di Paolo Budai

[Presentiamo un libro davvero bello, appassionante, quasi unico nel suo genere, attraverso un’intervista ai curatori.] (V.E.)

Il libro e docufilm Giorgio Bertani editore ribelle, pubblicato da Milieu edizioni (Milano 2020, 142 pagine, euro 16,90) nasce da un progetto ambizioso, curioso, molteplice, denso di riferimenti e rimandi, per nulla celebrativo e nostalgico, rivolto al futuro pur raccontando di un’esperienza del passato, interessante anche per la metodologia usata nella ricostruzione e nell’analisi. Abbiamo chiesto a Marc Tibaldi, Filippo Comencini e Andrea Zanardo, alcuni degli ideatori del progetto, di raccontarci come è nata questa “macchina del tempo”.

È un libro pieno di avventura, a iniziare dal racconto del sindacalista-boxeur con l’occhio di vetro. Potete anticiparci qualcosa?

Marc Tibaldi: “Avventura di pensiero e avventura di azione. Quando, durante una delle videointerviste, Giorgio Bertani ci raccontò la storia del sindacalista dall’occhio di vetro, la memoria connettiva andò immediatamente a questa frase del regista Dziga Vertov: ‘Kinoglaz/Cineocchio come possibilità di rendere visibile l’invisibile, di rendere chiaro ciò che è oscuro, palese ciò che è nascosto, di smascherare ciò che è celato, di trasformare la finzione in realtà, di fare della menzogna verità. Il Kinoglaz come fusione della scienza e della cinecronaca allo scopo di lottare per la decifrazione comunista del mondo…’. Questa è avventura di pensiero e di azioni che attraversano tempi e luoghi del Novecento. In un passaggio emozionante del docufilm allegato al libro, Giorgio Bertani, classe 1937, ricorda quell’episodio, quando da ragazzino, nei primi anni Cinquanta, assiste agli scontri tra la polizia di Scelba e gli operai della Galtarossa, la grande ferriera della città. Gli occhi brillano mentre racconta dell’opeario-ex boxeur con l’occhio di vetro. Quando si levava l’occhio e lo riponeva nel borsello, quello era il segnale per partire contro i cordoni della polizia: tutti gli operai lo sapevano e dopo quel gesto si avventavano sugli sbirri lanciando le biciclette contro le camionette e poi passando allo scontro fisico. È proprio allora che Bertani scelse da che parte stare e per tutta la vita tenne fede a un’ideale che compendiò socialismo libertario, marxismo critico, antifascismo ed ecologia. Una vita bella e avventurosa quella di Bertani, che vale la pena di approfondire con la lettura del libro. Dal rapimento del viceconsole spagnolo nel 1962…”

…questa è un’altra storia da film!

 Andrea Zanardo: “Sì, una bella avventura anche questa, e un’efficace azione politica antifascista. Un gruppo di giovani di appena vent’anni – quattro socialisti rivoluzionari veronesi e quattro anarchici milanesi (tra cui Amedeo Bertolo, poi cofondatore di A rivista anarchica e delle edizioni Eleuthera) – rapiscono il viceconsole spagnolo a Milano e contribuiscono a salvare la vita a tre antifranchisti spagnoli condannati alla garrota. Tennero in ostaggio il viceconsole per una settimana, in un rifugio al confine con la Svizzera, e ogni sera lo interrogavano su un capitolo del Capitale di Marx (come si lamentò l’ambasciatore durante il processo successivo). Furono poi individuati, processati e condannati a qualche mese di carcere. Il gran clamore di stampa però contribuì a far nascere dei comitati di solidarietà in Italia (con tra i promotori Elio Vittorini, Alberto Moravia, Pierpaolo Pasolini, Lelio Basso) e in Europa”. Nel capitolo dedicato al fatto, abbiamo integrato le testimonianze di Bertani, Novello Paglianti e Tomiolo con quelle di Amedeo Bertolo pubblicate in un articolo di Antonio Tellez su A rivista. Abbiamo così una ricostruzione pressocché completa di questa efficace azione antifascista”.

E come continuò la vita avventurosa di Bertani?

Filippo Comencini: “Continuò tra libri e impegno politico, con la pubblicazione delle opere di Dario Fo, tra cui anche la prima edizione francese di Mistero buffo, edizione che fu importante per allacciare i rapporti di collaborazione con i migliori editori d’oltralpe che poi gli concessero i diritti di traduzione per autori come Paul Nizan, Georges Bataille, Jacques Derrida, Gilles Deleuze, Felix Guattari.  Negli anni ’70 libri e impegno politico divennero un tutt’uno, perché la Bertani editore diventò un portavoce dei movimenti di quegli anni. Furono anni caldi per Bertani tra successi, iniziative come il coordinamento tra case editrici Editoria Militante, persecuzioni giudiziarie (molti furono le denunce ai titoli di Dario Fo) e tentati suicidi come arma per attirare l’attenzione sulla critica situazione economica della casa editrice. Una pistola (secondo Bertani una semplice scacciacani) gli fu trovata anche durante le perquisizioni repressive contro il movimento del ’77. Negli anni ’90, in un clima ormai cambiato, Bertani non rinunciò alle sue idee, con un impegno forse non avventuroso per un soggetto cinematografico, ma coraggioso, con la partecipazione a missioni di pace durante la Guerra dei Balcani e la solidarietà ai Rom e ai nuovi migranti”.

