di Riccardo Valla

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Riassunto. Parigi, estate 2005. Il Conservatore del Louvre è stato ucciso. La nipote Sophie e lo studioso Londong cercano di appurare se appartenesse al Priorato di Sion.

“Quella che lei ha visto, signorina Gourmet, era l’annuale riunione di un gruppo di vecchi goliardi. Come vuole la tradizione, la si celebrava in concomitanza con la principale festa studentesca. Per dirla con le parole di un noto studioso dell’argomento: “In quel periodo dell’anno, la caccia alle matricole si è ormai conclusa, gli iscritti al primo anno possono mostrare il loro ‘papiro’ a testimonianza di avere appreso le principali canzoni goliardiche; allora si celebra il rito della pacificazione tra gli anziani che stanno per lasciare l’Università e i giovani che vi sono appena entrati: il giorno di santa Caterina”.”
“E chi sarebbe lo studioso?” domandò lei.
“Io, naturalmente” sorrise Londong.

“Comunque, non capisco il motivo di quella riunione di vecchi zozzoni” disse Sophie.
“Certo, lei è troppo giovane; non ha mai conosciuto il rito di iniziazione alla vita universitaria, ma ai tempi di suo zio si faceva ancora. Il gran ballo delle “caterinette”, le sarte apprendiste di Parigi, ha luogo il 25 novembre, e tradizionalmente vi partecipano gli studenti universitari. Sbagliando di un mese, lei è incappata in quella ricorrenza. Suo zio e i suo amici festeggiavano la protettrice della goliardia.”
“Un ballo? Quello che ho visto non era un ballo…”
“No, ma era una tradizionale rappresentazione goliardica. Ascolti, ha detto di avere sentito la parola “amanti”, ma credo fosse un’altra. Cantavano forse.

Noi siamo le vergini dai candidi manti
Siam rotte di dietro ma sane davanti

le persone da lei sentite?”
“Sì, qualcosa del genere.”
“E il coro maschile era ‘pompa, pompa come un mulo‘?”
“Penso di sì.”
“Appunto. Vede, si trattava di una recita della tragedia goliardica in versi Ifigonia. O Ifigonia in Culide. Probabilmente l’abbigliamento da lei visto erano costumi in stile geco antico. Qualcuno dei presenti aveva una coroncina?”
“Mio zio. L’ho riconosciuto dal… ehm… dalle mani. Quel porco.”
“Come supponevo. Hanno apportato alcune modifiche al testo perché la rappresentazione si avvicinasse al rito.”
“Che rito?”
“Il rito del Priorato, le nozze chimiche. Vede, signorina, nel testo originale della tragedia non vi sono congiungimenti eterosessuali, mentre lei ha assistito a un’unione tra due dei personaggi, il Re di Corinto e la sua Regina, o meglio tra il principio maschile e quello femminile della creazione. Inoltre, il coro femminile si limitava a ripetere i primi versi, vero?”
“Sì, sono rimasta poco tempo a guardare, ma ho sentito per due volte gli stessi versi.”
“Poco tempo?” Lo studioso inarcò un sopracciglio. “Cantavano solo la prima metà della strofa, probabilmente. Mi dica, proseguivano con:

I nostri ditini son tutti spelati
A furia di cazzi che abbiamo menati

vero? Però dubito che proseguissero con:

Nell’arte sovrana di fare pompini
Battiamo le troie di tutti i casini.
La lingua sapiente e l’agile mano
Son gioia e sollievo del duro banano

perché equivarrebbe a sottomettersi simbolicamente all’odiato nemico, il Pus Dei!”
“Simbolicamente?…” disse Sophie con voce languida.
“Scusate” intervenne Teadrinker, che arrivava in quel momento “ma anch’io, come il Cherubino di Mozart, ho ascoltato, pur avendo fatto del mio meglio per non sentire. Di conseguenza, in base alle deduzioni di Robert, il Priorato non era una comunità goliardica travestita da gruppo religioso apocrifo, come credeva quel buon poliziotto, l’ispettore Fouché, bensì il contrario: un antico gruppo religioso mascherato da confraternita goliardica!”.
“Hai trovato qualcosa sul telefonino?” chiese Langdon.
“No, solo un avviso di chiamata.”
“Allora, ci conviene tornare a Parigi e cercare nell’ufficio.”
Teadrinker annuì e rispose, sorridendo a Sophie: “Vengo con la mia macchina perché nella sua auto non ci stiamo, signorina. Quella non è un’auto, è una bomboniera. E, poi, come diciamo noi inglesi, ‘Tre è una folla!’“
Sophie gli rivolse un sorriso che stillava veleno.
*
“Magister! La chiamo dalla cabina del comandante: un buon cristiano parigino. Avete il documento? Posso procedere per Roma? Me lo porti all’aeroporto e le darò l’assegno.”
“Mi occorre ancora qualche ora, ma si era parlato di buoni al portatore, non di assegni.”
“Un assegno dell’Ordine, tratto su una banca dell’Ordine? È oro in barre! È meglio del contante!”
“Ne riparleremo. Adesso devo partire e spengo il telefonino… non vorrà che prenda una multa perché telefono mentre guido!”
“Dove va, adesso, invece di cercare il mio documento?”
“Al Louvre, ma la richiamo io.”
“No. Sono stanco di questi rinvii. Verrò a raggiungerla lì!”
E con questa ultima minaccia, Tonnorosa interruppe la comunicazione.

(12-CONTINUA)