di Valerio Evangelisti

ScimmietteDiMare.jpg[Pubblico la mia introduzione all’antologia Scimmiette di mare, a cura di Laura Platamone, Sangel Edizioni, 2012, pp. 170, € 14,00. Il libro nasce da un concorso, un poco sadico ma divertente, intitolato Kill Your Writer.]

E’ veramente curioso scrivere la nota introduttiva a un’antologia come questa, che si apre con un racconto che si diverte a mie spese. A dire il vero, ce n’erano stati altri in cui io figuravo come protagonista. E dato che pochi conoscono la mia vita privata, a parte amici davvero stretti o appartenenti ad ambiti ben lontani dalla letteratura, la tendenza comune è quella di farmi coincidere col mio personaggio più noto, Nicolas Eymerich. Un mito che in parte ho alimentato io stesso, per nascondermi meglio. L’autore del racconto vi ha attinto, e ha fatto benissimo.

Lasciamo da parte la mia persona. Ho aderito volentieri allo Scimmiette di Mare Project perché mi è parso un’idea intelligente, che nasce dal “basso”. Il web ha scatenato energie letterarie, o anche solo narrative, formidabili, che fino a un decennio fa difficilmente avrebbero avuto la possibilità di essere conosciute. Come è ovvio, ciò si presenta in forma di magma, dove il meglio confina col peggio, il sottile con l’infantile. Tuttavia un pubblico enormemente più ampio che in passato ha oggi modo di leggere testi un tempo inaccessibili, e di farsene un’idea, se ne ha la voglia e le capacità.
Prendiamo i racconti contenuti in questa antologia, dedicati agli autori più amati o più odiati (io non so bene dove mi colloco). Non sono nati sul web, ma dal web hanno avuto lo stimolo, fino a diventare libro. E il concorso in cui sono stati selezionati è scaturito anch’esso dalla rete, grazie a un’idea brillante che nel “mondo letterario” propriamente detto non avrebbe avuto fortuna, né destato la minima attenzione.
Risulta evidente, leggendo questi testi, che sono scritti benissimo, e pieni di trovate. C’è tutta una generazione ribollente che chiede di esprimersi. Mai avrebbe trovato spazio in contesti anteriori a quello attuale, quando le riviste note erano dieci, e quelle che contavano quattro, mentre ogni casa editrice di un certo peso replicava a ogni autore dal nome ignoto sempre alla stessa maniera: “Abbiamo letto il suo romanzo e lo abbiamo trovato interessante. Purtroppo, il nostro programma editoriale…” ecc.
Adesso sta cambiando tutto, ed è bene.
Qualcuno obietterà: “Facile metterla così. Sei un autore di successo, ti pubblica una grossa casa editrice, ispiri fumetti e videogiochi. Vivi solo della tua scrittura”.
Calma, rispondo io. Sono entrato dalla porta di servizio, con il Premio Urania, un concorso del tutto marginale. Provai tre volte, vinsi alla terza. Non mi interessava per nulla diventare scrittore, tenevo di più alla mia produzione saggistica, in vista di una carriera universitaria poi abortita. Il miracolo fu che il mio romanzo, una volta pubblicato, vendette moltissime copie (17.000, su una media all’epoca di 6.000). Ciò attirò l’attenzione dell’editore, che mi promosse ad altre collane. Da allora, il mio rapporto con la casa editrice è quello di un contadino con il supermercato. Il contadino coltiva patate e le offre al supermercato. Quello le vende e paga una quota del ricavato al coltivatore. Posto che le patate sono i miei romanzi e il supermercato è l’editore, in ciò si riassume il mio rapporto con l’editoria di massa, sulla quale non ho la minima influenza. Nessun testo consigliato da me è mai stato pubblicato.
La rete ha scompaginato le regole del gioco. Ha permesso l’emergere di ottimi scrittori, pronti a passare alla pagina stampata. Ha creato premi, come questo Scimmiette di Mare, che sono la giusta antitesi alle tristi cerimonie degli Strega e dei Campiello. Ha immesso effervescenza nella palude.
Per quel che mi riguarda, sono veramente onorato di vedermi accostato, nell’odio o nell’amore, ad Alessandro Manzoni o a Joe Lansdale. Sono commosso (non è vero).
Quando godevo di migliore salute, viaggiavo il più lontano possibile. Adesso che ragioni cliniche me lo impediscono, restano i due grandi ideali della mia carriera di scrittore “di fama”: vivere dei miei universi immaginari e, soprattutto, farmi gli affari miei.
Il mio mondo personale è al tramonto, però l’antologia dimostra l’abbondanza di talenti pronti a prendere il mio posto. Non si lascino scoraggiare, il futuro è tutto loro.