pupetto.jpg1. Monumento bipartisan per criminalizzare i partisan
2. Il fascista Menia contro Giacomo Scotti
3. Di terroristi e terrorizzati
4. Operazione foibe. Tra storia e mito

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Promemoria. Associazione per la difesa dei valori dell’antifascismo e dell’antinazismo – Društvo za zaščito vrednot protifašizma in protinacizma
e-mail: promemoriats@virgilio.it
Trieste, 26.4.2005

Come noto il Comune di Trieste intende porre in piazza Goldoni un monumento dedicato alle “vittime dei regimi totalitari”, formulazione ambigua con la quale si vuole mettere sullo stesso piano i caduti della Resistenza, le vittime dei deliri razziali nazisti e fascisti e i c.d. “infoibati”, cioè le vittime della resa dei conti alla fine della guerra, tra i quali sono numerose le SS, le Camicie nere, i membri della Banda Collotti e simili.

Per impedire tale offensiva equiparazione la nostra associazione ha avviato di recente una azione legale contro il Comune di Trieste. Il 3 maggio si terrà la prima udienza di fronte al giudice. Per illustrare all’opinione pubblica i contenuti dell’azione legale l’Associazione Promemoria indice una conferenza stampa, che si terrà venerdì 29 aprile 2005 alle ore 11:30 presso la libreria-bar KNULP in via Madonna del Mare, 7/A.
Confidiamo nella vostra presenza.

Per l’associazione Promemoria
Il presidente
Sandi Volk

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Matteo Moder – dal Manifesto del 24 febbraio 2005

Il fascista Menia contro Giacomo Scotti
Ha raccontato la vera storia delle foibe. An chiede al governo di togliergli la pensione

