tratta – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Sat, 18 Oct 2025 20:04:04 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 The Black Star, un affresco sulla tratta degli schiavi e la pirateria https://www.carmillaonline.com/2018/10/13/the-black-star-un-affresco-sulla-tratta-degli-schiavi-e-la-pirateria/ Fri, 12 Oct 2018 22:00:24 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=49067 di Angelo Truncellito

Daniele Cardetta, The Black Star, Ed. Meligrana, Tropea, 2018, pp. 366, € 15.

Il filone piratesco, per intenderci quello che parla di corsari e pirati, tesori da scoprire, battaglie navali e duelli all’arma bianca sul ponte della nave, è già piuttosto trito e ritrito. Parrebbe difficile quindi aggiungere qualcosa. Pur avendo cominciato la lettura delle pagine di “The Black Star” scetticamente, il prosieguo mi ha confermato, invece, che la lettura valeva la pena e riservava sorprese. Daniele Cardetta, l’autore del romanzo, tratteggia in modo vivido e convincente un mondo, [...]]]> di Angelo Truncellito

Daniele Cardetta, The Black Star, Ed. Meligrana, Tropea, 2018, pp. 366, € 15.

Il filone piratesco, per intenderci quello che parla di corsari e pirati, tesori da scoprire, battaglie navali e duelli all’arma bianca sul ponte della nave, è già piuttosto trito e ritrito. Parrebbe difficile quindi aggiungere qualcosa. Pur avendo cominciato la lettura delle pagine di “The Black Star” scetticamente, il prosieguo mi ha confermato, invece, che la lettura valeva la pena e riservava sorprese. Daniele Cardetta, l’autore del romanzo, tratteggia in modo vivido e convincente un mondo, quello del XVIII secolo nei Caraibi, che risulterà per certi versi familiare a molti. Le descrizioni del contesto rivelano un gran lavoro di documentazione e di studio, che si riflette anche nei personaggi, numerosi e ben delineati dal punto di vista psicologico. Due esempi su tutti sono quelli del capitano Lind, un uomo ricco e idealista che per motivi strettamente personali decide di lanciarsi nel mondo della pirateria, e Asa, un giovane africano strappato alla sua casa da uomini senza scrupoli. L’intreccio del romanzo rivelal’incastro ben realizzato tra le avventure di un gruppo di pirati capeggiato da un capitano eccentrico e spinto da motivazioni profonde, e quelle degli schiavi sradicati dalla loro terra africana e deportati nelle piantagioni assolate dei Caraibi. Le avventure dei pirati e degli schiavi si incrociano tra di loro mostrando come quello narrato fosse un mondo aperto, dove gli scambi tra le due sponde dell’oceano erano continui e fertili e potevano portare a ibridazioni inaspettate. 

Cardetta ci restituisce in modo mirabile tutta la sofferenza provata da questi uomini e queste donne, soggetti dimenticati dalla storia ma che hanno lasciato tracce di resistenza quotidiana. Sfogliando “The Black Star” sembrerà di respirare la salsedine trasportati in un viaggio vorticoso tra le due sponde dell’Atlantico, un viaggio che trasporterà il lettore tra battaglie navali disperate, tradimenti e giochi di potere. Un romanzo che non parla solo di avventure e di pirati, ma che ha il merito di gettare luce su una delle grandi “rimozioni” dell’Occidente, ovvero la tratta degli schiavi che ha fatto sì che in pochi secoli milioni e milioni di africani venissero messi ai ceppi e deportati. Poco si sa di solito di come vivevano questi uomini, di cosa pensavano, delle pratiche di resistenza quotidiana che mettevano in campo per sopravvivere. Eppure l’autore riesce a far rivivere quelle sofferenze, facendo toccare al lettore con mano la loro sofferenza e anche il loro coraggio, senza aver paura di lasciarsi andare in dettagli realistici, crudi e forse poco digeribili ai più.

