spread – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Sun, 30 Nov 2025 22:00:16 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 Economia di guerra / 2: ancora sulla centralità del lavoro e del necessario conflitto che l’accompagna https://www.carmillaonline.com/2020/04/20/economia-di-guerra-2-ancora-sulla-centralita-del-lavoro-e-del-necessario-conflitto-che-laccompagna/ Mon, 20 Apr 2020 21:01:13 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=59487 di Sandro Moiso

Il lampo del virus illumina l’ora più chiara. Smaschera il mondo in maschera.

Viviamo giorni di confusione, ma anche di grande chiarezza. Il balletto del tutti contro tutti che si svolge a livello politico (nazionale e locale), scientifico (con il dilagare degli esperti e delle task force) e mediatico dovrebbe aver già da tempo aperto gli occhi dei cittadini e dei lavoratori. Date di riapertura diffuse come se ciò non avesse conseguenze sull’andamento del contagio e da quest’ultimo non dovessero dipendere, ottimismo sparso a piene mani su un picco che dovrebbe assomigliare a un altipiano (per il [...]]]> di Sandro Moiso

Il lampo del virus illumina l’ora più chiara.
Smaschera il mondo in maschera
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Viviamo giorni di confusione, ma anche di grande chiarezza.
Il balletto del tutti contro tutti che si svolge a livello politico (nazionale e locale), scientifico (con il dilagare degli esperti e delle task force) e mediatico dovrebbe aver già da tempo aperto gli occhi dei cittadini e dei lavoratori. Date di riapertura diffuse come se ciò non avesse conseguenze sull’andamento del contagio e da quest’ultimo non dovessero dipendere, ottimismo sparso a piene mani su un picco che dovrebbe assomigliare a un altipiano (per il tramite di ingegnose acrobazie linguistiche, geomorfologiche e statistiche), dati di una autentica strage a livello sanitario che i partiti istituzionali si rimpallano, con minacce di inchieste e commissariamenti, tra Destra e Sinistra come in una partita di volley ball, noiosissima e già vista centinaia di volte. Una guerra tra rane, topi e scarafaggi che, se fosse ancora vivo Giacomo Leopardi, sarebbe degna soltanto di un nuova “Batracomiomachia”.

In questo autentico bailamme, che sembra soltanto peggiorare di giorno in giorno, sono però ancora troppi coloro che, pur animati dalle migliori intenzioni, affrontano le questioni legate all’attuale pandemia in ordine sparso. Rincorrendo il momento, chiedendosi quando si potrà ricominciare ad agire, senza chiedersi su cosa si potrebbe davvero incidere, scambiando un problema per il “problema”, anteponendo l’idea dell’azione allo studio delle azioni necessarie, contrapponendo l’individuale al sociale oppure scambiando per sociale ciò che in sostanza è individuale. In una girandola di iniziative che tutto fanno tranne che fornire prospettive concrete per un’uscita dall’attuale catastrofe che, occorre ancora una volta dirlo, non è né naturale né umanitaria, ma derivata direttamente dalle “leggi” di funzionamento del modo di produzione capitalistico. Come afferma Frank M. Snowden, storico americano della medicina, nel suo Epidemics and Society: non è vero che le malattie infettive “siano eventi casuali che capricciosamente e senza avvertimento affliggono le società”. Piuttosto è vero che “ogni società produce le sue vulnerabilità specifiche. Studiarle significa capirne strutture sociali, standard di vita, priorità politiche”1

Gli elementi che potrebbero aiutare a definire il campo per un intervento immediato, concreto e condivisibile a livello di massa sono già molti. Sono compresi nelle parole, nelle promesse fasulle e nei provvedimenti che i governi e i loro padroni, nazionali e internazionali, stanno esplicitando, come si affermava all’inizio, sotto gli occhi di tutti. Una lunga sequenza di leggi, prevaricazioni, distruzioni e violenze che costituiscono la trama della più lunga crime story mai raccontata.
Ancora una volta è inutile, infatti, cercare l’ordito nascosto o segreto della realtà, basta saperla osservare e ascoltare, oppure semplicemente leggere, following the money.

Ad esempio, nella “Convenzione in tema di anticipazione sociale in favore dei lavoratori destinatari dei trattamenti di integrazione al reddito di cui agli Artt. da 19 a 22 del DL N. 18/2020” concordata il 30 marzo 2020 a Roma, alla presenza del Ministro del lavoro e delle politiche sociali tra Associazione Bancaria Italiana (ABI), l’ Alleanza delle Cooperative Italiane, tutte le maggiori associazioni imprenditoriali e confederazioni sindacali.

Il tema è sostanzialmente quello della cassa integrazione ordinaria o in deroga. Provvedimenti da sempre destinati a ricadere economicamente sulle spalle dello Stato, degli imprenditori e dell’INPS, ma che grazie a questo accordo, in piena crisi economica (di cui la pandemia da coronavirus costituisce un’aggravante ma non l’unica origine), potrebbe ricadere direttamente sulle spalle dei lavoratori che la vorranno o dovranno richiederla.

Se già la cassa integrazione comporta sempre e comunque un costo per i lavoratori, consistendo mediamente in un 80% del salario, a partire da questo accordo la stessa si trasforma in una sorta di prestito che viene accordato ai lavoratori in attesa che sia l’INPS a ripianarlo e a provvedere ai successivi pagamenti, ma il cui costo iniziale ricadrà interamente sui dipendenti coinvolti, a differenza della cassa integrazione comunemente intesa che prevede, in caso di ritardo delle prestazioni dell’INPS, che il costo iniziale ricada sugli oneri delle imprese che, di fatto, sono costrette ad anticipare per qualche mese gli stipendi parziali pagati dall’ente previdenziale.
Come si può leggere nel testo della Convenzione, invece:

Al fine di fruire dell’anticipazione oggetto della presente Convenzione, i/le lavoratori/trici […] dovranno presentare la domanda ad una delle Banche che ne danno applicazione […]
Il/la lavoratore/trice e/o il datore di lavoro informeranno tempestivamente la Banca interessata circa l’esito della domanda di trattamento di integrazione salariale per l’emergenza Covid-19.
In caso di mancato accoglimento della richiesta di integrazione salariale […] qualora non sia intervenuto il pagamento da parte dell’INPS, la Banca potrà richiedere l’importo dell’intero debito relativo all’anticipazione al/la lavoratore/trice che provvederà ad estinguerlo entro trenta giorni dalla richiesta.
Nei casi della anticipazione del trattamento di integrazione salariale da parte della Banca, quest’ultima, in caso di inadempimento del lavoratore, […] comunicherà al datore di lavoro il saldo a debito del conto corrente dedicato.
In tal caso, a fronte dell’inadempimento del lavoratore, il datore di lavoro verserà su tale conto corrente gli emolumenti spettanti al lavoratore, anche a titolo di TFR o sue anticipazioni, fino alla concorrenza del debito. Il lavoratore darà preventiva autorizzazione al proprio datore di lavoro […] in via prioritaria rispetto a qualsiasi altro vincolo eventualmente già presente evitando che sia il datore di lavoro a dover regolare i criteri di prevalenza tra i diversi impegni presenti, nei limiti delle disposizioni di legge2.