TRIESTE«Sono i soliti fascisti». E’ afflitto e preoccupato Giacomo Scotti, collaboratore del Manifesto dalla Croazia, scrittore, storico, esponente di spicco dell’Unione italiana, fatto oggetto da quello che lui definisce un atto «intimidatorio e persecutorio» da parte del deputato triestino di An, Roberto Menia [nella foto, N.d.R.], che ha presentato un’interrogazione a 5 ministri sul fatto che Scotti, con altri cittadini sloveni e croati, di nazionalità italiana, percepisce la pensione sociale dall’Italia.
«Ci sono cittadini sloveni e croati che hanno una falsa residenza a Trieste per godere dei servizi pensionistici e sanitari italiani» scrive Menia, prendendo Scotti come capro espiatorio e riproponendo a distanza di qualche anno la polemica innescata dai fascisti sugli «infoibatori slavocomunisti» che prendevano la pensione dall’Inps per aver servito sotto l’Italia. Il deputato di An chiede ai ministri un’indagine sulle doppie residenze e di verificare eventuali abusi «di tipo previdenziale e elettorale», magari con l’apertura di un’indagine della magistratura.
«Non è la prima volta che Menia sfoga il suo livore contro di me – spiega Scotti – anche il 9 febbraio a Trieste ha ripetuto che Giacomo Scotti, “che lasciò l’Italia per rifugiarsi nel paradiso comunista jugoslavo, risulta residente a Trieste e perciò ho interrogato il Governo per sapere se magari questo signore prende la pensione dall’Italia per fare un lavoro sporco, così come c’è qualcuno che infoibava eppure prende la pensione dell’Inps”…». «Menia non lo dice – afferma lo storico – ma gli dà fastidio la mia attività nell’Unione italiana di cui sono vicepresidente e contro la quale ha presentato un’altra interrogazione contro il presidente Maurizio Tremul: un’offensiva pianificata e mirata – continua – che coinvolge anche altri connazionali con doppia residenza e doppia cittadinanza, come lo consente agli esponenti della minoranza italiana una legge italiana del 1991».
«Sono decenni che faccio la spola tra le due sponde dell’Adriatico a “intessere ponti”- continua Scotti – e Menia finge di ignorare che io nel cosiddetto paradiso comunista ho sofferto l’inferno. Solo che non speculo su questo. Come scrittore, storico, pubblicista – precisa – penso di aver contribuito al risveglio culturale della minoranza italiana in Istria e nel Quarnero pubblicando 120 volumi, centinaia e centinaia di articoli e saggi, in cui ho difeso e difendo la lingua e la cultura italiana in Istria, Fiume e Dalmazia. Ho denunciato i crimini del regime jugoslavo nel mio citatissimo Goli Otok. Il Gulag di Tito. Dire che l’autore di queste opere prende la pensione italiana per fare “un lavoro sporco” è terribile. Si sputa – spiega – addosso a un italiano solo perché è un uomo di sinistra, lo si tratta da nemico da distruggere e privarlo anche del pane se possibile».
Scotti percepisce in Italia la pensione, ma quella di povertà o assegno sociale di 500 euro al mese. A Fiume ha un domicilio, la residenza a Trieste, da circa 7 anni. «Ho la pensione sociale italiana da quando raggiunsi i 65 anni di età – oggi ne ho 76 – perché essendo spessissimo disoccupato per motivi politici e avendo conosciuto due volte la galera in quel regime, ho fatto lavori precari, traduzioni dall’italiano e dallo jugoslavo, ma anche il facchino. Dopo l’ultimo definitivo licenziamento che mi colpì nel 1981 (una recensione non gradita al regime), in Jugoslavia avevo accumulato troppi pochi anni di lavoro per poter usufruire di una pensione minima. Con la vecchiaia e avendo la residenza in Italia ho chiesto e ottenuto la pensione sociale quella che ora Menia vorrebbe portarmi via assieme alla carta sanitaria. Ho due cittadinanze, e amo due terre, può l’onorevole Menia proibirmi di essere quello che sono?».
All’interrogazione-provocazione di Menia avranno certo contribuito i rigorosi servizi di Scotti sulle foibe istriane pubblicati dal Manifesto e anche che Claudio Magris nel suo importante editoriale sulle foibe sul Corriere della Sera si sia direttamente rifatto a lui.
«Per motivi elettorali – prosegue – a ondate, Menia e i suoi parlano sempre con lo stesso linguaggio dei giornali fascisti del 1943: slavo-comunisti, infoibatori, nemici della patria – rileva – loro che la patria l’han tradita in mille modi. Dicono che hanno combattuto per conservare l’Istria. Ma la Decima Mas, i repubblichini, erano al servizio della Gestapo e delle SS e hanno bruciato 500 villaggi in Istria, vendicandosi così dei cosiddetti infoibatori. Per 230 infoibati in Istria nell’insurrezione del settembre `43 , e io rispetto davvero queste vittime, ne hanno ammazzati oltre 5.000 dal 4 ottobre fino a dicembre 1943, deportandone 17mila nei lager nazisti. Hanno una memoria parziale – sottolinea – ricordano solo quello che fa comodo a loro. Non si parla del genocidio fascista, né di collaborazionismo, né delle decine e decine di lager fatti durante l’occupazione italiana di Slovenia, Dalmazia e Montenegro».
«Perché questo accanimento? Perché sono i soliti fascisti…».

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Di terroristi e terrorizzati
“Il deputato di Alleanza Nazionale Roberto Menia quando ricopriva anche la carica di assessore alla cultura del Comune di Trieste, ha innescato l’ennesima polemica nazional/nostalgica in città. L’oggetto del suo contendere è, in sintesi, che non ritiene di andare a rendere omaggio ai 4 Martiri di Basovizza (Marusic, Bidovec, Milos e Valencic, condannati a morte e fucilati il 7.9.1930), poiché essi sarebbero stati, a suo dire, dei “terroristi”, riconosciuti colpevoli e condannati a morte da un tribunale e quindi non meritevoli di onori.
Il ragionamento potrebbe non essere del tutto peregrino, se non fosse che il deputato Menia ha tralasciato di dire alcune cosucce. Innanzitutto che dare per oro colato una sentenza di un Tribunale che non era espressione di uno Stato democratico, ma che era stato creato a scopo repressivo per gli oppositori alla dittatura instaurata da Mussolini…”
Continua qui.

