giovanotti non cercavano tanto l’illuminazione, quanto di risolvere i loro conflitti interiori, soprattutto quelli scaturiti dalla rivoluzione sessuale, dall’implosione della famiglia e dalla crisi dell’occidente. Di sesso e psicanalisi parlava continuamente, nei suoi ammiccanti discorsi: l’occidente moderno era il luogo in cui il Tantra avrebbe incontrato Freud. Le 50 Rolls Roice, la Osho Airlineas, la segretaria che scappò coi soldi, erano tutto un pittoresco contorno – allusioni ad una qualche “pazza saggezza” che solo i veri guru potevano permettersi; ma il nucleo della faccenda era spalmare miele e illusioni sulle nevrosi d’occidente. Sul nome Osho oggi si ironizza, per le vignette fotografiche e il filone di pseudo satira da Bagaglino che hanno avviato. All’epoca, però, era considerato un marchio serio, rinomato, che tirava molto: centinaia di titoli pubblicati da ogni tipo di editore e soprattutto la proliferazione di migliaia di sannyasin occidentali (sembravano fatti con lo stampino) i quali, chiusi gli ashram di Poona e dell’Oregon, tornavano nei loro paesi, al principio degli anni ’80, spacciandosi per Maestri delle più strampalate discipline (spesso inventate di sana pianta o frutto di improbabili mixages), aprendo centri e microgruppi che a loro volta diffondevano il verbo new age a cerchi concentrici. L’intreccio di queste biografie inquiete, con quelle dei residui del ’77 italiano, era noto ed evidente, a partire dal povero Rostagno – che però si portava dietro una grana umana ed etica non comune in quegli ambienti.

  • Caterina Cucuzza – pranoterapia, C.so Garibaldi Milano. I pranoterapeuti andavano per la maggiore, a partire dalla celebre Rita Cutolo, pluri invitata in tv, detta la “donna magnetica” per la sua capacità di far aderire oggetti al palmo della mano. Ricordo che in quel periodo scoppiò una querelle col Cicap, che provò anche a sottoporre ad un controllo scientifico le abilità “adesive” della signora Cutolo (rileggendo il verbale di quei test c’è da ridacchiare, anche sul Cicap, che disquisisce sull’”appiccicosità” naturale delle mani della Cutolo e i livelli di zucchero nel suo sudore, che favorirebbero i fenomeni). Certo è che c’erano più pranoterapeuti che malati, in giro.
  • Laura Rangoni editore pubblicava “Il manuale della perfetta strega” – collegandosi a tutto un filone, oggi molto stantio, sulla stregoneria come magia naturale del femmineo…etc etc. Gli studi sul gender non credo approverebbero la visione della Madre che cura e custodisce la natura.
  • Sri Sri Ravi Shankar: l’Arte di vivere. Promuove seminari a Milano e a Firenze. Questo era un guru giovane, moderno, vagamente cristico nella figura, ma sveglio e molto in linea con i tempi: organizzava seminari e strategie di gestione dello stress per manager. Tutto con marchi registrati. Era una espressione dell’India rampante dei primi anni ’90, che si lanciava nella globalizzazione, ma con la benedizione del nazionalismo indù e l’alibi di un qualche arcaismo culturale da preservare, tanto per non svendersi troppo smaccatamente all’occidente.
  • Sentieri di gioia a Milano, organizza corsi di rebirthing (in acqua calda e fredda, con canti e suoni di guarigione). Il Rebirthing era una disciplina respiratoria, con pretese catartiche e liberatorie; particolarmente spiacevole da eseguire, spesso provocava iperventilazione (che paradossalmente è una delle manifestazioni di insorgenza degli attacchi di panico).
  • Associazione culturale Padma: organizza incontri con sciamani (evidentemente autoctoni, a leggere i nomi dei conduttori dei workshop). C’erano effettivamente in quegli anni in giro un po’ di sedicenti sciamani, sull’onda della riscoperta di Castaneda. Anche io ne avevo conosciuto uno, piuttosto improbabile: mi pare fosse di Caltanissetta ma sosteneva di poter viaggiare nel mondo degli spiriti toltechi. Chissà che fine avrà fatto.