La Convenzione con le banche non è un inedito, è già stata usata nel 2008/2009 e se la pratica di cassa non va in porto l’impresa è comunque obbligata a pagare le mensilità al lavoratore, che può così restituire gli anticipi versati dalla banca. La Convenzione è un accordo astratto, ma agli sportelli (persino di due filiali diverse dello stesso gruppo) possono nascere piccoli ricatti o fraintendimenti che il lavoratore, di solito inesperto, può non saper gestire – tipo l’obbligo di aprire una posizione permanente in quella banca, al di là del conto corrente e a termine della Convenzione. Inoltre:

“«L’accordo con l’Abi parla di un’istruttoria di merito creditizio nei confronti del lavoratore. Ma questa previsione rischia di essere un problema per chi ha un finanziamento in corso e magari non sia riuscito a pagare qualche rata di credito al consumo», spiega Roberto Cunsolo, consigliere dell’Ordine nazionale dei commercialisti. Tanto basta, infatti, per essere segnalati alla Centrale rischi finanziari (Crif) e di conseguenza vedersi rifiutare l’anticipo degli ammortizzatori.
L’argomento non è da poco visto che il governo nei provvedimenti adottati finora non ha previsto lo stop alle rate per i piccoli prestiti.” (qui)

Fermiamoci qui. E’ chiaro però che, in questo modo, la cassa integrazione ordinaria o in deroga si trasforma in nient’altro che in un prestito ai lavoratori/trici, che gli stessi sottoscriveranno con le banche, liberando quasi del tutto i datori di lavoro da qualsiasi responsabilità economica in merito. Un sistema perfetto di sfruttamento circolare del lavoro dipendente. Soprattutto nel caso della cassa in deroga per la quale viene del tutto esclusa la possibilità che questa possa essere anticipata dal datore di lavoro.
L’anticipo è sui conti dei lavoratori e, se qualcosa va storto, i padroni possono detrarre le cifre per il ripianamento del debito direttamente dai salari (senza neanche il limite del quinto dello stipendio). In questo modo il lavoratore diventa il garante ultimo della politica economica d’emergenza. Il lavoro è il fideiussore generale di riserva, la banca l’intermediario, l’impresa fa la ritenuta alla fonte per conto del sistema bancario di governo. L’accordo, inoltre, non prevede il vincolo di non licenziare, come indirettamente confermato dal silenzio sindacale in proposito. Così il salario è eventuale, ma se c’è, il padrone può versarlo ai suoi finanziatori.

In un contesto in cui si prevede che siano più di 11 milioni i lavoratori che dovranno far ricorso alla cassa integrazione (o ai bonus) e in un panorama in cui le imprese con meno di 10 dipendenti, ovvero quelle ritenute maggiormente a rischio, costituiscono l’82,4% (col 22,6% dei dipendenti complessivi) delle imprese manifatturiere, il 96,2% (con il 66% dei dipendenti) delle imprese edili e il 96,6% (con il 52,3%) di quelle legate ai servizi, commercio all’ingrosso e al dettaglio3 i tempi della Cig saranno già più lunghi di almeno 10-15 giorni. Mentre, per la complessità delle operazioni richieste in modalità diversa per ogni istituto bancario, i lavoratori meno esperti di strumenti informatici, considerato che le banche escludono la possibilità di una ‘consulenza’ sindacale a soccorso degli stessi, rischieranno di essere tra gli ultimi ad essere pagati, vista anche la precedenza che sia le banche che l’Inps accorderanno agli aiuti per le aziende.

Più che lo sdegno per lo strumento in questione, andrebbe rimarcato l’eterno ineliminabile ruolo delle banche. Dal Q.E., all’Ape, alla Cassa: tutto deve passare dalle banche, che tra l’altro in questa fase non hanno assolutamente uomini e mezzi per svolgere il ruolo “burocratico” che lo Stato gli appalta – oltre al costo economico e sociale che questo parassitismo bancario comporta. Questa pletora di ammortizzatori (Cigo, Cig, Naspi, Bonus autonomi, Reddito Gigino di Maio, contributi comunali) di cui alla fine non ci si capisce più nulla, costituisce però il risultato della mancanza di uno strumento di reddito generale e universale. Così, sia a livello sindacale che prefettizio, inizia a crescere l’allarme per il clima da insorgenza sociale ed economica che sembra nascere spontaneamente, soprattutto in città come Torino dove le code davanti al Monte dei pegni si allungano ormai di giorno in giorno (qui).

Ma occorre fare ancora qui alcune osservazioni di carattere generale.
La prima, naturalmente, è quella riguardante il fatto che tale provvedimento conferma la tendenza generale alla completa finanziarizzazione di ogni attività o provvedimento un tempo compresi in ciò che veniva definito welfare state. Che si tratti di sanità, di lavoro o di previdenza (con tutti gli addentellati del caso: cassa integrazione, pensioni, etc.) il costo oggi non solo non deve più essere sostenuto dalla finanza e dall’intervento pubblico, ma deve anche costituire motivo di realizzazione di interessi per chi si sostituisce, anche solo momentaneamente, allo Stato e alle sue agenzie in veste di ufficiale pagatore. Insomma, in soldoni le banche non muovono un dito se non ne ricavano una qualche forma di profitto.

La seconda, non meno importante, è che le casse dello Stato si avviano ad essere sostanzialmente vuote. Anni di ruberie, rapine politico-mafiose autorizzate, prebende, investimenti fantasma o in grandi opere inutili e dannose mai terminate (e interminabili), premi a consorterie politiche di ogni tendenza e genere, profitti e prestiti garantiti a imprese e banche too big to fail, tasse mai pagate e attività svolte in nero hanno letteralmente prosciugato la casse dello Stato e dell’INPS. La quale ultima, nata come Istituto di previdenza sociale per i lavoratori, ha dovuto sempre più farsi carico anche delle pensioni e dei trattamenti di fine servizio milionari di manager e dirigenti, privati e pubblici, oltre che diventare il tappabuchi per i periodi di sospensine dell’attività produttiva programmati dalle grandi aziende (come la Fiat).
Impressione generale confermata dallo slittamento in avanti continuo della data di presentazione dei provvedimenti economici governativi resi necessari dalla crisi.

Lo Stato sociale ha un costo sicuramente elevato che è andato crescendo nel tempo, ma non tutto è stato dissipato, come vorrebbe far credere una narrazione tossica e di parte, a causa delle pensioni un tempo calcolate su una età media più bassa e una vita lavorativa che veniva calcolata su un numero di anni inferiore a quelli attualmente necessari. Né si tratta soltanto di truffe rappresentate dai falsi invalidi, che pur ci sono state ma non tali da determinare l’attuale situazione di difficoltà.
Certo l’innalzamento dell’età media della vita ha comportato un prolungamento inaspettato dei pagamenti pensionistici e delle spese assistenziali per la terza età, ma troppo spesso ci si dimentica di sottolineare come proprio nel settore dell’assistenza alla stessa e in quello della Sanità non sia mai stato messo in pratica alcun tipo di controllo e di calmiere dei prezzi. Contribuendo così a fare dell’assistenza sanitaria e agli anziani un autentico Far West dove tutto è concesso, in termini di guadagno e profitto privato, e dove nessuna attività, o quasi, è svolta avendo come primo obiettivo quello della salute e del benessere dei cittadini.

Le tanto venerate privatizzazioni, concesse tanto da destra che da sinistra4, hanno dimostrato, proprio nel cuore dell”eccellenza’ sanitaria lombarda, la loro reale efficienza. Soprattutto nelle RSA, ovvero nelle residenze per anziani, sempre più costose (per lo Stato e per i cittadini) e meno protette dal punto di vista sanitario.
Residenze per anziani che sono diventate, in tutta Europa, uno dei settori più interessanti di investimento per le società finanziarie a caccia di nuovi territori in cui poter praticare le proprie scorrerie, garantendo profitti annui anche del 6-7% e trasformandosi, almeno fino all’esplodere della pandemia, in uno dei settori in cui si attendevano i maggiori investimenti nei prossimi anni. Fino a 15-20 miliardi di euro entro il 2035.
Basti pensare che in Lombardia l’84% delle RSA, che nel loro insieme rappresentano un affare da 1,4 miliardi di euro, è privato. Un affare che coinvolge 8.000 strutture e 262.000 persone censite dallo Spi-CGIL soltanto per il 2018 in tutt’Italia5.

