di Walter Catalano

cohenHineni, hineni. I’m ready, my Lord”. Anche Leonard Cohen se n’è andato. Ci ha lasciato con le parole di Abramo in risposta alla chiamata di Dio nel Genesi: “hineni”, in ebraico, “Eccomi qui”. Come aveva spiegato, commentando la canzone You Want It Darker all’anteprima del disco, in esse si esprime non acquiescenza ma volontà incondizionata di mettersi al servizio di una causa: un impulso – nelle giuste circostanze – universale per tutti gli uomini. Dopo l’improvvisa e inaspettata scomparsa del poeta di Montreal ad appena un mese dall’uscita della sua ultima opera, di una bellezza dolente e feroce, la dichiarazione acquisisce un senso ulteriore ed elegiaco che molti recensori avevano già infaustamente presagito e abbondantemente diffuso sui media, tanto che Leonard, nella sua ultima apparizione pubblica, alla conferenza stampa di presentazione del disco all’inizio di Ottobre, si era sentito in dovere di sdrammatizzare la situazione scherzando: “Ho esagerato, non sono ancora pronto. Voglio vivere per sempre, o almeno fino a 120 anni…”.

In realtà il musicista era apparso fragile e affaticato, su una sedia ortopedica, non aveva perso però il senso dell’umorismo: a un giornalista straniero che chiedeva spiegazioni riguardo alla sigaretta ostentata nella foto di copertina da parte di chi aveva annunciato da tempo la sua rinuncia al fumo, aveva strizzato l’occhio rispondendo: “Ci sono tipi di cui è bene non fidarsi mai”. Bluffava. Nelle note di copertina del disco, meno spiritosamente, aveva invece  ringraziato il figlio Adam per l’aiuto indispensabile nel portare a termine la produzione dell’ultimo album: “la mia guarigione, se non la mia sopravvivenza, dipendevano dal completamento di questo lavoro. Lui si è preso sulle spalle il progetto, mi ha sistemato su una sedia sanitaria per cantare, e ha condotto queste canzoni incomplete a conclusione…  E’ solo per l’amorevole incoraggiamento e per l’abile amministrazione di mio figlio che esistono nella forma attuale…”. Un lavoro eccelso quello di Adam Cohen in veste di produttore e arrangiatore di questo You Want It Darker, il disco migliore in assoluto fra gli ultimi, e tutti importanti, del grande canadese: nessuno poteva immaginare che un’opera così poderosa sarebbe stata anche un canto del cigno.

I presagi nefasti annuncianti la triste fine di un’epoca però, avevano da tempo iniziato a manifestarsi: già nel luglio passato era scomparsa Marianne Ihlen, la musa e la compagna del piacevole esilio greco sull’isola di Hydra fra gli anni ’60 e i primi ’70, l’ispiratrice di canzoni come So Long, Marianne, Hey, That’s No Way to Say Good-Bye o Bird on the Wire, la bella bionda coperta solo da un asciugamano che tutti abbiamo ammirato mentre siede al tavolo davanti a una macchina da scrivere nella foto sul retro di copertina di Songs From a Room. Sapendola malata di leucemia ad Oslo, Leonard aveva fatto in tempo a raggiungerla con un ultimo messaggio che avrebbe preferito non fosse reso pubblico: “Bene Marianne, è arrivato il tempo in cui siamo davvero molto vecchi e i nostri corpi vanno in rovina, credo che ti seguirò molto presto. Sappi che ti sono così vicino, proprio dietro di te, che se allunghi la mano credo tu possa toccare la mia. Ti ho sempre amata per la tua bellezza e per la tua saggezza, ma non c’è bisogno che dica altro di questo perché sai già tutto. Ora vorrei solo augurarti buon viaggio. Addio vecchia amica. Amore infinito, ci vedremo lungo la strada”.

