Continuiamo ad accuparci (i precedenti interventi qui e qui) della morte di Federico Aldrovandi, deceduto dopo l’incontro con quattro agenti di pubblica sicurezza a Ferrara, con la pubblicazione di un appello dei suoi genitori e il resoconto di una testimonianza di una cittadina che ha assistito alla morte di Aldro postati sul blog aperto dalla madre (g.d.m.)aldro2.jpg

qui i video realizzati da Arcoiris
leggi qui l’attacco di Gianni Tonelli, segretario nazionale del Sap (Sindacato autonomo di polizia) alle scuole che hanno organizzato assemblee di discussione sul caso, e qui la pacata risposta del Dirigente del C.S.A. (ex Provveditorato agli Studi) di Ferrara.

BASTA ALLE IPOCRISIE!

Abbiamo atteso lunghi mesi chiedendo verità e giustizia sulla morte di nostro figlio, ora è il momento per noi di dire basta alle ipocrisie, ai pietismi istituzionali ad arte proposti alla collettività al fine di difendere l’operato di 4 persone che non sono più degne di vestire la divisa della polizia.

Rimane fermo e ben saldo il nostro rispetto per le istituzioni e per la polizia tutta compresa quella di Ferrara, alla quale esprimiamo la nostra gratitudine per aver garantito la presenza della teste sentita ieri dal Gip.

Questo non significa che non possiamo accettare che si voglia nascondere o passare sotto silenzio quanto è accaduto a nostro figlio.

Chiediamo pubblicamente che intervenga il Ministro degli Interni o addirittura il Presidente della Repubblica.

Sappiamo che nostro figlio, incensurato, appena maggiorenne, che non aveva mai fatto e non ha fatto del male a nessuno, è stato brutalmente e selvaggiamente picchiato da 4 persone che, riteniamo, se non avessero vestito quella divisa, sarebbero ora in carcere, e che invece sono ancora tranquillamente in servizio in questura.

Noi non diciamo che Federico è morto per colpa dei poliziotti intervenuti quella mattina perché, a prescindere dalle nostre convinzioni, sappiamo che per poterlo affermare dobbiamo attendere gli esiti dell’incidente probatorio.

Quello che però noi tutti ormai sappiamo è che Federico fino a quando è rimasto vivo, è stato brutalmente picchiato con manganellate e con calci anche quando era steso ed immobilizzato.

Quello che sappiamo è che ciò è stato interrotto soltanto dal fatto che qualcuno dei poliziotti si è accorto che si stavano accendendo delle luci sulle case vicine al luogo del pestaggio.

Quello che noi sappiamo è che sono andati rotti 2 manganelli.

Quello che noi sappiamo è che è falso che qualcuno abbia detto o visto Federico sbattere da solo la testa contro i pali.

Quello che noi sappiamo è che in una conversazione registrata in quei momenti tra i poliziotti e la questura uno di questi soggetti dice testualmente “lo abbiamo picchiato di brutto per mezzora”.

Quello che noi sappiamo è com’era ridotto il corpo e il capo di nostro figlio.

Noi riteniamo che questi fatti, indipendentemente dall’esito che potrà avere l’accertamento dei periti del giudice sulla morte di nostro figlio, esigevano ed esigono in una società civile esemplare punizione indipendentemente, ribadiamo, dagli esiti e dalle sorti del procedimento penale.

Riteniamo che sia inaccettabile che possa succedere in una città come Ferrara, che non merita certo un episodio unico, eccezionale ma purtroppo tanto reale quanto tragico, che tali fatti rimangano impuniti nell’ipocrisia di una politica sindacale, e non solo, ispirata da logiche o esigenze difensivistiche.

Il processo penale avrà il suo corso. Ma la gravità e la ferocia dei comportamenti così come si sono già ben rivelati, esigerebbe un atteggiamento da parte del questore certamente diverso, questore al quale abbiamo rivolto già numerose domande senza risposta, e che ha avuto come unica preoccupazione quella di chiedere al Sindaco di Ferrara di togliere da un muro della città una piccola immagine del volto di nostro figlio, così com’era prima che incontrasse quei quattro quella maledetta mattina del 25 settembre del 2005 per presunti motivi di “imbrattamento e ordine pubblico”.

Noi riteniamo che comunque sia chi sbaglia debba essere chiamato a rispondere dei propri errori.

Noi riteniamo che giustizia vuole che lo Stato tratti tutti allo stesso modo indipendentemente da relazioni, da amicizie importanti o da ruoli o professioni particolari.

Questo è quello che noi tentiamo di insegnare al nostro figlio superstite e che abbiamo tentato di insegnare a quello che non abbiamo più.

Patrizia e Lino Aldrovandi

16 GIUGNO!

Per ora un breve accenno. Più tardi vi racconterò maggiori dettagli: è stata una testimonianza precisa, lucida, dettagliata e chiarissima quella resa oggi dalla giovane signora che ha visto da casa sua gli ultimi minuti della vita di mio figlio…

davanti al gip, ai due pm, ai quattro avvocati dei poliziotti e alla presenza mia, di mio marito e dei miei avvocati ha raccontato di essersi svegliata a causa delle luci dei lampeggianti di due auto della polizia ferme sulla strada davanti alla sua casa. I poliziotti erano già quattro e, mentre Federico camminava a passi decisi verso di loro, una delle loro voci diceva: apri il baule! apri il baule!

Quando Federico è arrivato in mezzo a loro la signora l’ha visto fare una sforbiciata, a vuoto…, la reazione dei 4 è stata l’atterramento immediato di Federico mentre i 4 manganelli colpivano, colpivano, colpivano…

lo tenavano fermo a terra in tre gravando su di lui: la donna in fondo ai piedi, uno sulle cosce e uno sul torace. il quarto in piedi in corrispondenza del capo di Federico calciava e pestava.

Federico si dibatteva e la poliziotta ha detto: “mi ha dato un calcio!” … questo ha fatto aumentare la pressione e le botte… Federico si dibatteva e poi non si è mosso più… ma loro hanno continuato e hanno allentato la pressione solo quando hanno notato le luci degli appartamenti: “Attenti, stanno accendendo le luci” ha detto uno dei 4.

Poi l’arrivo dei carabinieri, ma ormai era tutto finito…

La Testimone ci ha dato una enorme prova di senso civico. Ha risposto alla sua coscienza, e niente e nessuno ha potuto confutare nulla della sua descrizione precisissima fatta di parole e di mimica chiarissima.

Federico camminava vivo e forte, a grandi passi, verso quelli che l’hanno schiacciato a terra e poi coperto di botte, manganellate e calci fino al suo ultimo respiro…