“The Black Star” è un libro di pirati ma non solo di pirati, è un romanzo di avventura, ma è anche un romanzo storico e di denuncia sociale. E’ tutte queste cose assieme e ha l’ambizione di avvincere il lettore facendolo appassionare a un intreccio ben congeniato e sviluppato con l’intento di far sì che le varie storie dei personaggi si intersechino. Emerge anche, come un filo rosso, l’attenzione alle tematiche sociali, un filo che attraversa tutte le pagine del romanzo dall’inizio alla fine e che si muove in parallelo all’intreccio principale. Insomma, un romanzo di avventura ma anche uno spaccato sulle sofferenze umane degli schiavi e dei marinai coinvolti nell’orribile macchina dello schiavismo che fa enfasi sugli aggravi sofferti da quelle persone, per cui la riflessione si concentra su come queste atrocità non appartengano al passato ma, purtroppo, siano ancora parte integrale e quotidiana del nostro presente.

Precisa anche la contestualizzazione, con la storia che è stata ambientata nel periodo della guerra anglo-spagnola del 1739-1742, anche detta la guerra dell’orecchio di Jenkins. Il riferimento è a Robert Jenkins, capitano di un vascello mercantile britannico che nel 1738 esibì alla Camera dei comuni, come prova della violenza spagnola nei confronti delle navi inglesi, l’orecchio che gli era stato mozzato. Fu una guerra molto importante in quanto gli inglesi cercarono di distruggere l’egemonia spagnola nei Caraibi, ma il conflitto si concluse nel 1742 senza vantaggi significativi per Londra.

Infine, non meno importante, il merito dell’autore nel suo “gioco” e dialogo con la storia, permette che i suoi personaggi si rincorrano tra Caraibi, Africa ed Europa e sullo sfondo i grandi fatti del tempo, uno su tutti il terremoto che annichilì Lisbona nel 1755.

Uno dei tratti caratteristici del romanzo è la coralità. Si tratta di un espediente molto riuscito in quanto consente al lettore di immergersi nella narrazione tenendo conto di più punti di vista. In questo modo il testo riesce a far risaltare i chiaroscuri, sottolineando come il mondo entro cui si svolge la narrazione sia un mondo dove i confini tra bianco e nero sono molto sfuocati. Non vi sono, infatti, eroi e antieroi chiaramente distinguibili, non si trovano dei personaggi completamente positivi o negativi, e gli stessi schiavi, palesi vittime sistemiche, sono rappresentati nella loro umanità con pregi, debolezze e realismo.

L’evoluzione psicologica dei personaggi riserva svolte inattese, si pensi al succitato Asa che, nel corso del romanzo, passerà da giovane e spaventato schiavo e a un feroce e carismatico pirata. Il lettore è catapultato dai salotti della nobiltà mercantile britannica del XVIII secolo fino alle strade coperte di sterco e polvere dei porti africani dove venivano ammassati migliaia di schiavi in attesa di essere imbarcati per i Caraibi. Insomma, non si tratta di una semplice storia, coinvolgente e fluida, di pirati, ma di un viaggio a trecentosessanta gradi all’interno di un mondo dimenticato in cui lo scrittore tocca tematiche che possiamo tranquillamente definire come contemporanee. Il modo con cui la società civile del tempo accettava senza colpo ferire l’orribile fenomeno della schiavitù, pur conoscendone perfettamente le condizioni disumane. La società civile di oggi forse si indigna un po’ di più ma, nella sostanza, assiste comunque impotente di fronte all’indifferenza della “maggioranza silenziosa”.

Emerge una solida ricerca storiografica a strutturare il modo in cui l’autore tratteggia le figure della tratta degli schiavi, dai negrieri fino ai mercanti di uomini. La storia raccontata non è basata su fatti realmente accaduti, ma si svolge all’interno di un contesto storico e in un periodo caratterizzati in dettaglio. Per quanto i personaggi, dal capitano pirata Pedro Lind fino al giovane schiavo Asa, siano frutto dell’immaginazione, le loro vicende sono verosimili e archetipiche. Non era certo insolito, infatti, che il mondo degli schiavi e il mondo dei pirati si incrociassero, e si tratta a ben vedere di un filone narrativo ancora largamente inesplorato.