«È un settore a metà tra l’immobiliare e l’infrastrutturale, che rappresenta un ottimo modo per diversificare e proteggere i portafogli, soprattutto nei momenti di ciclo economico debole», ha affermato in un recente convegno Giuseppe Oriani, ceo per l’Europa di Savills Investment Management. Ma che cosa attira gli investitori? In primo luogo, si tratta di un investimento a basso rischio, che si traduce in una sostenibilità dei canoni su un arco temporale medio lungo. «A questo, concorre il fatto che nel sistema italiano, così come in quello francese o tedesco, solo una parte delle rette di degenza è a libero mercato, ma una quota consistente è coperta dal pubblico, nel nostro caso dalle Regioni. Questo è un elemento di garanzia per chi investe», spiega Pio De Gregorio, responsabile Industry trend & benchmarking analysis di Ubi Banca, che ha redatto un accurato studio sul settore.
Naturalmente fanno gola i rendimenti medi lordi, stimati in un range compreso tra il 6% il 7,5%. La dinamica demografica è legata a doppio filo a questa classe di investimento. Infatti, a seconda degli scenari che si verificheranno, e dunque della necessità di posti letto in Rsa, si parla di investimenti in nuove strutture per 15 miliardi di euro entro il 2035, secondo l’ottica più conservativa, o fino a 23 miliardi secondo lo scenario più generoso. L’Italia ha ancora un forte gap da recuperare. In Germania ci sono oltre 12mila strutture per circa 876mila posti letto, in Francia 10.500 strutture e 720mila posti letto, in Spagna rispettivamente circa 5.400 e 373mila.6

Quello delle RSA, alla luce dei decessi ricollegabili alla mancata prevenzione sanitaria in occasione dell’attuale pandemia, sembra essere un esempio piuttosto efficace per dimostrare concretamente come salute, assistenza e finanza non possano collimare nei loro obiettivi ultimi7.
L’assalto finanziario ad ogni aspetto del sociale infatti non rappresenta soltanto una riduzione della spesa dello Stato nel settore dei servizi ai cittadini, ma un vero rovesciamento di questi ultimi che si trasformano in un autentico settore di investimento protetto per il capitale finanziario sempre più alla ricerca di aree garantite in cui essere “parcheggiato” con una resa maggiore di quella fornita dall’investimento produttivo.

La strategia messa in atto da anni nei confronti della spesa pubblica e del suo taglio, si rivela dunque sempre di più per quello che di fatto è: fornire la possibilità di continuare ad investire speculativamente senza rischiare che l’enorme bolla finanziaria che si è venuta a creare negli anni (con scarsa o nulla base nell’economia reale) finisca con l’esplodere.
Questo può tranquillamente farci affermare che proprio per tale motivo i paperoneschi fantastiliardi promessi dal governo di Totò e Peppino per fronteggiare la crisi non esistono. Non esistono nelle casse del governo e non esistono nemmeno nelle casse delle banche. Le quali ultime avendo investito cifre da capogiro in titoli gonfiati, se non in veri e propri junk bond, oppure in titoli di Stato per impedire l’aumento dello spread e degli interessi pagati oggi non hanno disponibile tutta la liquidità richiesta dal governo per finanziare le imprese in crisi.

Interessante, da questo punto di vista, può rivelarsi la posizione assunta dall’AD di Intesa San Paolo, Carlo Messina, che, nei giorni scorsi, ha dichiarato che se la banca farà la sua parte mettendo a disposizione 50 miliardi di crediti, anche gli imprenditori che hanno spostato i loro investimenti e le loro ricchezze all’estero dovrebbero fare altrettanto facendoli rientrare in Italia8. La globalizzazione si incrina quindi, proprio ai suoi vertici, di fronte a una crisi che, al di là delle vacue dichiarazioni di Conte e Gualtieri, non troverà nei finanziamenti europei la sponda troppo a lungo strombazzata. Né i 1500, né i 400 miliardi ma, per ora e al massimo, i 37 messi a disposizione dal ferreo fondo salva stati (MES).

Da qui due conseguenze immediate e tutte due da consumarsi sulla pelle dei lavoratori: la prima è la riapertura di tutte le aziende che ne hanno fatto richiesta in deroga9 in cambio del mancato aiuto promesso su così larga scala (certo qualcosa ci sarà, ma non nella misura attesa da gran parte del mondo imprenditoriale), mentre la seconda (che non sarà comunque l’ultima) è compresa nell’accordo di cui abbiamo parlato all’inizio di questo intervento.

Non vedere in questo accordo una forma di liberalizzazione dei contratti di lavoro destinata a durare ben oltre l’emergenza sarebbe da imbecilli e non denunciarlo semplicemente criminale.
Ecco allora serviti gli snodi su cui articolare la nuova protesta sociale, non sull’idealità o l’ideologia o su un solidarismo più di marca cattolica che rivoluzionaria, ma sulla salda concretezza costituita dall’impossibilità di far coincidere gli interessi dei lavoratori con quelli dello Stato e del capitale, soprattutto nei periodi di crisi. Si tratti dei lavoratori dell’industria, si tratti dei lavoratori e degli operatori della sanità, si tratti ancora dei lavoratori dei servizi pubblici e privati e della scuola, la crisi ha tolto la maschera alla controparte. E’ ora di smettere di considerare il lavoro dipendente un privilegio o una fortuna, anche là dove sembrava garantito. E’ venuta l’ora di riportarlo al centro del conflitto e dell’attenzione antagonista.

In questi giorni il Fondo Monetario Internazionale ha dichiarato che siamo davanti ad una crisi peggiore di quella del 1929, dalla quale, occorre sempre ricordarlo, si uscì soltanto con il secondo macello imperialista mondiale; sorto ed esploso non per un insanabile conflitto tra democrazia e autoritarismo, ma soltanto per ridefinire i confini delle aree di influenza economica e politica nel e sul mercato mondiale. Il Financial Times si è spinto a dichiarare in prima pagina (15 aprile) che questa sarà la peggiore crisi economica degli ultimi 300 anni. Ma è stato il quotidiano dei vescovi italiani, Avvenire, a giungere ad una sintesi storica più adeguata, dichiarando che:

Una volta che l’emergenza sanitaria dettata dalla pandemia sarà sotto controllo, il rischio è che si apra una delle più grandi fasi di stagnazione economica degli ultimi secoli e con essa una ristrutturazione dei sitemi politici di riferimento. Il pericolo è di ritrovarsi in una nuova «grande crisi generale» paragonabile a quella che gli storici definiscono la «crisi generale del XVII secolo», quando la seconda ondata pandemica di peste fu accompagnata da un profondo cambiamento degli assetti politici ed economici […] La conseguenza è che dobbiamo attenderci non solo della povertà la più grave recessione economica degli ultimi secoli, con un crollo inimmaginabile della capacità produttiva e un aumento mai registrato e delle disuguaglianze a livello globale, ma anche lo stravolgimento dell’ordine esistente. Già all’indomani della grande crisi del 2008, infatti, l’ordine internazionale liberale ha cominciato a dare segni di cedimento strutturale.10

Mai come in quest’occasione la salvaguardia della salute e delle garanzie sul lavoro sono state coincidenti; mai come in questo momento lotta sindacale e lotta politica (intesa nel suo senso più ampio di ridefinizione delle necessità sociali e del modo di governarle) si sono avvicinate nelle loro finalità; mai come oggi la lotta per la ripartizione della ricchezza prodotta è stata tanto importante per ridefinire i modi della sua creazione, delle sue finalità e della difesa dell’ambiente. E della salvaguardia della specie umana.

Soprattutto in un contesto in cui la sostanziale confusione sui dati epidemiologici, la chiacchiera politica, la propaganda mediatica e le continue e contraddittorie illazioni di presunti esperti quali Roberto Burioni e Ilaria Capua (nomi che valgono soltanto come esempio considerato che l’elenco potrebbe continuare a lungo) non hanno fatto altro che coprire di parole inutili e pietose la sostanziale scelta dell’immunità di gregge come unica strategia da applicare nei confronti dell’epidemia, pur senza averlo mai dichiarato pubblicamente.

Lontani dalla memoria storica della Chiesa, che ha motivo di mantenerla non per ragioni di cambiamento e sovvertimento dell’ordine esistente, ma al contrario per la necessità di conservare i suoi apparati e la sua funzione11, i tecnici del dream team di Vittorio Colao già insistono per rendere obbligatorio lo smart working, il telelavoro, per le grandi aziende e ovunque sia possibile. Mentre alcuni lavoratori e alcune lavoratrici possono vedere in questa “modernizzazione” una forma di flessibilità che potrebbe andare incontro alle loro esigenze personali e famigliari, è inevitabile osservare come tale ristrutturazione del lavoro white collar sia destinata a promuovere un’ulteriore parcellizzazione dello stesso e un’atomizzazione dei suoi esecutori che, ben presto, dovranno fare i conti con una totale privatizzazione dei loro contratti e con una tendenza inarrestabile alla creazione di lavoratori “autonomi” (in realtà dipendenti) assolutamente non più garantiti sia sui tempi di lavoro che sulle retribuzioni. Come già ben sanno molti lavoratori precari.