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Da: Giap#6, VIa serie – Tizzoni ardenti di memorie – 4 marzo 2005

Claudia Cernigoi, Operazione "Foibe" tra storia e mito, Kappa Vu, Udine 2005, pagg. 300, euro 16,00

http://www.resistenzastorica.it,
http://www.kappavu.it, info@kappavu.it

Un libro fon-da-men-ta-le, che deve circolare, che va diffuso con ogni mezzo necessario e letto dal maggior numero di persone possibile. La lettura spalanca il mondo davanti agli occhi. Questo saggio è uno strumento di lotta, un’ascia di guerra dissepolta, alfine.
Claudia Cernigoi, dopo anni di ricerche, ha riscritto e ampliato la sua opera del ’97, Operazione "Foibe" a Trieste. Ora il libro parla anche dell’Istria e si chiama Operazione "Foibe" tra storia e mito, lo ha pubblicato la Kappa Vu di Udine nella collana “Resistenza storica”. Trecento pagine fitte e documentatissime, costa sedici euro e sono ben spesi. Mooolto ben spesi.

Cernigoi ha passato a pettine tutti gli archivi consultabili di qua e di là del confine. Il suo libro smantella con rara e lucida spietatezza le dicerie, le falsificazioni, le leggende contemporanee e le buffonate che, modellate dalla propaganda nazionalista sul confine orientale, si sono fatte strada nell’opinione pubblica senza mai essere messe in questione, fino a spingere il Parlamento a istituire una giornata commemorativa. Nel mentre, si è realizzata una fiction campionessa d’ascolti basandosi su fandonie che i vari "foibologi" hanno preso di pacca da Questo è il conto!, opuscolo in lingua italiana diffuso dai nazisti sul Litorale Adriatico, subito dopo i venti giorni del "potere popolare", nel 1943.
Operazione “Foibe” tra storia e mito
deve diventare IL testo di riferimento per chi voglia occuparsi di "foibe" in modo scientifico, e non sto parlando di geologi.
Cernigoi dimostra che le liste degli "infoibati" sono state oggetto di pesanti manipolazioni. In quegli elenchi, gli pseudo-storici delle “foibe” (molti dei quali neofascisti: chi proveniente da “Ordine Nuovo”, chi coinvolto nel golpe Borghese etc.) hanno infilato tutti i dispersi, compresa gente che nel frattempo era tornata a casa, non con le gambe in avanti o dentro un’urna bensì viva e vegeta. I “foibologi” hanno aggiunto anche i nominativi di partigiani e civili uccisi dai nazifascisti.
Come spiega molto bene l’autrice, l’infoibamento fu teorizzato, evocato, minacciato dal nazionalismo italiano fin dall’inizio del secolo, per esser poi messo in pratica durante l’occupazione nazifascista. Va aggiunto che molti nomi di “infoibati” sono doppi o addirittura tripli, sovente la stessa persona figura “infoibata” in posti diversi, e in un caso tre nominativi di presunti “infoibatori” (Malvagi Partigiani Slavo-Comunisti) figurano pure nella lista dei relativi “infoibati”! Della serie: se la cantano e se la ridono.
Una lista in particolare, quella degli “infoibati” (in realtà comprensiva di tutti i dispersi) della provincia di Trieste, dopo attento esame registra una percentuale d’errore superiore al 65%. Su 1458 nomi, ben 961 si rivelano sbagliati!
Tutti gli altri caduti (e nemmeno questi furono tutti “infoibati”) erano torturatori della Milizia di Difesa Territoriale o della X Mas, massacratori vari, collaborazionisti, delatori, etc. Di molti di costoro Cernigoi fornisce il cursus honorum, ricavato da documenti e fonti d’epoca. A conti fatti, viene smentita la propaganda sugli ammazzati “solo perché italiani”. I motivi erano ben altri. Il “feeling” non era antitaliano, ma antifascista.
Quanto alla soppressione del CLN di Trieste da parte dei “titini”, spesso citata come esempio di politica fratricida tra nemici del fascismo, Cernigoi spiega in modo chiaro che – a causa della repressione tedesca – in città si susseguirono ben tre CLN, molto diversi l’uno dall’altro, l’ultimo dei quali composto da loschi figuri di destra, anche ex-X Mas. Col paravento dell’antifascismo, costoro cercavano addirittura alleanze con residui del regime fascista in funzione nazionalista e anti-slava, inoltre preparavano – e in alcuni casi eseguirono – attentati e azioni armate contro i partigiani di Tito. Risulta abbastanza normale che questi ultimi abbiano deciso di arrestarli, portarli a Lubiana e colà processarli.
Per quanto riguarda i finti “infoibati” è particolarmente buffo (si fa per dire) il caso di Remigio Rebez, “il boia di Palmanova”, tenente della X Mas e feroce torturatore. Condannato a morte dopo la Liberazione, gode dell’amnistia di Togliatti (o meglio, della sua interpretazione estensiva da parte dei magistrati) e si trasferisce a Napoli, dove muore addirittura nel 1996. La stampa triestina dà notizia del suo decesso, gli dedica distici elegiaci, ma si guarda bene dal dire ai lettori che il suo nome figura sulle liste degli “infoibati” fornite da vari storici di destra come Papo, Pirina etc.