Negli annunci si nota tutto un fiorire di poderi, masserie, ville e case di campagna ristrutturate e offerte per i seminari, i corsi, i weekend esperienziali. Il giro è grosso e viaggiano soldi quasi esclusivamente in nero. La new age è il regno dell’assegno post datato.

  • Francesca e Gabriella Varetto pubblicano il Cantico dell’Universo, in cui, con una certa modestia, affrontano le leggi universali che governano la vita dell’uomo.
  • A Rimini in quel periodo c’è il Secondo Convegno internazionale di pranoterapia e parapsicologia (nel ricco carnet spicca Erena Rangiamri, guaritrice Maori che eseguirà diagnosi del pubblico in sala). Il tema “guarigione” fa da leit-motiv ad ogni seminario o pubblicazione: tutti sentono di dover guarire da qualcosa.
  • Sempre a Milano – evidentemente un epicentro, come al solito – il sig. Candry, astrologo indiano, esegue lettura della mano a livello professionale.

Poco più giù, un altro annuncio propone “ciondolini di alluminio i cui atomi ed elettroni sono stati modificati in modo che tali oggetti siano in risonanza con l’energia di base dell’universo; un miracolo della scienza – oggetti di energia positiva”

  • Riccione. Convegno: la vita oltre la vita. Questo consesso, che si riconvocava ogni anno, aveva assunto il titolo di un fortunato libro del medico Raymond Moody. Ma più che indagare sugli stati Near Death Experience, l’obiettivo di questo ed altri gruppi era ricercare contatti medianici con i defunti. Di questo gruppo ricordo una certa serietà organizzativa, il rapporto con la Chiesa cattolica (che spesso inviava osservatori ufficiali ai convegni), e lo sforzo di dare un assetto credibile, moderno e culturale a quello che, nel succo, era il vecchio spiritismo ottocentesco. Il piatto forte dei convegni consisteva nella performance delle medium inglesi che in diretta, sul palco, “canalizzavano“ spiriti di defunti, interagendo con le persone in sala. Nel corso di quegli eventi l’atmosfera si faceva pesante e piena di ansia: perchè una parte di quel pubblico era costituito da genitori che avevano precocemente perso i figli, magari pochi mesi prima. E anche in quel contesto tragico – maledetta commedia all’italiana – si potevano innescare dinamiche ridicole. Ero in mezzo al pubblico in uno di quei convegni (credo nel ’99) svolto in un albergo della mia città e ricordo un episodio increscioso. Si era nel nel corso di un’affollata pubblica canalizzazione, e mentre le medium sul palco imponevano un silenzio carico di attese e mistero e la tensione giungeva al suo acme, in attesa di una manifestazione spiritica, qualcuno – evidentemente personale dell’albergo – si era malandrinamente inserito sulla linea audio e aveva ululato un “ECCOOOCI STIAMO ARRIVANDOOOO” che aveva raggelato le 300 persone in sala e indignato la povera Paola Giovetti, curatrice dell’evento, volto noto della tv, che era letteralmente sbiancata, balbettando: “sono scherzi che non possiamo accettare”. In Italia non si può fare un’evocazione seria, avranno pensato le medium inglesi.
  • Matha Gitananda Ashram. Questo è un ashram attendibile, tutt’ora operante, sede dell’ Unione Induista Italiana, allora piccola realtà, poi gonfiatasi nel corso degli anni grazie al contributo dei nuovi emigranti indiani e delle Mauritius. Il fondatore è un guru italiano, Yogananda Giri, che, dopo molti anni di studio in India, divenne monaco e fu autorizzato ad esportare il verbo. Vantano una fedeltà cristallina al Sanatana Dharma e collaborazioni con ambienti accademici; sono sicuro che abbiano cercato nei decenni di sottrarsi alla effimera nuvola new age. Ricordo solo di aver involontariamente fatto incazzare il guru, quando, in perfetta buona fede, durante una conferenza pubblica a Modena, gli chiesi se era vero che per gli induisti ortodossi noi occidentali eravamo tutti, dalla nascita, irrimediabilmente dei fuori casta. La sua irritazione rivelò un nervo scoperto. Più rivendichi la fedeltà alla Tradizione, per giustificare la tua genuinità, più devi essere pronto a difenderla, anche nei suoi aspetti incompatibili con la modernità. E questo apre le porte ad ogni contorsionismo.