Sarebbe poi da affrontare il tema della ristrutturazione del lavoro nel comparto sanità, dove è evidente che dietro agli untuosi elogi agli “eroi che ci difendono in prima linea” si cela una totale ristrutturazione peggiorativa delle condizioni di lavoro dei medici (qui) e di tutto il personale sanitario12, già da tempo iniziata con le privatizzazioni messe in atto nel settore. Non solo in Lombardia, caso più eclatante, ma in tutta Italia e da ogni governo nazionale o locale.

Nella scuola anche non ci sarà da scherzare. Anche qui il telelavoro di queste settimane, le lezioni a distanza e le riunioni fiume per via telematica, non costituiranno altro che un ulteriore aumento dei carichi di lavoro dei docenti, una riduzione delle risorse disponibili (che bisogno ci sarà di pagare i corsi di recupero, se gli insegnanti saranno obbligati a tenere delle lezioni da casa al pomeriggio?) e se le classi saranno ridotte di numero sarà solo per sdoppiarle su un lavoro che potrebbe svolgersi sia di mattina che pomeriggio, con un aumento dell’orario settimanale dei docenti non accompagnato da un’adeguata retribuzione. Non a caso già si parla di un nuovo contratto e di nuove assunzioni che certo non sarebbero minimamente adeguate a coprire un raddoppio delle cattedre.

Del lavoro in fabbrica, nei cantieri, nella distribuzione e nel commercio abbiamo già indirettamente parlato anche negli articoli precedenti. Ma se da un lato su ogni lavoratore di questi settori, come anche di quelli citati prima, graverà la spada di Damocle del licenziamento e della disoccupazione, è chiaro che su tutti i lavoratori e le lavoratrici peseranno fin da subito l’aumento dei ritmi, l’inasprimento delle turnazioni, la probabile riduzione delle retribuzioni per permettere alle aziende, grandi e piccole, di superare ‘insieme’ il difficile momento. Lo ha sintetizzato benissimo il presidente degli industriali vicentini, Luciano Vescovi, quando ha affermato: “Si tratta di trovare un percorso italiano per tamponare l’emergenza e aiutare il sistema, ma è molto complicato in uno Stato privo di soldi. Bisogna dirlo chiaramente: bisogna tornare a lavorare, e tirare la cinghia per un po’” (qui). Mentre lo stesso presidente del consiglio Conte ha già preannunciato che, con la prossima riapertura, si lavorerà sette giorni su sette.

D’altra parte l’elezione di Carlo Bonomi alla presidenza di Confindustria e l’immediata proposta di anticipare ufficialmente la riapertura produttiva del settore auto (che significa, in realtà, praticamente tutta la metalmeccanica) e di quello della moda (tessile e non solo: cuoio. chimica, etc.) mostrano chiaramente come tutte le decisioni della politca siano completamente assuefatte, a Destra come a Sinistra, agli ordini provenienti dai “padroni del vapore” e dagli investitori. In fin dei conti, nella pletora di tecnici arruolati di giorno in giorno per svolgere le funzioni che dovrebbero essere specifiche del Governo e del Parlamento, i veri specialisti sono loro: gli imprenditori. Che, però, non ancora soddisfatti dagli omini di pezza posti al governo o nel parlamento, si spingono già a chiedere la presenza di un nuovo de Gaulle13.

Non tenere conto di ciò, chiudersi nello specifico o nel proprio orticello, scimmiottando gli orridi specialisti ed esperti come i 17 membri della super-commissione varata dal governo in questi giorni, sarebbe semplicemente perdente e conservatore.
In tutto il mondo, a partire dagli Stati Uniti i lavoratori di tutti i settori hanno capito che la lotta contro la crisi da coronavirus coincide con la lotta contro il virus del capitale (qui).
Ma ciò che fa paura, forse, è proprio il fatto che nelle crisi sistemiche tutti i nodi sono destinati a venire al pettine e non ci sia più spazio per le incertezze e i tentennamenti.
Stiamo dunque ben attenti a non perdere questa occasione, a partire proprio dalle assemblee, dalle discussioni e dalle eclatanti contraddizioni che si svilupperanno sui posti di lavoro. Non abbiamo bisogno di inventarci spazi, ma di riconquistare quelli che ci sono e conosciamo già.
In fin dei conti, se già gli “esperti”, i media e l’economia ci dicono che “fa brutto”, anche noi avremo prima o poi il diritto di sbroccare, no?14

N.B.
Questo lungo articolo, la cui responsabilità per i contenuti e gli eventuali errori ricade interamente sull’autore, non sarebbe stato possibile senza i consigli, le critiche e le considerazioni espresse da Luca B., Giovanni I., Maurizio P., Gioacchino T. e Cosetta F.


  1. F.M.Snowden, Epidemics and Society. From the Black Death to the Present, New Haven- London 2019, Yale University Press, p.7  

  2. Convenzione in tema di anticipazione sociale in favore dei lavoratori destinatari dei trattamenti di integrazione al reddito di cui agli Artt. da 19 a 22 del DL N. 18/2020  

  3. Dati Istat riferiti al 2016  

  4. Resta qui da ricordare sempre il vademecum prodiano per la “proficua collaborazione “ tra Stato e mercato: Romano Prodi, Il capitalismo ben temperato, il Mulino 1995  

  5. R. Galullo e A. Mincuzzi, Residenze per anziani, affare da 1,4 miliardi in Lombardia. L’84% delle Rsa è privato,il Sole 24ore, 8 aprile 2020  

  6. Adriano Lovera, Residenze per anziani, mercato in crescita costante, il Sole 24ore, 14 ottobre 2019  

  7. In Italia, Spagna, Francia, Belgio e Irlanda la metà dei decessi da Covid-19 è avvenuta nelle residenze pr anziani (qui)  

  8. A. Greco, Intervista a Carlo Messina, la Repubblica, 7 aprile 2020  

  9. Facendo sì che il lockdown promesso e strombazzato non sia mai neppure lontanamente esistito per la maggioranza dei lavoratori, come si può osservare anche solo dai dati dell’ISTAT (qui); fatto evidente che soltanto da qualche giorno il Viminale e alcuni quotidiani fingono invece di scoprire 

  10. Raul Caruso, Dopo la pandemia si rischia una crisi degli assetti globali, Avvenire 14 aprile 2020  

  11. Anche quando per bocca di Papa Francesco avanza la richiesta di un salario universale per i lavoratori più poveri (qui)  

  12. Come spiega molto bene l’intervista ad un’infermiera contenuta qui  

  13. Carlo Andrea Finotto, Virus e rischio baratro. Perché all’Italia servirebbe un nuovo de Gaulle, il sole 24ore, 18 aprile 2020  

  14. Sia ‘far brutto’ che ‘sbroccare’ sono due possibili traduzioni in italiano dell’americano ‘breaking bad’  

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Fiscal Combat https://www.carmillaonline.com/2018/10/21/fiscal-combat/ Sun, 21 Oct 2018 17:00:52 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=49308 di Alessandra Daniele

“Se non riusciamo a dare il Reddito di Cittadinanza, il Movimento 5 Stelle è morto” – Roberto Fico, luglio 2018

Il presidente della Camera grillino teme i suoi elettori come se fossero esattori della Mafia. Il ministro dell’Interno leghista sa che i suoi elettori sono gli unici esattori ghiotti di condoni. I debiti sono in scadenza, e i Grilloverdi come previsto, dopo la Fase uno della loro Exit Strategy, cioè dare la colpa all’Europa, hanno fatto partire la Fase due: darsi la colpa a vicenda. Mentre Salvini stava in Russia per aggiornarsi il software, Cazzaro [...]]]> di Alessandra Daniele

“Se non riusciamo a dare il Reddito di Cittadinanza, il Movimento 5 Stelle è morto” – Roberto Fico, luglio 2018

