di As Chianese

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(…) questo si che ci fa bene: il raggio fulminante
di speranza, la risata degli dei occulti.
Nessuno ci ha fatti per viverre come siamo o dove
siamo, noi rincorriamo una via di fuga, una musica
celeste, la ragazza giusta che mai incontrammo.
E di nuovo scommettiamo che avverrà il miracolo
qui di fronte ai monti color porpora
mentre sfilano i cavalli
così migliori delle
nostre vite.

Charles Bukowski; 12 Minuti alla Partenza

Per vendere qualche copia in più della solida sbobba, resa ancora più insipida dagli sconfinamenti del gossip e dal quel pizzico di sexy glamour tipicamente estivo, gli edicolanti del centro sono costretti ad addobbare i loro casotti come se fossero pronti per far concorrenza alla locale bancarella del pesce, della frutta e verdura.


La minima folata di vento caldo produce lo sfrigolio di migliaia di carte dalla consistenza variabile, tra i leggeri rumori spunta ad intermittenza l’immagine patinata di un qualche sorriso dalla rivista for men, qualche astuccio multicolore rigorosamente in regalo dal giornaletto for teens, guide alla prima maternità, il vademecum del sesso piacevole per lui e per lei, la mappa di dove sono andati in vacanza i vip e molti, forse troppi, DVD in offerta.
In bella vista su uno di questi statici mercatini dell’intrattenimento cartaceo, ci sono due riviste di quelle che contano. Quella di destra risulta ben allineata all’intero target: in copertina c’è una gran bella ragazza in lingerie che, seni alla mano, ci invita ad esplorare con occhio da vecchia lince/voyeur le pagine dell’immancabile ricerca di costume corredata da foto dannatamente azzeccate. Quella di sinistra, si stenta a crederlo, a prima vista la si scambia per quel parente scomodo, relegato in terza fila, di giornale per famiglie religiose: in copertina capeggia sofferente il volto di un uomo anziano, in abito talare, che le cronache hanno magnificato ma che il suo patire ha redento e santificato al tempo stesso. La rivista di destra è perfidamente fashion: strizza l’occhio al lettore assonnato e sessualmente impigrito, mentre quella di sinistra: col suo titolo alternativo ma efficace, è radical chic come poche.
Quale prendere? Come e dove buttarli i pochi euro sonanti che sono rimasti in tasca?
Sono questi i grandi dilemmi che attanagliano chi in estate, per un motivo o per un altro, è costretto a rimanere in città: la destra delle “tettine” o la sinistra in stile “Passione di Cristo”? La scelta è ardua per chi si è sempre professato un pacifico astinente, ma chi si rivolge al mercato editoriale in cerca di informazione (come è giusto che sia) non può far altro che ritrarsi inorridito davanti alla proliferazione delle pin up girls che oramai invadono anche le pagine dei pezzi da novanta, le riviste cosiddette serie. Anche l’informazione, il quarto potere, si è assoggettato all’estetica delle copertine: la bella immagine fomenta il desiderio, scalda organi spesso in odore di atrofia e quieta gli animi infelici dei non vacanzieri; la bella copertina osé fa fashion sotto l’ombrellone, in spiaggia o in piscina ed è terapeutica per chi è rimasto a casa davanti al ventilatore. Settimanali che al loro interno hanno recensioni di libri, interviste alla gente del cinema, date di concerti e spettacoli sentono pesante sul cuore il tacco, rigorosamente a spillo, della velina di turno. Ma quest’anno, almeno con il giornale di destra, ci è andata bene perché di questi tempi leggevamo e vedevamo ex entreneuse per facoltosi calciatori che si rivelavano e facevano scandalo. Non indossavano l’abito bianco della figliola pentita ma vestitini sadomaso e stivali di cuoio per servizi fotografici di grido. Di quello sporco retaggio, paragonando le due copertine del medesimo giornale distanti nel tempo ma similari nei contenuti, è rimasto solo un risibile titolo francese che persiste, ma lo scandaloso personaggio che nell’ambiente era nota con un nome d’arte ancora una volta “alla francese”, privato e a pagamento, e stato sostituito da quello pubblico, col nome italiano: più visibile e più desiderato, sexy ma acqua e sapone.
Come classificare questa roba? Mutazioni delle forme mediatiche (visuali) dell’appagamento dell’umano desiderio? Materiale per pugnettari indegni di cui decantava le gesta il grande Charles Bukowsi? Sono illazioni futili di un estate che sfugge: che ha tediato chi non è partito, che ha abbronzato chi è andato nei country club, dimagrito chi è andato nelle beauty farm e rammollito chi ha rincorso l’ultimo best seller. Anche passeggiando per le strade di una città semivuota non si può non sentirsi addosso lo sguardo patinato di centinaia di belle ragazze di carta che ti ammiccano dall’alto della pubblicità della nuova biancheria intima, quella che “ti fa dire bye bye al culo basso”, quella che ti sorride con in mano il cono gelato, l’ultimo numero del magazine di grido… Sono loro, o almeno la loro immagine, la falsa ricetta contro l’infelicità del afflitto, dell’indigente al quale regala un sorriso e l’immagine del proprio corpo senza pretendere apparentemente niente.
In TV lo share serale è tutto per un programma di ragazze che ballano che ci mostra, quotidianamente, quanta carne abbia da mettere sul fuoco il piccolo schermo nostrano. Gli italiani sono un popolo di desiderosi, antepongono il desiderio alla fattibilità di qualsiasi cosa e più questa è irraggiungibile più diviene desiderata, più diviene la pulsione primaria che ci fa scendere giù dal letto la mattina per andare a lavoro. Il desiderio: la nostra panacea e il nostro tormento. Andiamo al lavoro anche per le belle ragazze di carta che ci sorridono dai cartelloni pubblicitari degli autobus, siamo una nazione industrializzata e libera perché possiamo permetterci anche questa forma amena di prostituzione visuale, facciamo la guerra anche per loro, per il loro bel visino per i loro glutei torniti e suadenti… La logica dell’appagamento del desiderio attraverso l’immagine o il potere evocativo della parola, ha creato nell’ Italia “paese occidentale” il ritorno di un neo maschilismo mediatico che mobilità i signori del marketing e propone alle “comuni mortali” dei modelli da raggiungere e ai “comuni mortali” dei canoni di scelta, in un gioco che ha del perverso. E’ questa la logica che ha generato mostri di carta come l’insulso romanzo “scritto” (boh?) da una ragazzetta che quest’inverno ha venduto alla grande e suscitato scandali per smemorati, ma il suo successo è dovuto al fatto che quei fogli di carta imbrattati d’inchiostro, altro non sono che il manifesto di una nazione che desidera.