E’ lo stesso problema del buddismo tibetano, che esplode in quegli anni con il trionfale export del “prodotto Tibet” e del suo principale promoter, il Dalai Lama. Aveva cominciato Bertolucci, con il suo favolistico Piccolo Budda, e poi era arrivata Hollywood. Gli Usa cominciavano a prendere le misure del gigante in crescita e usavano il Tibet (e più tardi l’affaire Falun Dafa) come uno degli strumenti di pressione e disturbo, sulla leadership in ascesa di Pechino. I centri di “buddismo tibetano” aprivano in gran numero nelle città italiane ed europee. Però, lì dentro si insegnavano solo pratiche potabili per gli occidentali – om mani peme hum, vogliamoci bene e tanta compassione universale…Le faccende più controverse e delicate erano propriamente quelle tipiche della tradizione tibetana e di quelle si parlava poco o le si collocava nella dimensione metaforica o simbolica – ad esempio la devozione verso Dei e Protettori del complicatissimo pantheon lamaista. Il Buddismo tantrico è una teurgia – cioè un sistema di evocazione delle divinità fino a farsi incorporare da esse. Dirlo esplicitamente sarebbe stato poco comprensibile per l’occidentale degli anni ’90, che sentiva il bisogno di una spolveratina spirituale, ma senza trovarsi tra i piedi la figura di un qualche dio ingombrante che frenasse la sua cavalcata vitale attraverso l’ottimismo di quegli anni .

Poi arriviamo al “paginone centrale” della rivista, che è dedicato ad Alice Bailey – esoterista e teosofa molto conosciuta nell’ambiente. Fu lei una delle prime a teorizzare all’inizio del secolo, l’avvio dell’età acquariana, come epoca di rivelazione ed illuminazione. Fu l’ultima grande musa ispiratrice della Teosofia, movimento ad inizio secolo talmente in voga da finire citato nei libri di Pirandello e influenzare l’opera di Yates, di Lewis Carrol e Conan Doyle. La signora Bailey, dopo una vita avventurosa (mai quanto la sua maestra, Madame Blavatski) sosteneva di essere entrata in contatto con un Maestro tibetano che le avrebbe dettato telepaticamente, nel corso degli anni, migliaia, di pagine di “rivelazioni” iniziatiche. Dalla Bailey nasce la Lucis Trust, che occupa anche un posto nel Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite – ed è oggi accusata in ambienti complottisti di utilizzare l’Onu per misteriose finalità paramassoniche e illuminate. Accusa giustificata forse dal fatto che la denominazione primitiva dell’associazione era stata agli esordi Lucifer Trust – ossequio alla narrazione gnostica che sta alla base di tanta speculazione massonica: Lucifero come angelo di luce, vagamente prometeico, che vuole liberare l’umanità dal giogo del Demiurgo, pasticcione cosmico. Lucifer si converte nel più politicamente corretto Lucis, anche in questo caso per evitare troppe imbarazzanti spiegazioni ai sostenitori e finanziatori occidentali (la polemica cattolica antimassonica sostiene che il segreto massonico del 33° grado sia così segreto proprio perchè custodisce questa rivelazione luciferina, che solo chi è preparato può conoscere. E del resto, più luciferino di Licio Gelli…). Comunque: sei pagine dedicate alla Baley e alle sue creature – con indirizzi internazionali a cui rivolgersi per iscriversi alla sua Scuola Arcana dai costi, immaginiamo, assolutamente iniziatici – lasciano supporre un certo investimento economico e una discreta capacità di spesa.