Come è nato e come si è sviluppato questo progetto?

 Marc Tibaldi: “Nel 2005 progettammo una mostra dedicata all’esperienza della Bertani editore, ma l’idea si arenò a causa dello sgombero del centro sociale La Chimica di Verona, di cui eravamo militanti. Nel 2009, trasformammo il progetto da mostra a docufilm, e questa volta non lo portammo a compimento per difficoltà economiche e per il caratteraccio di Bertani stesso che rinunciò a delle sessioni di registrazione. Registrammo alcune interviste, a Bertani e ad altri attivisti. Poi ci incagliammo. Era nato come progetto complesso, sia dal punto di vista concettuale che dal punto di vista estetico. Troppo. Nel giugno del 2019, dopo la morte di Bertani, ci è sembrato giusto portare a termine quell’idea, per rendere omaggio a una esperienza importante. Abbiamo reso l’idea ‘telegrafica’ e concluso il montaggio solo con le interviste girate nel 2010 (ad eccezione del video di Carlo Rovelli, realizzato nel 2019), rinunciando ad articolazioni narrative e a una realizzazione formale più ambiziosa. Un montaggio essenziale una sceneggiatura costruita alla riversa. Ma con la presunzione che anche con questa essenzialità i contenuti possano parlare ancora forte al futuro. Il metodo che abbiamo utilizzato è stato quello dell’inchiesta, della conricerca, con interviste agli attivisti di quel periodo, con una griglia di domande preparata in precedenza. Il progetto del docufilm non ha avuto solo l’obiettivo di riannodare i fili della memoria con l’esperienza della Bertani Editore, con i movimenti degli anni ’60 e ’70 e le loro vivaci presenze, mirava a qualcosa di più. Già nel 2009 scrivevamo: ‘Attraverso l’intreccio di testimonianze e l’esperienza editoriale di Giorgio Bertani, raccontare quegli anni senza indugio alla nostalgia, creare un film che possa funzionare come ordigno mitopoietico che metta in moto creazioni. Un contributo per l’invenzione di socialità dove solidarietà e sapere possano liberare le potenze delle intelligenze individuali e collettive’. Aggiungo che le musiche sono di Claudio Fasoli, jazzista di rilevanza internazionale. Con una presunzione tutta ‘bertaniana’ possiamo dire che, come la vita di Giorgio, anche questo film e il libro che lo accompagna sono attraversati da una scossa vitale che produrrà dei divenire. Kinoglaz!”

Nel libro troviamo anche i contributi di due ospiti illustri: Antonio Moresco e Carlo Rovelli.

Andrea Zanardo: “La lettura delle pagine di Lettere a nessuno di Moresco dedicate al suo periodo veronese furono importanti, degli stimoli per iniziare a pensare a questo progetto. Poi quando l’idea prese forma lo intervistammo. Le sue riflessioni saltano dagli anni ’70 all’attualità e sono così interessanti che gli abbiamo proposto di trascriverle e pubblicarle, cosa che ha fatto con grande partecipazione. Quello che pubblichiamo è una sorta di capitolo inedito di Lettere a nessuno. Ovviamente una parte dell’intervista a Moresco si può anche vedere nel docufilm.

Anche Carlo Rovelli – fisico di fama internazionale e co-autore di Bologna marzo 1977 fatti nostri – è stato felice dell’invito a partecipare al progetto, lo ha dimostrato con una breve ma intensa registrazione video e con un articolo di riflessioni sul movimento del ’77 a quarant’anni di distanza.

Sfogliando il catalogo della Bertani editore cosa troviamo?

Filippo Comencini: “Oltre quattrocento titoli di grande importanza. I più importanti forse sono quelli che vanno dalla fine degli anni’60 a metà degli anni ’80, con la pubblicazione di autori e titoli validissimi, che ebbero una vasta eco a livello nazionale, si pensi alle prime edizioni delle opere più significative di Dario Fo. Da Dario Fo alle traduzioni di autori come Luxemburg, Bataille, Nizan, Guattari, Deleuze, Derrida, dalle istanze e dalle lotte dei movimenti degli anni ’70 – di cui lui era partecipe – all’attenzione alla cultura popolare, fino alla poesia con autori come Ferruccio Brugnaro, Alida Airaghi, Giuseppe Piccoli, Arnaldo Ederle… senza dimenticare titoli di “evasione” come il mitico Ormai è fatta! di Horst Fantazzini, in cui il rapinatore rivoluzionario racconta la sua fuga dal carcere. Questo era lo “stile” Bertani: fiutare lo spirito dei tempi, e presagirlo quando era possibile. La Bertani editore fu una bella esperienza di condivisione, difficile anche perché, come dice nel film il fisico Carlo Rovelli, che con lui pubblicò Fatti nostri, Bologna marzo 1977, “Giorgio non aveva un carattere facile”, ma nel corso degli anni la collaborazione di tanti intellettuali fu fondamentale, a iniziare dal filosofo Franco Rella Alberto Tomiolo, passando per Antonio Moresco, Carlo Mazzacurati, Donatella Levi, Alida Airaghi e molti altri. Negli anni ’70 ci fu un fiorire di editori alternativi, ma pochi ebbero la capacità di essere sempre “sul pezzo”, surfando l’onda dei movimenti, provocandola, ma anche deviando dai luoghi comuni, valorizzando ambiti insoliti, creando collegamenti e facendo rete”.

