di Mauro Baldrati

Lo Sconosciuto di Magnus, a cura di Fabio Gadducci, prefazione di Graziano Frediani — Rizzoli Lizard 2012, pagg 413, € 25

Sconosciutopresenta.jpgSe Kafka scrisse: “Io sono letteratura, nient’altro che letteratura”, intendendo con questo non solo la sua difficoltà di essere uomo di carne e sangue, ma un’affermazione di macchina d’espressione totale, che racchiude nella sua essenza minore le parole, i rumori (una delle sue ossessioni), le immagini (l’opera di Kafka è piena di foto in bianco nero ad alto contrasto), il desiderio, la colpa, così Roberto Raviola, in arte Magnus, avrebbe potuto dire: “io sono fumetto.” Il fumetto l’ha accompagnato per tutta la vita, non è stato solo una professione, ma una passione assoluta: macchina totale di azione, rumori, stile, erotismo, horror, ironia. Nel fumetto ha inserito camei di se stesso, come Hitchock, apparizioni di sé che compaiono nelle storie; nel fumetto ha infuso energie, ideologie, eroismo, sarcasmo, indignazione.

Quando lo andavo a trovare, nel suo studio bolognese dietro Via Pontevecchio, ottenuto da due garages che condivideva con la moglie Margherita fotografa, era sempre immerso nella grande storia di Tex, La valle del terrore, un lavoro che lo ha tenuto impegnato per sette anni, fino agli ultimi giorni di Castel del Rio, il paese dell’Appennino dove si era ritirato. Macchina di luoghi, di ambienti: la foresta nordamericana nella quale si svolge la storia del ranger è il bosco dell’Appennino, lo stesso di una delle avventure più potenti de Lo Sconosciuto, L’uomo che uccise Che Guevara.


MagnusStop1.jpgMacchina di personaggi: entravo, lui era seduto al tavolo coi fogli, le chine, le matite, la gomma, la sigaretta accesa nel posacenere (Stop senza filtro, meno chimiche delle “bionde” ma micidiali). Ammiravo le tavole nel suo bianco e nero nitido, preciso, inconfondibile, gli chiedevo come procedeva. Allora raccontava qualche episodio, una scazzottata di Tex, d’un tratto balzava in piedi e mimava i diretti, le sventole, declamava gli shock! Bam! con straordinaria rapidità e realismo. Entrava nel personaggio. Era il personaggio. Macchina di dettagli: sul tavolo aveva sempre due cataloghi americani di mobili e di armi, stampati negli anni della frontiera, che era riuscito a procurarsi da amici bibliofili. Se nell’ambiente c’era una cassaforte riproduceva il modello originale, così le pistole, le scrivanie, i tappeti, le lampade. Se la sceneggiatura di Nizzi prevedeva una ferita di Tex lui voleva dettagli sul tipo di ferita, che muscolo era interessato, per decidere se e come farlo cavalcare. Consultava anche un amico medico, per stilare una diagnosi del suo personaggio. Anche ne Lo Sconosciuto, episodio La fata dell’improvviso risveglio, c’è un intervento chirurgico con vista dall’alto, apertura del ventre con asportazione di un rene, con tutti i passaggi e i particolari riprodotti come in un video didattico per chirurghi.
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Apologia di un amico scomparso? Sì, ma non solo. Anche un tributo a un maestro del fumetto (o allo stesso Fumetto?) che in vita non ha avuto i riconoscimenti che gli sono stati celebrati dopo la morte. Ricordo che circa nel 1992, o 1993, realizzai un servizio fotografico dove lo ritraevo al lavoro, nel suo studio, foto in bianco nero ad alto contrasto, come le sue tavole. Poi telefonai all’allora direttore di Sette, l’inserto del Corriere, che conoscevo perché aveva diretto un mensile per il quale avevo fotografato a lungo. Gli dissi che “l’evento” meritava un ampio servizio. Gli descrissi le foto e gli chiesi se gli interessava vederle. Mi accorsi subito che prendeva tempo. “Ma ti rendi conto?” insistei, “Magnus che fa Tex?” Era infatti una notizia che il creatore di Satanik, Kriminal, Alan Ford, I Briganti, Lo Sconosciuto, Necron, Le femmine Incantate, si stesse misurando col granitico, monacale, incorruttibile Aquila della Notte. Le mie foto “spaccavano”, dissi, e a quel punto il direttore fu costretto a scoprire le carte: “ma insomma” sbottò, “si può sapere chi è questo Magnus?”.

