di Federica Vicino

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Segmento C : l’epilogo

Silenzio.
Grazie destino, oppure grazie Grande Spirito, grazie notte fonda o grazie metropoli, per avermi regalato finalmente il silenzio. Semplicemente grazie. Ne avevo bisogno.
Kerrer mi sta svaccato davanti, spalle alla colonna, gambe perse una a nord una a sud-ovest, testa sempre nel buio pesto e occhi sempre che luccicano.
Magari davvero ascoltava. L’ho sentito fremere. O addirittura era lui a parlare… Nel buio, oltre al cuore e al respiro, si sono mescolate anche le ombre e le voci, profili e sguardi, ottone e bagliori metallici.
Di fuori si gela; fa giorno in un mattino tagliente di fumo, come molti altri, del resto.

– E allora lui dov’è?
Chi ha parlato? L’aria è immobile. Non ci sono segni. Nessuna vaporizzazione del pensiero. Ma il quesito rimane: lui dov’è?
Mi piacerebbe saperlo, sospiro. Forse ero io a chiederlo… lui dov’è?
– Già, dov’è?
– Mai catturato un fuoriuscito di nome Eric Drexter. — stavolta non ho dubbi: è Kerrer a parlare — Mai dato la caccia a un Eric Drexter. Se c’è, è stato messo a tacere, imbottito di data e spedito a fare la guardia AC. Anche lui, come tanti altri…
Naaa… è impossibile! E la signora ministro? La signora madre? Possibile che abbia permesso tutto questo?
– Il sorvegliato speciale è un altro. — borbotta Kerrer. Si scuote. Si alza.
Ha il cervello in pappa. Troppo fumo. Oppure troppo pensiero (un agente AC qualche limite deve pure avercelo!). Ma poi tira fuori — sebbene con estrema fatica — un ragionamento che fila come una corda di violino.
– Se fosse ancora in giro, questo pericolosissimo sovversivo chiamato Eric Drexter, sarebbe il ricercato numero due. — adesso appare in un filo di polverosa luce e sorride — Dopo di te.
‘Fanculo. (Nemmeno a sprecarci il fiato — toh!). Nell’ombra sento tintinnare qualcosa di metallico. Chiavi. S’è deciso a liberarmi — o così sembra.
– Invece niente — blatera — gli ordini erano: beccare lei, dovunque e comunque. Prenderla e riportarla alla base, dai suoi amatissimi doctor. Che la aspettano a braccia aperte, signorina Sara.
Mi sorride, vicinissimo.
– Ti puzza l’alito. — gli soffio nelle narici.
– Sei senza data da 46 ore.
– Liberami.
– Come puoi resistere senza cellule cerebrali artificiali? Dov’è il trucco?
– Liberami!
– Libera tu me. Dimmi qual è il trucco.
Adesso sorrido io.
Nessun trucco. So che cosa sono, io.
Non credo.
Io invece credo proprio di sì.
Chi ha parlato?
Obiettivo centrato. Missione riuscita. Tutti i fuoriusciti catturati e ricondotti alla base. Trattamento di retroalimentazione autoindotta avviato. Quanto alla peste dei sobborghi: epidemia in regressione, rischio di contagio pari a zero. Annullata te, non c’è più pericolo, Sara…
Non c’è mai stato pericolo, in realtà.
Chi ha parlato?
Capitolo tre. Titolo: ma tu lo sai che cosa sei?
Capitolo quattro: certo che lo so. Sono un clone.
CLO — NE.
Risatina. Appena a fior di labbra; più ironica che altro. Amara, a ben guardare.
Strano animale, questo agente AC Kerrer. Adesso nel fascio di luce c’è la sua mano: indice e pollice stringono una piccola, fatidica chiave. E nel buio nulla più sorride – né ironico, né amaro. Quasi trattengo il fiato. Manette: via, in un istante. Clic — clac! Quando si dice il potere.
Capitolo cinque…
Rimpiango il silenzio di poco fa.
Lo sai che cosa sei? Lo sai?

Sei un batterio.
BA – TTE – RIO.

POST-EPILOGO

Clostridio, è il nome della tua specie. “Clostridium dificile”, a voler essere precisi. Pericolosissimo per il Sistema. Un autentico Agente Patogeno.

Allibisco… Eric?

Non potevo fare altrimenti. Ho il cervello “in pappa”, l’hai detto tu. Ero un fourth level; sovversivo evaso da un carcere di massima sicurezza; ovvero: nessuno scampo. Mi hanno liquefatto i circuiti e riprogrammato a puntino. Un perfetto agente AC, gioia di “mammà e papà”, per dirla con le tue stesse parole; dove “A” sta per anti, e “C” sta per corpo. Anticorpi, questo siamo. Io e molti altri. Milioni di altri. Uno spaventoso, sconfinato esercito. Nemici di virus e batteri. Della loro stessa natura, ma inoffensivi per il Sistema. Ce n’è uno per ognuno di voi.
E io per te.

Non capisco.

E’ il Sistema a portarti alla vita. Con quattro obiettivi:
a ) osservarti,
b) studiarti,
c) renderti inoffensivo,
d) creare difese idonee per far fronte ad altri attacchi.
Io opero alla voce D.