Il presidente della Camera grillino teme i suoi elettori come se fossero esattori della Mafia.
Il ministro dell’Interno leghista sa che i suoi elettori sono gli unici esattori ghiotti di condoni.
I debiti sono in scadenza, e i Grilloverdi come previsto, dopo la Fase uno della loro Exit Strategy, cioè dare la colpa all’Europa, hanno fatto partire la Fase due: darsi la colpa a vicenda.
Mentre Salvini stava in Russia per aggiornarsi il software, Cazzaro Di Maio ha improvvisamente scoperto che nella loro Manovra del Popolo s’annidava un laido Supercondono con tanto di depenalizzazione del riciclaggio, e l’ha denunciato nella sede istituzionale più autorevole che gli è venuta in mente: lo studio di Vespa. La cosiddetta Pace Fiscale s’è quindi trasformata nel casus belli della settimana, mentre la temperatura nella pentola dello spread continuava a salire, lentamente ma inesorabilmente.
Salvini ha risposto minacciando Di Maio di sabotare l’altro condono, quello edilizio delle villette abusive di Ischia infilato di straforo dai grillini nel decreto per Genova.
La sceneggiata s’è conclusa con un ridimensionamento del condono fiscale, che senza davvero renderlo meno iniquo, l’ha reso anche inutile a tappare i buchi di bilancio ai quali era stato destinato.
La manovra finanziaria Grilloverde somiglia sempre di più a una letterina di Natale spedita a Ferragosto.
Come Max Bialystock e Leo Bloom, i producer truffaldini del capolavoro di Mel Brooks Per favore non toccate le vecchiette, in realtà Salvini e Di Maio si augurano che il loro spettacolo non sopravviva alla première, perché sanno che altrimenti si troverebbero costretti a pagare dei dividendi che non guadagneranno mai.
Del loro sgangherato musical neofascista, scritto, diretto e interpretato da cialtroni, hanno venduto il 10.000% delle royalty. La loro unica speranza di farla franca è l’essere costretti dalla Crisi a smontare al più presto la loro messa in scena.
Natale però è lontano.

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Sorrisi e Cazzari https://www.carmillaonline.com/2018/10/14/sorrisi-e-cazzari/ Sun, 14 Oct 2018 17:00:02 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=49144 di Alessandra Daniele

“La nostra è una scommessa. Ci riusciremo? Io spero di no” – Lapsus freudiano del ministro dell’Economia Giovanni Tria

La cosiddetta Manovra del Popolo che doveva abolire la povertà e istituire il Sorriso di Stato, come prevedibile si sta dimostrando una truffa, contabile e politica. Per l’ennesima volta gli italiani si ritrovano ad aver comprato la Fontana di Trevi, e a questo giro da due pataccari diversi contemporaneamente, Salvini e Di Maio. Delle mirabolanti promesse elettorali sono rimaste soltanto le etichette, appiccicate con lo sputo a pasticciati tentativi di mance elettorali. Controlliamo le principali: Reddito di [...]]]> di Alessandra Daniele

“La nostra è una scommessa. Ci riusciremo? Io spero di no” – Lapsus freudiano del ministro dell’Economia Giovanni Tria

La cosiddetta Manovra del Popolo che doveva abolire la povertà e istituire il Sorriso di Stato, come prevedibile si sta dimostrando una truffa, contabile e politica.
Per l’ennesima volta gli italiani si ritrovano ad aver comprato la Fontana di Trevi, e a questo giro da due pataccari diversi contemporaneamente, Salvini e Di Maio.
Delle mirabolanti promesse elettorali sono rimaste soltanto le etichette, appiccicate con lo sputo a pasticciati tentativi di mance elettorali.
Controlliamo le principali:

Reddito di cittadinanza
S’è trasformato in una specie di Carta Annonaria con la quale, forse fra sei mesi, sarà possibile solo acquistare beni di sopravvivenza. Se compri un cellulare, arriva la Finanza. Giusto per tenere le Fiamme Gialle lontane dagli evasori veri, per i quali è in arrivo il solito condono.
Abolizione della legge Fornero
S’è ridotta alla cosiddetta “Quota 100”, che costerà a chi la sceglie almeno il 20% della pensione in meno.
Flat Tax
S’è ristretta a uno sgravio fiscale per alcune partite IVA. Altri si troveranno a pagare di più.
Legge contro il conflitto di interessi
Sparita, e sostituita dalla solita spudorata lottizzazione della Rai.
Riconversione ecologica dell’Ilva 
Sparita. È stato applicato il piano Calenda.
Reintroduzione dell’articolo 18
Sparita
Asili nido gratis
Spariti
Abolizione delle accise
Sparita
Internet a banda larga gratis
Sparito
Abolizione degli studi di settore
Sparita
Blocco TAV e TAP
Sparito

Il governo Grilloverde è stato capace di tradire anche le promesse fatte dopo le elezioni, come l’annunciato decreto Di Maio per i diritti dei rider, sparito nel nulla mentre Foodora lasciava l’Italia. O l’impegno solenne di Toninelli per la demolizione e ricostruzione celere del ponte Morandi, che invece ancora aspetta, spezzato in due come la città che univa.

Eppure, secondo gli standard cravattari dell’UE persino questa fetecchia di manovra è considerata sacrilega, e rende il governo Grilloverde meritevole di punizione esemplare per aver offeso i mercati, e i supermercati, minacciando la chiusura domenicale obbligatoria.
I pataccari quindi sperano di far saltare tutto dando la colpa all’Europa. È la fase uno della loro Exit Strategy per tornare a votare in primavera, rivincere con le stesse promesse irrealizzabili, e spostare anche tutto l’asse politico europeo in loro favore, facendo deragliare l’UE.
Con questa sfida fra cravattari e pataccari, classisti e razzisti, si sta ingloriosamente chiudendo la parabola dell’Europa unita.
L’unico sorriso sarà di schadenfreude.

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300 https://www.carmillaonline.com/2018/10/07/300/ Sun, 07 Oct 2018 17:00:42 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=49046 di Alessandra Daniele

“Gli elettori giudicheranno fra 5 anni. I mercati giudicano fra 5 minuti” – Carlo Alberto Carnevale Maffè, Università Bocconi

La settimana scorsa è stata segnata dal primo round del match fra Cravattone Di Maio e i cravattari dello spread, che l’hanno vinto ai punti: 300. La “soglia psicologica” delle Termopili finanziarie è stata superata, e su tutti i media the S word è tornata a risuonare minacciosa come un clangore di sciabole che rievoca la crisi del 2011. Benché ne esistano vari corrispettivi in italiano, il termine ”spread” ovviamente continuerà a non essere tradotto, perché è una di quelle parole che funzionano, tipo [...]]]> di Alessandra Daniele

“Gli elettori giudicheranno fra 5 anni. I mercati giudicano fra 5 minuti” – Carlo Alberto Carnevale Maffè, Università Bocconi

La settimana scorsa è stata segnata dal primo round del match fra Cravattone Di Maio e i cravattari dello spread, che l’hanno vinto ai punti: 300.
La “soglia psicologica” delle Termopili finanziarie è stata superata, e su tutti i media the S word è tornata a risuonare minacciosa come un clangore di sciabole che rievoca la crisi del 2011.
Benché ne esistano vari corrispettivi in italiano, il termine ”spread” ovviamente continuerà a non essere tradotto, perché è una di quelle parole che funzionano, tipo ”kamikaze”, o ”tzunami”.
Parole taglienti e sinistre, che si piantano in testa come schegge di metallo. Ogni prima pagina, come ogni apertura di Tg, è una granata a frammentazione, una bomba a grappolo di queste parole.
Titolare ”Il differenziale fra i buoni del tesoro decennali italiani e quelli tedeschi aumenta di trenta punti” è soporifero, evoca l’immagine di quieti mezzemaniche che smanettano su calcolatrici a fosfori verdi.
Titolare ”Lo spread sfonda quota 300” funziona, dà l’idea d’un enorme missile fallico che sfreccia in una scia di fuoco puntando verso l’Italia per ridurla a una voragine fumante. Panico!
I Leonida Grilloverdi hanno proclamato fieri “Non cederemo mai!” Poi hanno ceduto, trasformando l’ormai mitologico Reddito di Cittadinanza in una specie di Social Card bis, con la quale sarà possibile soltanto acquistare beni di prima necessità.
Saranno rigorosamente vietate quelle che Cravattone ha definito “spese immorali”.
“E niente smartphone!” ha aggiunto. Da che pulpito.
Chi deciderà quali spese sono immorali? Ci sarà un apposito Sant’Uffizio Grilloverde che vieterà l’acquisto di libri di grammatica e geografia, e ne avvelenerà gli angoli delle pagine?
I responsabili della Manovra del Popolo considerano il popolo un branco di truffatori morti di fame, che in quanto tali hanno il diritto di comprare solo cibo, e forse carta igienica, mentre gli smartphone sono riservati ai loro sghignazzanti gerarchi serial Twitter. E per gli evasori fiscali è in arrivo l’ennesimo condono.
La Lega ha precisato che grazie a un apposito microchip la Nazional-social Card funzionerà soltanto nei negozi italiani.
Agli altri spaccherà le vetrine.
Salvini ha inoltre promesso, dopo i porti, di chiudere anche gli aeroporti. Bisognerà spiegargli che un aereo charter non può andare in giro in volo per 15 giorni senza atterrare da nessuna parte.
La propaganda grilloverde assume ogni giorno toni sempre più grotteschi. La campagna elettorale delle elezioni europee di maggio 2019 è cominciata troppo presto. Troppa rincorsa, troppe cazzate, persino per gli standard italiani.
Il film 300 era talmente fasciocazzaro da diventare una parodia involontaria, la versione peplum di Fascisti su Marte.
Il governo Grilloverde si candida a esserne la versione economica. Fascisti in Mutande.
Il conto come al solito lo pagheremo noi.
L’avvertimento dell’Unione Europea è già arrivato: l’Italia non sarà salvata.
Sarebbe una spesa immorale.

