Wolfgang Reitherman – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Thu, 01 May 2025 23:18:21 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 Divine Divane Visioni (Cinema porno 08/11) – 65 https://www.carmillaonline.com/2014/12/18/divine-divane-visioni-cinema-porno-0811-65/ Thu, 18 Dec 2014 22:00:38 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=19183 di Dziga Cacace

Signori, io mi scuso con tutti voi, ma questa fiction è veramente tremenda (René Ferretti)

ddv6501717 – Finché dura, Lost – Terza serie di J.J. Abrams, Damon Lindelof e Jeffrey Lieber, USA 2006 L’impressione forte è che gli sceneggiatori mi stiano pigliando pesantemente per il culo, accumulando materiale narrativo, inghippi e probabili sòle che chissà se poi avranno un esito coerente. Però sto al gioco anche se – e già di mio – sono nel pallone più totale. Mettiamoci poi che la seconda serie l’ho vista due anni fa, non dormo da un quadrimestre e la memoria è quella [...]]]> di Dziga Cacace

Signori, io mi scuso con tutti voi, ma questa fiction è veramente tremenda (René Ferretti)

ddv6501717 – Finché dura, Lost – Terza serie di J.J. Abrams, Damon Lindelof e Jeffrey Lieber, USA 2006
L’impressione forte è che gli sceneggiatori mi stiano pigliando pesantemente per il culo, accumulando materiale narrativo, inghippi e probabili sòle che chissà se poi avranno un esito coerente. Però sto al gioco anche se – e già di mio – sono nel pallone più totale. Mettiamoci poi che la seconda serie l’ho vista due anni fa, non dormo da un quadrimestre e la memoria è quella che è. Fatto sta che all’inizio di questa terza serie non capisco veramente una beneamata minchia e ricevo informazioni come un pugile suonato all’angolo piglia cazzotti. Però il fascino c’è tutto, la trama – a differenza che nella seconda stagione che mi era parsa più loffietta – presenta molti colpi di scena, analessi ambigue e tanta azione, le facce sono sempre più iconiche e cariche di significati (che attribuisci TU, probabilmente sbagliando, ma TU ormai fai parte della narrazione, con le tue ipotesi, i tuoi gusti che influenzano le share televisive e il lavoro degli autori). (Comunque ho scritto “analessi” e rileggendo il pezzo tre mesi dopo non so cosa significhi, se non che sono uno sbulaccone impunito). E sei trascinato fino alla fine di questa serie senza poterti ribellare o provare a razionalizzare e capire, come succede col disorientante e grandioso colpo di genio dell’ultima puntata. Perlomeno questo succede a Barbara e me, che indugiamo in un moderatissimo binge watching vedendo due episodi a sera; se vedessimo la serie con cadenza settimanale avremmo il tempo per provare a mettere le cose in fila. E non servirebbe fottutamente a niente. (Dvd; settembre ‘08)

ddv6502719 – La cafonata Romanzo criminale di Michele Placido, Italia/Francia/Gran Bretagna 2005
Aho, famo er Goodfellas de noantri! E cosa ti viene fuori? Un film così cosà, che ti passa perché molto ritmato e montato con la velocità da racconto di mala all’americana. Ma che della classe di uno Scorsese non ha neanche un’unghia: tutta la ricchezza esibita nel film – che si vede eccome – sembra un collanone d’oro al collo di un macellaio burino. Insomma, senti che c’è la vanga e da Placido non m’aspettavo diversamente. L’audio fa un po’ schifo (tanto per cambiare, è come una tara del cinema italiano) e col romanesco strascicato si rischia di non capirci nulla, però gli attori sono generalmente con facce azzeccate e ruoli giusti. A parte uno: quando Stefano Accorsi irrompe nel racconto tu spettatore sei catapultato in una nuova dimensione spazio-temporale… Ti fai forza, ti dici che non puoi essere cagacazzo su tutto tutto e accetti la faccia, pensando che sia adeguata al ruolo (ma se hai letto il romanzo, in realtà, no); insomma: te lo fai passare, ‘sto Accorsi che s’innervosisce se gli ricordano gli esordi col Maxibon. Però poi il “du gust” apre bocca e ha la voce chioccia e l’intonazione perennemente sbagliata. Ho pensato che ormai nessuno riesca neanche a dirglielo e voglio immaginare l’imbarazzo sul set o le bestemmie in montaggio. Un po’ come capita con la statuaria Monica Bellucci, che sembra che declami con una patata in bocca, sovrapponendo le sillabe con l’intensità tragica di un marmo di Fidia. Però, qui, Monica non c’è. C’è solo l’eterea Anna Mouglalis, che è uno splendore anche lei, ma quanto a recitazione è dalle parti di Lory del Santo, epoca Drive In: ci manca giusto che ammicchi guardando in camera… Ah, non sapevo che dopo il sequestro Moro (1978) Mao fosse ancora vivo: questi Rulli e Petraglia sanno sempre come sorprenderti. Comunque, filmetto. (Dvd; 21 e 22/9/08)

ddv6503720 – L’era glaciale 2 – Il disgelo, scongelato da Carlos Saldanha, USA 2006
Causa sua congiuntivite, mi rendo ridicolo regalando due Dvd a Sofia pur di riuscire a metterle il collirio. Ovviamente la piccina ha calcisticamente capito che fare sceneggiate ricattatorie paga e io ci casco in pieno come un arbitro con la Juventus. Il film non le dispiace ma è inferiore al primo episodio (che era più lineare, con personaggi meglio caratterizzati e scene più incisive). E per quanto alcuni critici abbiano ululato al capolavoro, superiore al capostipite, ho come sempre ragione io perché non è vero: ci son diverse idea, alcune buone battute e uno sviluppo narrativo non troppo fluido, per quanto semplice. Il film cresce molto nella seconda parte con due belle sequenze di animazione (Sid acclamato da una tribù di piccoli bradipi e la canzone degli avvoltoi, omaggio a Busby Berkeley, beccatevi questa) e un finale concitato tipico della Disney. Interessante il sottinteso sessuale per niente occulto: per garantire la sopravvivenza alla specie il mammut Mannie dovrebbe ciularsi la mammutona Ellie che fa la finta tonta. Poi, alla fine, arriva un branco di elefanti pelosi e la mastodontica trombata, puf, sfuma. Sennonché i due rimangono assieme comunque e lo faranno per amore e non per dovere. E con quelle zanne, vorrei proprio vedere come. (Dvd; 2/10/08)

ddv6504721 – E.R. Season 6 di Michael Crichton e altri geni, USA 1999/2000
È una serie, la sesta, interlocutoria: abbastanza triste, con nascite e morti, anche se sappiamo già che l’evento luttuoso definitivo è nell’ottava stagione, per cui facciamo finta di niente. Tran tran quotidiano lavorativo e affettivo, nuove unioni e separazioni, disgrazie e miracoli, qualche scena madre un po’ farlocca (la morte del padre di Green – Ciccio per gli italofoni –; Carol che raggiunge Doug – George Clooney – a Seattle) e un buon ricambio di personaggi e pesi nei ruoli (con il dottor Romano che diventa decisamente più simpatico). Al pronto soccorso c’è un nuovo pediatra, Luka Kovac, che viene dai balcani martoriati ed è, ‘anvedi, croato, come gli alleati più puri – e fascisti – che gli USA avevano nella regione (e chissà il croato cosa tiene in serbo… ah ah, sono anni che voglio scriverla. Scusate); e poi c’è la studentessa Abby che, personalmente mi fa prudere le mani tanto è stupida. Il mio fraterno amico Pier Paolo la ama e non so che farci. Vabbeh. Inoltre tante guest star come Alan Alda e Rebecca De Mornay (che ha un supposto nudo integrale in controluce: grottesco perché si vedono delle mutande color carne e due cerottoni sui capezzoli). Detto tutto ciò, comunque, siamo sempre dalle parti del capolavoro: anche nella Divina Commedia c’è il Paradiso che è un po’ una pallata, dài. (Dvd; ottobre ‘08)

ddv6505722 – Robin Hood del pauperistico Wolfgang Reitherman, USA 1973
Suntino animalesco della leggenda di Robin Hood, con abbondanza di balli, cazzottoni, anacronismi e inseguimenti, ricalcando letteralmente da vecchi film Disney alcuni personaggi (Little John e Sir Bis da Baloo e Ka del Libro della giungla) o alcune scene (quella dei jazzisti da Gli Aristogatti). Però ne viene fuori un film estremamente gradevole, coloratissimo, sempliciotto e tutto sommato adatto a Sofia, che ne è molto contenta e canticchia senza ritegno le canzoni del film. Gli sfondi sono curati e tutti gli animali della vicenda mi fanno simpatia, specialmente il pavido re Giovanni Senza Terra che si ciuccia il ditone piagnucolando. Il Dvd soffre del consueto sfregio Disney: una “edizione speciale” con un 16:9 artificiale, mozzando sopra e sotto il quadro d’origine in 4:3. Io sarò fanatico ma loro stronzi, scusate: una cosa così, per me è come l’antimateria, inspiegabile. (Dvd; 11/10/08)

