di Dario Voltolini

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Divagazioni sull’Isola dei morti di Arnold Böcklin. Il celebre, popolarissimo dipinto è in realtà cinque dipinti. I primi due datano 1880 e sono assai simili. Gli altri, uno dei quali perduto (quello del 1884), presentano alcuni cambiamenti importanti. Nelle due opere dell’80 il cielo che fa da sfondo all’isola, cupo e scuro come il mare (un mare che potrebbe essere assurdamente definito “lacustre”, sempre che di mare si tratti) è un monotono, uniforme colore: un nero appena schiarito dal blu (di Prussia?). Nelle tre successive — 1883, 1884, 1886 — il cielo, illuminandosi, rivela nuvole in tensione, mosse, nelle quali addirittura talvolta si apre un passaggio all’azzurro.

Che cielo è quello delle due prime opere? E perché si schiarisce nelle altre? Di quel cielo scuro non possiamo affermare con certezza che sia un intero tenebroso nuvolo, piatto e senza movimento; né che sia un cielo sereno colto nella forma notturna. In questo secondo caso, dove sarebbero le stelle? Eppure potrebbe darsi che in un certo momento di trapasso — dato il tema sarebbe perfetto — il cielo sereno fra la notte e la luce celi allo sguardo proprio le stelle. Se così fosse, quale momento di trapasso sarebbe quello fissato dall’artista? Dal giorno alla notte, o non piuttosto dalla notte al giorno? Una luce illumina la scena, risplendendo addirittura: nei muri, nel manto della figura in piedi sull’imbarcazione, nel tessuto che copre la bara. Si pensa subito al tramonto, per la suggestione del tema. Ma se fosse l’alba?
Se fosse l’alba, l’isola, presentando i suoi cipressi, schiuderebbe le sue falesie vaginali all’oriente. La zona scurissima nella macchia vegetale potrebbe quindi essere interpretata come varco d’accesso verso un oltrepassaggio di cui non si può avere nessuna cognizione. Dove conduce, ammesso che conduca da qualche parte? Potrebbe condurre alla parte posteriore, invisibile, dell’isola, quella verso occidente. L’isola sarebbe allora una specie di portale verso l’occidente (il regno dei morti?). L’opera duale rispetto all’Isola dei morti non sarebbe tanto l’Isola dei vivi dipinta da Böcklin nel 1888 (cigni, centauro e nereide, ninfe, figure danzanti, isola verde, cielo azzurro con nubi bianche: qui ben poco ci viene risparmiato), quanto la Sorgente fra due pareti di roccia (1881). Se si interpretasse questo dipinto come una visione da dietro/dentro dell’Isola dei morti, si potrebbe identificarne la luce, che passa fra i tronchi e attraverso la fessura fra le rocce ci arriva frontalmente, come quella stessa luce del sole ancora basso sull’orizzonte, all’alba.

Da La Stampa – Torino Sette, che si ringrazia.