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La Manovra del Polipo https://www.carmillaonline.com/2018/09/30/la-manovra-del-polipo/ Sun, 30 Sep 2018 17:00:36 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=48954 di Alessandra Daniele

“Mostrati forte quando sei debole, e debole quando sei forte” – Sun Tzu

Col promo della legge di Bilancio, il governo Grilloverde ha firmato un’altra bella cambiale in bianco zeppa di promesse propagandistiche. “Sarà la Manovra del Popolo”. “Aboliremo la povertà”. “Il nostro orizzonte politico è il 2050”. Le astronavi da combattimento sono già al largo dei Bastioni di Orione. Il Grilloverde non teme la reazione negativa dei mercati. Se l’augura. Perché un violento attacco speculativo a cui dare la colpa del mancato mantenimento delle promesse è proprio quello che gli [...]]]> di Alessandra Daniele

“Mostrati forte quando sei debole, e debole quando sei forte” – Sun Tzu

Col promo della legge di Bilancio, il governo Grilloverde ha firmato un’altra bella cambiale in bianco zeppa di promesse propagandistiche.
“Sarà la Manovra del Popolo”. “Aboliremo la povertà”. “Il nostro orizzonte politico è il 2050”. Le astronavi da combattimento sono già al largo dei Bastioni di Orione.
Il Grilloverde non teme la reazione negativa dei mercati.
Se l’augura.
Perché un violento attacco speculativo a cui dare la colpa del mancato mantenimento delle promesse è proprio quello che gli servirebbe.
I mercati sembrano però intenzionati a sobbollire l’Italia a fiamma bassa e immersione graduale. Come un polpo in brodo.
Il Grilloverde per adesso non teme neanche di perdere la fiducia dei suoi followers. Sa che hanno ancora un disperato bisogno di credergli, convinti di non avere nessun’altra speranza. E che all’illusione della Manovra del Popolo s’aggrapperanno finché gli sarà possibile, nonostante la cialtroneria, l’arroganza, l’incapacità, e persino la disumanità dimostrate da Lega e M5S.
Il ministro della Cultura Bonisoli, quota M5S, ha definito gli immigrati “piante infestanti”.
In parlamento di alternative non ce ne sono. C’è il semivivo Berlusconi, di fatto socio occulto della maggioranza, col quale Salvini s’è consultato più d’una volta mentre si elaborava il trailer della legge di Bilancio, presumibilmente sulla cosiddetta “Pace Fiscale” cara al loro elettorato.
Razzismo e condoni.”No all’invasione”, sì all’evasione.
E poi c’è il PD, o quel che ne rimane, responsabile diretto quanto Berlusconi dell’attuale rovina politica, economica, etica e culturale del paese. Una setta ancora guidata da Matteo Renzi verso il suicidio collettivo rituale.
Di rado lo scenario politico italiano è stato più disperante.
L’Italia post-berlusconiana è una landa desolata percorsa da grotteschi Cazzari di ventura che parlano in post-italiano, proclamandosi fieri paladini d’un paese del quale non conoscono più la lingua, la storia, e nemmeno la geografia, acclamati da seguaci così disperati da crederli l’ultima possibilità di salvezza.
All’orizzonte svolazzano gli avvoltoi della tecnocrazia finanziaria, aspettando di pasteggiare coi resti dell’Italia, quando tutte le cambiali saranno inevitabilmente scadute, insieme al Quantitative Easing.
E il polipo sarà cotto.

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L’alba dei morti viventi https://www.carmillaonline.com/2018/05/30/lalba-dei-morti-viventi/ Wed, 30 May 2018 21:00:07 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=46038 di Sandro Moiso

Il grottesco e ridicolo dramma in corso sulla scena politica italiana mi ha ricordato, in un primo tempo e a cent’anni esatti di distanza (ahi, potenza del teatro e dell’immaginario!), il pirandelliano “Giuoco delle parti”, scritto dall’autore siciliano nel 1918, in cui un marito cinico (Leone Gala) lascia correre la moglie Silia, volubile e capricciosa, tra le braccia dell’amante, il debole Guido Venanzi, completamente dominato dagli altri due. Lascia correre però soltanto per stringere poi un cappio mortale intorno al collo del più debole, con un colpo di scena [...]]]> di Sandro Moiso

Il grottesco e ridicolo dramma in corso sulla scena politica italiana mi ha ricordato, in un primo tempo e a cent’anni esatti di distanza (ahi, potenza del teatro e dell’immaginario!), il pirandelliano “Giuoco delle parti”, scritto dall’autore siciliano nel 1918, in cui un marito cinico (Leone Gala) lascia correre la moglie Silia, volubile e capricciosa, tra le braccia dell’amante, il debole Guido Venanzi, completamente dominato dagli altri due. Lascia correre però soltanto per stringere poi un cappio mortale intorno al collo del più debole, con un colpo di scena destinato a troncare in maniera irrefutabile la corrispondenza di amorosi sensi tra i due illusi. Rimediando però, allo stesso tempo, un marchio di infamia destinato ad accompagnarlo fino alla fine dei suoi giorni.
Mettete Sergio al posto di Leone, Matteo al posto di Silia e Luigi al posto di Guido e otterrete lo stesso risultato (che appunto non cambia col mutare dei fattori).

Ma il tormentone degli ultimi novanta giorni mi ha fatto anche ricordare che Amadeo Bordiga scrisse sul quindicinale “Il programma comunista” n. 14 del 1956 un compianto per Stalin: Plaidoyer pour Staline.
In tale articolo, proprio colui che fin dagli anni Venti si era erto ad intransigente avversario delle politiche che avrebbero portato l’Internazionale Comunista e l’URSS a diventare uno dei baluardi della controrivoluzione mondiale, si sarebbe trovato da solo a ripercorrere il percorso politico del suo avversario per dimostrare come ben poco, nel corso della Storia, sia dovuto alla volontà o alla personalità del singolo individuo. Proprio nel momento in cui, a tre anni di distanza dalla morte del “piccolo padre”, tutti i rappresentanti del perbenismo di destra e di sinistra si erano avventati come iene sulle spoglie di colui che, in occasione del XX congresso del PCUS svoltosi tra il 14 e il 26 febbraio di quello stesso anno, era stato accusato di tutti i “crimini” veri o presunti messi in atto dal regime e individuato come l’artefice di ogni errore seguito alla morte di Lenin.

Così fino a ieri, sarebbe stato possibile “compiangere” un governo ancora mai nato, contro cui erano stati indirizzati, fin dai primi giorni successivi alle elezioni del 4 marzo, gli strali della Sinistra, della Destra, del perbenismo, del filo-europeismo, dell’Europa germanica e di quella delle banche e della finanza, del berlusconismo, dell’anti-berlusconismo più scontato, dell’antifascismo più trito e di un antagonismo che di tale appellativo non riesce più nemmeno a salvare la facciata.