Nelle pagine successive, il sociologo Peter Roche De Coppens predica un ottimismo illimitato, sfrenato, contagioso. Fu un teorico del Think Positive, del “crea la tua realtà”, forgia il tuo futuro, fai fluire i tuoi desideri. Lo ricordo spesso ospite da Maurizio Costanzo: una specie di caricatura del professorone anglosassone, che parlava con l’accento di Dan Peterson, fumava la pipa e indossava una giacchetta di velluto a coste con le toppe sui gomiti. Una specie di vate dell’ottimismo globalizzato anni 90. Una sorta di “motivatore” (figura allora già in auge negli Usa) che spingeva le persone a riscoprire il proprio “potenziale” e adattarsi ai tempi brillanti che il fine secolo serbava a chi era in grado di entrare in sintonia con le vibrazioni positive di questa nuova era.

Questo del “potenziale umano” era un tema ricorrente, seppur declinato attraverso categorie diverse. Un richiamo costante al vitalismo dormiente, da risvegliare mediante tecniche interiori: la meditazione, le arti marziali, le mille versioni dello Yoga, che da sacro darshana induista, diventava definitivamente esercizio ginnico e/o terapia. Le figure del motivatore, dello psicologo, del trainer e del guru, si sovrapponevano – anche nelle biografie dei medesimi carismatici individui che si proponevano come maestri: dove finiva la parte spirituale e cominciava quella mondana? La passione degli occidentali per la “tecnica” – quasi sempre avulsa dal suo retroterra religioso – portava enormi masse a sperimentare pratiche, spesso complicate, che venivano rapidamente abbandonate e duravano il tempo di un corso: nessuna “tecnica” può cambiare di punto in bianco un individuo, con tutto il suo carico di nevrosi e aspettative; e tutte richiedono, per avere un minimo di senso, di venir calate dentro un contesto ed uno stile di vita consono. Dalla metà degli anni 60, milioni di occidentali hanno provato qualche genere di meditazione (più di quanto non abbiano fatto gli indiani, di sicuro), soprattutto per imparare a “rilassarsi”. Dov’è il risultato oggi di tutto questo accumulo di “rilassatezza”? Sono pratiche nate secoli fa in ambienti sideralmente lontani; e soprattutto non si ponevano come fine il “benessere” o l’”integrazione psico-fisica” o la piramide di Maslow – questioni che di sicuro non erano nelle priorità degli ascetici precursori.

L’inseguimento delle “tecniche”, da acquisire, collezionare, confrontare con gli altri, era solo l’espressione della solita ingordigia del bianco euro-americano, che sentiva di essere al centro di un grande ciclo di dominio globale; che era consapevole di aver raggiunto un livello di ricchezza, comfort e sicurezza mai toccato prima nella storia della civilizzazione umana; eppure si sentiva ancora insoddisfatto, incompleto, inquieto: voleva impadronirsi anche di “discipline” ( meglio se velate da qualche pseudo-segreto), grazie a cui poter esibire ed estrinsecare la propria poliedrica personalità. Era la stessa propensione che i vecchi colonialisti manifestavano quando strappavano ai popoli colonizzati tesori d’arte, monumenti, antiche vestigia e li portavano in patria: un po’ conquista, un po’ onore delle armi, un po’ nobilitazione del proprio grezzo spirito predatorio.

Dagli anni ’60 ai ’90 si era consumata (oltre a tante altre cose) anche una parabola spiritualista su cui oggi, a posteriori, sarebbe riduttivo limitarsi ad ironizzare: coinvolse decine di milioni di occidentali, artisti, leader e persone comuni. All’inizio fu una spinta avventurosa verso oriente, che manifestava un ethos critico, una repulsione verso i miti del consumismo, l’oriente come fuga dal materialismo occidentale. Poi, tra gli ’80 e i ’90, si verifica un “rientro” verso ovest, una specie di rinculo o di riassorbimento in cui brandelli masticati e rimodernati di quel viaggio collettivo verso oriente, venivano reimportati, impastati e usati non per fuggire ma per meglio adattarsi al presente – ed è il tema di quello che fu definito “materialismo spirituale”. Al viaggio mistico dei giovani inquieti verso oriente, si andava sostituendo il viaggio comodo verso occidente di guru, visioni, testi e arti varie, alla ricerca di un pubblico pagante. Nessuno dalle nostre parti anelava al poco attraente nirvana (l’estinzione dell’ego); tutti desideravano invece aumentare le loro performance e implementare le potenzialità dell’Io. E’ un po’ la medesima mutazione genetica che avvenne nello stesso periodo, nelle abitudini di consumo delle droghe: dall’eroina e dall’Lsd – lisergiche, alienanti, creatrici di esilio, controcomunità, rifiuto – si passava alla coca e alle sostanze chimiche: performanti, destinati ad accrescere le possibilità di competere nelle relazioni sociali, sessuali e persino nel lavoro.