??????????????723 – King Arthur di un farabutto, USA/Irlanda 2004
Polpettone con pretese storiche che fa di Artù un soldato romano di origine sarmata che durante la caduta dell’Impero deve affrontare i terribili sassoni, stringendo amicizia con i bretoni (o picti o angli, non ci mettevo troppa attenzione), ponendo così le basi per il popolo britannico, errore imperdonabile. King Arthur, è – senza tanti giri di parole – una paurosa menata di cazzo, che ha un po’ d’azione solo in due scene di battaglia girate con roboante tecnica manierista dal sedicente regista Antoine Fuqua. Primi piani in abbondanza, verbosi dialoghi da ricovero che abbondano di filosofia d’accatto e piagnistei sulla libertà degni di un leghista con la terza elementare: tutto sommato la cosa più realistica del film. Clive Owen è gonfio da shock anafilattico e Keira Knightley è inopinatamente truccata di blu come un puffo, con scucchia e petto concavo (nei manifesti però gonfiato). Fotografia bluastra, citazioni ad minchiam, lunghissimo. Una perdita di tempo esiziale che vedo fino in fondo solo per poterne parlare malissimo. Missione compiuta, spero. (Diretta tv su Italia1, 15/10/08)

ddv6507724 – Jamme! Pino Daniele live @ RTSI di Onesto Ignoto, Svizzera 1983
Questo curioso prodotto fa parte di una serie di Dvd, realizzati dalla tivù svizzera italiana, che hanno invaso i negozi di dischi qualche anno fa. Adesso sono malinconicamente svenduti a prezzi irrisori e allora mi son fatto tentare da questo Pino d’annata, in concerto precisamente il 26 marzo 1983. Musicalmente l’esibizione è molto interessante, prima della sbornia jazz che verrà e che trovo un po’ pesante. Daniele è accompagnata da una band eccezionale e si può rimproverare solo il gusto sartoriale per cui – a parte Tullio De Piscopo e Tony Esposito, atleticamente policromatici – sono tutti vestiti di bianco come dei gelatai. Pino addirittura presenta pantaloni altissimi alla caviglia ed espadrillas. Però suona la sua Les Paul nera con un gusto raro e le versioni dei pezzi non sono per nulla dei calchi di quelle incise su disco. L’ignota regia è decisamente anonima ma anche funzionale, senza stacchi superflui o le frenesie che avrebbero poi reso insopportabile la videomusica negli anni a venire. Inoltre il composto pubblico non è mostruoso, come di solito capita rivedendo una testimonianza di 25 anni prima, e si limita elveticamente a ritmare “Pino, Pino”. Visione piacevole e fin troppo veloce (64 min.). (Dvd; 13/11/08)

ddv6508Onanismo critico
Ormai è come se vedessi solo cinema porno: è tutto proibito. Vedo poco, male e ci manca che usi anche l’avanzamento veloce.
Non so se vedo meno film perché il tempo è letteralmente svanito nel nulla oppure se rifiuto di farlo perché poi dovrei scrivere anche qualcosa per non sentirmi in colpa. Ma per chi, poi? Non lo devo a nessuno, ormai, se non a me stesso, perché sento che la memoria sfugge. Rileggo vecchi pareri e mi chiedo: ma io ho visto questo film? Era veramente questa cagata? Non dovrei forse ridargli un’opportunità? Seee: ci mancherebbe la seconda visione, con revisione critica, che ancor più rimetterebbe in discussione tutto. Perché il problema è anche che non riesco più a digerire come un tempo, in tutti i sensi. Ricordo certi pomeriggi universitari indolenti: nessuno in casa, bustone di patatine surgelate da 250 grammi da friggere, fuoco vivace e finestre della cucina aperte per nascondere il puzzo dell’olio. E poi spaparanzato sul divano con la conca di frites in grembo e un bel sovietico nel vhs.
Nessun cellulare che suonava, nessuna mail da controllare, poco da studiare perché era tutto programmato, con le giornate libere che amministravo con sapienza poltrona, tra revisioni della tesi, testi da consultare (ma solo in biblioteca), sessioni minimali sul primo computer e qualche lavoretto per tirar su due lire. Niente di cui preoccuparsi, insomma.
Ma ora, che devo vivere da adulto, da professionista e da papà, dov’è finito il tempo? Devo affidarmi a Chi l’ha visto?

ddv6509725 – Guizzante, La sirenetta di Ron Clements e John Musker, USA 1989
Stracult di Sofia e delle sue coetanee: intuisco il potenziale sedativo del Dvd e lo acquisto subito, guadagnandomi la pace per diverse sere. A me non entusiasma, ma capisco perché piaccia: rimuove il finale sanguinoso di Andersen – alla faccia della cattiva che qui sembra Mara Maionchi – e ci mette un bel “e tutti vissero felici e contenti” (sì: nonostante la puzza di pesce che si porta dietro la ex sirenetta Ariel, tanfo di cui si accorgerà presto il principe, la prima notte di matrimonio). È un filmetto classicamente ben animato, tradizionale, con qualche scena molto riuscita (il granchio che scappa al cuoco francese) e numeri musicali memorabili e memorizzabili, tanto che in ufficio più di una persona mi ha chiesto se ero impazzito a canticchiare “In fondo al maaaar…”. Alla fin fine, film divertente che vedo ripetutamente dormicchiando (se ho sempre capito Stalin, adesso che Elena non ci fa dormire da mesi, comprendo pure Erode). (Dvd; 1/12/08)

ddv6510726 – Sleuth – Gli insospettabili dell’ineffabile Kenneth Branagh, USA 2007
Remake di un film di Mankiewicz che ho visto almeno due secoli fa e che ricordo piacevole anche se lunghetto. Il cagnaccio Branagh, regista amato dal pubblico midcult e dalla critica beonaci rifila invece un’atroce trafilatura al bronzo di coglioni di neanche novanta minuti, freddissima e punto divertente. Michael Caine recita da gigione nel ruolo che fu di Laurence Olivier, mentre quello che interpretava lui se lo prende Jude Law, compiaciutissimo della sua bellezza. Giusto per scrivere due righe, eccovi tosto due cenni al plot tratto da un’opera teatrale di Anthony Shaffer: un vecchio scrittore riceve la visita di un baldo giovane, attore, che gli tromba allegramente la moglie. I due si confrontano in un estenuante gioco a chi è più furbo e chi ucciderà chi. Da spettatore auguro morte dolorosa ad ambedue e al regista maledetto che li ha diretti. Film inutile, presuntuoso e godibile come un herpes sulla cappella, maledizione. (Diretta Sky; 5/12/08)

ddv6511727 – Ortone e il mondo dei Chi di Jimmy Hayward e Steve Martino, USA 2008
Visto a metà al cinema con Sofia, la primavera scorsa non c’era sembrato niente di che. Errore. Eravamo usciti perché la piccina moriva di sonno e io non ci avevo neanche patito troppo. Il Dvd ricevuto a Natale rende giustizia alla proiezione discutibile del cinema Ducale e al sonoro cartonato e rimbombante che ci aveva infastidito e ora posso dire che in effetti Ortone è un film caruccio, zeppo di idee, animato perfettamente, con personaggi splendidi. Morale, se vogliamo, dolciastra, ma cosa vogliamo far vedere ai bimbi, Pulp Fiction? Rimane la nota dolorosa della voce di Ortone, doppiato da Christian De Sica. Che nessuno sia stato sfiorato dall’idea che fosse un’immensa cazzata far parlare un elefante del bosco di Nullo con l’accento romano e le parole apocopate da pelandrone, è indicativo di come il cinema italiano sia in mano a dei miserabili. (Dvd; 26/12/08)

ddv6512728 – La Gabbianella e il Gatto di Enzo D’Alò, Italia 1998
Reduci da febbri altissime le bimbe – con Elena che viene soprannominata “il tizzone” a causa di una temperatura corporea da altoforno –, spezzato dal mal di schiena io, anche Barbara accetta che spinga un altro Dvd nel lettore. La Gabbianella è un film gradevole che conquista Sofia alla prima visione e la commuove come mai successo prima. La volatile è orfana causa inquinamento e si fa adottare da un gattone pelandrone, che la educa e la difende assieme ai suoi amici. Molti messaggi positivi, Sepulveda che si dipinge immodestamente come un gran poeta, colonna sonora rock fracassona e pure Ivana Spagna che canta. Doppiano Carlo Verdone e Antonio Albanese, assolutamente irriconoscibili, e la principessa Melba Ruffo di Calabria, personaggio dignitosamente scomparso dalle scene televisive. Come tutti i film per bambini, si fa vedere, anche se glassato di messaggi zuccherosi. È stato uno degli ultimi colpi riusciti a quel gran genio di Cecchi Gori, che immagino durante la visione del film mentre stringe gli occhi per concentrarsi e capire la trama. O più probabilmente il merito dell’operazione è dell’allora moglie, Rita Rusic, prima che si desse al rock da balera. (Dvd; 28/12/08)

ddv6513729 – Il pirotecnico Aladdin di Ron Clements e John Musker, USA 1992
Casa nostra sembra ormai un sanatorio, a causa di ricadute di febbre australiana a ripetizione. Si dorme pressoché nulla, con Sofia squassata da un’asinina tosse secca ed Elena che controlla praticamente ad ogni ora se siamo tutti svegli. Siccome non c’è possibilità alcuna di far prendere una boccata d’aria alle bimbe ammalate, bisogna inventarsi ogni giorno qualcosa per tirare fino a sera. E Santo Dvd, verso le 19 Sofia pretende il suo boccone di narrativa animata che pronto io le servo a video. La vicenda di Aladdin l’abbiamo letta tutta l’estate nel classico libro illustrato Disney (sì, lo confesso, se non è già evidente: sono sequestrato dalla multinazionale del divertimento infantile). Sofia non vedeva l’ora di assaporare il film e ne è rimasta conquistata, direi a ragione, perché è disegnato e animato magistralmente, con una sceneggiatura varia e dal ritmo notevole e con un Genio che continua a riservarci trovate gustose. Ovviamente Sofia si perde il lato parodistico dell’invenzione, ma a tre anni e mezzo tutto quello che si muove, piace. E anche alla mia età: Aladdin l’avevo già visto 8 anni fa e non me lo ricordavo per nulla. Non male. Forse sto allentando troppo le difese, tanto che – dato lo stato mentale in cui sono precipitato – mi ritrovo pure a fare pensieri sconci sulla conturbante Jasmine. Mah! (Dvd; 30/12/08)

