di Gioacchino Toni

Non accontentandosi dei regimi discorsivi egemoni, tendenti a mantenere la rappresentazione della città nel campo delle politiche securitarie e delle strategie di estrazione del valore, il volume di Pierpaolo Ascari, Pietro Rivasi (a cura di), Espressioni urbane. Muri sconciati, writing e street art (Mimesis 2022), derivato dal Convegno “L’arte urbana ed i suoi processi culturali in Emilia-Romagna” (Modena, novembre 2020), affronta le espressioni estetiche metropolitane nelle loro molteplici sfaccettature attraverso punti di vista e approcci differenti comprendenti gli studi culturali, la storia dell’arte, l’analisi degli stili, il diritto, la criminologia critica, l’antropologia e l’educativa di strada.

Come hanno avuto modo di evidenziare Alessandro Dal Lago e Serena Giordano (Graffiti. Arte e ordine pubblico, Il Mulino 2016) attraverso un’analisi estetica, sociale e culturale, gli spazi urbani costituiscono un’arena di conflitti. Esaminato tanto le motivazioni che muovono i graffitisti ad intervenire, nell’illegalità, sulle mura delle città, quanto quelle che mobilitano il fronte antigraffiti, i due studiosi hanno evidenziato alcune contraddizioni che attraversano gli opposti schieramenti.

Suscitando probabilmente qualche malumore negli ambienti creativi underground, Dal Lago e Giordano hanno posto l’accento su come l’ostilità di molti cittadini nei confronti dei graffiti che ricoprono le mura del quartiere in cui vivono derivi anche dal senso di impotenza provato nel subire una modifica estetica del contesto urbano in cui si trovano a vivere senza essere stati minimamente contemplati, come del resto avviene con la comparsa di insegne e cartelloni pubblicitari o, più in generale, come le trasformazioni urbanistiche calate dall’alto [su Carmilla].

Con riferimento alla scena urbana, di conflittualità si può parlare anche a proposito dei rapporti tra l’universo della street art ed il circuito artistico ufficiale. Nel suo contributo al volume Espressioni Urbane, Pietro Rivasi, ad esempio, soffermandosi sul rapporto tra arte urbana spontanea e istituzioni, nell’auspicare il superamento della logica che vuole i due ambiti per forza di cose conflittuali, ritiene necessario che il sistema dell’arte manistream si interroghi circa l’applicabilità al writing ed alla street art di criteri che si sono sedimentati nel tempo nella storia e nella critica d’arte accademica.

Nelle gallerie molte mostre che intendono dar conto del variegato universo dei graffiti urbani ricorrono a «lavori che riproducono su tela o su carta soltanto l’estetica di ciò che viene realizzato in strada. In questo modo le opere risultano prive delle qualità legate agli aspetti sito-specifici, performativi e caratterizzanti che entrano in gioco quando le opere vengono realizzate senza autorizzazione nello spazio pubblico» (p. 36). Il writing urbano, sostiene Rivasi, ha peculiarità che lo differenziano da molta pittura tradizionale; non è nell’aspetto tecnico e formale che andrebbero ricercate le sue caratteristiche artistiche e culturali più rilevanti.

Fabiola Naldi (Tracce di Blu, Postmedia books 2020), riprendendo le riflessioni di Miwon Know (One Place After Another: Site-specific Art and Locational Identity, MIT Press 2002) ha evidenziato come tanto gli studiosi quanto gli spettatori casuali contemporanei debbano saper contestualizzare l’intervento estetico al suo contesto di riferimento, altrimenti ne ricavano una lettura non solo superficiale ma anche “addomesticata” [su Carmilla].

Allargando il discorso, in un suo scritto Lorenzo Misuraca (Street art come il trompe l’oeil dello stato sociale. I rischi della “muralizzazione” delle periferie, “Il lavoro culturale” 13 Maggio 2015) invita a prendere atto di come i murales stiano cambiando la propria funzione all’interno della comunicazione pubblica trasformandosi, in diverse occasioni, da “luogo di critica” a “luogo di ratifica del potere” [su Carmilla]. Sono ormai frequenti i casi in cui le istituzioni ricorrono alle produzioni di street art esistenti, o a quelle da loro commissionate, per riqualificare l’immagine – e spesso solo quella – delle periferie.

Nel volume Espressioni urbane a soffermarsi su tale questione è in particolare Sarah Gainsforth, studiosa che ha approfondito i processi di gentrificazione urbana ed il ruolo assunto dal turismo nella produzione di località per l’estrazione di valore dalla città-merce (Airbnb città merce. Storie di resistenza alla gentrificazione digitale, DeriveApprodi, 2019; Oltre il turismo. Esiste un turismo sostenibile?, Eris, 2020) [su Carmilla].

Nel suo contributo al volume Espressioni urbane, Gainsforth riprende alcuni episodi avvenuti nella città di Roma esemplificativi di come anche il contesto estetico urbano sia un terreno di conflittualità, dunque, a maggior ragione, come all’arte urbana si debba per forza guardare a partire dai suoi aspetti sito-specifici.

In occasione della visita guidata all’interno del quartiere romano San Lorenzo – “Street Art e Identità” –, organizzata dall’associazione Muri Sicuri nell’ottobre del 2019, che prevedeva una tappa in via dei Volsci per visionare alcuni murales sui palazzi in cui avevano sede strutture della sinistra antagonista romana, i visitatori furono preceduti dalla cancellazione delle opere da parte dei volontari del gruppo Retake nell’ambito dell’iniziativa “Magnifica San Lorenzo” organizzata dal Comune di Roma e finanziata da Unicredit. «La cancellazione dei murales, i cui temi erano politici, è avvenuta senza consultatore il territorio; probabilmente sono stati consultati i proprietari delle case in questi edifici, ma non il quartiere. In questa visione San Lorenzo, e Roma, non sono una comunità, ma un condominio» (p. 54).

