[Qui i creativi 4]

di Mauro Baldrati

panarielloUn tempo esistevano i comitati etici che monitoravano gli spot pubblicitari e, nei casi di scorrettezze palesi, o addirittura di mancanza di rispetto nei confronti dei diritti e delle libertà, facevano sentire la loro voce. Per esempio l’abuso dei bambini, l’utilizzo cinico dell’innocenza per commercializzare prodotti che con l’infanzia non hanno nulla a che fare. Ci sono state proteste, interrogazioni, da parte di comitati per la tutela dell’infanzia.
Oggi questa voce sembra scomparsa. Nessuno insorge di fronte a bambini di cinque, sei anni che dilagano in spot di ogni genere, con “prodotti” che sarebbero estranei, se non apertamente ostili, a una struttura neurovegetativa in formazione, e quindi ancora indifesa, debole, da proteggere. Quando i comitati si opponevano, era questo il messaggio: la tutela della stessa specie umana, dei suoi cuccioli per così dire, del suo futuro.
Figuriamoci quanto importa di tutto questo ai “creativi”.
Oggi abbiamo bambini sorridenti, felici, che si ingozzano continuamente di hamburger e wurstel, di cibi pre-fritti, di patatine, di gelati, di bibite sature di zuccheri e aspartame, di merendine grondanti olio di palma, bambini che ringraziano i giovani, aitanti genitori che li nutrono con queste leccornie che li mantengono snelli, freschi e in salute. I “creativi” hanno valutato che, nell’immaginario collettivo dei consumatori, se un prodotto è adeguato ai bambini, cioè a un organismo per così dire “puro”, ancora incorrotto, allora è tranquillizzante per tutti, è “sano”, è leggero.
Ma non si limitano ai prodotti alimentari. Si abbonano alle pay-TV, usano gli ultimi modelli di telefonini, sono a bordo delle auto, sui divani di casa, alle feste, sono quasi sempre presenti come soggetti principali o al fianco dei genitori, regolarmente giovani, entusiasti, per “benedire” i consumi con la loro autorità di esseri indifesi, inviolati. Abbiamo addirittura un bambino che recita lo slogan di un’agenzia immobiliare. Cinque anni, si sta già occupando della compravendita di una casa. Il messaggio è a dir poco violento, perché si attribuisce all’infanzia un argomento che compete agli adulti, il commercio, il contratto: il poveretto dovrebbe andare dal notaio per il rogito?
Ma i “creativi” non si fermano qui. Per esempio, un bambinetto, un povero disgraziato caduto tra le grinfie degli orchi, pubblicizza addirittura un’azienda di prestiti. Il calcolo dei “creativi” è semplice: se chiede i soldi lui, che non conosce neanche l’uso del denaro, allora vuol dire che i prestatori sono onesti, idilliaci, fatine benigne del Paese delle Meraviglie.
A quando la pubblicità di annunci erotici che coinvolgono i minori? A quando i bambini che giocano ai videopoker?
Care associazioni di genitori, se restate indifferenti, “in sonno”, e lasciate i “creativi” senza sorveglianza è solo questione di tempo.

L’ultima performance dell’allegra brigata è un esempio da manuale di “very italian”, di kultura italiana speriamo solo in Italia, viste le figure abbastanza tristi che ci qualificano all’estero. In questo caso, tra battute “ironiche” e allusioni birichine, si fa l’elogio dell’abusivismo edilizio. D’accordo, siamo il paese dei condoni perenni, mettiamoci anche la pubblicità.
Il comico per novantenni Giorgio Panariello è naufrago su un’isola tropicale. Non ne può più di capanne “vista a mare”, così rimpiange le “verande abusive”. Uno dice: Eh, va beh, dai. Va beh un corno. Ci sono argomenti sui quali non si scherza. La kultura italiana, col pretesto dello scherzo, depotenzia ogni regola, ogni diritto, ogni rispetto. E’ una sua prerogativa. L’omofobia? E va beh, che moralisti! Il razzismo? O insomma, quante storie! L’abusivismo edilizio, per due verandine? Che pedanti! Peccato che chi lavora nel campo dell’urbanistica, perseguendo proprio la piaga endemica (e atavica) dell’abusivismo, conosca fin troppo bene il sistema del “va beh”. Ogni regola sembra scritta apposta per essere infranta, raggirata. Ogni normativa deve avere come limite il “pressappoco”, il “vediamo”. Questo i “creativi” lo sanno, e non si fanno scrupoli a sfruttare questo atteggiamento per fini commerciali.
Tanto, nel 2015, nessuno protesta più.
Tanto sembrano tutti intontiti, smarriti, distratti, rassegnati.
Solo loro non lo sono.
Sono fin troppo svegli.