ddv6514730 – Il capolavoro Boris di Luca Vendruscolo, Italia 2007
Il set di una soap italiana, con tutto quello che ne consegue. Questa è Boris, la “fuori” serie invisibile sulle reti generaliste perché rivelerebbe sfacciatamente come si facciano le cose nella televisione del Belpaese, cioè, come più volte ripetuto, alla cazzo di cane. Tra parolacce e umorismo acre, si sorride e si ride, ma – per me – è come se l’operazione metatelevisiva talvolta smorzasse l’ilarità. Provo un retrogusto amaro: gli equivoci, le cattiverie incrociate, la disperazione, la stanchezza sono raccontati con la precisione di chi c’è passato. Ipotizzo gli autori (Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre e Luca Vendruscolo), che si pigliano qualche rivincita, e sicuramente io spettatore che – circa 1999/2000 – ho sputato sangue con della gentaglia che mi trattava da schiavo (il vostro Spartacus s’è liberato senza finire crocifisso dopo qualche mese e da allora se la cava, ma gli stronzi di un tempo continuano a fare gli stronzi nei peggiori programmi tivù che possiate immaginare). Boris è un esperimento riuscito e se ripenso al set de Gli occhi del cuore 2, alla sigla di Elio, alle follie di Stanis, alla canissima Corinna, a Biascica e allo splendido regista cazzaro René Ferretti che sa che andrà all’inferno ma è anche capace di girare un corto poetico su una formica rossa (!), allora perdono anche quelle piccole imperfezioni che fanno tanto “italiano” e che ogni tanto noto perché son cagacazzi di natura. Ci sono anche alcune interessanti variazioni sulla classica scrittura di un seriale: il cast è molto variabile e solo nella visione continua viene fuori il vero protagonista principale, René, quando all’inizio lo sembrava lo stagista Alessandro, punto di vista privilegiato dalla narrazione. E poi manca una UST esplicita, una unresolved sexual tension (ma quanto vi compiaccio con queste uscite da cialtrone, eh?) che ci incuriosisca per sapere come va a finire. E parlo parlo parlo, quando basterebbe sintetizzare che ho adorato Boris perché è un capolavoro e basta. (Dvd; gennaio ‘09)

ddv6515731 – Più volte La freccia azzurra di Enzo D’Alò, Italia/Lussemburgo 1996
Sofia in montagna per nove giorni con la nonna, noi soli con la belvetta che non dorme. Nei momenti di veglia mi piglia ‘na botta di malinconia e compro un Dvd da regalare alla primogenita al ritorno. Sì, la stravizio, è vero, ma fatevi un po’ i cazzi vostri, eh. E poi non sono ancora giunto al livello di guardarmi il film da solo, aspettandola. Giuro. Ma la sera stessa che Sofia fa ritorno, subito ci droghiamo felicemente assieme davanti al televisore. Tratto da una fiaba di Gianni Rodari, La freccia azzurra ricorda in certe parti Toy Story ma se là ci sono la sapienza narrativa e la computerizzata arte nord americana, qui troviamo molta semplicità e l’evocativo talento artistico nostrano musicato da Paolo Conte. Cose che evidentemente funzionano, almeno a livello infantile: Sofia apprezza le visioni ripetute, io perlopiù sonnecchio (ma per stanchezza). Carino. (Dvd; 17/1/09)

(Continua – 65)

Qui le altre puntate di Divine divane visioni

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Divine Divane Visioni (Cinema di papà 07/08) – 64 https://www.carmillaonline.com/2014/11/20/divine-divane-visioni-cinema-papa-0708-64/ Thu, 20 Nov 2014 21:42:54 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=18491 di Dziga Cacace

dvd6401Non stupirti se ti dico che io parlo con le piante, il millepiedi e l’elefante

702 – Il necessario Vogliamo anche le rose di Alina Marazzi, Italia 2008  Un documentario sull’evoluzione del ruolo della donna nella società italiana, tra diritti negati e conquistati e battaglie che non finiscono mai. La formula è intrigante e si sviluppa attraverso tre diari intimi, diversi per estrazione e cultura. Ed è una scommessa difficile: non c’è un personaggio principale cui affezionarsi e bisogna affidarsi a delle voci, senza una presenza fisica tangibile. In compenso l’apparato iconografico è ricco e curioso, utilizzando immagini di [...]]]> di Dziga Cacace

dvd6401Non stupirti se ti dico che io parlo con le piante, il millepiedi e l’elefante

702 – Il necessario Vogliamo anche le rose di Alina Marazzi, Italia 2008 
Un documentario sull’evoluzione del ruolo della donna nella società italiana, tra diritti negati e conquistati e battaglie che non finiscono mai. La formula è intrigante e si sviluppa attraverso tre diari intimi, diversi per estrazione e cultura. Ed è una scommessa difficile: non c’è un personaggio principale cui affezionarsi e bisogna affidarsi a delle voci, senza una presenza fisica tangibile. In compenso l’apparato iconografico è ricco e curioso, utilizzando immagini di pubblicità, dibattiti tivù, fotoromanzi, super 8 privati, filmati militanti, cartoni animati e si perdonano anche alcuni didascalismi per “macchiare” il narrato. Il film è venuto fuori in un momento particolare, durante il consueto e ricorrente attacco ai diritti acquisiti, stavolta guidato dal debordante Giuliano Ferrara, scopertosi feroce antiabortista televisivo quotidiano, ed è sicuramente interessante, necessario e piacevole ma non so quanto riuscito in toto. Nel senso che ha acquisito meriti dovuti anche alla crociata del panzone “però molto intelligente” (viene sempre specificato, mi adeguo anche per evidenziare la manica di coglioni che gli vanno dietro) ma questo non può e non deve diventare uno dei pregi di Vogliamo anche le rose (titolo bellissimo). A me manca una regia un po’ più forte e mi rimane l’impressione di un collage stimolante, dove però viene fuori la consueta distanza dal pubblico: nessuna didascalia, nessuna contestualizzazione esplicita, tutto affidato alla tua capacità di leggere le immagini e fare le giuste connessioni. Okay, non ti obbliga nessuno a coccolare così lo spettatore, però… ecco, io vorrei che un film così fosse popolare, visto da tanti, non solo dagli ultimi cittadini di sinistra rimasti, magari donne (sui “democratici” non conto più da mo’, sono scomparsi), se no fa solo venire la lacrimuccia alla femminista nostalgica e un ghigno feroce allo stronzo maschilista (che mai il film lo guarderà) e finisce lì, come tante buone intenzioni. La regista ha scelto una cifra sommessa, ammirevole in epoca di urlate mediatizzate e provocazioni continue, ma il risultato alla fine mi sembra più consolatorio che efficace, insomma. La parte più incisiva è paradossalmente l’ultima, slegata dal destino individuale delle tre voci ascoltate fino a quel momento, ma in realtà patrimonio di tutte e tutti: una carrellata delle battaglie sostenute e vinte e oggi messe in discussione, che nella sua semplicità è quasi emozionante. Film molto dibattuto sui media (anche perché la Marazzi è in gamba, parla bene e l’intento era doveroso) e spinto dalle tristi vicende politiche nostrane: purtroppo lo hanno visto in troppo pochi. Peccato. (Dvd; 3/6/08)

ddv64 24 Bauer703 – L’annata di pregio 24 – Season Five di Joel Surnow e Robert Cochran, USA 2006
L’ennesima giornata infernale di Jack Bauer. Dopo due serie discrete (meglio la quarta della terza, comunque), una serie di nuovo clamorosa, zeppa di complotti, tradimenti e sorprese, sicuramente la migliore del lotto dopo la sorpresa del primo anno. Tanta azione ma stavolta con fosforo e plot e sub plot di altissima qualità a cascata. I cattivi sono inizialmente dei simil ceceni ai quali, ancora una volta va la mia simpatia di spettatore politicamente consapevole. Però poi la serie prende una piega clamorosa: si va dritti al cuore dell’impero del Male. Il presidente degli USA è un fifone isterico e complessato e gli balla il mento come Nixon quando caccia qualche balla; sua moglie, mezza matta con passioncella alcolica, è in realtà consapevole del consueto complotto interno alla Casa Bianca e nessuno le crede; la congiura è orchestrata alla grande e urla “11 settembre” a più non posso. Certo, uno vede 24 e poi pensa che le teorie della cospirazione siano sempre tutte fandonie. E invece no! Ancora una volta la fiction racconta la realtà meglio di ogni inchiesta e reportage. Solo che gli americani (produttori inconsapevoli e fruitori ipnotizzati) non l’hanno capito e pensano che sia tutto solo entertainment e basta. Cast clamoroso che si arricchisce anche di Peter Weller, Julian Sands, Paul McCrane (il dottor Romano di E.R. ma con le braccia) e – in una parte di 6 secondi non accreditata – pure del futuro candidato repubblicano alla Casa Bianca vera, John McCain, presenza oltremodo inquietante. Ad ogni modo, datemi retta: diamo a Jack Bauer Ustica, Bologna, G8, Italicus, piazza della Loggia, caso Pinelli, 12 dicembre e pure Moggi e vi assicuro che questo risolve tutto in due giorni a dir tanto. Senza neanche farsi una scappata in bagno. (Dvd; giugno e luglio ‘08)

