Lars von Trier’s “Antichrist”: omaggio (apocalittico) ad Andrei Tarkovskij

di Alan D. Altieriantichrist.jpg

Il luogo: emblematico. Una baracca perduta in una foresta – foresta chiamata, ironicamente e irrimediabilmente, “Eden” – che ridefinisce il concetto di tenebra gotica.
Il tempo: non significativo. Diecimila anni fa, oggi, centomila anni nel futuro. Il tempo, alla fine, è solo uno stato della mente (anima? spirito? whatever?)
I personaggi: primevi. L’Uomo e la Donna (maiuscole d’obbligo), alla ricerca – disperata e struggente, cruda e crudele, ineluttabile e impossibile – della resurrezione.
Questi gli ingredienti base di Antichrist, l’ultimo “film-shock” – suffisso (-shock) che lo scrivente trova quasi sempre ridicolo e/o applicato a ridicolaggini – del (irrimediabilmente controverso) cineasta scandinavo Lars von Trier.

sacr_ital.jpgAl 62esimo festival del cinema di Cannes – ameno tempio dell’arte di celluloide dove la maggiori attrazioni sono/sono state le scollature di Monica Bellucci/Sophie Marceau, nonché le cosce di Angiolina Jolie/Sharon Stone, ah, quando si dice la kultura! – “Antichrist” avrebbe fatto voltare molte teste e rivoltare troppi stomaci. O almeno così ci viene detto dai cinecritici di professione. Quindi?
Quindi, vediamo. Scritto e diretto dallo stesso von Trier, Antichrist non è in alcun modo un film facile, questo va riconosciuto ma questo è anche il trademark di von Trier. Il quale però non gioca in alcun modo con carte truccate. La prima scheda dei titoli di coda (titoli di testa assenti) è infatti la dedica del film ad Andrei Tarkovskij. In realtà, lo spettatore sgamato si accorge di von Trier che fa/rifà Tarkovskij dopo pochi minuti di proiezione. Gli ingredienti visuali del maestro russo ci sono tutti: viraggio cromatico (benvenuti nel meta-mondo) al blu-metallo, eccesso di acqua (unico dio la legge del caos) che scroscia da tutte le parti, universi di felci flagellate da improvvise (respiro gelido degli spiriti inquieti) raffiche di vento.
Scavati nel profondo da un catastrofico lutto iniziale, l’Uomo e la Donna di Antichrist cercano la strada della salvazione – soprattutto da loro stessi – nel ventre molto verde e troppo oscuro della foresta di cui sopra. L’Uomo ritiene (o così cerca di auto-convincersi) di poter riavere la donna attraverso la razionalità psico-analitica. Sorry, dude: «i sogni non significano niente, Freud è morto». La Donna immagina (o così si costringe a credere) che la forza dell’Amore le verrà in aiuto. Sorry, doll: «io sono tutto quello che ti fa paura delle Natura».
Peggio che peggio, questo fatale incontro/scontro di contraddizioni intrinseche – che von Trier scandisce visualmente con schede/graffito le quali riassumono l’inevitabile discesa verso il Nono Cerchio – si contorce non in un Eden soffuso e suadente, ma nella jungla infernale più feroce e sadica. L’Eden di von Trier è un luogo micidiale punteggiato di tumuli di ignude ombre livide (Gustave Dorè forever!), infestato da animali ora deformi ora devastati ma sempre mistici (say goodbye, assholes: WWF don’t live here no more), flagellato da grandini di ghiande e ghiaccio (Welcome back to Sodom & Gomorrah, ya morons!), materiali diversi, medesimo impatto punitivo.
Manco a dirlo, quella dei due che dopo un po’ sballa e sbiella è la Donna. Convinta (ma sei di legno, o cosa?) che l’Uomo (a me gli occhi, donzella!), voglia abbandonarla, si lancia in una sequela di lavoretti al sangue che farebbero la delizia di Krafft-Ebing (magistrale il giochino con il bullone passante della mola da affilatura). Tra eiaculazioni macabre, strisciate nel fango, seppellimenti prematuri e sforbiciate nei posti sbagliati, Antichrist scivola verso l’olocausto (inevitabilmente scandinavo e magnificamente russo) conclusivo.

Dafoe_Gainsburg.jpgNella proposta di Antichrist ci sono cose che funzionano, altre che funzionano meno. Magnifici gli interpreti: sia Willem Dafoe (l’Uomo) che Charlotte Gainsbourg (la Donna), sono da Palma d’Oro, o da Oscar. Ben pochi attori riescono a tenere in due anche solo dieci minuti di running time, figurarsi qualcosa come cento minuti, tanto dura Antichrist”. Eppure entrambi reggono la sfida in modo magistrale. Dafoe (maschera ieratica immutabile da vent’anni) riesce a essere simultaneamente disperato e distaccato, erotico ed empatico. Gainsbourg (a volte ardua da guardare) è struggente e straziante, androgina e sensuale; straordinaria la fotografia di Anthony Mantle, stracarica di filtri all’azzurro e al grigio, zeppa di riferimenti all’espressionismo tedesco e al thriller apocalittico.
Per contro: dubbia la sceneggiatura dello stesso von Trier. Quanto Dogville è un film over-written/sovra-scritto (eccheppalle quella voce fuori campo), Antichrist è un film under-written/sotto-scritto, nel senso di non sufficientemente sceneggiato. Troppo implicati e non abbastanza rivelati gli elementi della back-story relativa alla tesi sui disastri della psicosi demoniaca. Troppo labili e non abbastanza espressi i vettori emotivi che spingono la Donna nella transizione alla follia distruttiva e auto-distruttiva del terzo atto del film. Troppo ermetica e non abbastanza stabilita la spettacolare, per quanto inaccessibile, sequenza finale.

Si può contro-argomentare che sia Lo Specchio che Sacrifice – considerati i due massimi capolavori di Tarkovskij – raggiungono le vette dell’ermetismo. In questo quindi von Trier è ulteriormente rispettoso del suo vate. Ma Antichrist non è un film di Tarkovskij, è un film di von Trier. Quindi?
Quindi troppi critici (pseudo)paludati e troppi spettatori (pseudo)scafati sono stati troppo frettolosi nello sghignazzare, fischiare e flatulare. Antichrist grottesco? Un qualsiasi telegiornaale (network di diramazione irrilevante) è dieci volte più grottesco. Antichrist osceno? Un qualsiasi decimo di puntata di (conduttrice di regime irrilevate) “ominiKKi & donnuKole”, “piKKolo fratello scemo”, “la kiatta degli ignoti fessi” è cento volte più oscena. Antichrist pornografico? Una qualsiasi diretta da una qualsiasi istituzione politica (partito di appartenenza irrilevante) è mille volte più pornografica.
Antichrist potrà anche irritare e offendere, insultare e dissacrare. Una cosa però Antichrist non può, né vuole, fare: passare inosservato.