Black Star aiuta anche a fugare un altro luogo comune, ovvero che la pirateria sia stato un fenomeno che ha riguardato principalmente la zona dei Caraibi e del Golfo del Messico. Ciò è vero solo in parte dal momento che molti pirati, anche famosi, hanno agito anche a largo delle coste dell’Africa Occidentale. Il tentativo dell’autore di descrivere ed evocare luoghi così lontani tra di loro, ma collegati comunque dall’infame tratta degli schiavi, permette al lettore di calarsi completamente nello spirito del tempo e di toccare con mano come, in fondo, il mondo fosse già largamente “globalizzato”.

L’ipocrisia di un’epoca che vedeva come giusta la schiavitù ma riteneva invece demoniaca e barbarica la pirateria è una delle tante contraddizioni che la penna dello scrittore è riuscito a fare emergere. “The Black Star” non è quindi inquadrabile nel classico genere piratesco, ma più che altro è un romanzo storico, nel quale i pirati svolgono un ruolo importante anche se non preponderante.

Tra molteplici scenari geografici e riferimenti ad alcuni avvenimenti realmente accaduti, il filo della narrazione condurrà il lettore dalla succitata guerra Anglo-spagnola fino al terribile terremoto del 1755 che distrusse quasi completamente Lisbona. Viene restituito qui un quadro della capitale lusitana vivace e godibile, un diario di viaggio storico che trasporta il lettore tra l’odore di caffè dei vicoli e il vociare dei mercatini del centro. Sbalzi e colpi di scena, sorprese e irretimenti completano il dedalo di “The Black Star”, che cerca di restituire un senso di “giustizia” nella storia. L’appendice storica posta alla fine del volume fornisce informazioni utili sulle fonti utilizzate, su tutte “La Nave Negriera” di Markus Rediker, e sul contesto storico di riferimento.

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Nuova Mappa del Narcotraffico in Messico e negli Stati Uniti https://www.carmillaonline.com/2015/09/04/nuova-mappa-del-narcotraffico-in-messico-e-negli-stati-uniti/ Thu, 03 Sep 2015 22:00:31 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=24905 di Fabrizio Lorusso

Movimiento alterado Revolución NarcoCultura NarcocorridosPeriodicamente l’agenzia antidroga americana DEA (Drug Enforcement Administration) traccia la mappa del narcotraffico negli Stati Uniti e in Messico e, in base al lavoro d’intelligence dei suoi uffici distaccati sul territorio, pubblica una relazione sull’evoluzione dei cartelli messicani in America del Nord. Colori e macchie, città conquistate e perse, confini e nomi ormai noti della criminalità organizzata locale e globale non hanno nemmeno bisogno di una legenda per essere compresi. L’impatto visivo è immediato e così l’idea della narcoguerra che insanguina il [...]]]> di Fabrizio Lorusso

Movimiento alterado Revolución NarcoCultura NarcocorridosPeriodicamente l’agenzia antidroga americana DEA (Drug Enforcement Administration) traccia la mappa del narcotraffico negli Stati Uniti e in Messico e, in base al lavoro d’intelligence dei suoi uffici distaccati sul territorio, pubblica una relazione sull’evoluzione dei cartelli messicani in America del Nord. Colori e macchie, città conquistate e perse, confini e nomi ormai noti della criminalità organizzata locale e globale non hanno nemmeno bisogno di una legenda per essere compresi. L’impatto visivo è immediato e così l’idea della narcoguerra che insanguina il continente si lega alla geopolitica. I frammenti si ricompongono sullo schermo e, restringendo lo zoom, i pixel scompaiono e la visione globale si fa nitida. La lotta militarizzata alle organizzazioni criminali, che in Messico ha mietuto oltre 130mila vittime in 8 anni e mezzo e ha provocato un aumento drammatico delle violazioni ai diritti umani, viene analizzata dalla DEA in una dimensione internazionale e geografica che, pur offrendo un quadro cognitivo generale, mette in secondo piano le vite quotidiane di milioni di persone che vivono sulla propria pelle le conseguenze della war on drugs e dell’ipocrisia di fondo che la alimenta. Sono i milioni di pixel concentrati nei vari sud del mondo: dal Latinoamerica, o “NarcoAmerica”, secondo il titolo di un interessantissimo libro di giornalismo narrativo “sulle tracce della cocaina” pubblicato da Tusquets (2015), a Gioia Tauro, dall’Afghanistan a Ciudad Juárez o i Balcani.

