pkdick.JPG”Scrivendo romanzi e racconti che si pongono la domanda “Che cos’è la realtà?”, ho sempre sperato che un giorno avrei trovato una risposta. È la speranza anche della maggior parte dei miei lettori”.
”Il problema è concreto, non è solo una sfida intellettuale. Perché oggi viviamo in una società nella quale i media, i governi, le grandi corporation, i gruppi religiosi e politici producono continuamente realtà fasulle, ed esiste l’hardware adatto a instillare questi pseudomondi nella mente di lettori, spettatori, e ascoltatori”.

”Lo strumento principale per la manipolazione della realtà è la manipolazione delle parole. Se siete in grado di controllare il significato delle parole, sarete in grado di controllare le persone che devono utilizzarle. George Orwell l’ha evidenziato nel suo romanzo 1984. Un altro modo di controllare le menti delle persone però è quello di controllare le loro percezioni. Se riuscite a fargli vedere il mondo nel modo in cui lo vedete voi, allora la penseranno come voi”.

”Vogliamo parlare dei serial polizieschi? Le automobili escono sempre di strada, vanno a sbattere, e prendono fuoco. La polizia è sempre buona e vince sempre. Tenete presente questo punto: la polizia vince sempre. Che lezione edificante. Non bisogna mai combattere l’autorità, e semmai lo si fa, si è destinati alla sconfitta. Il messaggio implicito è: siate passivi. E… collaborate. Se l’agente Baretta viene a chiedervi informazioni, dategliele, perché l’agente Baretta è una brava persona di cui ci si deve fidare. Lui vi vuole bene, e voi dovreste ricambiarlo”.

“Così, nei miei testi, continuo a chiedere: “Cos’è reale?” Perché siamo costantemente bombardati da pseudorealtà prodotte da gente estremamente sofisticata, che adopera meccanismi altrettanto sofisticati. Non diffido tanto dei loro moventi, quanto del loro potere. Ne hanno moltissimo. Ed è un potere straordinario: quello di creare interi universi, universi della mente. Avrei dovuto immaginarlo. Io faccio la stessa cosa. È il mio lavoro creare universi in cui ambientare un romanzo dopo l’altro. E devo costruirli in modo che non cadano a pezzi dopo due giorni. O almeno questa è la speranza dei miei editori. Voglio svelarvi un segreto però: a me piace costruire universi che cadano a pezzi. Mi piace vederne lo scollamento, mi piace vedere come i personaggi nei romanzi affrontano il problema. Ho una segreta passione per il caos. Dovrebbe essercene di più”.

Brani tratti da ”Come costruire un universo che non cada a pezzi dopo due giorni” (1978) di Philip K. Dick, 16/12/1928 – 2/3/1982.
Tradotti e pubblicati da Alessandra Daniele.

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