Nel 1974 organizzò il Congresso di Editoria militante e fu uno degli ideatori del “gruppo operativo editori antifascisti e di classe”. Tra le battaglie di Giorgio Bertani vi è stata anche quella per un mercato dell’editoria differente…

 Marc Tibaldi: “Oltre a occuparsi dei suoi libri, Bertani era attivissimo come organizzatore delle associazioni di editori di sinistra, da Editoria Democratica alla fondazione di Editoria Indipendente. Uno dei suoi crucci era rendere più democratico il sistema librario italiano, dalle librerie alle distribuzioni, creando degli spazi di agibilità politico-culturale liberi dall’influenza dei grandi gruppi editoriali. In un momento in cui i grandi gruppi editoriali impongono in maniera soffocante i propri tempi e modi a distribuzioni (che controllano), piccoli editori e librerie, soprattutto quelle indipendenti, mi sembra sia necessario riproporre le tematiche di riorganizzazione dal basso dell’editoria, o comunque un ripensamento della fruizione culturale. Il contesto attuale è peggiorato e fare un lavoro di unione come il suo è più difficile, ma necessario per far sì che editori di qualità e librerie indipendenti possano avere spazio. Quella di Bertani è un’idea che, pur in un contesto cambiato, ha ancora i suoi perché. Conoscere il lavoro di personaggi come Primo Moroni, Giangiacomo Feltrinelli, Giorgio Bertani può sicuramente esserci utile anche oggi”.

Altro da aggiungere?

 Andrea Zanardo: “Sì, leggete il libro! Al di là di questa esortazione, vorrei ricordare che tutte le testimonianze del docufilm (Giorgio Bertani, Tita Novello Paglianti, Alberto Tomiolo, Antonio Moresco, Carlo Rovelli, Raffaella Poldelmengo, Tiziana Valpiana, Fiorenzo Angoscini e Mauro Tosi) portano contributi importantissimi, ma sottolineerei la presenza di un intellettuale come Walter Peruzzi (fondatore di riviste come Lavoro politico, Guerre&Pace, Marx 101) – purtroppo scomparso – è un vero gioiello. La faremmo troppo lunga se dedicassimo un ricordo a tutti i quattrocento titoli del catalogo, tutti di grande rilievo: da quelli sui movimenti di liberazione di quello che allora veniva chiamato Terzo Mondo, al femminismo, dall’ecologia – con titoli di Dario Paccino e Jean Fallot – all’informazione politica su temi di attualità (per esempio sulle persecuzioni giudiziarie a Pietro Valpreda e a Giovanni Marini), con la collaborazione con Stampa Alternativa di Marcello Baraghini e con Controinformazione, la rivista che faceva riferimento alla Calusca di Primo Moroni, e poi ancora i titoli di Bifo, Adelino Zanini, Ludovico Geymonat, Mario Galzigna, Sebastiano Timpanaro… Infine vorrei sottolineare che Bertani, come altri uomini di cultura veneti – Rigoni Stern, Meneghello, Zanzotto – fu attento alla cultura popolare e alle sue trasformazioni, in un’epoca di passaggio molto delicata, quella degli anni ‘60 e ‘70, legata all’emigrazione di grandi masse proletarie verso i centri industriali e con la perdita di contatto con la civiltà contadina. Lo scopo non era la nostalgia localista e/o “etnica” tantomeno la loro rivendicazione, ma l’analisi delle trasformazioni di classe. Fondamentale a questo proposito è Paese perduto (in cinque volumi, il primo pubblicato nel 1976), di Dino Coltro, una raccolta minuziosa e rigorosa di tutti gli aspetti della cultura contadina veneta. Di Coltro venne pubblicato anche I lèori del socialismo, dedicato alle lotte dei braccianti delle campagne veronesi. Molto interessanti sono anche le storie contadine I Magnasoéte di Virgilio Scapin, scrittore eccentrico e originale”.

Sì, Giorgio Bertani editore ribelle, che contiene anche il catalogo completo della Bertani editore, la riproduzione di molte copertine e di fotografie del periodo raccontato, è un lavoro importante per motivi che gli autori hanno ben illustrato, è un libro+film che funziona come ordigno narrativo unico e molteplice. Un “contributo per l’invenzione di socialità dove solidarietà e sapere liberino le potenze delle intelligenze individuali e collettive”.