ddv6403704 – L’emozione interrotta di Ortone e il mondo dei Chi di Jimmy Hayward e Steve Martino, USA 2008
In casa siam tutti dietro ad Elena – due settimane -, aspettando che cominci a darci tregua la notte, e allora decido di portare la sorella maggiore, emozionatissima, a vedere il suo primo film nel buio della sala. Ma a metà proiezione Sofia, disillusa, si confessa: “Torniamo a casa, che qui non si riesce a dormire, il volume è troppo forte”. Missione fallita. Del resto avrei dormito anch’io volentieri, ma è vero che c’era un dolby esasperato reso inoltre irritante dall’immotivato doppiaggio di Christian De Sica che butta lì un po’ di romanesco alla maniera sua, troncando le parole da pelandrone, tutto senza motivo se non per appagare chissà quale fan vanziniano, boh. La trama – del mitico dr. Seuss – è lineare: l’elefante Ortone scopre che in un granello di nettare che fluttua nell’aria si nasconde un mondo, quello minuscolo dei Chi (e non so quanto questo fosse chiaro a Sofia): l’allegro mammiferone zannuto s’incarica di salvarlo superando diverse peripezie. Animato freneticamente mi sembra più rivolto ai grandi che ai bimbi, o forse lo penso perché la mia è veramente piccola e io ho preteso troppo. Insomma: sono influenzato dal parere di una treenne e trovo il film piacevole ma non clamoroso, anche se so che meriterà un’altra visione più rilassata. Un giorno. (Cinema Ducale, Milano; 22/6/08)

ddv6402705 – Lo scintillante Eastern Promises di David Cronenberg, USA/Canada/Gran Bretagna 2007
Dovrei parlarvi del film, perché lo meriterebbe: questo La promessa dell’assassino è dritto al punto, con trama perfettamente articolata, dialoghi secchi ed essenziali, una fotografia che è spettacolare e degli attori in parte (Naomi Watts morbida e intrigante, Viggo Mortensen maschissimo). Dovrei parlarvene perché capita raramente un film così riuscito e che, dopo più di una delusione, ha fatto risalire Cronenberg nel mio personale ranking. Dovrei, lo so, ma son stravolto da troppo poco sonno e troppo tanto Springsteen ieri sera. Sono andato a San Siro già scosso dalle ultime notti in bianco (la neonata Elena ha un curioso modo di vivere l’oscurità), con una congiuntivite appena esplosa e con cosce del turista irritate. E cosa ti imbandiscono Bruce e la sua E Street Band? Una performance oceanica, incurante di multe promesse in caso di sforo sull’orario, con una Twist and Shout finale da maratoneti del rock. Io – temo – non ho veramente più l’età per tutto ciò. (Dvd; 26/6/08)

ddv6405706 – Balliamo? Con Happy Feet di George Miller, Australia/USA 2006
Quando la giornata volge al termine, prima che calino le ombre della sera, ci sta un Dvd con Sofia. Magari a pezzetti, ma tivù niente. Ci pensano già quei fedifraghi dei nonni, noi no: lavoro nell’Inquisizione e so quali danni faccia. E poi non abbiamo Sky, coi canali tematici lardellati di pubblicità pericolosissime (“Papà, io devo avere Baby Amore”, il pupazzo che caga e piscia, non bastasse l’Elena vera che già abbiamo). Per cui vediamo un film che solo a posteriori scopro da chi è stato fatto: il regista di Mad Max che è tornato dietro la cinepresa per dedicarsi ai bambini con una sorta di musical in computer grafica. E ci ha vinto un bell’Oscar. Un carpiato pazzesco, come se Berlusconi si arruolasse nell’EZLN in Chapas e poi trionfasse al Nobel per la pace. Però, devo dire: film divertente e pieno di idee, animato in maniera perfetta con una regia che predilige movimenti (virtuali) di macchina al montaggio, senza frenesie fuori luogo. Protagonista è Mambo, un pinguino imperatore che a differenza dei suoi simili non canta ma preferisce ballare (e le coreografie sono eccezionali!). Cacciato dalla comunità conservatrice, intraprende il classico percorso iniziatico che lo porta a conoscere il mondo (gabbiani stercorari mafiosi, foche assassine, leoni marini puzzolenti, altri pinguini danzerecci, fino agli uomini, i temibili alieni che minacciano l’Antartide) sinché non torna a casa: e secondo voi come va a finire? L’epilogo è pacifico e surreale e si può sopportare di fronte al messaggio ecologista. Film a più livelli, molto denso, che dà piacere a tutte le età e a tutti i gradi di competenza musicale, con belle cover adattate. Sofia s’è divertita abbastanza, senza grandi spaventi (“Tanto finisce bene, no?”), anche se abbiamo dovuto spiegarle che l’uomo è cattivo etc. etc. e frega il cibo ai poveri pinguini. “Ma io non sono cattiva!”. Eeeh… tipico rifiuto delle responsabilità collettive. Ma a tre anni non si può pretendere troppo, o no? Bel filmetto, ‘anvedi. (Dvd; 1/7/08)

ddv6406707 – L’illusorio Red e Toby nemiciamici di tre tizi, USA 1981
Film disneyano del periodo di crisi, all’alba degli Ottanta: c’è incertezza registica (Art Stevens, Ted Berman e Richard Rich, due ultra sessantenni vecchia scuola e un trentenne) e grafica e una vicenda “antica” e sempliciotta a fronte di tutta un’evoluzione del genere. Dunque, per farla breve: nel profondo paese interno yankee con cretinismo campagnolo annesso, volpe e cane sono amici da piccini ma nemici da grandi, secondo l’istinto naturale. Finisce bene in spregio di ogni considerazione etologica, turlupinando il pubblico infantile. Musica country and western e melense song, animazione classica, trama lineare, montaggio disteso, morale rassicurante. Esattamente per bambini. A Sofia piace e la rilassa dopo le convulsioni tersicoree di Happy Feet. Io lo sopporto, ma non l’han fatto per me, è chiaro. (Dvd; 8/7/08)

Cronache del pre-Bomba
dvd6407Se non lo scrive, non esiste.
Sarà che non dormo da due mesi, ma ormai devo scrivere ogni cosa. Ma non solo per raccontare la mia vita in scala 1 a 1, proprio per ricordarmi ogni cosa che devo fare. Ci manca che mi segni sul taccuino “vai in ufficio”, “mangia”, “caga”. E devo appuntarmi anche tutti i bagliori di memoria: se queste cose non le segno ora, adesso, subito, non le recupererò più.
Per cui eccovi una veloce Cronaca di prima che diventassi una palla di lardo, per nervoso e golosità compulsiva incurabile. Siamo negli anni Settanta più profondi e io sono in piazza Ragazzi del ’99, a Genova, in un cinema che oggi è diventato un supermercato. Non so come, ma son finito lì per una proiezione gratuita del pessimo Tarzan in India con protagonista un biondone col torace enorme (scopro ora il suo nome: tale Jock Mahoney). Tra i due tempi di un film la cui evidenza come vaccata era chiara anche ai miei 7/8 anni, una cinevendita infinita – giuro – di pentolame assortito. Come ci ero capitato a ‘sta cosa? Ricordo che in quegli anni ti arrivavano cartoline o telefonate a casa in cui ti proponevano di andare a ritirare un regalo per il tuo compleanno e allo stesso tempo provavano a venderti un’enciclopedia. Mia madre avrà letto che c’era una proiezione gratis e allora… sai, da genovesi…
Del resto erano tempi di ingenuo marketing e zero privacy.
Più o meno come adesso: mi chiamano a tutte le ore sul telefono di casa per propormi magiche offerte per ogni operatore telefonico. Siccome non sono sull’elenco da sempre, stanno utilizzando il numero del vecchio inquilino, ma non di rado sanno anche il mio nome. La prima volta sono cortese ma con una punta di fastidio, la seconda irritato, la terza sbotto e bestemmio come un camallo: chi cazzo vi ha detto chi sono?
E qui il colpo di genio. Loro, però: “Non glielo posso dire per rispetto della privacy”! Aaargh!
Chiamo ‘sto benedetto Garante della privacy, l’authority che dovrebbe difendermi dalla pubblicità invasiva, tra le altre cose (presieduta da tale Francesco Pizzetti che guadagna per il disturbo 289mila euro all’anno, misero), e il gentilissimo operatore telefonico mi invita a iscrivermi al Registro delle opposizioni. Siccome siamo in un paese medievale sono dunque io che devo specificare che nessuno mi rompa i coglioni a casa, non loro a non doverlo fare. Come se sul portone di casa ci dovesse essere una targhetta: “Non gradisco furti in casa”, se no è lecito entrare e rubare quel che si può. E perché non girare per strada con la t-shirt con scritto “Non inculatemi” sulla schiena, allora? Vabbeh. Ci metto venti minuti a far capire all’operatore che non posso iscrivermi al Registro, perché NON sono sull’elenco telefonico. Compreso – ma dopo un po’ – il Comma 22, subentra il silenzio. Poi la soluzione: compilare una protesta dove devo specificare tutti i dati sensibili possibili, pure con gli estremi della carta d’identità, ci mancano giusto il peso, il deodorante che uso (Neutro Roberts, banale, lo so) e il curriculum studi.
Insomma: il Garante garantisce quelli da cui dovrebbe difendermi. Rinuncio rodendomi il fegato. E poi non dormo. E devo segnarmi tutto.
dvd6408Giusto, dov’ero rimasto? Ah, sì: ritorno al passato, fine anni Settanta: La gang dei Dobermann in un cinema di corso Buenos Aires, sempre a Genova, con mia nonna Franca che chissà come aveva scelto quel titolo. Anche quella sala oggi è un supermarket e il thriller canino da straculto – lo ricordo nitidamente – faceva cagare a spruzzo anche uno di bocca buona come me.
E poi non so più il titolo di un film che ho visto al parrocchiale di Casella, nell’entroterra genovese vicino a Busalla (dove, in quegli anni, mi beccai anche il flaccido I due superpiedi quasi piatti con Bud e Terence e il colonialista La conquista del West, in bianco e nero). Quello di Casella era invece un western fossile – tipo anni Sessanta – che finiva con l’arrivo del Settimo cavalleggeri a salvare qualcuno catturato dagli apache cattivi. Ricordo ancora i colori vivissimi, la grotta dove stavano i prigionieri e l’eroico trombettiere (era forse di colore? Mi ha influenzato Hollywood Party?) che riusciva a dare l’allarme per non fare cascare i suoi commilitoni in un’imboscata…
Ecco, quel titolo, purtroppo, è perso per sempre: non posso più scrivermelo.