Mexican Cartels in Mexico DEA Map 2015 (Large)

Dal cartello alla mafia

In riferimento ad alcuni gruppi della delinquenza organizzata messicana non si parla più, o non solo ormai, di gangster, cartelli e delinquenti, di tagliagole e sicari, di gang, bande e pandillas, ma di vere e proprie mafie. Si tratta di uno stadio superiore di sviluppo dell’organizzazione criminale che acquisisce e consolida codici e strutture, regole e lealtà, discipline e logiche imprenditoriali e da clan. Una mafia sa riprodursi, organizzarsi, darsi regole. Sa anche essere anche discreta e rafforzare i suoi legami con la politica e lo stato, specialmente in Messico. E a questo modello, rinsaldato da legami tra compari e di sangue, risponde sicuramente il cartello di Sinaloa, al cui vertice restano Ismael “El Mayo” Zambada e il fuggitivo Joaquín Archibaldo Guzmán Loera, alias “El Chapo”. Ma Sinaloa, come evidenzia l’analisi della DEA, è tacchinato da altri gruppi emergenti e da vecchi rivali.

narcotraffico eroinaIl report identifica otto grandi cartelli messicani: Sinaloa, Cartello Jalisco Nueva Generación (CJNG), Beltrán-Leyva Organization (BLO), Los Zetas, Cartello del Golfo (CDG), Cartello di Juárez/La Línea (CDJ), La Familia Michoacana (LFM) e Los Caballeros Templarios (LCT). Questi ultimi due hanno perso nettamente influenza, capacità operative e coesione a livello di organizzazione, mentre il CJNG, nato da una scissione del cartello di Sinoloa nel 2010, si presenta come il gruppo in maggior crescita. Dal suo stato d’origine, il Jalisco con la sua bella capitale Guadalajara, l’organizzazione s’è espansa ai vicini Nayarit, Colima, Guerrero, Michoacán e al Veracruz. Ma non solo. Sfruttando abilmente le debolezze dei rivali e le sue alleanze ha fatto ingresso anche nel Guanajuato e nel San Luis Potosí, così come nei meridionali Oaxaca e Chiapas.

L’ascesa del Cartello Jalisco Nueva Generación e il dominio di Sinaloa

In particolare la quasi totale disintegrazione della Familia Michoacana e dei Cabelleros Templarios nel Michoacán, territorio strategico sulla costa pacifica grazie allo scalo portuario di Lázaro Cárdenas, porta d’ingresso di precursori chimici per la produzione di metanfetamine e di cocaina dalla Colombia, ha portato all’ascesa del Jalisco Nueva Generacion i cui membri sono riusciti anche a infiltrarsi nella Nuova Polizia Rurale. Questa forza di polizia è stata creata dal governo per “risolvere” il conflitto coi gruppi armati di autodifesa e incorporarli in una struttura statale. Insieme ad essi, però, anche operatori del cartello CJNG sono entrati nella polizia oltre che nei territori prima controllati dalla Familia e da LCB.

Per questo il cartello di Jalisco viene identificato come il prossimo “nemico numero uno” della DEA. Negli USA nessun gruppo criminale straniero è così ben posizionato e potente come i cartelli messicani, specialmente Sinaloa, che tramite network distributivi e tracciati consolidati, soprattutto lungo il confine sudoccidentale, gestiscono traffici policromatici: marijuana verde e bianca coca, cristalli chiari e celesti di metanfetamine e infine eroina. Proprio queste due sostanze rappresentano i business in aumento, anche grazie alla “spinta dell’offerta” in tal senso.

Mexican Cartels in USA DEA Map1 2015 (Large)

La mappe disegnate dalla DEA evidenziano la presenza delle mafie messicane in territorio statunitense nella prima metà del 2015: il predominio di Sinaloa è schiacciante ma non totale. Infatti, il cartello di Juárez, quello del mitico boss degli anni ’90 Amado Carrillo Fuentes (El señor de los cielos) mantiene la sua influenza tradizionale nel New Mexico e nel Texas sud-occidentale, mentre gli Zetas e il cartello del golfo lottano per il controllo di plazas, punti di passaggio e territori tanto in Messico, soprattutto nelle regioni del Tamaulipas e del Veracruz, come negli USA, nel Texas sudorientale e centrale. Allontanandosi dal confine messicano-statunitense solcato dal Rio Bravo, la loro capacità operativa va scemando.