Un governo non nato, non solo per il possibile bluff di qualcuno dei suoi artefici, ma anche a causa di una rigida volontà di mantenimento dell’immutabilità sociale ed economica che si è mostrata dal 2011 in avanti e che è, sostanzialmente, conseguenza di un sistema di governo PD-Forza Italia che ha costruito il proprio potere finanziario e politico appoggiandosi sulle scelte più scellerate messe in atto dalla BCE, dai governi di Berlino e Parigi e dall’inconsistente parlamento europeo. Così, come aveva previsto Lucio Caracciolo, direttore della rivista mensile “Limes” e uno dei pochi, forse l’unico, commentatori politici italiani degni di essere ascoltati, affermando qualche settimana prima delle elezioni del 4 marzo che PD e FI avrebbero fatto di tutto per impedire un governo con i 5 Stelle, salvo poi tornare ad elezioni (nel corso dello stesso anno) in cui i populisti avrebbero trionfato.

Possibile governo che, dalla sua, avrebbe un risultato elettorale ottenuto attraverso la simultanea distruzione, avvenuta nelle urne da Nord a Sud, dei due feticci che insieme hanno governato l’Italia nel corso degli ultimi 25 anni: Berlusconi e il PD, in tutte le loro differenti formule elettorali. Uno scossone elettorale che ha rivelato, e pochi l’hanno colto, come gli italiani con tale voto abbiano cercato di togliere di torno i due falsi avversari che hanno inquinato la politica italiana; in cui berlusconismo e anti-berlusconismo hanno costituito l’esercizio di una fasulla opposizione sia di “Destra” che di “Sinistra”. Gioco in cui sono cascati quasi tutti, anche negli ultimi mesi e comprese alcune delle migliori penne di ciò che rimane di più vivace nel circo mediatico italiano.

Ma, in realtà, le ultime giravolte avvenute intorno al Quirinale con un frenetico via vai inconcludente ed inconsistente di un rappresentante del Fondo Monetario Internazionale come Carlo Cottarelli, la sua fuga dal retro del Palazzo, il disordine in sala stampa e negli studi televisivi, le affermazioni affrettate del giovane partenopeo, tutto avvolto nel tricolore e pentito dello sgarbo nei confronti del Presidente Mattarella, la paura degli economisti e dei commentatori di fronte alla salita dello spread e alla caduta dei titoli di borsa italiani oltre agli ondeggiamenti dell’uomo “con le palle” fascio-leghista, hanno infine ricordato al sottoscritto, ancora a quarant’anni di distanza, le prime, magnifiche immagini di disordine e caos mediatico fuori controllo di Dawn of the Dead (in Italia Zombi) di George Romero. E sinceramente a tutt’ora sembra, e si spera anche con soddisfazione dell’ esperto in tale settore Gioacchino Toni, l’impressione più corretta ed efficace da trasmetter ai lettori di Carmilla.

Il sottoscritto, poi, non ha mai nutrito simpatie per i 5 Stelle, fin dalla loro prima comparsata politica nel 2012 (qui), e tanto meno per il leghismo, ma quanto è accaduto in questi giorni (sostanzialmente la manovra di Mattarella per respingere il governo proposto originariamente dalle due forze politiche) più che rappresentare una vittoria del costituzionalismo contro l’avventurismo e il fascismo, ha rappresentato, definitivamente, la perdita di autonomia dei parlamenti nazionali, dei sistemi elettorali e della volontà dei cittadini rispetto alle regole stabilite degli interessi della finanza internazionale, dalle attuali classi dirigenti e del capitalismo tedesco.
L’affermazione di un autentico fascismo europeo che è, nonostante tutto, tutt’altro e, per ora, ben più autoritario e armato del fascismo verde-giallo nostrano della cui presunta sconfitta si nutrono con soddisfazione gli ancor troppi sinistrati mentali.1

Ma qui occorre aprire una parentesi per capire di cosa si parla quando si parla di Europa e di capitalismo finanziario. Se si pensa infatti a un blocco unico (modello SIM, Stato Imperialista delle Multinazionali) si è fuori strada tanto quanto chi alla fine degli anni Settanta produsse quel tipo di analisi politico-economica.2 Come ho affermato più volte il capitale è unitario soltanto nei confronti degli oppressi e degli sfruttati di ogni razza, genere e nazionalità, ma non nella sua intima essenza imperialistica ed espansionistica. Come le ultimissime decisioni sui dazi sull’acciaio e l’alluminio europei volute dal presidente americano confermano pienamente (qui).

Anche se, spesso, gli stessi suoi rappresentanti, proprio come è successo ieri, tranquillizzati da periodi troppo lunghi di funzionamento in modalità pilota automatico, perdono completamente la capacità di affrontare e rimettere nelle giuste bottiglie i demoni scatenati, indipendentemente dal fatto che questi siano costituiti dalla speculazione finanziaria, da un voto andato male oppure dal trambusto istituzionale, politico ed economico causato da un rappresentante dello Stato, forse, non all’altezza della situazione. Rivelando così che non solo valore e denaro sono meri feticci che, se male agitati, possono causare improvvise cadute e malattie peggio degli spilloni dei riti voodoo, ma anche che lo stesso pilota automatico, più volte evocato, potrebbe alla fine rivelarsi soltanto come una delle tante leggende metropolitane. Così anche come il termine Europa, di volta in volta sbandierato come un feticcio di irrinunciabile salvezza o come un mostro tentacolare dominato da una volontà maligna e da un’intelligenza onnicomprensiva.

L’Europa di cui si parla oggi è un’Europa a trazione tedesca, certo non più quella sperata dai suoi ideatori sotto il fascismo, quali Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi con il Manifesto di Ventotene.
E’ un‘Europa “unificata” dal trattato di Maastricht nel febbraio del 1992, un passo previsto all’interno del percorso di unificazione europea successivo all’avvio del Mercato Comune Europeo (MEC), ma avvenuto sostanzialmente poco dopo la riunificazione tedesca del 3 ottobre 1990. Una riunificazione che aveva avuto un immediato e pesante riflesso nell’esplodere delle guerre balcaniche, causate dal tentativo di alcune repubbliche (prima quella slovena, poi quella croata ) di correre al riparo di una Mitteleuropa tedesca e protetta dal marco (che già come moneta dominava gli scambi anche in Serbia).

Guerra che si basava sì anche sulle mai definitivamente risolte divisioni inter-etniche che soltanto il carisma di Tito era riuscito a sopire (e reprimere), ma che, in primo luogo, vide Francia e Regno Unito cercare di limitare immediatamente la novella espansione economica e politica della Germania riunificata verso l’Europa dell’Est che, proprio in quegli anni, sembrava essersi liberata dall’ipoteca ex-sovietica. Mentre Stati Uniti, attraverso la NATO, e Russia intervennero soprattutto per lasciare l’Europa cuocere nel proprio brodo di conflitti mai sopiti fin dal primo macello mondiale e non perdere la possibilità di interferire reciprocamente in un’area non secondaria dello scacchiere internazionale.

Maastricht doveva quindi servire anche ad ingabbiare Germania e marco in una rete di relazioni economico-politiche destinate, lasciando allo stesso tempo libertà di espansione al dinamismo economico tedesco, a portare beneficio anche agli altri rappresentanti dell’Unione Europea, magari trasformando il marco (che all’epoca era uno delle tre grandi monete di scambio a livello internazionale, dopo dollaro e yen) in una moneta unica (l’euro) in grado di rivaleggiare soprattutto con il dollaro.

Se non si capisce questo si continua a parlare inutilmente di aria fritta. Infatti Maastricht doveva servire a frenare l’evidente capacità espansiva del capitalismo e della moneta tedesca, sfruttandone allo stesso tempo le potenzialità di produzione e di assorbimento di merci (all’epoca soprattutto italiane), senza ripercorrere le strade assassine, che si stavano nuovamente affacciando ai confini d’Europa, che erano già state percorse due volte nel corso del XX secolo. Che poi all’interno dei promotori ci fossero paesi filo-tedeschi (come l’Italia) e anti-tedeschi (Francia e Gran Bretagna in particolare) non modificava affatto il profilo che l’Europa, unita da una moneta unica, avrebbe dovuto mantenere approfittando comunque della potenza economica tedesca come fattore di centralizzazione economico-politica. Fatta salva la possibilità per la Gran Bretagna di aderire a tale principi comunitari senza rinunciare alla propria moneta, la sterlina. Ancor importante sul mercato dei cambi.