dvd6409709 – L’ennesimo classico: Gli Aristogatti di Wolfgang Reitherman, USA 1970
E anche qui, come in Ortone c’è un personaggio, il gatto Romeo, che – non si sa bene perché, o meglio sì: per qualche astuzia dei traduttori creativi – parla romanesco (con la voce di Renzo Montagnani). E poi il quadro è stato tagliato dagli originali 7:4, come se non fosse possibile vederselo (se siete dei deficienti) autonomamente in 16:9, zoomando sull’immagine, preservando però la ratio per chi vuole vederselo così come il film era stato fatto. Il concetto di composizione dell’immagine evidentemente sfugge alla Disney, anche in un’edizione deluxe come questa: che grossissime teste di. Vabbeh. Per fortuna Sofia non lo sa e gode di questa simpatica avventura e io non sporgerò denuncia al Telefono Azzurro. Mi attacco a ‘ste cose perché sono fuso come la colata di un altoforno e non mi faccio un sonno filato da cinque ore da almeno due mesi e mezzo e la famosa svolta del settantesimo giorno di cui blaterano i pediatri non esiste, credetemi. Comunque, dette queste cose assolutamente fondamentali, il film è caruccio. Semplice semplice, con un’architettura classista che faccio finta di non notare (ma se mi metto anche a pensare a Dorfman e Mattelart e al loro Come leggere Paperino allora è la fine), è ricchissimo cromaticamente e pittoricamente, con sfondi parigini Belle Epoque deliziosi. Tratto anni Sessanta, qualche zoom (era il periodo, del resto, in cui lo si utilizzava di più anche nel cinema non d’animazione), belle caratterizzazioni e scatenata musica dixieland (che non c’entra nulla a Parigi, ma non importa). (Dvd; 19/7/08)

dvd6410710 – Di corsa assieme a Balto di Simon Wells, USA 1995
Gradevole filmetto spielberghiano che Sofia molto apprezza. Si ispira alla corsa sulla neve di una squadra di cani che nel 1924 portò di gran carriera un medicinale a Nome, Alaska, salvando così molti bimbi da una morte per difterite. Quando una vicenda si ispira a un fatto reale è evidente che l’hanno stravolta per fini cinematografici, ma al Central Park di New York c’è effettivamente un monumento al cane Balto che guidò la spericolata corsa tra i ghiacci. Animazione tradizionale, cast “disneyano” (animali umanizzati, antagonista cattivo con coprotagonisti comici, storia d’amore, uomini di contorno), buon ritmo, narrazione semplice e diverse ideuzze rubate poi da L’era glaciale (ne conto almeno quattro). Prologo e finale con sorpresa filmati dal vero e non particolarmente riusciti. Buonino. (Dvd; 28/7/08)

dvd6411711 – Estate animata con Alla ricerca di Nemo di Andrew Stanton, USA 2003
Niente di nuovo da dichiarare rispetto a quanto già blaterato alla prima visione (vedi qui). Ora l’interesse è vedere la reazione della pupattola: è molto più affamata di cinema di me, ha l’hard disk vuoto e soprattutto è decisamente più sveglia. Coglie particolari e significati che ormai al mio occhio cinico e – vista anche l’ambientazione marina – giustamente da triglia, sfuggono. Me li passa e io puntualmente dimentico, tanto che adesso non ho nulla da scrivere. Comunque ha apprezzato, anche se rispetto agli altri film visti quest’estate è un po’ più difficoltoso (due vicende parallele abbastanza articolate, molti episodi, troppe ambientazioni) e non so se lei riesca a comprenderne il disegno generale: le piace ma non lo richiede – per fortuna – nei giorni successivi alla prima visione. Ci sarà un motivo, no? (Dvd; 1/8/08)

dvd6412712 – E ancora: Le avventure di Bianca e Bernie di tre vecchie volpi, USA 1977
L’aristocratica Bianca e il proletario Bernie volano a recuperare un’orfanella rapita, passando da una New York cosmopolita e moderna a un sud fangoso popolato da assortito white trash. Fiaba carina e ritmata e progetto che risente un po’ dell’indecisione Disney anni Settanta: le musiche, il montaggio e anche il tratto del disegno non rispondono mai – secondo me – a un progetto forte, unitario, ma sembrano sempre un po’ a cavallo tra classicismo e rinnovamento. La regia era di tre veterani di Burbank (Wolfgang Reitherman, Art Stevens e John Lounsbery, morto a lavorazione in corso) e il film sbancò il botteghino. A Sofia è piaciuto, ovviamente, nonostante sia molto dark e abbastanza tensivo. A me sembra un’occasione persa, anche perché l’ambientazione nelle paludi del sud degli States poteva essere veramente spunto per un sacco di cose che rimangono solo a livello embrionale: c’è giusto una gag sulla grappa bootleg esplosiva, ecco. Un po’ poco, ma anche qui le visioni ripetute e il sorriso stampato sulla faccia di mia figlia mitigano il giudizio. Tagliato arbitrariamente in widescreen ad usum yankeebus coglionibus. (Dvd; 14/8/08)

dvd6413713 – L’insostenibile fracassamento genitale di Anna dai capelli rossi, Giappone 1979
La nonna Claudia regala alla nipotina i primi due episodi di questo seriale giapponese di fine anni Settanta e la visione risulta devastante: un cagamento di cazzo mai visto. America di inizio secolo, direi: Anna è un’orfana macrocefala e rossocrinita, una stracciacoglioni di livello galattico che per errore viene mandata ad una coppia adottiva (fratello e sorella anziani) che però voleva un maschio che li aiutasse nei campi. Il primo episodio consta praticamente di tre scene. In una la signora Cuthbert racconta a un’altra comare perché vuole adottare un bambino ed è un realistico conciliabolo tra due vecchie zitelle rimbambite che ripetono le cose più volte. Ci mancava giusto la gag della sordità per allungare la broda e giuro che non avrebbe stupito. La seconda scena vede il signor Cuthbert che in stazione attende il ragazzo, con di fianco Anna che aspetta. Silenzio e attesa per qualche minuto fino al reciproco riconoscimento. Infine, nell’ultima scena, eterna ed esiziale, la strana coppia si dirige verso casa e praticamente il viaggio in calesse è in tempo reale: una dozzina di minuti di commenti estatici della cretina dai capelli rossi che vede la campagna, i fiori e i colori, e orgasma tutto il tempo. Col povero Cuthbert che dovrebbe affezionarsi a ‘sta rompiballe petulante, logorroica e perbenista. Sofia l’ha guardato distraendosi continuamente e io mi volevo sparare una rivoltellata: questo non è un cartone animato, è un Sinflex grosso come una boccia da bowling. Al confronto un film di Ozu sembra un action movie e consiglierei l’uso di questo Dvd in sala operatoria perché io non ho mai provato un anestetico così potente. Micidiale e firmato, secondo l’IMDB, da Hayao Miyazaki come scene design e layout: non so bene cosa significhi, se non che anche lui è coinvolto in questo disastro e la cosa mi inquieta molto. Sigla di Albertelli e Tempera scopiazzata impunemente da Boney M., musicalmente gradevole ma un po’ insensata a livello di testo. Non andiamo oltre le prime due puntate, comunque: come Lubitsch, vogliamo vivere! (Dvd; 16/8/08)

dvd6414716 – L’improbabile Sognando Beckham di Gurinder Chadha, USA/Gran Bretagna/Germania 2002
Concludo l’annata scolastica 07/08 con un film da grandi. Per modo di dire, visto che si tratta di una commedia giovanilistica, ma sembro un recluso di Guantanamo, esaurito dalla deprivazione del sonno e dai continui cartoni animati, e mi berrei qualunque sbobba. La Rai m’è venuta incontro con questo filmetto commerciale, politicamente corretto e completamente implausibile. Keira Knightley e Parminder Nagra, una ragazza di origine indiana, giocano a pallone: le due faranno strada nonostante opposizioni familiari e la rivalità in amore nei confronti dell’allenatore, il plasticoso Jonathan Rhys-Meyers. Che, e qui si tocca il sublime, preferisce l’immigrata alla Knightley, nello splendore dei suoi vent’anni, gnocca come non mai. E vabbeh, buoni sentimenti e cinema permettono queste fantasie folli (sono semplicemente innamorato di Keira e molto geloso). Commediola multirazziale ruffiana, ben congegnata e con aberrazioni calcistiche degne di Holly e Benji. Ma in una sera d’estate, distrutti dalla figliolanza e con troppissimo sono arretrato, si può vedere. Prima di crollare, fino al primo risveglio verso l’una circa, maledizione. (Diretta su RaiUno; 30/8/08)