Come in genere accade nell’economia legale, anche nel settore del traffico degli stupefacenti la gran fetta della torta, i guadagni più sostanziosi, finiscono nelle mani della grande, media e piccola distribuzione nel mercato USA: lo smercio città per città, quartiere per quartiere, effettuato da dealer e pusher formano il grosso delle entrate, per cui è strategico controllare i punti di transito in Messico, ma ancor di più lo sono la gestione degli snodi di frontiera e dei trasporti e la distribuzione al consumatore finale.

Sebbene abbiano perso potere e mercato, non sono assenti da numerose città americane le organizzazioni criminali messicane decadenti (come i Templarios, il cartello di Tijuana della famiglia Arellano Félix o i Beltrán Leyva, presenti a Denver e lungo la costa orientale) e quelle emergenti come il Jalisco Nueva Generación. Il cartello, sebbene non sia ancora molto presente nel mercato americano, sta guadagnando rapidamente posizioni in Messico, ottima base di partenza per la conquista degli States, per cui è visto con crescente preoccupazione dalle autorità di quel paese.

Mexican Cartels in USA DEA Map2 2015 (Large)

Narco-Storia del Cartello Jalisco Nueva Generación

Proprio riguardo a questo gruppo, alla ribalta dei media nel maggio scorso in Messico per una serie di attentati e scontri a fuoco con la polizia alla vigilia delle elezioni parlamentari, cito un estratto dal libro NarcoGuerra. Cronache dal Messico dei cartelli della droga per cercare di capirne le dinamiche e la storia:

Abigail González Valencia, alias “El Cuini”, era un boss discreto, vecchio stile. Poco presente sui media, non figurava nemmeno nella lista dei 122 obiettivi prioritari del governo, elaborata in base a fattori quali il numero di indagini aperte su un individuo, le sue reti nazionali ed estere e il suo giro d’affari. Il narcos è stato arrestato il 28 febbraio 2015 ed è stato rimpiazzato da quello che secondo la stampa, il governo messicano e il Dipartimento del Tesoro statunitense sarebbe uno dei nuovi “uomini forti” della malavita in Messico, suo cognato Nemesio Oseguera Cervantes, “El Mencho”. González Valencia operava con il “El Mencho” in qualità di capo del gruppo armato, alleato del CJNG, noto come “Los Cuinis” e attivo dagli anni Novanta all’interno del cártel del Milenio. El Cuini appartiene alla famiglia dei fratelli Valencia, vecchie glorie della narco-storia messicana che da coltivatori di avocado divennero negli anni Settanta piantatori di papaveri e marijuana.

narcotraffico messicoUno di loro fu addirittura sindaco di Aguililla, cittadina d’origine dell’intera stirpe dei Valencia. L’incipiente organizzazione divenne un potente cartello, il Milenio, sotto la guida di Armando Valencia e grazie all’alleanza coi colombiani di Medellín, all’estero, e a quelle con i fratelli Amezcua di Colima, pionieri nel commercio di droghe su disegno o sintetiche, e con Sinaloa, in patria.

Nel 2003 stabiliscono una rete per l’importazione da Hong Kong dell’efedrina, precursore chimico delle metanfetamine, in virtù dell’accordo con l’impresario sino-messicano Zhenli Ye Gong, e si legano più strettamente al Chapo Guzmán, responsabile della “divisione droghe sintetiche” del cartello del Pacifico o Federación de Sinaloa. In seguito si associano allo storico capo sinaloense Ignacio Nacho Coronel, boss indiscusso della zona del Jalisco. La mafia del Milenio si trasforma in Jalisco Nueva Generación nel 2010, dopo la morte di Coronel, e stabilisce un patto con gli scissionisti Beltrán Leyva, ormai nemici di Sinaloa. Dal 2013 ingaggia una guerra contro i Templarios del Michoacán per il controllo dello snodo portuale di Lázaro Cárdenas e conduce un’infiltrazione graduale nei gruppi armati di difesa, le autodefensas, che sorgono proprio in quell’anno e che sono confluiti nella Nueva Fuerza Rural patrocinata dal governo.

