del Fronte di Liberazione Naziunale di a Corsica

FLNC3.jpgLA RESISTENZA AL FASCISMO E AL NAZISMO (1939-1943)

Alla vigilia della seconda guerra mondiale la situazione in Corsìca era preinsurrezionale, e il nazionalismo corso, che era cresciuto, si apprestava a portare un colpo decisivo all’occupante francese. Avrebbe, purtroppo, incontrato un nuovo ostacolo.
Con Mussolini l’antica rivendicazione della Corsica terra italiana, che risale al Risorgimento, fu ripresa con forza. Una massiccia propaganda utilizzava lo stato di abbandono dell’isola, così come le parentele linguistiche, per attirare i Corsi. La Francia ebbe buon gioco ad assimilare il movimento nazionalista ad alcuni gruppuscoli fìloitaliani e fascisteggianti. Alcuni giovani intellettuali si unirono all’irredentismo credendo di trovarvi un rimedio al crollo culturale e umano.
Ci teniamo a dire che la maggioranza dei nazionalisti non seguì lo stesso percorso e condannò con forza l’irredentismo. Quanto a noi, noi condanniamo senza appello i pochi illusi che servirono da pretesto per la conservazione del giogo francese!

Il nostro Popolo non poteva riconoscersi nel regime dittatoriale del Duce, le cui concezioni ferivano profondamente i nostri sentimenti democratici e comunitari. Ma, soprattutto, l’annessione all’Italia avrebbe significato il tradimento di tutta la nostra storia. In realtà, la creazione e l’unificazione dello Stato italiano ci erano estranee quanto l’elaborazione dello Stato francese.
Il colonialismo francese approfittò della situazione e accentuò il vecchio risentimento antigenovese per trasformarlo in razzismo anti-italiano: si trattava di un’eccellente diversione, che distoglieva i Corsi dalla loro condanna dello sfruttamento francese.
Fu l’origine dello pseudo giuramento di Bastia del 1938, che non può essere considerato come un plebiscito pro-francese. Si trattò di un’abile manipolazione del Popolo corso da parte dell’Amministrazione coloniale, aiutata in questa messa in scena dai notabili valletti dell’occupante.
I Corsi radunati a Bastia non acclamarono la Francia, ma condannarono il fascismo, il che è assai diverso…
Daladier applicò gli stessi espedienti all’Africa del Nord, eppure conoscete lo statuto attuale dell’Algeria.
Tra il 1941 e il 1942 si formò il Fronte Nazionale diretto essenzialmente dai comunisti corsi. Dei nazionalisti corsi vi aderirono, come il grande poeta e storico Simone Ghjuvanni Vinciguerra, che divenne uno dei capi della resistenza. Il PC corso aveva in origine un esplicito carattere anticolonialista… E, pur senza ammettere il principio dell’autodeterminazione del Popolo corso, riprendeva i grandi temi della rivendicazione nazionalista. In particolare sulla cultura corsa, sulla valorizzazione, sul rinnovamento interno, sulla necessità di eliminare i notabili corrotti che servivano il colonialismo.
I collaboratori del colonialismo divennero i collabos del fascismo. Sono gli stessi che vorrebbero, oggi, impartirci lezioni di democrazia. Che abbiano almeno il pudore di tacere!
Il sindaco bonapartista di Ajaccio, Dominique Paoli, si congratulava con Mussolini per la sua vittoria in Etiopia e gli assicurava la sua totale devozione…
Il capo clan François Pietri, erede spirituale del potente clan Cavini il cui potere si è mantenuto fino ai giorni nostri, era uno stretto collaboratore del Maresciallo Pétain. François Pietri aveva una profonda ammirazione per Hitler, riferiva nell’isola che lo stesso Führer ammirava il soldato corso e che, di conseguenza, il Popolo corso sarebbe stato autorizzato a servire la “razza dei signori”…
L’appello all’insurrezione del 9 settembre 1943 fu rivolto al Popolo corso e non ai Francesi residenti in Corsica. Alla battaglia di Levie, scatenata contro le truppe tedesche, i combattenti corsi attaccarono l’Afrika Korps avendo per emblema il solo bracciale con la testa di moro.
Radio Algeri stessa riconosceva l’identità nazionale corsa diffondendo programmi in lingua corsa: cosa che oggi non fanno più TF1 o France-Inter… Ma è vero che oggi i Francesi non hanno più bisogno dei Corsi per cacciare i Tedeschi.
Scamaroni, Giusti, Vincetti, Modoloni sono morti da eroi per la vita del nostro Popolo. Jean Nicoli, uno dei capi della nostra resistenza, scrivendo ai suoi bambini prima di essere massacrato dai fascisti italiani, domandò loro di restare fedeli alla bandiera con la testa di moro e all’ideale comunista. La Corsica fu liberata dai suoi figli. L’armata popolare che prese il potere ad Ajaccio, per mancanza di un giusto apprezzamento della realtà da parte del PC, rimise il nostro paese sotto la tutela francese.
L’errore dei nazionalisti è stato, fatta eccezione per la minoritaria frazione irredentista, il carattere troppo intellettuale della propria azione. I comunisti, dal canto loro, seppero dare impulso alla lotta armata, ma non percepirono il suo carattere profondo che era nazionale corso. Ingannati dal loro internazionalismo e dalla venuta prossima di quello che credevano essere il gran giorno della rivoluzione nell’Europa liberata, rimisero la Corsica nelle mani dei Francesi. Cosi facendo spezzarono inconsapevolmente in larga misura la speranza di tutto un Popolo.