Dolenti e feroci, come ho detto, queste sue ultime canzoni. Essenziali ed efficacissimi gli arrangiamenti. Profonda, severa e insieme fragile, spesso incrinata come dall’emozione o dalla stanchezza la voce. Il simbolismo religioso che ha da sempre intessuto l’immaginario di Cohen, qui si adombra di disillusione e, pur restando enigmaticamente ambiguo, proteso come di consueto fra il sacro e il profano, non si perita in certi accenti di sfiorare il blasfemo, come nell’abissale title-track You Want It Darker : “Se tieni il banco/ allora sono fuori dal gioco/ Se sei chi guarisce/ allora sono spezzato e zoppo/ Se tua è la gloria/ allora mia è la vergogna/ Tu vuoi più buio/ Noi spegniamo la fiamma. / Magnificato e santificato sia il Tuo Sacro Nome / vilipeso e crocifisso/ in forma umana / Un milione di candele bruciano/ per l’aiuto mai giunto/ Tu vuoi più buio/ Noi spegniamo la fiamma. / Hineni, hineni / Sono pronto, mio Signore/ C’è qualcuno che ama nella storia/ ma la storia è sempre la stessa/ Ninna nanna per chi soffre / e paradosso da incolpare/ ma è testimoniato nelle scritture/ e non è una pretesa inutile/ Tu vuoi più buio/ Noi spegniamo la fiamma. / I prigionieri sono in linea/ e le guardie prendono la mira / ho lottato contro demoni/ piccolo borghesi e docili/ Non sapevo di avere il permesso/ di assassinare e mutilare /  Tu vuoi più buio. /  Hineni, hineni / Sono pronto, mio Signore /  Magnificato e santificato/ Sia il Tuo Sacro Nome / vilipeso e crocifisso/ in forma umana / Un milione di candele bruciano / per l’amore mai giunto / Tu vuoi più buio / Noi spegniamo la fiamma. / Se tieni il banco/ allora sono fuori dal gioco/ Se sei chi guarisce/ allora sono spezzato e zoppo/ Se tua è la gloria/ allora mia è la vergogna/ Tu vuoi più buio/ Noi spegniamo la fiamma. / Hineni, hineni / Sono pronto, mio Signore/ “. Non ci sono voci femminili in questo pezzo, caso forse unico, ad accompagnare il recitativo coheniano, ma lo splendido tenore del Cantor Gideon Zelermyer & the Shaar Hashomayim Synagogue Choir di Montreal, il coro di rabbini cantori della sinagoga dell’infanzia di Cohen, la stessa in cui, alla chiusura di un ciclo, sono state celebrate, in forma strettamente privata, le sue esequie.

La stessa disposizione, seppure in toni più sfumati, si può ritrovare nella successiva Treaty: “Ti ho visto cambiare l’acqua in vino / Ti ho anche visto cambiare questo di nuovo in acqua / Siedo alla tua tavola ogni notte / Ci provo ma non mi sballo mai con te / Vorrei ci fosse una tregua che potessimo firmare / Non m’importa chi si prenderà questa collina sanguinosa/ Sono sempre affamato e stanco / Vorrei ci fosse una tregua / fra il tuo amore e il mio. / Danzano per strada – è un giubileo / Ci siamo venduti per amore ma ora siamo gratis / Mi dispiace per il fantasma che ti ho fatto essere / Solo uno di noi era reale – ed ero io. / Non ho pronunciato una parola da quando te ne sei andato / Che un bugiardo qualsiasi non avrebbe potuto dire altrettanto bene / Non riesco a credere che si sollevino rimostranze / Eri il mio territorio – il mio essere sano e salvo / Eri il mio immaginario / I campi risuonano di grida – E’ un giubileo / Ci siamo venduti per amore ma ora siamo gratis / Mi dispiace per il fantasma che ti ho fatto essere / Solo uno di noi era reale – ed ero io. / Ho sentito che il serpente fu confuso dal suo peccato / Ha cambiato le scaglie per trovare il serpente di dentro /  Ma rinato è nato senza pelle / il veleno corrompe ogni cosa / Vorrei ci fosse una tregua che potessimo firmare / Non m’importa chi si prenderà questa collina sanguinosa/ Sono sempre affamato e stanco / Vorrei ci fosse una tregua / fra il tuo amore e il mio”. La melodia della canzone viene ripresa strumentalmente da un quartetto d’archi nell’ultima traccia del disco e alla fine del brano – di una bellezza sublime – la voce infranta di Cohen recita una diversa versione del ritornello: “Vorrei ci fosse una tregua che potessimo firmare / E’ finita adesso, sia con l’acqua che col vino / Eravamo a pezzi allora, ma ora siamo al limite / Vorrei ci fosse una tregua / fra il tuo amore e il mio”.