In questa grande baraonda dei corpi perfetti, in questo continuo elogio della masturbazione mentale, il mio pensiero vola a Cesare Battisti e alla sua fuga verso una libertà che non credo affatto sia semplicemente fisica ma anche, e soprattutto, sentitamente spirituale. Sono rimasti gli sconfitti, i vincitori se ne sono partiti (come i vacanzieri) ma francamente non importa la meta, né il motivo né la destinazione: l’importante è l’azione, la negazione del desiderio (di irrisolta giustizia) e la volontà del movimento.
Corri lontano Cesare! Grazie per averci lasciato i tuoi libri, chissà se tra una bella faccina e l’altra ci dimenticheremo del desiderio e passeremo all’azione pure noi per cambiare, un giorno o l’altro, questo sporco mondo. Se una nuova rivoluzione passerà si strapperanno le copertine sexy dai giornali dell’informazione, la verità sarà l’unica cosa suadente e vendibile per entrambi i poli, e i muri cittadini saranno ancora la carta per i liberi pensatori, in barba all’ultima pubblicità di intimo, si starà preparando il terreno per un tuo ritorno nel belpaese.

P.S.

Perdonate l’estrema oggettività, l’incredibile vaghezza, di questo mio. Non mi andava davvero di usare nomi di testate, nomi di santi e di puttane, ma prego non scambiare questa scelta per deliberata leggerezza. Ci sono solo due nomi: due scrittori, Charles Bukowski e Cesare Battisti.