Altro caso riportato dalla studiosa riguarda i murales sulle pareti di edifici bombardati nel corso della seconda guerra mondale all’incrocio di via dei Sabelli, in questo caso commissionati direttamente dal Comune di Roma e finanziati da una società immobiliare. Curiosamente il murale è stato intitolato “Kidz are the future” richiamando in maniera evidente il gruppo di artisti “Kidz” attivi un paio di decenni fa in San Lorenzo autori di un enorme murale rappresentante il quartiere stresso raffigurato nei suoi aspetti diurni e notturni. Il nuovo murale sorge proprio ove aveva campeggiato a lungo la scritta KIDZ sostituendola, nei fatti, con un’opera del tutto estranea al quartiere.

I due episodi, sottolinea la studiosa, si inseriscono all’interno di un processo di forzata ristrutturazione che sta subendo il quartiere romano di San Lorenzo rendendo evidente «un cortocircuito che negli ultimi anni si è creato sul tema dell’Arte urbana e della Street Art, la confusione e le contraddizioni insite nei concetti con cui ruota oggi il discorso sulla città: decoro e degrado, legalità e illegalità, i temi dell’Arte pubblica e della sua funzione, e quindi il macro-tema della rigenerazione urbana, e in particolare di quella cosiddetta culture-led ovvero di matrice culturale» (p. 58).

Tali contraddizioni, continua Gainsforth, sono esplose a Roma soprattutto in tre quartieri storicamente popolari – San Lorenzo, Ostiense e Pigneto – in cui si scontrano tentativi di “bonifica urbana” «voluti dai privati e dai nuovi abitanti» e «tentativi delle controculture di riappropriarsi e di definire il valore d’uso degli spazi e della città». Si tratta pertanto di «luoghi di conflitto sull’uso dello spazio. Il decoro, che viene sempre indicato come obiettivo della riqualificazione di città, non è un obiettivo ma uno strumento – di tipo estetico – per definire un uso – più esclusivo – della città a partire dall’estrazione di rendita urbana» (p. 58).

Si tratta dunque di un uso dell’Arte Urbana, a Roma come altrove, volto a «rendere attrattivi i quartieri da rigenerare in chiave economica, prima che sociali. Il che, semplificando, significa, attrarre utenti e abitanti facoltosi da fuori anziché migliorare le condizioni di chi vi abita» (p. 59).

Gli interventi estetici soprattutto commissionati, ma a volte anche quelli realizzati spontaneamente, nelle mura dei quartieri, contribuiscono «all’elaborazione di retoriche e narrazioni, alla produzione di contenuti immateriali su cui si costruisce l’immagine della città attrattiva, dinamica, da vendere a turisti, investitori, e nuovi residenti. I quartieri rigenerati sono descritti come “rinati”, “vivaci” e “creativi”» (p. 59).

Trattandosi di una narrazione che, sottolinea Gainsforth, presuppone uno stato di degrado antecedente la rinascita, occorrerebbe chiedere conto delle responsabilità del degrado di tali quartieri. «Conoscendoli, direi, che in parte è inventato, in parte è dovuto proprio all’impoverimento del tessuto sociale ed economico che la trasformazione porta, alla carenza di servizi, di luoghi di socialità e cultura, di luoghi che non siano di consumo» (p. 59).

La muralizzazione delle periferie sempre più commissionata e finanziata dal connubio istituzioni-società immobiliari si sta rivelando un buon “cavallo di Troia” per sottrarre i quartieri popolari alle comunità che li hanno a lungo abitati e ciò è stato reso possibile grazie allo sfilacciamento del tessuto sociale che non si è di certo dato motu proprio.

Insomma, nell’arena di conflitti che sono gli spazi urbani, anche i colori sulle pareti si rivelano armi contese. Non è nelle gallerie d’arte che si combatte questa guerra, è nelle nelle strade, un metro alla volta, mattone dopo mattone.


Indice dei contributi presenti nel volume Espressioni urbane. Muri sconciati, writing e street art: Pierpaolo Ascari, Tensioni a Cyburbia. La città postfordista tra canoni e stili di espressione; Pietro Rivasi, Sul rapporto tra arte urbana spontanea ed istituzioni; Sarah Gainsforth, Addomesticare la città: consumo visuale e produzione di spazio; Tamar Pitch, Sicurezza, decoro e pandemia; Giorgia Silvestri, Lo scandalo dell’adolescenza nella città degli adulti; Francesco Spagna, Ho fatto della mia casa il mondo. Street art, comunicazione, controcultura; Claudio Musso, Rovesciare la prospettiva. Arti visive e cultura visuale nel Writing e nella Street Art; Fabiola Naldi, Per una responsabilità “illegale” dell’artista; Stefano Ascari, Parole, immagini e muri. Il fumetto come scrittura dello spazio urbano; Enrico Bonadio, Profili di diritto d’autore nel graffiti writing; François Chastanet, Sei scritture metropolitane; Luca Borriello, Per fare un Tavolo. Competenze e municipalizzazione della creatività urbana in Italia.


Estetiche inquiete serie completa su Carmilla