(Continua – 64)

Qui le altre puntate di Divine divane visioni

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Divine Divane Visioni (Cinema di papà 07/08) – 63 https://www.carmillaonline.com/2014/10/23/divine-divane-visioni-cinema-papa-0607-63/ Thu, 23 Oct 2014 20:25:44 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=17722 di Dziga Cacace

Questa sera il montaggio analogico mi ha completamente sconvolto!

ddv6300687 – Sbaglierò: Michael Clayton, di un ciuco, USA 2007 Vedo troppi pochi film, ultimamente, per non imbestialirmi di fronte a una roba come questa, già vista millemila volte: l’avvocato carogna ma con gli occhioni da giuggiolone che – ingorgato in un casino senza vie d’uscita – ha il finale sussulto di coscienza. (Se ci penso bene, però, no: quali film conosco così? Nessuno. Vabbeh, non è importante). Sono di cattivo umore – lo so – e solo io, a differenza di critici e pubblico, ho trovato il film [...]]]> di Dziga Cacace

Questa sera il montaggio analogico mi ha completamente sconvolto!

ddv6300687 – Sbaglierò: Michael Clayton, di un ciuco, USA 2007
Vedo troppi pochi film, ultimamente, per non imbestialirmi di fronte a una roba come questa, già vista millemila volte: l’avvocato carogna ma con gli occhioni da giuggiolone che – ingorgato in un casino senza vie d’uscita – ha il finale sussulto di coscienza. (Se ci penso bene, però, no: quali film conosco così? Nessuno. Vabbeh, non è importante). Sono di cattivo umore – lo so – e solo io, a differenza di critici e pubblico, ho trovato il film borghese, ipocrita e consolatorio, con gli attori da botteghino e la trama senza sorprese. Ma perché – scusate – Clayton (Clooney, fichissimo, ça va sans dire) non poteva essere stronzo fino in fondo, giacché lo è quasi fino in fondo? E fate uno sforzino, eddai! E poi ‘sto ritmo blando, con inserti narrativi che allungano la broda in un thriller giudiziario già immobile, avvincente come un discorso di Lamberto Dini. La regia si atteggia anche ad autoriale, ma se mi date il regista Tony Gilroy lo interrogo come si deve e ve lo faccio confessare in dieci minuti. Inoltre c’è Tilda Swinton: per me da sempre un autentico mistero qui premiato addirittura con l’Oscar. È espressiva come un calco pompeiano in gesso, ha lo stesso colorito e – per rimanere in campo artistico – un fisico picassiano, periodo cubista. Però due secoli fa la Swinton ha fatto un film che ha colpito gli stramaledetti cinéphiles segaioli di mezzo mondo e lei continua ad essere considerata un’icona del cinema “alto”. Boh. Abbiamo visto ‘sta cosaccia perché Barbara riteneva di aver affittato Good Night, and Good Luck: la gravidanza fa brutti scherzi. (Dvd; 23/3/08)

ddv6301688 – Adrenalina pura con 24 – Season 3 di Joel Surnow e Robert Cochran, USA 2004
Allora: faccio un riassuntino per chi si fosse sintonizzato solo ora. Lo show funziona così: 24 ore in tempo reale, in un giorno che più di merda non si può. Vittima della fatale giornata il povero Jack Bauer (Kiefer Sutherland), agente operativo della CTU, Counter Terrorists Unit di Los Angeles, agenzia (fittizia nel mondo reale, ma forse no, chissà) che si occupa di antiterrorismo. Una volta all’anno, arriva quel giorno in cui il malcapitato protagonista capisce che saranno cazzi amarissimi: userà un cellulare con la batteria magica per 24 ore filate (deve avere un abbonamento molto vantaggioso), non mangerà, non si farà mai una sana pisciata, figuriamoci una cagata come si deve leggendo la Gazzetta. Ovviamente la giornata infame vede sempre coinvolta in qualche casino anche quella cretina della figlia. In questa terza serie, tra le altre cose, Bauer sta anche smettendo di drogarsi, cosa che sembra la parodia de L’aereo più pazzo del mondo. Fortuna che queste benedette ultime 24 ore non fossero anche l’ultimo giorno per pagare i contributi alla domestica, l’Iva trimestrale e che non ci fossero visite dentistiche improrogabili in programma. Però – diciamo – la materia narrativa non manca: nella prima serie troviamo dei balcanici efferati (serbi, ovviamente), che ce l’hanno precisamente con Bauer e, per vendetta, vogliono fargli ammazzare il candidato alla Casa Bianca dato per vincente, Palmer, un nero buonissimo, onestissimo e democraticissimo. Solo che c’è una talpa alla CTU e tutta la serie vive del dubbio. Nella seconda tornata, il nero buonissimo etc. è diventato ovviamente presidente (sembrava fantascienza 4 anni fa, ma chissà se adesso questo Obama dell’Illinois…) e Bauer deve fronteggiare una minaccia atomica su Los Angeles, orchestrata da degli arabi pazzi furiosi, mentre nel palazzo presidenziale c’è praticamente un colpo di stato. Niente di meno. Diventa tutto un po’ isterico: meno intrighi, molta azione, gran divertimento. Nella terza stagione – che ho visto dopo la quarta causa pesante rincoglionimento da paternità – l’attacco è batteriologico ed è condotto da un occidentale già al lavoro con gli yankee e ora deciso a fare giustizia vera. Dura poco, chiaramente (per l’appunto: 24 ore). Nella quarta serie c’è un nuovo presidente (il rivale del solito nero dei primi tre episodi) che viene fatto secco da uno Stealth rubato all’uopo; anche qui dietro al complotto stanno degli arabi vagamente incazzati. La crisi sembra indistricabile e il vecchio presidente Palmer torna a dare una mano e, siccome è superlativo come sappiamo, mette tutto a posto. Fino alla prossima stagione. 24 è un serial ottusamente geniale (è una combinazione possibile, l’ho deciso adesso), un thriller fantapolitico ad orologeria a tratti fascistissimo (tipico interrogatorio: “Se non dai una cosa a me, io do…” – agitando una mannaia – “…una cosa a te”) ma anche con insospettabili afflati democratici, probabilmente dovuti al caos mentale da sedicenne con l’ormone impazzito tipico degli sceneggiatori di queste cose: branchi di nerds miliardari che vestono in bermuda e magliette di gruppi metal. E poi ti inventano ‘sto popò di roba. (Dvd; aprile ‘08)

??????????????????????????????????????????689 – L’inguardabile Billy, perché l’hai fatto? di due bestie, Volker Schlondorff e Gisella Grischow, Germania 1992
Freddie Mercury e Jimi Hendrix insegnano: è proprio vero che da morto non puoi più difenderti da nessuno, neanche da chi pensa di ripubblicare questa porcata micidiale, un documentario allucinante che – una volta tanto d’accordo – Barbara e io abbiamo mollato dopo quaranta minuti. La schifezza è l’ignobile mix di una vecchia intervista al maestro Wilder e da inserti recenti di Schlondorff che cuce e rappezza. Senza chiarire niente: chi sia Billy (e la sua vita vale quanto i suoi film) e perché sia stato un genio. L’intervista storica, oltre ad avere una qualità da videotape smagnetizzato, è ottusa ai limiti dell’idiozia, con il petulante Schlondorff che chiede con fervore maniacale soluzioni di regia e sceneggiatura a un Wilder infastidito da questo fan inopportuno. Le risposte son sempre sopra le righe (ma se sono sbagliate le domande è logico che poi siano sbagliate anche le risposte) e mai Billy avrebbe pensato che da quel colloquio sarebbe potuto uscire alcunché. Ahinoi si sbagliava, il mercato sdogana qualunque cosa e c’è sempre chi ci casca (non ricordo chi mi abbia regalato questo prezioso prodotto Feltrinelli che ora puntella il tavolo della cucina). Tornando all’abominio che non troverebbe spazio in palinsesto neanche su una tivù satellitare della Val Brevenna: il commento a posteriori del regista teutonico è freddo come un ghiacciolo in culo, con luci da obitorio, verve cimiteriale e chiarezza narrativa pressoché nulla. Questa schifezza di film non è un omaggio, è un insulto alla memoria. E se non avete visto i film di Wilder è pure pieno di spoiler. (Dvd; 2/4/08)