Con l’11 settembre 2001 finisce il ‘900, ha scritto qualcuno, stiracchiando il secolo breve ben oltre il 1989. Passati i ’90, di new age nessuno se la sente più di parlare. Si cerca di sostituire il prodotto difettoso con la Next Age, ma la cosa non funziona, non apre alcun filone né commerciale né di costume. Non c’era un mondo nuovo e luminoso dietro l’angolo. La crisi globale comincerà a sciorinare i suoi effetti in occidente: guerra e miseria ritornano all’ordine del giorno anche nelle società affluenti, mentre Cina e India, da depositi di “antica saggezza”, si rivelano come moderne bestie capitalistiche lanciate furiosamente al galoppo nella storia. Non c’è alcun posto in cui fuggire: il mercato e le sue mutazioni colonizzano l’immaginario in forme ogni giorno nuove, con strumenti sempre più pervasivi, fino a costituire una inedita sfera virtuale dell’esperienza umana, ormai pienamente inglobata nel nostro quotidiano. Mala tempora.

Ma non furono solo anni di esotismo e suggestioni naif. Sotto traccia, dietro ai balocchi new age, marciavano nel cuore della storia, due potenti revival – assolutamente religiosi, non genericamente interiori o spirituali – che avrebbero provocato nel corso degli anni grandi conseguenze geo politiche: l’evangelismo pentecostale (che sta stravolgendo l’antropologia di pezzi enormi di America Latina e Africa ed è figlio della crisi del cattolicesimo istituzionale); e l’islam militante – che è prodotto a sua volta dal fallimento storico delle correnti laiciste del medioriente, nasserismo, kemalismo, baathismo. Un ridisegno colossale, antropologico, culturale. L’immaginario di centinaia di milioni di uomini e donne, si ricolloca in un senso esistenziale nuovo, muta comportamenti e gerarchie secolari, sprigiona energie tutte da studiare.

Rileggendo gli annunci di quella rivista, viene da chiedersi: cosa è rimasto di quella stagione? E viene la voglia di contattare qualcuno di quei vecchi riferimenti, interrogare qualche voce sopravvissuta, sapere se ha prevalso l’estinzione o lo spirito di adattamento.

Studio Omega. Viaggio verso il centro interiore. Sedute di regressione e trasformazione energetica multidimensionale. Ho la tentazione di chiamare il numero che compare nell’inserzione di questo Studio Omega, uno tra i tanti. Tanto, dopo 30 anni, chissà quell’utenza se sarà ancora attiva. Provo a telefonare – prefisso milanese, come al solito. Mi risponde una voce femminile un po’ scocciata; è la segretaria di un ambulatorio fisioterapico; fingo di aver sbagliato numero. Rimango un po’ deluso. Chissà perchè, speravo che quelli dello Studio Omega avessero romanticamente resistito. Ma forse sono ancora loro, quelli delle regressioni. Forse hanno solo convertito la loro professionalità, si sono diplomati, o che so io, e adesso sono diventati rispettabili appartenenti alla comunità medica e non pretendono più di aprirti i chakra. E non so dire se questo sia davvero un progresso; è chiaro che la new age era troppo poco per “reincantare” il nostro cronico disincanto. Ma chi si candida a ricoprire questa funzione oggi? l’Intelligenza Artificiale e le nuove tecnologie provocano ormai paura, disagio, repulsione. La gente comune ha la sensazione di essere fottuta, in trappola, dentro una meta-macchina che controlla tutto e corre senza direzione, senza uno straccio di finalità, di senso. E non c’è trascendenza, neanche quella un po’ farlocca del new age, ma non c’è neanche umanesimo. Niente. Non c’è nessuna nuova rivelazione, all’orizzonte. Forse solo qualche sana apocalisse.