Ora lo stesso editore, Rizzoli, ha fatto uscire una raccolta completa de Lo Sconosciuto, un album di ottima fattura dove possiamo seguire il percorso di questo eroe-anti-eroe che ha sempre rappresentato una delle proiezioni forse più profonde del suo autore.

MagnusZahle31.jpgLo Sconosciuto (Unknow, “senza la n finale” come deve precisare spesso) è un avventuriero, uno straniero in viaggio continuo nel mondo, sempre senza un soldo, sempre coinvolto in vicende dove potrebbe diventare ricco e ritirarsi finalmente a curare le sue vecchie ferite (a un certo punto, vedi sopra, si ritroverà anche senza un rene), mentre all’ultimo momento perde tutti i soldi, spesso li regala, o li smarrisce. Come nell’avventura Vacanze a Zahlè, dove entra in possesso di un rullino fotografico che contiene gli schemi di un nuovo modello di rampa lanciamissili. In un thriller teso e sanguinario deve scambiare il rullino con una montagna di rubli, ma alla fine fa una scelta, che è ben occultata dietro l’apparente non-scelta, dietro al fatalismo cinico e al disinteresse verso le cose del mondo: “non mi interesso dei vostri missili, ma alla fine, me ne frego anche dei rubli, tenetevi rubli e pellicola.” I “vostri” missili servono ai palestinesi per tirare giù gli aerei israeliani che bombardano i villaggi, uccidendo famiglie, vecchi, bambini. Qui c’è tutto Lo Sconosciuto. Il suo eroismo di lungo corso mascherato da non-eroismo, l’apparente indifferenza di “un vecchio uomo di mondo” che ne ha viste “di tutti i colori” e invece è generoso, accetta di mettersi in gioco per gli altri.

Unknow è stato un legionario, sappiamo che fatto le guerre sporche, ha ucciso, torturato, sterminato. Fantasmi che si porta dentro e non lo abbandonano mai, orrori che sembrano avere estinto una parte del suo istinto vitale, della sua fiducia nella vita. Nulla sembra toccarlo. Trova i lavori più strani, spesso per i luridi criminali che Magnus rappresenta con magistrali caratteristi, gente viscida, viziosa, ignorante, piena di soldi e di boria, vigliacca. Da vecchio uomo di mondo, da reduce che ha visto l’inferno, non si fa problemi a servirli con incarichi da autista, da guardia del corpo. Ma quando viene il momento giusto, freddamente, senza enfasi, si schiera sempre dalla parte dei deboli, senza se e senza ma; rischia la vita, ne esce ferito, malmenato, se ne va senza gloria, senza riconoscimenti né soldi, lasciandosi dietro scie di cadaveri.

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In questo è un eroe. Epico, generoso, solitario, modesto, cattivo coi cattivi, spietato con chi non ha pietà per i deboli. Ma è anche un anti-eroe: non è un donnaiolo, sta sotto le righe, non è malinconico, non ha l’aura poetica e dolcemente misteriosa di un altro grande personaggio che passa da un’avventura all’altra in paesi esotici, tra criminali, streghe, donne bellissime e letali: il più bello, più affascinante, vincente Corto Maltese. Unknow è un perdente, uno sconfitto, uno che non ha, che non può avere, ma è solidamente schierato, ed è pronto a mettere a disposizione la sua vita per difendere chi, come lui, non ha e non ha mai avuto nulla, chi è più perdente di lui.

SconosciutoMagnus.jpgC’è tutto il thriller anni Settanta ne Lo Sconosciuto, apparso per la prima volta nel 1975. C’è la tensione, la forza, il massacro, il sesso, la droga, il male assoluto, c’è Peckinpah con le sue fucilate degli shotgun, ci sono i rivoluzionari, i fascisti, gli stragisti, l’oriente, l’islam coi suoi misteri e la sua arte. C’è anche la parodia, il senso del grottesco per il quale Magnus aveva una passione: i personaggi sono spesso macchiette macabre, ossessionati da manie, sparano cavolate galattiche, sudano, arrossiscono di rabbia o di vergogna, gli sale la pressione. Leggerlo oggi è come leggerlo allora. Non si sono i telefonini, ma vecchie radio, non ci sono i computer ma biglietti, messaggi, eppure, proprio come Unknow con le sue sconfitte e la sua (apparente) rassegnazione era nascosto da qualche parte nel suo creatore, ci deve essere uno Sconosciuto anche in ognuno di noi.

[Immagini tratte da Lo Sconosciuto, Magnus fotografato da Mauro Baldrati]