ddv6303690 –Il blues di Feel Like Going Home di Martin Scorsese, USA 2002
Esco il precedente dvd dal lettore e ne metto subito un altro, tanto il destino della serata è segnato e la gravida Barbara si addormenterà a breve al mio fianco. Scelgo per cui a mio gusto e mi scoppio un bello Scorsese: il vecchio Martin si riserva, nell’ambito della serie di documentari dedicati al blues da lui coordinata, il compito più impegnativo e ambizioso. Però, siccome non è un presuntuoso come Wenders o un mestierante come Figgis – autori in questo ciclo di due autentiche bestemmie su pellicola –, si fa scrivere il film da Peter Guralnick che è un giornalista e uno scrittore che sa, e molto bene, ciò di cui parla. L’unica pecca, non da poco, è la totale mancanza di didascalie, per cui i personaggi che incontriamo durante la narrazione rimangono per lo spettatore medio degli assoluti carneadi, né sono chiari i rapporti tra chi parla e di cosa. Siamo alla solita mancanza di comunicazione che mi parrebbe marchiana in un esordiente, figuriamoci in un maestro come Scorsese. Ma è inutile che mi ci incazzi: all’Autore lo spettatore, in realtà, fa schifo. Un po’ come a Veltroni e D’Alema dan fastidio gli operai, per intenderci. Ad ogni modo nel racconto c’è una prospettiva storica, c’è un percorso e una chiara intenzione narrativa. Inoltre a farci da Cicerone, nella (ri)scoperta del blues del Delta c’è un musicista nero sconosciuto ai più, Corey Harris, che suona la chitarra in maniera eloquente e comprende ciò di cui si parla. Dal Delta del Mississippi fino al Mali, a recuperare le radici della musica più bella che esista, pura, intensa, dolorosa, carica di storia. Si vedono Son House (eccezionale), John Lee Hooker, Muddy Waters, Ali Farka Toure e altri personaggi minori ma anche loro con una storia da raccontare. Film più che discreto, ma fruibile solo da una percentuale della popolazione con almeno due lauree, in musicologia e folclore. Cioè quasi nessuno. Tutti gli altri che se ne dicono entusiasti, mentono, anche perché – a differenza che con Buena Vista Social Club – il disco non se l’è comprato proprio nessuno. Ma nessuno nessuno, perché il blues non si danza nelle balere come quel ritmato scassamento di minchia della musica cubana. M’è scappata, eeeeh. (Dvd; 2/4/08)

ddv6304692 – Il pacifismo guerrafondaio di Kingdom of Heaven di Ridley Scott, USA, Gran Bretagna, Spagna 2005
Sceneggiato col martello pneumatico e montato come se fosse Salvate il soldato Ryan, Kingdom of Heaven è un film ambiguo come spesso capita alle ultime cose di Ridley Scott. Ma la sua non è un’ambiguità ricca, bensì subdola, cinica, a buon mercato. Come da titolo italiano (Le crociate, non sia mai che ci si confonda) siamo in Terra Santa a liberare i luoghi sacri. Ci sono i saraceni buoni e il fanatico guerrafondaio che identifichi subito con uno di Al Qaeda. E ci sono i cristiani saggi e disponibili e quelli teo-con che vogliono la guerra a tutti i costi. Il messaggio generale vorrebbe essere di tolleranza, pace e comprensione, però poi la cinepresa indugia piacevolmente sulle scene di battaglia che – detto tra noi – sono anche la cosa migliore di un film che – ridetto tra noi – sembra adatto, nella sua semplice consequenzialità, all’età mentale di un dodicenne. E infatti – seppur turbandomi ideologicamente l’unico neurone funzionante – m’ha divertito. Girato con consueto stile grafico, purtroppo a Ridley scappa la cafonata di qualche modernismo di troppo: l’impressione che ogni paesaggio o scena di massa siano digitalizzati toglie molta magia a una messa in scena che fa (o dovrebbe fare) della grandiosità la sua cifra distintiva. Il belloccio Orlando Bloom se la cava, Eva Green – diamante splendente in The Dreamers del Maestro Bertolucci – mi sembra già appassita. Bravini gli altri e anche i costumi sgargianti. Suvvia: me lo son goduto (Barbara no, era indignata e sicuramente ha ragione lei). (Dvd; 11/4/08)

ddv6305693 – Il classico La carica dei cento e uno di Wolfgang Reitherman, Hamilton Luske, Clyde Geronimi, USA 1961
Regalato a Sofia per i suoi tre anni (festeggiati il 26 aprile e non il 25, a sua insaputa; potere del nostro regime autocratico, neanche in Corea del Nord si cambia il calendario!) e visto praticamente subito assieme a lei. Il commento critico della piccina a fine visione è sintetico e straight to the point: “Questo è un film bellissimo!”. E non ha tutti i torti. Prima di questo ha visto, a inizio aprile, solo Le avventure di Barbapapà (di Talus Taylor e Annette Tison, Olanda 1973) che io ho finora evitato in toto e che in realtà sembra l’assemblaggio di una serie di episodi televisivi, per cui non so se possa valere come film “narrativo” vero e proprio (non c’è insomma la consequenzialità delle storie classiche di Barbapapà e lo dico a ragion veduta perché le ho lette tutte. Non per esclusivo piacer mio, s’intende). La Carica è un film molto “familiare” e lineare, anche se con azzeccata struttura ad inseguimento. Giusto per la cronaca: Crudelia De Mon è considerata una delle cattive più cattive del grande schermo di sempre, una zitellaccia ingrigita dal fumo, secca come un’acciuga e che non deve avere partner da decenni. Vuole farsi un pelliccione di pelle di dalmata e ruba 15 cuccioli a una coppia felice di conoscenti (coppia sana, solida, che tromba, seppur con britannica discrezione), ma in realtà, Crudelia, ne aveva già da parte 84 comprati, suppongo, con regolare fattura, e di cui poteva farne il cazzo che voleva, eh. E quando i 101 (99 cuccioli più Peggy e Pongo, genitori dei 15 rapiti) scappano e si salvano, gli 84 di Crudelia sono effettivamente sottratti alla legittima proprietaria. E questo nessuno lo dice! Ci starebbe un seguito politicamente corretto dove i cuccioli vengono restituiti e giustamente scuoiati, perché se non gli insegniamo l’osservanza della legge fin da piccoli, poi ci aspetta l’anarchia, no? (Dvd: 26/4/08)

ddv6312694 – Good Night, And Good Luck di George Clooney, USA 2005
Stavolta Barbara azzecca l’affitto e il film, effettivamente, merita: Clooney ritorna alla regia con le idee chiare (il suo primo film non m’era piaciuto per niente, vulgo faceva cacare). Qui troviamo afflato democratico, impegno rivendicato anche per un mezzuccio come la televisione, e ottima cinematografia, con gusto e classe. Bravo Giorgetto che non dimentica di reinvestire i mijiardi – guadagnati recitando in puttanate – in qualcosa di durevole e onesto. Film ben fatto e necessario, dài. (Dvd; 3/5/08)

ddv6306695 – Altro classicone: Il libro della giungla di Wolfgang Reitherman, USA 1967
I doveri di babbo mi impongono la visione di un film che non vedo dai miei nove anni (al Manin di Genova, con nonna Franca: avevo scazzato con un bambino di quattro perché disturbava. Avevo vinto). È il film Disney con due dei momenti più divertenti in assoluto: l’amicizia di Baloo e Mowgli e l’incontro con l’orango tersicoreo Re Luigi. Per il resto, il percorso di crescita e maturazione del trovatello tra animali buoni e meno buoni (lo spauracchio Shere Khan) scorre facile, tenero e sereno, narrativamente semplice, disegnato bene e animato meglio, con belle caratterizzazioni e sfondi. Semmai il finale, molto dark e coraggioso, lascia un po’ perplessa Sofia. E due giorni dopo nasce Elena. (Dvd; 4/5/08)

ddv6307696 – Man of the World di un cretino, Gran Bretagna 2007
Una tra le più belle storie del rock. E una delle più tragiche: quella di Peter Green. Giovanissimo chitarrista nei Bluesbreakers di John Mayall in sostituzione del dio Clapton, forma poi i primi Fleetwood Mac (quelli blues, che poi diventeranno pop) e i 3 album che produce in meno di due anni, ’68 e ’69, vendono più di Beatles e Rolling Stones assieme. Albatross, Need Your Love So Bad, Black Magic Woman, Man of the World e The Green Manalishi vanno in testa alle classifiche e rendono l’uomo molto ricco e molto infelice. Ma sarà un’infausta serata a Monaco nel 1970 a farlo uscire completamente di cotenna. Già da un po’ Green era insoddisfatto del suo ruolo di rockstar per caso, del successo e dello show-biz. Andava dicendo agli altri della band: “Diamo tutti i soldi alle popolazioni del Biafra, dài!”. Nessuno che gli desse retta: volevano diventare ricchi sfondati e pochi anni dopo ci sarebbero riusciti eccome. Comunque, alla festicciola di Monaco di cui si diceva, a Peter viene somministrato dell’LSD a tradimento che fa il resto: il genio esplode, vuole solo fare jam oceaniche (tipo 40 minuti di improvvisazione), molla il gruppo, pubblica un disco folle e doloroso (e splendido e dal titolo inconsciamente programmatico: The End of the Game) e poi crolla in una depressione che lo fa finire perfino in casa di cura per malati di mente. Le medicine lo annientano, così come l’elettroshock e il musicista più lirico del British Blues finisce per imbracciare un fucile per minacciare il suo commercialista (cosa che in realtà vorremmo fare tutti, credo, quando ti presenta la dichiarazione dei redditi). Non vuole soldi che ritiene maledetti, vuole solo scomparire. Il recupero è lento e non completo. Oggi Green fa compassione: parla impastato, in maniera incoerente, con sprazzi di amarissima lucidità. Ha tentato un ritorno alla musica negli anni Novanta e a Pistoia fui testimone di un concerto a dir poco straziante. Adesso ha mollato del tutto e forse si gode un po’ di pace, dopo alcuni anni di incisioni (più che dignitose e sicuramente dolorose) e concerti che giustifico solo come trattamento terapeutico per questa anima in pena. Il documentario di Steve Graham è pedestre, senza alcuna idea se non quella della consueta biografia scandita cronologicamente, con interviste molto statiche e non particolarmente brillanti (e riprese cazzo canis). Il film lo tiene a galla il simpaticissimo Mick Fleetwood che è una fucina di ricordi. Musica ovviamente magnifica e immagini di repertorio straviste (da me) e riutilizzate più volte per le due ore del film. Gli do 6 perché l’argomento merita 10, ma la regia non va oltre il 2. Occasione persa molto molto male. (Dvd; 15/5/08)

