di Mauro Baldrati

Non si creda che durante il ventennio il regime fascista fosse un organismo omogeneo, pervaso da esaltazione e adorazione per il Duce sul cavallo bianco, come vagheggiava Sofia Loren in Una giornata particolare. O meglio, nell’immaginario popolare era certamente diffusa questa riduzione comica del Potere, ma la ragnatela che avvolgeva il paese con la sua trama demagogica e la sua violenza, copriva un nido di vipere, un branco di belve fameliche in guerra tra loro. C’erano rivalità tra i gerarchi, guerre intestine, calunnie, maldicenze. La corruzione dilagava e trascinava con sé i complotti, gli scandali, le richieste di epurazioni e di confino. Mussolini lo sapeva. Sapeva tutto. Ogni giorno riceveva memoriali, denunce delle malefatte dei vari podestà o federali. Leggeva, sottolineava con le immancabili matite rosse e blu a punta grossa, e taceva. E non agiva. Lui non agiva. Qualcun altro doveva svolgere il lavoro sporco. Quando, dopo la marcia su Roma e il colpo di stato, iniziò la massiccia opera di burocratizzazione “totalitaria e integrale del regime fascista”, il suo primo pensiero fu di cacciare dalle leve del potere la masnada di trafficanti, ma soprattutto i teppisti, i picchiatori e gli assassini, esseri ignoranti e bestiali di cui non aveva più bisogno. Anzi, rappresentavano un intralcio per il suo progetto di un regime assoluto, privo di opposizione e senza la decadenza plutocratica della democrazia liberale. Li aveva usati, esaltati coi suoi comizi incendiari dove incitava alla violenza “giovane” e alla devastazione “chirurgica”, mentre sottobanco tramava coi detestati borghesi liberali e persino coi socialisti per far entrare i neonati fascisti in quella cloaca di esseri “stracchi e putrefatti” che era il Parlamento. Ma ora che il Potere era conquistato c’era bisogno di pragmatismo, di obbedienza cieca e religiosa (“il fascismo con è una ideologia, è una fede”). Per cui i barbari squadristi, gente che aveva solo l’istinto di appiccare il fuoco, di ammazzare e di stuprare, andavano tolti di mezzo. Lo stesso fece Hitler in Germania con le SA. Per un periodo iniziale infatti i nazisti tedeschi replicavano le azioni dei maestri italiani, e Hitler considerava Mussolini il suo Vate. Luchino visconti ne La caduta degli dei ha rappresentato magistralmente quegli eventi, col crescendo dell’orgia omosessuale delle SA, fino all’irruzione delle SS che li sterminarono tutti. Così nel 1926 Mussolini nominò un suo fedelissimo alla guida del Partito Nazionale Fascista, Augusto Turati, col compito di ripulirlo dalle mele marce, dagli squadristi, dai ladroni e dai ladri di polli. E Turati, uomo di cieca fede, agiva “devotamente”, epurando senza pietà. Cacciò dal partito decine di migliaia di iscritti e funzionari, alcuni mandandoli al confino, qualcuno in prigione, altri nella triste palude del dimenticatoio.

Intanto Mussolini, un anno dopo, creò l’OVRA, la polizia segreta copiata, pare, dalla Čeka sovietica, col compito di reprimere ogni attività antifascista. Ma non solo. L’OVRA sorvegliava anche i potenti, le “Eccellenze”, i gerarchi, i sindaci, i prefetti, raccogliendo dati, delazioni, spiandone i comportamenti e archiviandone i vizi. E ancora una volta il copione fu copiato. Edgar Hoover col suo FBI agiva allo stesso modo. Spiava i presidenti, i ministri, i potenti industriali, fotografando orge, tradimenti, omosessualità, pedofilia, ogni genere di bassezza in contrasto con la morale puritana. Questo enorme archivio della perversione gli servì per restare al potere per quasi quarant’anni, intoccabile, poiché teneva sotto ricatto i maggiorenti d’America. E qui, come il regista Visconti, il maggior narratore di quel periodo e di quelle azioni è stato uno scrittore, James Ellroy, il cantore della depravazione politica (si legga soprattutto American Tabloid).