CROLLO ECONOMICO E DEMOGRAFICO (1946-1957)

Dal 1946 la disoccupazione, la miseria, l’esodo, la francesizzazione tornarono a ritmare la vita dei nostri villaggi.
Il Popolo corso, che contava 300.000 abitanti nel 1914, si contrasse fino a rappresentare solo 120.000 dei 230.000 abitanti attuali della Corsica. .
Quest’epoca fu il tempo del disprezzo deformante del folklore da paccottiglia in cui tutto non era che colore, dalla “vendetta made-in-France” fino alla pseudo melodia franco-napoletana.
La nostra terra era destinata a soddisfare il bisogno di esotismo dei consumatori europei.
Per il “francese medio” esiste uno stereotipo del Corso: essere aggressivo e fannullone, prosseneta e indisciplinato, cugino stretto del mafioso siciliano. Questa immagine della Corsica non è nata per caso, ma è al contrario il risultato di un lungo lavoro, in particolare degli scrittori francesi, a partire dalla conquista. Il Corso selvaggio, ozioso e crudele è stato uno dei temi favoriti della letteratura francese del XIX secolo. I vari Chateaubriand, Balzac, Mérimée, Flaubert vi si dedicarono con entusiasmo.
Il XX secolo ha continuato su questa spinta, accentuando ulteriormente quell’immagine del Corso attraverso i mass-media. Questo razzismo anticorso raggiungerà il suo apogeo negli anni Settanta, con il sostituto Pagès che, nell’arengo del tribunale di Nizza, osò parlare di un cromosoma corso della criminalità!
Fu quel cromosoma che indubbiamente permise a Poniatowski di accusare una pretesa “unione corsa” di avere in mano il mercato internazionale della droga, per cui sarebbe bastato eliminare qualche Corso per sopprimere quel flagello mondiale.
Altro esempio di razzismo il tentativo di escludere le squadre corse di calcio dal campionato di Francia dilettanti, in occasione di una tavola rotonda a Montélimar, e ciò per iniziativa di buona parte dei dirigenti dei clubs francesi. Ci furono anche le sollevazioni anticorse di Lens del 1972, in occasione della semifinale della coppa di Francia. Ci fu il comitato anti¬corso di Epinay-sur-Seine che domandava la soppressione della Corte d’Assise in Corsica per l’incapacità congenita dei Corsi a rendere giustizia. Dobbiamo anche aggiungere che si rilevano quotidianamente espressioni razziste in una parte della stampa francese e sulle onde radio di quel paese.
I recenti sondaggi d’opinione in Francia rilevano in una proporzione notevole che i Corsi sono considerati dai Francesi degli stranieri, cosa che peraltro ci rallegra ed è una prova supplementare che il Corso è un colonizzato come gli altri agli occhi della maggioranza dei Francesi. ,
Ma quale migliore esempio di razzismo di quello che si è manifestato davanti a questa stessa giurisdizione nel 1976? Un ufficiale superiore francese, il colonnello Bouvet, ex capo gendarmeria in Corsica, pronunciò frasi infamanti contro il nostro Popolo. Quel “brillante ufficiale”, capo del corpo di spedizione del 1975, rimpiangeva, alla sbarra del vostro tribunale speciale, di non aver potuto distruggere a cannonate la cantina di Aleria, e sterminare cosi tutti gli insorti corsi che vi si trovavano…
Quest’epoca fu anche quella del riflusso, della mutilazione volontaria da parte di certi esiliati corsi che, sopraffatti dalla loro condizione di colonizzati, credevano di liberarsi rinnegando se stessi e affermando di essere più francesi dei Francesi.
Durante questo periodo la piana orientale, provvisoriamente risanata dal DDT delle truppe americane, tornò a essere il dominio della zanzara anofele. Il treno, per qualche ponte distrutto dai Tedeschi, fu soppresso nella pianura orientale. Come aveva fatto dopo il ’14, l’amministrazione coloniale diceva: partite, qui non c’è nulla da fare, la Corsica è povera, lo è sempre stata, per fortuna c’è la Francia per nutrirvi… .
Su questo sfondo di marasma economico e di disoccupazione, la lotta per la lingua e per la cultura lentamente permise di raggruppare energie per la ricostruzione di un partito nazionalista.
Uno dei primi tentativi fu, nel 1955, la rivista “U Muntese”. Gli scrittori rivendicavano allora l’applicazione della legge Deixonne, votata nel 1951, che garantiva un minimo di insegnamento delle lingue minoritarie in Francia. Il corso ne era stato escluso, certo per ostracismo puro e semplice, ma anche e soprattutto per il riconoscimento implicito, nello spirito del legislatore francese, che la cultura corsa era quella di una Nazione che occorreva annientare a tutti i costi.
Il vero insegnamento del corso fu intrapreso da patrioti a partire dal 1970. Fu la magnifica battaglia di “Scola Corsa”, fu la battaglia per la riapertura dell’Università di Corti, e anche l’instancabile lavoro dei militanti per “ricorsizzare” i nomi dei nostri villaggi. Questo rinnovamento culturale, che portò a maturazione il nazionalismo corso, si affermò nel 1973 nell’Università d’Estate, luogo d’incontro di tutte le forze combattenti del nostro Popolo. La gioventù corsa vi ebbe un ruolo considerevole e riannodò i legami con le sorgenti profonde della sua storia. E’ a Corti che furono precisate e approfondite le nozioni di “corsità” e “corsitudine”.
A partire dal 1957 la politica francése cambia, i crediti arrivano, iniziano gli investimenti, vengono aperte delle strade, si accelera l’elettrificazione, sono costruite protezioni, ma tutto ciò non è per i Corsi. No! Tutto ciò è destinato ai “poveri” coloni “francesi, cacciati dell’Africa dai patrioti algerini.
La colonizzazione da popolamento è iniziata e sarà massiccia.

