1988_r.jpgdi Piero Sorrentino

In forme così evanescenti e consolatorie da ridursi a materia fascinosa d’intrattenimento e non dolorosa esperienza umana prima ancora che psichica, l’autismo torna spesso a visitare l’immaginario degli artisti, in un incontro generatore di risultati più che ammirevoli dal punto di vista dell’impatto sul grande pubblico ma che irrimediabilmente sgusciano dalle grinfie della tragedia e stazionano nell’abbraccio più o meno morbido del best seller e del film di successo (si pensi a Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte di Mark Haddon o a Rainman con Dustin Hoffmann). Leggendo Né giusto né sbagliato, su un tema vischioso e pressoché sconosciuto ai più come l’autismo (che cosa siamo davvero capaci di dire su un bambino autistico senza rischiare il luogo comune o l’approssimazione o, peggio, la bestialità ?) si è invece assediati da domande silenziose e incalzanti, essenziali, che danno al testo un andamento sempre sul filo di un’interrogazione che corre parallela a un’indagine mai rumorosa e tutta votata alla trasparenza delle reazioni del cuore; una arrendevolezza dolce e allo stesso tempo una straordinaria capacità di immergere la propria personalissima esperienza in una fitta rete di nessi storici e culturali.

Paul Collins di mestiere fa lo storico. E da storico affronta la diagnosi inaspettata che quasi per caso lo investe: suo figlio Morgan, tre anni, è autistico. Né lui né sua moglie Jennifer l’hanno mai neppure sospettato. Certo, che il bimbo sia diverso lo vedono: silenzioso, riflessivo, non strepita, non frigna, a volte non reagisce alle domande più semplici. Però sa contare fino a venti (anche alla rovescia), dall’età di un anno legge pezzi di frasi e conosce tutto l’alfabeto, fa somme e sottrazioni anche piuttosto complicate per un bambino della sua età. Morgan viene visitato da medici generici, poi da psicologi cognitivisti, infine sottoposto a test e analisi sempre più specifiche fino alla diagnosi: autismo. Da quel momento, è come se Collins fosse investito da una specie di immunità elettiva che si manifesta con una capacità straordinariamente duttile di immaginare, e poi ricostruire, esperienze molteplici e distanti penetrando, in una immedesimazione totale col proprio oggetto di studio, mondi lontanissimi, tutti accomunati dal filo rosso dell’autismo. Dall’indagine sul primo caso conosciuto di autismo, quella sul cosiddetto Ragazzo selvaggio (trovato per caso, sporco, nudo, a vivere di erba e ghiande nei boschi di Hannover nel 1725) alle note su Henry Darger, che passò tutta la vita a scrivere un romanzo in quindici volumi della sbalorditiva lunghezza di 15.145 pagine (e dedicandosi, nei ritagli di tempo, alla stesura della propria biografia di appena 5mila pagine), l’autore americano asseconda la sua personalissima ossessione incanalandola nell’alveo di una famelica attitudine conoscitiva. Scandaglia testi storici e intere annate di emeroteche, interroga medici e professori, vede, viaggia, cataloga, come un Ulisse lucido e appena un po’ disperato perso nel mare procelloso dell’autismo. C’è, nella scrittura di Paul Collins, un’attitudine a designare i territori nei quali si muove con una sottigliezza e una misura che scolora continuamente verso un’ immagine silenziosa eppure del tutto irrinunciabile: Morgan. È da lui e intorno a lui che si muove il libro. Come in quell’altro strepitoso ritratto di bimbo autistico (il Manfred di Noi marziani di Philip Dick), è come se il lettore fosse continuamente chiamato ad assistere a una macerazione progressiva e inesorabile degli elementi espressivi tradizionalmente assegnati in letteratura ai bambini. Morgan prende per mano il lettore e lo allontana dalla frenesia del senso a tutti i costi, dal rigore della logica causa — effetto, dalle preziosità gelide della forma, e lo conduce – lì dove le immagini diventano simboli, e una semplice carezza pane croccante e nutriente per la mente — attraverso un precipizio della coscienza in cui i gesti più semplici e il linguaggio più essenziale compongono il più potente megafono per comunicare.

Paul Collins – Né giusto né sbagliato – traduzione di Carlo Borriello – euro 18 – Adelphi

[Questa recensione è uscita su STILOS, il quindicinale di letteratura diretto da Gianni Bonina, che trovate in tutte le edicole]