Ma non durò. Turati non durò. La sua azione di incorruttibile epuratore scatenò la furia del sottobosco, fece insorgere i gerarchi infastiditi dalla violazione dei loro segreti. Soprattutto il feroce Roberto Farinacci, l’idolo dei duri, ex capo squadrista, difensore dei killer di Matteotti, che continuò a deridere e a insultare, chiamandolo “il maiale” anche dopo il ritrovamento del corpo straziato. Iniziò una campagna denigratoria, sfruttando soprattutto le cosiddette devianze sessuali di Turati, puntualmente registrate dall’OVRA. Questo è un appunto riservato di Arturo Bocchini, lo spietato capo dell’OVRA, per Mussolini del 17 gennaio 1930:

L’On Lando Ferretti mi ha riferito che la Baronessa D’Avanzo gli aveva confidato che S.E. Turati è un pervertito sessuale. Infatti durante l’erotismo con la Davanzo egli si faceva cacare sullo stomaco e pisciare in bocca non solo ma che nel corso del coito non faceva che chiamare uomini, evidentemente suoi amanti, e fra gli altri l’On. Garelli di Vicenza.

Uomini come amanti, abuso di cocaina, addirittura stupri di bambine, questa montagna di fango mandò in rovina Turati, che non fu mai più ricevuto dal Duce, lui che era stato il suo funzionario più vicino e più ascoltato. Turati, disperato, cercò di difendersi, supplicando tutti suoi contatti di intercedere presso Mussolini perché lo ricevesse e lo ascoltasse, ma invano. Mussolini in realtà leggeva, sapeva, ma come sempre non agiva. Questo il passo di un colloquio col giornalista Yvon de Begnac, il suo biografo:

Voi mi dite che Turati fu sommerso dalla calunnia, e che la sua omosessualità fu una fosca favola inventata dall’uomo di Cremona (Farinacci ndr) ai suoi danni. Anche io sono convinto dell’innocenza di Turati. Ma, in Italia, quando la voce pubblica , comunque organizzata, colpisce, nulla è possibile fare per renderla inoperante.

Quando la voce pubblica colpisce. Mussolini conosceva alla perfezione la potenza di fuoco dei media, la forza distruttrice della calunnia. Turati, colpevole o innocente che fosse, era bruciato. Fu addirittura mandato in una casa di cura psichiatrica.

E oggi? Qualcuno dice che la storia si ripete, ma il sospetto è che invece sia sempre la stessa storia. Infatti i nipotini di quei gerarchi e di quegli squadristi sembrano degli studiosi attenti di quel periodo, del quale importano le intuizioni e le azioni. Al bisogno i loro giornali più estremi, quelli del brand Farinacci, usano la maldicenza e la calunnia senza esitare. Ma non solo. E’ in atto una mutazione dell’informazione in propaganda che lascia attoniti e spaventati. Sembra che quel coro antico di voci morte provenienti da un passato dimenticato navighi verso la menzogna del presente, lo attraversi e punti verso la tragedia del futuro. Senza bisogno di vere e proprie epurazioni, o di arresti, ogni voce discorde da quella ufficiale viene accuratamente emarginata. Si sta creando anche una sorta di censura interna, per cui chi potrebbe parlare preferisce tacere. Da almeno due anni va avanti questa situazione. L’elemento scatenante è stata la pandemia, dove chiunque si permetteva di eccepire sull’azione del governo veniva duramente accusato e persino minacciato. E ora la situazione, se possibile, si è ulteriormente aggravata con la guerra in Ucraina. Il governo di quel paese, da più parti denunciato come corrotto e illiberale, è diventato un baluardo di democrazia. Mentre tutto ciò che è russo è il Male Assoluto. Anche gli atleti, gli scrittori, i musicisti. Ogni dubbio sull’opportunità di inviare armi e soldati in Ucraina, anche con la premessa di essere contrari alla guerra e all’invasione, viene immediatamente stigmatizzato come atteggiamento pro-Putin, il nuovo demone. E’ una minoranza che lo impone, attraverso il controllo dei principali media (dai sondaggi risulta che il 55.3% della popolazione è in disaccordo con le scelte interventiste del governo), ma l’opposizione è già al confino, anche se in casa propria. In quanto alla sorveglianza più o meno segreta, i metodi si sono affinati. L’OVRA si è parcellizzata, sciolta allo stato liquido come il miele nel tè. Gioacchino Toni, su questo sito, ha pubblicato una ricognizione sulle nuove metodologie del controllo, qui la serie di articoli.

Intanto il Potere sa, il Potere tace. E il Potere non agisce dove non conviene, proprio come Mussolini. No alla guerra, ma non a tutte le guerre. Sì ai profughi, ma non a tutti i profughi. No ai dittatori, ma non a tutti i dittatori. No alla corruzione, ma la corruzione continua a dilagare, vedi le punte dell’iceberg dei cantieri del PNNR. L’Italia non è più all’avanguardia su diverse attività, l’arte, la musica, la manifattura, ma su un aspetto non ha rivali: nella malapolitica e nella malainformazione non ci batte nessuno.

(I documenti citati sono riportati da Antonio Scurati in M, L’uomo della provvidenza – Le foto: 1 Augusto Turati, 2 Roberto Farinacci)

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