ddv6308697 – Classicone aggiornato: Tarzan di Kevin Lima e Chris Buck, USA 1999
Con la minuscola Elena son giorni di gran daffare e faccio questo regalo a sorpresa a Sofia che lo riceve emozionatissima, giacché sono settimane che chiede senza speranze di averlo. Guarda il film a bocca aperta, non si prende particolari spaventi ed è totalmente presa da una vicenda che in effetti non ha un attimo di respiro e va via veloce. Alla fine del film si gira verso di me e sentenzia: “Bello, eh?”. Divertente, ritmato, animato da dio ibridando tecniche tradizionali con quelle più moderne (gli sfondi sembrano statici e molte volte vengono esplorati in 3D), con tentazioni moderne (Tarzan che surfa tra i rami) e concessioni classiche (il cattivone Clayton, molto anni Quaranta), si fa vedere volentieri. Anche più volte, ahinoi, tollerando Phil Collins che canta cose insensate in un italiano degno di Mal. Due giorni dopo Sofia mi chiede se i cattivi esistano anche fuori dai film, nella vita reale. Beata innocenza. (Dvd; 16/5/08)

ddv6309698 – Immagina The U.S. vs. John Lennon di David Leaf e John Scheinfeld, USA 2006
Paratelevisivo, molto lavorato ed effettato, è un discreto racconto della vita politica di John Lennon durante la sua contrastata permanenza negli USA. Parte bene e regge per almeno un’ora, poi si ripete e mostra un po’ la corda anche perché abbiamo capito che John stava sul cazzo a Hoover e non volevano dargli la cittadinanza, però poi non è che sia capitato molto altro. Lennon s’è battuto ancora e alla fine gli han dato la carta verde. Bene, bravo, bis. Oltre a tutto al ripiegamento privato di Lennon e della Ono (che, francamente, nelle scene di repertorio è fuori luogo in maniera evidente e puntualmente sovrastata da Lennon) non corrisponde una virata del racconto, che in troppe parti è meramente cronachistico. Poi, certo, la musica è splendida, Lennon illumina ogni volta lo schermo e i commenti sono interessanti, però si vede che è stato prodotto per la tivù (VH1) e c’è un evidente sentimento agiografico, anche perché la vedova ha collaborato attivamente. Non brutto come avevo letto da qualche parte né neanche lontanamente un capolavoro come molti critici ignoranti di cinema, rock e vita hanno blaterato; mmh. (Dvd; 22/5/08)

ddv6310699 – Non ha bisogno di presentazioni Il secondo tragico Fantozzi di Luciano Salce, Italia 1976
E beh. Secondo shot dopo il successo galattico del primo Fantozzi, uno dei film italiani più visti di sempre come biglietti staccati (non fidatevi delle classifiche degli incassi, vincon sempre gli ultimi!). Qui è evidente come la struttura episodica (e stagionale) non sia sempre riuscita come nel prototipo e viene un po’ a mancare l’evidenza del sottotesto politico, concentrandosi invece più sulla satira grottesca di vizi, manie e sogni dell’italiano medio, un’analisi della sua evoluzione che oggi ha un valore antropologico notevole. Il problema è che Fantozzi siamo noi e chi vede il film preferisce sempre credere che sia qualcun altro diverso da sé, confondendo inoltre il padronato e la sua rappresentazione grottesca con un’esagerazione umoristica. Qui – comunque – abbiamo la corazzata Potemkin imposta dal prof. Guidbaldo Maria Riccardelli, il varo a Genova con cena tra i potenti (con i pomodorini “dentro palla di fuoco a 18mila gradi”), la notte brava di Calboni, Filini e Fantozzi, la seguente fuga d’amore del ragioniere e della signorina Silvani a Capri e anche la clamorosa gita del Duca Conte Semenzara al casinò di Montecarlo. Ci sono pure la fiacchissima battuta di caccia e la truffaldina malattia di Fantozzi con visita al circo, due parti che sembrano outtakes, con umorismo scarico e pure delle scopiazzature (alcune che risalgono addirittura al Chaplin muto… che chissà dove le aveva fregate lui, però). Detto questo, io Fantozzi non lo contesterò mai. Mai. (Diretta tv su Retequattro; 31/5/08)

ddv6311700 – Pensa: Le avventure di Peter Pan di Clyde Geronimi, Hamilton Luske e Wilfred Jackson, USA 1953
Sofia l’ha preteso e, da genitore fermo nelle sue convinzioni pedagogiche, ho ceduto subito. Ma al momento non è sembrata particolarmente impressionata salvo poi diventarne fanatica. Io l’ho sopportato, anche se poi, alla quarta visione, ho cominciato ad affezionarmi (coi bambini la visione ripetuta è d’obbligo: o impazzisci o t’innamori). Disegnato benissimo, musicato con belle canzoni, ci presenta un cast eterogeneo e ben congegnato e noto subito che Capitan Uncino è praticamente Willy DeVille mentre Spugna sembra il Baciccia marinaretto della Sampdoria; assortito anche il cast femminile, con la virginale Wendy, la molto hot Giglio Tigrato e infine la lolita da tasca, Trilli. Il protagonista Peter Pan è invece un’odiosa faccia da cazzo con le orecchie a punta, un coglione dispettoso che non vuol crescere e il povero Capitan Uncino è la sua vittima frignona (pure con l’incubo di un coccodrillo… marino?! Sì, esistono). Il film me lo vedo, ma tutte le menate sulla fantasia, sul rimanere bambini… boh, mica lo so se sono d’accordo. Poi io son cresciuto con Bennato (e il suo layer politico alla vicenda) piuttosto che con questo Disney, per cui tutta la faccenda mi risulta confusa, anche se evidentemente il confuso sono io. E già che ci sono: il Bennato Peter Pan libero contro il movimento giovanile massa di pecoroni, rivoluzionari coi soldi di papà etc. etc. m’è sempre sembrato troppo egocentrico e qualunquistico, anche se non dubito che Edoardo abbia incontrato tanta gente così nella sua carriera. Però il disco era bellissimo: Bennato, quando non gli parte la brocca e il tono profetico/apocalittico, è (stato) un genio. Ma tornando al film: a me sarebbe piaciuto che quelli per cui tenere fossero i pirati, ecco. Cioè, posso farlo lo stesso, ma vallo a spiegare a Sofia, eh. (Dvd; 31/5/08)

ddv6313701 – L’orrendo The Grand Finale, di due pelandroni, Gran Bretagna 2006
Michael Apted, già responsabile di film più che dignitosi come Gorky Park o Gorilla nella nebbia, di serial goduriosi come Rome e di documentari celebratissimi (il militante – e menoso – Incident at Oglala o il kolossal televisivo Up series) si macchia assieme a tale Pat O’Connor di questo documentario che dovrebbe raccontare il campionato mondiale di calcio del 2006, disputato in Germania. Ne viene fuori una minchiata catatonica, per nulla coinvolgente, col gioco più bello del mondo (in un campionato in effetti non esaltante) raccontato come sarebbe capace di fare solo un appassionato di shangai. Le interviste fanno letteralmente schifo sia come domande poste ai calciatori (all’attaccante Thierry Henry: “Come mai tanti talenti in Francia?”… ma come si può soltanto pensare di porre una domanda così stupida?) che come regia (Cannavaro è ripreso in una palestra, con un audio soffocato e delle luci degne di un’emittente uzbeka). Il commento è spesso fuori luogo e il montaggio e l’impianto generale del film sono disastrosi: non solo manca la cronaca spiccia (l’Italia sembra capitare in finale a Berlino per caso), ma non c’è proprio calore, umanità, curiosità; è un film celebrativo surgelato, con le interviste realizzate dopo, senza avere a disposizione materiali pensati e realizzati prima e durante. Mancano vitalità, ritmo e invenzione; e mancano soprattutto un’idea del cinema e – cosa gravissima e incomprensibile – un’idea del calcio. Oltre a tutto c’è anche uno smarrone clamoroso: dell’arbitro della finale Elizondo (pure intervistato e senza motivo) si sbaglia il nome. Immagino che Apted sia stato locupletato dalla Fifa a suon di milionate di euro e poi non ci abbia perso granché tempo, tanto il committente era quella blatta di Sepp Blatter. Vabbeh, ancora grazie che il film non sia stato affidato al tedesco Wenders: almeno abbiamo evitato l’ennesima colonna sonora modaiola, tipo vecchietti tirolesi che fanno lo yodel e tutti a perderci le bave. (Diretta tv su La7; 1/6/08)

(Continua – 63)

Qui le altre puntate di Divine divane visioni

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