Detto questo (ma chi ha parlato?), supertrendyboy Kerrer-Drexter o chipperlui, fa fare clic anche al secondo anello metallico che ormai mi segava il polso. Lo guardo meglio. Possibile che sia Eric? Possibile che non l’ho riconosciuto? E ancora, possibile che…
Possibile?
Mi fa cenno di alzarmi, mentre tutt’attorno al capannone si avverte un brulicare confuso.
– Giorno… – sussurra — fine del sistema simpatico.
Lo stupore è tale, che nemmeno riesco a scostarmi dalla colonna con la quale ho diviso la notte. Lui indietreggia. Getta in terra chiavi e manette. Altro sinistro tintinnare; altra sinistra eco. Mi volta le spalle, si incammina… senza di me. Ma come? Senza di me?
– Ehi!
Non mi dà retta; è già sulle scale.
– Clostridio? — chiedo, quasi in un lamento — Anticorpi?
Tutto inutile. Gambe forti divorano gradini smozzicati dalla ruggine.
– Aspetta! I dataneuroni… non vuoi più saperne? Avevi ragione, poco fa: sono 46 ore! 46 ore senza nutrizione artificiale. Non vuoi sapere com’è possibile? Non vuoi più sapere il trucco?
Evidentemente no.

Solo io avrei potuto rintracciarti laggiù, nei sobborghi. Flora batterica infetta, la chiamano i doctor nei laboratori. Un livello di guardia non elevatissimo: defcon 6. Il Sistema regge senza problemi. Ma c’è una sola, piccola defaillance: un esemplare di clostridium dificile fuori-controllo. Tipo A staminale. Processo biochimico autoindotto. Prassi. Il controllo delle componenti deviate attraverso i level prevede anche questo: immissione nel Sistema di batterio a modalità vitale attenuata o annullata. I doctor lo chiamano “vaccino”. Il batterio, nonostante la vitalità annullata, secondo quella che è la sua natura, agisce; l’AC — secondo la sua, di natura – reagisce, e il cerchio si chiude. Niente di anomalo, dunque… fatta eccezione per quel clostridio. Quello in particolare.
Chissà come, quel batterio lì ha trovato una cosa che somiglia tanto a una falla nel progetto di autodifesa. Forse è un esperimento finito male. Sfugge, si maschera, scompare, tenta la riproduzione, riappare mutato. E’ insolito: ha un comportamento che si sottrae a ogni schema. Un ribelle. Fatto in laboratorio, a uso e consumo della scienza, eppure ribelle. Incredibile.

Un errore.

Un errore, già.
Sempre pagati a caro prezzo, gli errori. Ma adesso parlavo di me.

Chi ha parlato?

Il batterio-clone ha un immenso potere, ma non lo sa. O finge di non saperlo. Non utilizza la sua forza, se non come energia autodistruttiva. Bene, pensano i doctor, lasciamolo agire e vediamo come va a finire. Ma il batterio-clone non agisce. Piuttosto, dovunque va crea scompiglio. I sobborghi insorgono; si infettano fino al midollo, in profondità. Si infettano nelle menti. E il cervello dell’operazione dov’è? Chi è, chi può essere, se non il batterio-clone-ribelle? Si perde nei meandri della burocrazia; si finge sorvegliato speciale, si sottopone volontariamente al trattamento, dal primo al terzo livello, ignorando ogni dolore e ogni paura. E’ mite, indifeso, accondiscendente, spaventato ( o così sembra); eppure forte, sempre più forte. Temibile nemico per un altrettanto temibile organismo. Gigante contro particella. Ma con una forza inimmaginabile alle spalle.
Inutile nasconderselo. La partita è aperta, clostridio…

Chi ha parlato?

L’operazione di colonizzazione è appena avviata.

Dove?

Giù, nei sobborghi. Ma senza troppe speranze. Almeno fino a questo momento.

Eric… come ho fatto a non riconoscerlo?

Solo io potevo riacciuffare batterio-clone-ribelle-Sara. Mi hanno programmato per questo. Vivisezionato dal vivo. Frittura di sinapsi flambée.
L’eminentissimo doctor Brauler in persona s’è dato molto da fare; ha armeggiato come un pazzo, per programmare la più impeccabile delle macchine salva-Sistema. Alla fine ero un prodotto raffinatissimo, un over-level. Costosissimo. Unico nel suo genere; e soprattutto l’unico in grado di riacciuffare il clone. E di riportarlo indietro e di riconsegnarlo al Servizio di Sicurezza Sanitaria.
Adesso, decideranno loro cos’è che non ha funzionato.

Eric…
Ascoltavo, come rapita, questa storia che mi appartiene tutta, dalla prima all’ultima parola. Ascoltavo a bocca aperta. E ancora ascolto. Il tonfo dei passi, decisi, sulla scalinata di ferro. Un fruscìo, che significa già lontananza; cardini che gemono.
Nel nuovo mattino dovrò trovare un nascondiglio sicuro, non uno qualunque: un anfratto blindato, adatto ad un fourth level ribelle, ricercato, capo ideologico di un avviato — e pericolosissimo — processo di colonizzazione. Come sempre, cercherò scampo nei sobborghi.
Mi raddrizzo alla meno peggio. Con gli occhi cerco un’uscita, in basso. Solo ora il capannone mi appare in tutta la sua sconfinata desolazione. Dall’alto, nel buio d’ottone di poco fa, adesso piove solo silenzio. Ci guardo meglio.
– Cerca un riparo anche tu, over-level Eric Drexter. — sussurro. E sorrido.
Nasconditi. Dimentica. Salvati.
Chi ha parlato?

(15-FINE)