LA COLONIZZAZIONE DA POPOLAMENTO E GLI INIZI DEL SOLLEVAMENTO NAZIONALE (1957-1975)

Parallelamente al rinnovamento culturale, il trauma provocato dall’invasione dei coloni condusse alla creazione dei primi gruppi rivendicativi. I loro programmi erano puramente economici. Furono, nel 1959-60, il movimento 29 novembre, la DIECO, il CAPCO. In questi raggruppamenti la direzione era in mano ai privilegiati e alla media borghesia. Lo Stato francese li ignorò e, invece di accordare un qualche spazio ai Corsi nel rinnovamento agricolo che era iniziato tramite la SOMNAC (società statale di valorizzazione creata nel 1957), incrementò ulteriormente l’afflusso dei Francesi.
In campo turistico accadde lo stesso con la SETCO (omologa della SOMNAC nel settore), che favori l’insediamento di grandi società capitalistiche franco-internazionali.
I Corsi assistettero all’accaparramento delle migliori terre della pianura orientale e all’esproprio totale delle loro coste a favore dei trusts internazionali. I deputati, che avevano inizialmente partecipato ai diversi movimenti rivendicativi, furono richiamati all’ordine. Le loro elezioni truccate, le loro liste elettorali gonfiate, le loro prebende e il loro clientelismo impedivano loro di resistere ancora…
Una piccola parte della borghesia liberale abbandonò i suoi deputati e si strinse attorno a Max Simeoni, che avrebbe fondato il CEDIC, un organo rivendicativo che chiedeva, oltre che uno sviluppo economico per i Corsi, uno statuto speciale.
Una parte della diaspora intellettuale, composta soprattutto da studenti, si riunì a Parigi attorno all’UNEC e all’Unione Corsa. Essi costituirono una corrente nettamente più politicizzata che si autodefiniva socialista.
La fusione delle due correnti portò alla nascita del FRC nel 1966. Nel 1967, da una scissione del FRC, nasceva l’ARC, Azzione per a Rinascita di a Corsica.
Dal 1965 i contadini si organizzarono in sindacato per denunciare le spoliazioni e le discriminazioni di cui erano vittime i Corsi, esclusi dalla valorizzazione del loro paese.
1969: “Rendeteci le terre!” gridano i giovani Corsi di Fiumorbu occupando il municipio di Ghisonaccia. Le cariche dei CRS tentano di ristabilire l’ordine, è la repressione. A Portu, lo stesso anno, centinaia di Corsi bloccano le strade. Nuove cariche dei CRS. Le manifestazioni divengono sempre più numerose, e sempre più sono caratterizzate dalla determinazione del nostro Popolo.
1970: alcuni tentativi di soluzione sul piano elettorale falliscono, perché i regionalisti non afferrano ancora nettamente la natura del colonialismo.
1972: Casabianda, il famoso penitenziario agricolo, viene occupato. La risposta del potere non si fa attendere: colpi di manganello, cariche dei CRS, lacrimogeni, ma il Popolo ritrova il suo passato di lotta.