Segue un episodio più disteso, l’adrenalinico rhythm’n’blues On the Level, scritto in collaborazione con la fidata Sharon Robinson, in cui si ripercorrono ancora, come spesso negli ultimi anni, i sentieri ininterrotti dell’amore senile: “…Io ho detto ‘E’ meglio che vada’ / Tu hai detto ‘Abbiamo tutto il giorno’ / Mi hai sorriso come fossi uno giovane / e questo mi ha tolto il fiato / La tua folle fragranza tutto intorno / I tuoi segreti messi in mostra / Il mio ‘lasciare’ diceva ‘prendere’ / il mio ‘no’ diceva ‘si’ / …Lottavo con la tentazione /Ma non volevo vincere / A un uomo come me non piace vedere / La tentazione che capitola /… Devono dare al mio cuore una medaglia / Per averti lasciata andare / Quando ho voltato le spalle al diavolo / Le ho voltate anche all’angelo”.

Confessione assai meno ottimistica la successiva Leaving the Table, uno dei pezzi – nella sua estrema semplicità: un apparentemente banalissimo giro di DO – più magici ed emozionanti del disco: “Abbandono il tavolo / Esco dal gioco / Non conosco le persone / Incorniciate nella tua fotografia / Se mai ti ho amata / E’ una vergogna che fa piangere / Se mai ti ho amata / Se ho conosciuto il tuo nome / Non ti serve un avvocato / Non chiedo un indennizzo / Non serve che ti arrendi / Non sto prendendo la mira / Non voglio un’amante/ La spregevole bestia è domata / Non voglio un’amante / Quindi spegni pure la fiamma / Non manca nessuno / Non c’è alcun guadagno / A poco a poco / Si taglia la corda / Si dilapida il tesoro / Che l’amore non può permettersi / So che puoi sentire / La dolcezza recuperata / Non mi serve una ragione / Per quel che sono diventato / Avevo delle scuse / ma stanche e patetiche / Non mi serve un perdono / tanto non c’è più nessuno a cui dare la colpa / Abbandono il tavolo / Esco dal gioco”.

Ancora un momento romantico con If I Didn’t Have Your Love scritta ed eseguita con Patrick Leonard: “Se il sole perdesse la sua luce / E vivessimo in una notte senza fine / E non ci fosse rimasto più niente/ Da assaporare / Ecco quanto miserevole sarebbe / Ecco come mi apparirebbe il mondo/ Se non avessi avuto il tuo amore / A renderlo reale / Se le stelle venissero schiodate / Ed un freddo e amaro vento / Inghiottisse il mondo / Senza lasciarne traccia / Ecco dove starei / Ecco come mi sembrerebbe la vita / Se non potessi sollevare il velo / E vedere il tuo volto /…”.

Con Traveling Light, nata da una collaborazione fra padre e figlio Cohen e Patrick Leonard, si tornano a respirare quelle atmosfere greco-levantine, con cori femminili e accordi di bouzouki, che tante volte ci hanno incantato: “Viaggio con leggerezza / E’ un Au revoir / Mia una volta così luminosa / Stella caduta / Sono in ritardo / Chiuderanno il bar / Suonavo spesso / Una chitarra da poco / Credo di essere / Solo qualcuno / Che l’ha fatta finita / Con i ‘me’ e con i ‘te’ / Non sono solo / Ne ho incontrati pochi / Che viaggiavano con leggerezza / Come facevamo noi / Buonanotte, buonanotte / Mia stella caduta / Credo tu abbia ragione / Ce l’hai sempre avuta / Lo so che hai ragione / Sulla malinconia / Si vive una vita / Che non si è scelto / Sono solo uno sciocco / Un sognatore che / ha scordato di sognare / Di me e di te / Non sono solo / Ne ho incontrati pochi / Che viaggiavano con leggerezza / Come facevamo noi / Viaggio leggero / E’ un Au revoir / Mia una volta così luminosa / Stella caduta / Ma se la strada / Riporta a te / Bisogna che dimentichi / Le cose conosciute / Quando ero in amicizia / Con uno o due / Che viaggiavano con leggerezza / Come facevamo noi / Viaggio leggero”.

