di Serge Quadruppani

LibiaLibera.jpgNon condivido l’interpretazione dietrologica delle rivoluzioni arabe. Quella tunisina e quella egiziana non sono rivoluzioni controllate dagli Stati Uniti. Della Tunisia gli americani se ne infischiano, e se fossero stati in grado di controllare una rivoluzione in Egitto, per affidare il potere all’esercito avrebbero potuto molto più semplicemente far deporre direttamente Mubarak dall’esercito, senza passare da piazza Tahir.


Mi pare un grosso sbaglio non riconoscere l’irruzione della novità nella Storia, e vedere sempre complotti dietro i movimenti popolari, vedere sempre la mano dell’America e dell’Occidente dietro tutti gli eventi. L’America non è più il Grande Satana di una volta, ha un sacco di guai, ci sono altre potenze in ascesa – tra cui Cina e Russia – mentre l’America è irrimediabilmente in discesa, coi freni rotti fin dalla crisi dei fondi Subprimes.
Con le rivoluzioni arabe (che non sono finite) stiamo vivendo un “anti 11 settembre”, cioè un momento di apertura all’iniziativa dal basso. Che l’Occidente e tutte le potenze del mondo stiano cercando di controllare questo momento è ovvio (benché non significhi che ci stiano riuscendo). Che questo momento adesso sia minacciato dall’intervento delle potenze occidentali (col buffone Sarkozy sciabola in mano) è altrettanto ovvio.
L’intervento internazionale è una sconfitta della rivoluzione libica, perché gli insorti hanno dovuto chiedere protezione (cosa che non avevano fatto le prime settimane) a quegli stessi poteri internazionali che fino a ieri con Gheddafi avevano trafficato petrolio e contenimento dei migranti.
Di certo non è bello, come non sarebbe bello per me, che odio la polizia in generale e i poliziotti in particolare, chiedere aiuto ai poliziotti se fossi aggredito per strada da un pazzo armato, ma lo farei lo stesso.
In questo momento cosi complesso però, limitarsi a vedere soltanto la mano dei potenti, sempre e dappertutto, sarebbe vetero antimperialismo anni 70 che si rifiuta di cogliere i cambiamenti in corso ormai da decenni, tra cui il tramonto lento ma sicuro dell’America.