Un altro esempio di chi e cosa si possa trovare in quegli elenchi: viene presentato come “vittima degli slavi” tale Eugenio Serbo, “capitano 57° Rgt. Art. Div., rimpatriato dalla Germania fu catturato dagli Slavi e deportato nei pressi di Lubiana; risulta deceduto il 14/12/44 a Leitmeritz”.
Lapidaria, Cernigoi: “Leitmeritz è però il nome tedesco di Litomerice, cittadina che si trova nell’attuale Repubblica Ceca nei pressi di Terezin, praticamente a metà strada tra Praga e Dresda. Ci pare difficile che i non meglio identificato ‘Slavi’ nominati da Papo siano riusciti a deportare il capitano Serbo a Lubiana e farlo morire nel 1944 in un lager tedesco”.
Anche soffiando e gonfiando e gonfiandosi, come la rana che vuol competere col bue, i “foibologi” non sono mai riusciti a presentare elenchi plausibili. L’ammontare complessivo delle “vittime” non superebbe
le 500 persone tra Venezia Giulia e Litorale Adriatico. Il resto (“decine di migliaia di vittime” etc.) è fantasy, non c’è nessun riscontro documentale. L’anno scorso il ministro Gasparri parlò addirittura di “milioni di infoibati”, ma la verità è che siamo ben lontani da quel “genocidio per mano rossa” cercato disperamente dalla destra per contrapporlo alla Shoah e poter ricorrere al “benaltrismo” ogni volta che si parla di leggi razziali, Salò, stragi etc.
Cernigoi non nega che vi siano state vendette personali ma, ricostruendo il contesto e riportando alla luce materiali d’archivio, dimostra che si trattò di azioni individuali e sporadiche, non certo di una politica di sterminio o “pulizia etnica” da parte dei partigiani jugoslavi.
Altre truffe sono i resoconti degli scavi avvenuti nel dopoguerra, a opera di società speleologiche che stavano alla destra fascista come il negozio di fiori sta al Gruppo TNT. Più ci si allontana nel tempo, più si moltiplicano i morti trovati nella data foiba. Se, putacaso, nel ’46 erano otto, si può star sicuri che oggi si dice che erano ottanta, e così via. La stessa foiba di Basovizza, divenuta monumento nazionale e frequente location di picchetti e commemorazioni, è più un oggetto di propaganda che di seri studi storici. Non è stato dimostrato in alcun modo che in fondo a quella cavità carsica sia finito “un numero rilevante di vittime, civili e militari, in maggioranza italiani, uccisi ed ivi fatti precipitare”. Alla sola Basovizza, Cernigoi dedica un capitolo che pare la messa in scena di una lunga, macabra pochade.

La “tragedia delle foibe” è una truffa ideologica, e la cosa peggiore è che studiosi come Cernigoi e Sandi Volk (autore di un altro saggio importante e recensituro, Esuli a Trieste. Bonifica nazionale e rafforzamento dell’italianità sul confine orientale, Kappa Vu, 2005) sono praticamente i soli a confutarla con gli strumenti della storiografia.
La propaganda di destra viene accettata a cresta bassa anche a “sinistra”, Bertinotti compreso. Tutt’al più si tratteggia vagamente il contesto, si fanno dei distinguo, gli eredi del PCI se ne chiamano fuori dicendo “Noi coi titini non c’entriamo niente” etc.
Invece andrebbe smantellato tutto, ma proprio tutto, e senza alcun indugio.

Il libro si può acquistare on line, sul sito della casa editrice,
http://www.kappavu.it