di Marco Meneghelli

1984.jpgNon si può non essere d’accordo con ciò che scrive Valerio Evangelisti nel suo pezzo “Una narrativa adeguata ai tempi” pubblicato su Distruggere Alphaville e qui. Vorrei tuttavia fare alcune considerazioni allo scopo di approfondire l’abissalità problematica del tema che Evangelisti propone.
La critica del minimalismo della letteratura contemporanea è, a mio modo di vedere, lucidamente vera. Tutta la pars destruens dell’argomentazione di Evangelisti è pienamente condivisibile. Scrive l’autore di Eymerich a proposito della letteratura contemporanea: “Amori, passioni e tradimenti continuano a consumarsi entro contesti dai colori tenui e dalle luci soffuse, in cui si annusa la polvere e il borotalco.” E ancora: “Lo stile fiacco, estenuato, viene considerato realista. A esso apparterrebbe la verità, tanto da farne l’unica forma di letteratura veramente nobile”.

La critica si attenua in parte, ma dando le stesse sferzate, rispetto al roman noir. Nei confronti di questo genere romanzesco, Evangelisti usa queste parole: “Il massimalismo della cornice si risolve nel minimalismo dello svolgimento. Poliziotto corrotto, o dubbioso, o onesto, contro criminale onesto, o dubbioso, o corrotto. Non è sempre così, per fortuna, ma lo è assai spesso. Se non altro, però, viene chiamato in causa il sistema nel suo assieme. E’ un minimalismo più grande, o un massimalismo rimpicciolito.” Minimalismo mascherato da massimalismo insomma. Anche qui, Evangelisti dice il vero, nulla da eccepire, sacrosanta e semplice verità, cui egli ha dato voce.
L’argomentazione critica nei confronti della letteratura contemporanea e del genere noir serve a preparare il campo alla pars costruens del discorso di Evangelisti, fino alla parte finale e alla secca e decisa conclusione del pezzo. E’ solo nel romanzo massimalista, che si riconnette al genere non mainstream di certa fantascienza novecentesca (scrittori del tutto collaterali, scrittori pulp science fiction) che si può ridare forza al genere romanzo ed è questa la strada che va battuta. Le parole conclusive del pezzo non danno adito a dubbi: “Occorre una narrativa massimalista, autoconsapevole, che inquieti e non consoli. La fantascienza lo era. Può tornare a esserlo.”
Evangelisti cita, credo volutamente, autori minori, Mack Reynolds, Damon Knight, Jack Vance, conosciuti per lo più da uno sparuto gruppo di appassionati di science fiction, e, qui in Italia, dai lettori di Urania. Tuttavia è proprio da questa minorità che giustamente si deve ripartire. Da una letteratura minore, come quella che Gilles Deleuze e Félix Guattari attribuivano a Franz Kafka, e tale è la fantascienza di cui parla Evangelisti. Minore è stato anche Philip Dick, durante la sua vita, fatta di stenti. Ricordo tra l’altro sempre quanto di lui dice Laurence Sutin nella sua biografia dickiana a proposito del fatto che un giorno Dick si recò dal negoziante per comprare la carne per il suo amato gatto e il negoziante si domandò se la carne non fosse per lui. Questo è davvero essere antisistema…
La minorità della SF che Evangelisti esemplifica negli autori citati, è la minorità di Dick, non solo biografica ma anche teorica. Il romanzo minore è teorizzato anche da Philip Dick con accenti teologici di tipo gnostico. Il romanzo minore non fa parte della metafisica dominante, di cui lo stesso sperimentalissimo Joyce del Finnegan’s Wake faceva parte, ma è opera pulp, marginale, come un foglio di giornale buttato in un cestino, pura spazzatura, puro trash, salvo che poi, su quel foglio di giornale o su quel libretto ingiallito e slabbrato potresti trovare la verità da lungo tempo nascosta…

Fin qui, il mio pensiero è del tutto in linea con ciò che sostiene Evangelisti. Ma c’è un problema. Molti scrittori non mainstream al tempo in cui scrivevano, prendo innanzitutto a esempio capitale Philip Dick, ma pensiamo anche a George Orwell, dopo la morte sono stati integrati completamente dal sistema e il sistema si è arricchito potentemente grazie alla loro immaginazione.
La colonizzazione dell’inconscio e dell’immaginario che denuncia Evangelisti e che Dick e Orwell sono stati tra i primi a sottolineare, ha colonizzato anche l’immaginario distopico e rivoluzionario di questi autori, depotenziando in modo profondissimo tutto il loro potenziale corrosivo, quando non approppriandosi direttamente delle loro fantasie distopiche e “malate”, concretizzando nella realtà politica e governativa tali fantasie.
Che il grande fratello si sia trasformato in una trasmissione televisiva e che ora Berlusconi abbia comprato la Endemol è un esempio lampante di questo processo. Come lo è un fenomeno transmediale come Matrix (vedi Henry Jenkins) che trae proprio da Dick, dalla filosofia gnostica, da Cartesio, ecc., cioè da pensatori rivoluzionari, tutta la linfa del proprio contenuto creativo.
Dick e Orwell sembravano consapevoli di questo destino possibile e negativo delle loro opere. Orwell, come ha sottolineato Tommaso Pincio, essendo consapevole del suo male e sapendo in fondo che il Grande Fratello era lui, l’autore di 1984 (come poi è avvenuto nella soluzione dell’intreccio di una serie televisiva come The Prisoner). Dick, che ha scritto un libro che in italiano titola Mr Lars, sognatore d’armi (Zapgun in inglese, ma si pensi anche al Vonnegut di Ghiaccio 9) in cui il protagonista immagina armamenti superpotenti, quindi la sua immaginazione non è solo critica e corrosiva ma potrà e verrà usata dal sistema per i propri scopi.
Non puoi uscire dal sistema, come sembra volerci dire Matrix. Il sistema tutto ingloba, tutto assorbe, come una grande piovra. E questa è l’essenza stessa del sistema. E la letteratura minore o maggiore sembra non avere altro scopo che monopolizzare il nostro immaginario, farci sognare a occhi aperti, per diminuire il nostro potenziale eversivo. E poi, chi davvero fra gli scrittori minori non sogna che un suo libro possa divenire un film, un videogioco o qualcos’altro ancora, non sogna la fama, e la possibilità di guardare il sistema dall’alto, egli arricchendosi con la sua fantasia? Non è forse questo uno degli ultimi sogni reali che il capitalismo avanzato ancora concede a tutti coloro che hanno l’intenzione di diventare scrittori?
Io, un mondo alternativo, un altro mondo possibile, ancora non lo vedo alle porte: finché ci saranno le risorse, energetiche ed economiche, il sistema si autoalimenterà e continuerà a sopravvivere, anche e soprattutto grazie alle fantasie degli scrittori e dei loro fan.
Evangelisti ha ragione: la nostra è l’epoca del massimalismo, e l’arte ha da essere tale, ai massimi livelli.