di Giorgio Bona

Kerstin Ekman, Essere Lupo, trad. di Carmen Giorgetti Cima, pp. 208, € 17,50, Iperborea, Milano 2022.                                         

Essere lupo per il genere umano sarebbe un onore. Non c’è animale più fiero. Una fierezza che nella maggior parte dei casi non si riscontra negli uomini.

La sua figura spaventa e preoccupa. Di cosa pensiamo vivano i lupi dentro la macchia? È l’immagine del sangue che crea preoccupazione? Può un carnivoro uccidere senza sangue? Senza fare impressione?

È in questo romanzo che Kerstin Ekman, una delle più importanti scrittrici di tutto il Nord Europa, definita “una persona con enormi conoscenze riguardo al bosco e di come il suo utilizzo ci fornisca riflessioni senza precedenti”, lo racconta.

Veniamo al libro.

Essere Lupo mette in evidenza come il rapporto tra uomo e natura sia un Leitmotiv della letteratura e come l’uomo sia cresciuto in questo mondo, a contatto con quello che lo circonda. Certo, perché quando il rapporto tra uomo e natura vede una simbiosi, quando si crea un equilibrio, superiamo le incertezze umane che ci travolgono.

È quanto raccontato da Kerstin Ekman, che vive in un villaggio nella Svezia più profonda, dove la natura appunto sembra essersi dimenticata, in senso positivo, della civiltà e spinge a ricercare altre ispirazioni che innalzino la vita.

È quello che vive Ulf, il protagonista di questo romanzo, cacciatore ed ex ispettore forestale ormai settantenne, quando avvista un esemplare di lupo e non riesce a rivelarlo a nessuno. Una visione che diventa un segreto da conservare, una storia intima da proteggere, da cui non riesce a staccarsi perché gli ha provocato una connessione forte con l’animale.

E allora viene spontaneo chiedersi: ma l’essere umano può escludersi dalla natura?

La risposta è che l’essere umano non può fare a meno delle relazioni con il mondo e di questo mondo la natura è parte integrante. E questa autrice quasi novantenne (nata 1933) adopera imperiosa la propria scrittura per raccontarci in modo semplice ma profondo tale relazione e ricordarci che il nostro posto è nel mondo e il mondo è anche questo.

Il romanzo è molto semplice ma entra dentro abissi profondi. La neve e i boschi sono i padroni incontrastati di territori dove i villaggi sono formati da piccoli gruppi di persone che si conoscono fin dalla tenera età, dove le tecnologie non sono ancora arrivate a modificare il tessuto sociale e il tenore di vita, come se, nell’immutabilità del paesaggio, che non è stato minimamente scalfito dalla mano dell’uomo, il tempo si fosse fermato.

Tutto cambia nella vita di Ulf quando la mattina del primo gennaio dalla sua roulotte in mezzo ai boschi vede apparire un maestoso esemplare di lupo. Tale visione scatena in lui una reazione che lo porta a ricercare se stesso attraverso l’immagine dell’animale e instaurare, all’età di settant’anni, un rapporto confidenziale e intimo.

Un rapporto che stravolgerà la sua vita perché lo porterà a confrontarsi fino a diventare il suo alter ego.

 

“Credi che i cani sappiano come si chiamano? Voglio dire, che abbiano un io? E che ne siano consapevoli.”

“Credo che questo non lo scopriremo mai. Ma lui adesso è Sturks e lo sa.”

È come per Zampalunga pensai. Io lo chiamavo così e anche lui non lo sa. Lui è qualcuno in relazione al branco che si aggrega, forte ma vigile, desideroso di accoppiarsi, ma appartato. Oppure in relazione al branco che formerà quando incontrerà una femmina. E allora lì sarà il protettore, e quello che manterrà la disciplina. Il primo cacciatore. E allora potrà accoppiarsi con la femmina.

 

Meraviglia la contemplazione dei boschi nelle lunghe attese, nella speranza di incontrarlo, l’emozione di una traccia trovata, i profumi e i suoni di un ambiente in cui ognuno non si sentirebbe mai solo.

 

Quando precedetti lungo la fila di tracce vidi che un po’ più avanti, tra gli alberi, la neve le aveva conservate ancor meglio. Qua e là si distinguevano chiaramente i segni lasciati dagli artigli robusti. Doveva trattarsi di un grosso maschio. Ogni tanto si era fermato. C’era l’impronta profonda del posteriore e delle zampe dove si era seduto. Poi c’era un’area tutta calpestata dove era rimasto accovacciato per un po’. Di sicuro non aveva problemi con il freddo, ben impellicciato come doveva essere, con la giarra a proteggere la fitta lanuggine.

L’impronta del suo corpo trasmetteva un senso di calma. Era rimasto sdraiato a lungo a riposare, sapendo che lì poteva starsene in pace.

 

Uomo e animale hanno una cosa in comune: sono entrambe cacciatori, entrambi amano la solitudine, ma c’è qualcosa che va oltre queste semplici affinità.

Essere Lupo è il racconto di una rinascita dove il punto di incontro è l’equilibrio di un sistema che spalanca orizzonti inaspettati, e dove l’essere umano, quando pronuncia la parola lupo, sembra richiamare una potenza della vita della terra, e le tracce di un essere vivente che riflette gli uomini e il loro continuo mutare.

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