Si torna poi ad un’altra non troppo larvata presa di distanze dalla religione con It Seemed A Better Way: “Sembrava il modo migliore / Quando l’ho sentito parlare per la prima volta / Ma ormai è troppo tardi / Per porgere l’altra guancia / Aveva il suono della verità / Sembrava il modo migliore / Aveva il suono della verità / Ma non è più la verità oggi / Mi chiedo che cos’era / Mi chiedo che significava / Da principio faceva appello all’amore / Ma poi faceva appello alla morte / Meglio tenere a freno la lingua / Meglio restare al mio posto / Alzare questo calice di sangue / Provare a esprimere la grazia”.

Infine uno dei pezzi più problematici, amari e liberatorii di tutto il disco, scritto da Leonard da solo, Steer Your Way: “Fatti largo attraverso le rovine/ dell’Altare e del Centro Commerciale / Fatti largo attraverso le fiabe / della Creazione e della Caduta / Fatti largo oltre i Palazzi / che si ergono sul marciume / Anno dopo anno / Mese dopo mese / Giorno dopo giorno / Pensiero dopo pensiero / Fatti largo oltre la Verità / nella quale credevi fino a ieri / come il Bene Originario / e la Saggezza della Via / Guida il tuo cuore, prezioso cuore / oltre le donne che hai comprato / Anno dopo anno / Mese dopo mese / Giorno dopo giorno / Pensiero dopo pensiero / Fatti largo attraverso il dolore / che è molto più reale di te / che ha sfasciato il Modello Cosmico / che ha accecato ogni vista / E ti prego non farmici andare laggiù/ che ci sia un Dio oppure no / Anno dopo anno / Mese dopo mese / Giorno dopo giorno / Pensiero dopo pensiero / Ancora bisbigliano le pietre ferite / le montagne smussate piangono / Se lui è morto per santificare gli uomini / che noi si muoia per abbassare il prezzo delle cose / e dire quel Mea Culpa / che probabilmente hai dimenticato / Anno dopo anno / Mese dopo mese / Giorno dopo giorno / Pensiero dopo pensiero / Fatti largo, o mio cuore / anche se non ho diritto di chiederlo / all’unico che non è mai stato / all’altezza del compito / che sa di essere prigioniero / che sa che verrà colpito / Anno dopo anno / Mese dopo mese / Giorno dopo giorno / Pensiero dopo pensiero”.

Il cerchio si chiude. Il percorso è compiuto. Sit tibi terra levis. Il suo passaggio attraverso il mondo della canzone popolare contemporanea, iniziato nel 1967 con un capolavoro, Songs of Leonard Cohen, si chiude, dopo una carriera tortuosa come la vita, in questo triste e tristo 2016, con un altro capolavoro. Iniziano ora le appropriazioni indebite, le strumentalizzazioni, si svegliano gli esegeti dell’ultima ora che hanno ascoltato solo Hallelujah, i politicanti opportunisti come Netanyahu che lo ricorda solo per la sua visita in Israele durante la guerra dello Yom Kippur, le prefiche di facebook che postano qualche frase raccolta col copia&incolla, gli aspiranti concorrenti di X-Factor che minacciano ulteriori, inascoltabili, cover del suo unico Hit. Solo quelli che lo hanno seguito davvero, che lo hanno capito davvero, cioè quelli che non hanno cercato di capirlo ma si sono lasciati “toccare il corpo perfetto con la mente“, sentiranno davvero la sua mancanza.

”Ascolta il colibrì/ le cui ali non puoi vedere/ Ascolta il colibrì / Non ascoltare me. / Ascolta la farfalla / che vive solo per tre giorni /  Ascolta la farfalla / Non ascoltare me. / Ascolta la mente di Dio / che non ha bisogno di esistere / Ascolta la mente di Dio  / Non ascoltare me.” dice una delle sue ultime poesie. Queste poesie, queste canzoni ci accompagneranno ancora a lungo, ci renderanno il cammino meno impervio, la notte più accogliente, la ferita meno dolorosa. Ci aiuteranno a sopportare questo reo tempo, un tempo in cui volgarità e tracotanza trionfano a Washington e appestano la terra, un tempo in cui la rara fiamma della bellezza e della poesia si è spenta a Montreal. You want It Darker.