di Sandro Modeo

changeux.gifchangeuxcover.gifTranne che per gli specialisti della disciplina, i libri del neurobiologo Jean-Pierre Changeux (docente al Collège de France e all’Istituto Pasteur) sono come arrampicate lungo pareti di sesto grado con poche sporgenze di appoggio. Le difficoltà dell’ascesa (e cioè, più dei tecnicismi, le complessità concettuali) rischiano di essere paralizzanti: ma chi riuscisse a resistere fino al vertice della parete verrebbe poi ricompensato dalla contemplazione di un paesaggio del tutto inaspettato. E si accorgerebbe che i tratti alieni, quasi surreali di quel paesaggio sono invece la descrizione-spiegazione più convincente, da una prospettiva inedita, della nostra vita mentale e sociale, della nostra quotidianità e dei desideri e dei dolori che l’attraversano. Proseguendo con L’uomo di verità un discorso cominciato vent’anni fa con L’uomo neuronale (uscito, come il nuovo libro, per Feltrinelli), Changeux si avvicina ancora di più allo scopo primario della sua ricerca: la messa a fuoco delle basi fisiologiche delle «funzioni superiori» della mente, sia cognitive che affettivo-emotive.

E, dunque, dell’attività del cervello, inquadrato però non come organo statico e passivo di fronte a una non meno statica «realtà» (secondo una vulgata veteropositivistica ancora diffusa e utilizzata strumentalmente per rilanciare ogni tipo di neospiritualismo), ma come un organo dinamico e attivo, plasmato da un’incessante interazione con l’ambiente e dalla sua stessa dimensione autoriflessiva (sogni, pensieri, immaginazione).
In quest’ottica, per Changeux il cervello è il risultato di due percorsi integrati. Da un lato è il prodotto dell’evoluzione biologica per selezione naturale: un organo che ha scremato – più o meno attraverso «centomila generazioni» di sapiens – rappresentazioni del mondo esterno sempre più efficaci e vantaggiose per l’individuo e per la specie; rappresentazioni che vengono trasmesse e affinate sia per via genetica che per via epigenetica (vedi il linguaggio e gli oggetti matematici). Nello stesso tempo, il cervello è il prodotto dell’embriogenesi e dello sviluppo, cioè di quelle fasi che mostrano all’opera proprio l’attività dell’evoluzione, della genetica e dello scambio con l’ambiente. Non è un caso che le pagine sulla «nascita del mondo» nel cervello del neonato e del bambino siano le più emozionanti del libro. Evidenziando, in particolare, come l’acquisizione del linguaggio nei primi mesi avvenga non per accumulazione di dati ma al contrario per una «restrizione progressiva» della relazione suono-senso (setacciata su intonazione e ritmo delle parole dei genitori in un mare sonoro immenso e indifferenziato), Changeux chiarisce come il delinearsi dell’identità sia appunto una selezione nella tempesta neuronale del bambino (due milioni di sinapsi al minuto): come «apprendere» significhi soprattutto «eliminare».
Ma notevoli sono anche le altre riconduzioni (non riduzioni) di tanti processi psicologici ai loro correlati neurali, come nei casi della «melodia» della coscienza, dell’insorgenza del «significato», delle forme di dipendenza le più svariate quali le droghe, la bulimia o il gioco d’azzardo. Sempre, il passe-partout è il rapporto tra specializzazione e plasticità cerebrale: perché in nessun caso a un’area del cervello corrisponde un processo (a una struttura una funzione), ma tutto dipende dall’orchestrazione sinergica di diverse aree. Qui l’esempio più stupefacente è quello dei pazienti ciechi che studiano la lettura Braille: nei loro cervelli, accanto a una prevedibile estensione della corteccia parietale dell’emisfero sinistro (adibita alla percezione tattile dello spazio), l’imaging rivela infatti l’attivarsi anche delle aree visive della corteccia occipitale, le stesse specializzate nella visione dei soggetti vedenti.
Con questo libro Changeux abbatte definitivamente una serie di barriere pregiudiziali: quella tra livelli bassi (neurologici) e alti (psicologici), cioè l’insensata distinzione neocartesiana tra mente e cervello; quella, più estesamente, tra natura e cultura; e quella, soprattutto, tra il carattere quantitativo del sapere scientifico e quello qualitativo del sapere filosofico-umanistico. [dal Corriere della Sera]

J.P. Changeux – L’uomo di verità – Feltrinelli – euro 30