 Nel 2011 il CJNG si proietta al centro delle cronache per una serie di video in cui si presenta come una banda di “Ammazza-Zetas”, i Mata-Zetas, in lotta per ripulire Veracruz e il golfo dagli odiati Zetas. In molti hanno pensato che fosse un espediente mediatico dei narcos di Sinaloa e del loro boss, il Chapo Guzmán, per fiondarsi alla conquista dell’Oriente messicano, presentandosi come dei salvatori, ma in realtà si trattava di un gruppo autonomo, di fatto scisso da Sinaloa. Nel 2015 il Jalisco Nueva Generación ha condotto una guerra su più fronti e ha espanso la rete delle sue operazioni a sette stati del Paese. Nel sud del Michoacán ha spodestato i Templarios, mentre nella zona a nord di Guadalajara gli Zetas hanno dovuto ripiegare. Il cartello sta battagliando ancora con Sinaloa per il mercato delle metanfetamine e secondo alcuni esperti in futuro potrebbe scavalcare gli Zetas e contendere il primo posto nella classifica criminale proprio a Sinaloa e al “Mayo” Zambada.

narcotraffico mexico juarezSecondo molti osservatori l’accanimento mediatico contro il CJNG ha fatto concentrare l’attenzione su un gruppo lasciando operare più tranquillamente gli altri, specialmente il cartello di Sinaloa. Inoltre viene data poca rilevanza al gruppo dei “Los Cuinis”, presumibilmente alleati del Jalisco Nueva Generación, che la DEA non ha citato tra gli otto cartelli messicani principali, nonostante il Dipartimento del Tesoro abbia incluso affaristi e imprese ad esso legati nella sua lista nera e lo abbia etichettato come “uno dei cartelli più pericoli e violenti del paese”. Probabilmente l’Agenzia non considera Los Cuinis come un cartello indipendente: i legami di parentela dei fratelli José, attuale capo, e Abigail Gonzalez Valencia con il boss del CJNG, Nemesio Oceguera, loro cognato, e il fatto che i due gruppi abbiano sempre collaborato strettamente può avere influito sulla scelta della DEA. Prima dell’arresto Abigail era l’operatore finanziario del Jalisco Nueva Generación a Guadalajara.  Comunque nemmeno la quarantennale organizzazione cartello dei Diaz Parada o cartello di Oaxaca non è menzionata nel rapporto dell’agenzia USA.

Dopo la cattura del fratello maggiore dei Los Cuinis, secondo la Procura Generale della Repubblica messicana è il minore, José González Valencia, alias La Chepa, che ha assunto il comando e sarebbe responsabile della sicurezza di Nemesio Oceguera, El Mencho, e degli attacchi militari contro le forze della polizia del Jalisco nei mesi scorsi. I narcos avrebbero perso l’appoggio della polizia statale per cui si sarebbero rivolti contro di loro con una serie di attentati, approfittando anche della congiuntura preelettorale durante la quale ci sono sempre possibilità di nuovi accomodamenti tra criminalità organizzata e apparati statali. La Chepa González ha il sostegno di un medico di Aguililla, nel Michoacán, che è anche luogotenente del CJNG: si chiama Rogelio Guízar Camorlinga, El Doctor, e avrebbe organizzato gli scontri con le forze federali e della polizia statale del Jalisco il 9 marzo 2015, quando morirono cinque elementi della gendarmeria nazionale, due presunti delinquenti e quattro civili, e il 6 aprile, quando a San Sebastián del Oeste sono stati fatti fuori 15 poliziotti che si dirgevano a Guadalajara.