Nel frattempo gli studenti rendono popolare la lotta per l’Università di Corti: prima la FEC, poi la Consulta de i Studenti Corsi moltiplicano le manifestazioni e le occupazioni. “Sono giovani, si calmeranno”, si dice negli ambienti colonialisti… Purtroppo per l’amministrazione coloniale, nel febbraio 1973 la sottoprefettura di Bastia viene occupata e saccheggiata. Il sottoprefetto è preso in ostaggio e – oh, sacrilegio! – la bandiera corsa prende il posto del tricolore sul pennone ufficiale! Scopo apparente della manifestazione era di esigere l’arresto dello scarico dei fanghi rossi nel Mediterraneo. Ma il suo significato profondo era ben altro: essa aveva una dimensione nazionale corsa.
In quel periodo la FRC porta un contributo teorico importante all’analisi del meccanismo coloniale. “Arritti”, “Populu Corsu” sono i giornali di lotta che fanno a pezzi la propaganda dei monopoli francesi dell’informazione.
Nel 1973, “A Chjama di u Castellare” annuncia che i Corsi ne hanno abbastanza. E’ ora l’autonomia interna ciò che il PPC (erede del FRC) reclama e che l’ARC adotta quale parola d’ordine qualche mese dopo.
“Attenzione”, si dice negli ambienti ufficiali, “l’autonomia è l’anticamera dell’indipendenza…”.
Sempre quell’anno il delegato corso alla conferenza internazionale di Beirut sull’inquinamento afferma: “Parlo in nome di un Popolo con la museruola, la Corsica è una Nazione vinta”. Grande stupore al Quai d’Orsay: “Non è più ecologia, e nemmeno poujadismo…”.
Nel settembre 1973 lo “Scarlino”, battello che scarica i fanghi rossi al largo delle coste corse, viene fatto saltare col plastico da un commando in un porto italiano.
In ottobre è il turno delle installazioni della base di Sulinzara, che saltano per la prima volta. La roccaforte dell’imperialismo francese nel Mediterraneo è minacciata. L’attentato è rivendicato dal FPCL (Fronte Paisanu Corsu di Liberazione), che pubblicherà un programma nazionalista avanzato.
“Ma è del separatismo!”, “Bisogna reprimerlo!”, ordinano all’Eliseo. Il Consiglio dei ministri francese non esiterà a coprirsi di ridicolo, annunciando lo scioglimento del FPCL…!
Marzo 1974: il primo ministro della Repubblica francese viene a visitare un “dipartimento come tutti gli altri”. Peccato che sia calorosamente accolto dalla distruzione di un Caravelle e dall’esplosione al plastico della sottoprefettura di Bastia. “Benvenuto”, gli dice “Ghjustizia Paolina” nella rivendicazione, mentre il Popolo testimonia con l’assenza dalle cerimonie ufficiali che la via della lotta armata è la sua. Ormai esistono due organizzazioni clandestine che preparano la lotta di liberazione.
“E’ grave, ma si tratta di mene separatiste ultragruppuscolari”, “Risolto il problema economico tutto rientrerà nell’ordine”, si augurano gli esperti francesi.
Già il 1970 aveva visto la Francia “generosa” ipotizzare una regione corsa staccata, in sede di programma economico, dalla Provenza – Costa Azzurra. Nel 1971 un piano di sistemazione, chiamato “piano di ricollocazione dei Corsi”, fu pubblicato. Prevedeva per il 1985 350.000 abitanti in Corsica, di cui solo 100.000 Corsi. Quel piano non era un’astrazione: vi stava scritta, nero su bianco, la morte programmata del nostro Popolo. Era la colonizzazione della Mitidja fatta al computer.

(3-CONTINUA)