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Michoacán, Los Zetas e l’invasione dell’eroina negli USA

La Familia Michoacana, dopo la scissione dei Caballeros Templarios nel marzo 2011 ed in seguito ad altre faide, ha dato origine a gruppi criminali come “La Empresa Nueva”, “Los Moicas” (presenti in California) e il “Cartello Indipendente del Michoacán” che oggi sono rimasugli locali di quella mafia messianica e unitaria che, per alcuni anni, ha dettato legge nel Michoacán e nelle zone limitrofe. Anche gli Zetas si sono spezzettati in cellule locali che, non potendo più gestire il business della droga a livello internazionale, si sono riconvertite ad altre tipologie criminali: sequestro di persona, estorsione, tratta di bianche, traffico di organi, prostituzione, traffico di migranti, vendita di “protezione”, riciclaggio e giros negros come l’apertura di club, casinò, discoteche e bische legali e clandestine. La figura 2 mostra quali sono le mafie predominanti in ciascun stato USA e la scurezza del colore riflette la densità della popolazione e, quindi, del mercato potenziale per gli stupefacenti, non il livello d’influenza attuale del cartello criminale.

narcotraffico amapolaNegli ultimi tre o quattro anni c’è stato un cambiamento dell’offerta, con la spinta maggiore dell’eroina, data la stasi della cocaina e del traffico illecito di marijuana come conseguenza della legalizzazione del consumo ricreativo e della produzione di questa pianta e delle sostanze derivate in Alaska, Colorado e Washington. E quindi la mappa numero 3 rappresenta graficamente i dati relativi alle morti per overdose di eroina nel 2013 del National Center for Health Statistics/Centers for Disease Control (NCHS / CDC) e la stessa DEA segnala l’invasione di questo psicotropico che ha fatto 8.257 vittime nel 2013, circa il triplo di quelle del 2010. Il consumo aumento per la spinta dell’offerta, la maggiore disponibilità a basso costo propiziata dalla politica dei cartelli messicani, specialmente di Sinaloa, e poi si registra un uso più sostenuto di numerosi pazienti che possono averla su prescrizione.

L’espansione della frontiera dell’eroina viaggia ora verso i mercati della East Coast. Storicamente, riporta il testo della DEA, “il mercato dell’eroina negli Stati Uniti è stato diviso in due lungo il fiume Mississippi, con i mercati occidentali che usavano l’eroina messicana nera (black tar) o in polvere marrone, e quelli dell’Est che usavano eroina bianca in polvere (precedentemente del Sudest e del Sudovest asiatico, poi negli ultimi vent’anni quasi solo sudamericana)”. Dunque il ruolo di intermediari dei messicani, così com’era successo per la cocaina, è diventato strategico e questi hanno altresì incrementato la produzione di eroina bianca in Messico, per cui i cartelli sono entrati con successo nel redditizio mercato degli stati medio-occidentali e del Nordest: Chicago, il New Jersey, Philadelphia e Washington e molte zone di New York sono ormai terra azteca.

Nota Finale. Sebbene i rapporti e le mappe emessi dalla DEA siano attendibili e delineino le tendenze generali, in particolare per quanto riguarda il territorio statunitense, spesso non coincidono con quelli di altre fonti come, per esempio, la PGR (Procura Generale della Repubblica) messicana. Per esempio nel giugno scorso Tomás Zerón, direttore dell’Agenzia d’Investigazione Criminale della PGR, ha dichiarato con tono trionfalista che, dopo la cattura di numerosi boss storici, le organizzazioni criminali sono così frammentate e disperse che si può affermare l’esistenza oggi di soli due cartelli veri e propri: Sinaloa e il CJNG.  Per questo molti gruppi criminali sono descritti più come “franchigie” o “cellule” che come “grandi imprese” o “reti”, etichette valide invece per le organizzazioni più grandi, solide e strutturate. Nel settembre 2014 la Procura aveva parlato, invece, di 9 cartelli (quelli segnalati dalla DEA più il “cartello del Pacifico” nella zona di Acapulco) e 43 gang o fazioni derivate o legate ad essi. Sono informazioni, nomi e mappe criminali che cambiano con frequenza, tanto nella realtà come nelle narrazioni e indagini della stessa Procura per cui van prese con le pinze. Per i funzionari pubblici e la PGR è comunque gioco forza presentare progressi nella narcoguerra intrapresa dal governo e quindi la tendenza è quella di mostrare la frammentazione di alcuni cartelli come un passo avanti nella lotta al narcotraffico anche se la violenza non diminuisce ed anzi aumentano delitti gravissimi, in cui apparati dello stato sono complici, come le desapariciones (sparizioni) forzate e i sequestri di persone.

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