Il trattato, entrato in vigore nel 1993, vide però, a partire dagli anni a cavallo tra i due secoli, i veri padroni della moneta unica, sostanzialmente i tedeschi, farsi rapidamente detentori del codice comportamentale di tale unione e sfruttare a loro vantaggio le norme monetarie, finanziarie e commerciali messe in atto. Anche senza una nuova guerra la Germania tornava, ed è effettivamente tornata, ai suoi vecchi, irrinunciabili obiettivi di controllo sul continente europeo e, in particolare sulla sua manodopera e il suo costo (in casa e fuori) (qui).

Il modello cui si fa quindi riferimento, quando si parla di europeismo e di adesione all’euro è dunque sostanzialmente quello fin qui delineato. Un accordo tra fratelli-coltelli in cui il cosiddetto asse franco-tedesco non è mai davvero decollato, come le frizioni tra Macron e Merkel hanno dimostrato ancora nelle ultime settimane (qui e qui)), mentre altri paesi, come l’Italia e la Spagna, hanno dovuto accodarsi in nome di un maggior vantaggio finanziario (usufruire di una moneta forte) destinato nel tempo a strangolare il tenore di vita dei lavoratori e dei propri cittadini, dopo un primo illusorio balzo in avanti.

Sostanzialmente, da qualche anno (diciamo dal 2011) la Germania di Merkel è passata all’incasso del prestito di benessere fasullo concesso a paesi come l’Italia con l’introduzione dell’euro. Spinta a questo anche dai rischi che la sua banca più importante, Deutsche Bank, sta correndo, dopo aver incamerato per anni titoli spazzatura e derivati sul debito italiano di cui sta cercando di incrementare la reddività (qui, qui e qui ). Motivo ulteriore di spinta per un rialzo del rendimento dei titoli di paesi come l’Italia (aumento del differenziale di redditività o spread) per poter guadagnare sui propri investimenti esteri mantenendo basso o addirittura negativo quello dei titoli emessi in Germania.
Così, con la macelleria sociale che ne è conseguita, è stato annunciato pubblicamente che la festa era finita, perché lo era anche su scala mondiale, altrimenti non si capirebbe l’irrigidimento delle politiche autarchiche statunitensi nei confronti soprattutto dei prodotti europei e tedeschi, visto che con la Cina Trump dovrà per ora, e per forza di cose, trovare ancora una quadra.

Qualcuno, proprio oggi (qui), ha affermato che la caduta delle borse di New York (-1,58%), di Parigi (-1,29%) e Francoforte (-1,53%) registrato ieri, sia dovuto alle affermazioni di Di Maio, Salvini e Savona (chissà poi perché non Mattarella) attribuendo così a dei semplici battilocchi la responsabilità di eventi che affondano le loro radici in un modo di produzione socialmente obsoleto e in un sistema finanziario destinati, ormai da parecchio tempo, ad un irreversibile e drammatico tramonto.Così come la crisi europea, cui tutti si stanno preparando facendo finta che non possa avvenire, è ormai all’ordine del giorno e non certo soltanto per colpa dei nostri miseri omuncoli. Miseri omuncoli impauriti e convinti allo stesso tempo di essere così determinanti sul piano delle relazioni politiche ed economiche internazionali. Ci vorrebbe il Principe Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio in arte Totò a dir loro, con maggiore autorevolezza: Ma mi faccia il piacere…

Intanto, negli ultimi anni, i nuovi paesi produttori (Cina e India), le nuove potenze locali (Turchia, Iran, Arabia Saudita) e vecchi avversari sono tornati in gran spolvero di attività diplomatica e militare (Russia) reclamando un nuovo posto al sole e gli Stati Uniti devono concederglielo oppure sostenere guerre locali destinate a ridurre il numero dei pretendenti alla ricchezza mondiale (magari cercando di eliminare i più scomodi, come l’Iran, e contenendo i più pericolosi dal punto di vista militare, come la Russia di Putin). Che poi questo si intrecci alle mille vie del petroli e del gas non è certo né secondario né, tanto meno, casuale.

L’Europa, da questo punto di vista è tagliata fuori e l’unificazione del comando e dell’azione diplomatica e militare resta soltanto un bel, e oramai sorpassato, sogno. La parola d’ordine continua ad essere quella del secolo appena passato: ognuno per sé e la Germania contro tutti o sopra tutti. Deutschland, Deutschland Über Alles! Prendere o lasciare, non c’è altra scelta. Il pilota automatico di cui si parla spesso, a proposito delle varie crisi economiche e politiche nazionali è essenzialmente un pilota di lingua tedesca, anche se poi tutti i centri e gli organismi finanziari cercano comunque ogni volta di speculare ed ingrassare a spese dei lavoratori e dei cittadini sempre meno garantiti di ogni paese reso più debole. Un gioco per il quale potenzialmente non può esserci, al momento fine (qui). Se non con il nuovo scatenarsi di un altro conflitto mondiale destinato a ristabilire un nuovo ordine dei vincitori. Preceduto magari anche da un’uscita proprio della Germania dal sistema dell’euro o, perlomeno, dalla creazione di due diverse euro-aree. Ipotesi tutt’altro che peregrina secondo numerosi osservatori finanziari e politici (qui).

In attesa di ciò, la maggioranza dei governi europei, talvolta a malincuore, ha scelto lo status quo, poiché diversi sistemi di governo oppure differenti gruppi di potere potrebbero rappresentare un salto nel buio, pericoloso sia per gli interessi tedeschi che per quelli dei suoi competitor (come la Francia). Da qui la risposta univoca e negativa che i rappresentanti dell’Unione hanno dato e continuano a dare ogni volta ad istanze di cambiamento dei rapporti e delle regole già stabilite. E da qui, dunque, un primo motivo dell’aborto, tutt’altro che spontaneo, intervenuto in occasione della mancata formazione del governo giallo-verde in Italia.

Forse perché la regola più condivisa è costituita dal fatto che non essendo l’Italia un paese qualsiasi, poiché è ancora il secondo paese industriale del continente europeo dopo la Germania, la realizzazione di un governo populista in loco potrebbe avere una deriva politica decisiva nei maggiori paesi (Francia e Germania) le cui elite, pur già potenzialmente avversarie, preferiscono ancora mantenere un ruolo direttivo all’interno dei propri confini. Per ora meglio cercare di ridimensionare gli obiettivi e i risultati dei cosiddetti populismi (ovunque sia possibile) e prender tempo, in attesa che qualcosa cambi. Tenuto conto, come ha sottolineato il quotidiano spagnolo El País del 24 maggio, che mentre i partiti populisti anti-europeisti erano 10 in Europa nel 2017, oggi sono saliti a 43. Mentre anche il fedelissimo governo di Mariano Rajoy sembra oggi traballare pericolosamente. Un autentico scenario da brivido per le prossime elezioni del parlamento di Strasburgo.

Paventato oggi con grande preoccupazione dal presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker alla plenaria a Strasburgo: «Entro un anno gli europei avranno votato per un nuovo parlamento europeo di cui nessuno conoscerà la composizione e che sarà differente da quella attuale, cosa che mi fa nutrire qualche inquietudine. – ha precisato Juncker – E vorrei che tutti noi ci impegnassimo in una sorta di contratto contro il populismo galoppante che possiamo vedere in Europa e in tutti i Paesi, compreso il mio» (qui).

Questo è il significato dell’autentico coup d’etat/coup de theatre realizzato da Sergio Mattarella che però, nella sua foga di zelante servitore, non ha realizzato di essere egli stesso expendable, al contrario di Re Giorgio che lo aveva preceduto. Gli errori si pagano, soprattutto quelli madornali, quelli che suscitano, invece di placarli, i demoni sopra citati. Prova ne sia la scarsa fiducia suscitata, anche nei possibili ministri, dall’uomo del Fondo Monetari Internazionale che, probabilmente non intascherebbe neanche il voto di fiducia da parte del PD (qui). E il ritorno alla proposta di un governo “politico” con i due giovani galletti (dalle creste però un po’ abbassate) sembra riproporre un gioco dell’oca politico in cui ogni volta che arrivano alla casella Savona i concorrenti devono tornare sui propri passi.

Certo è il fatto che se il governo SalviMaioConte non è ancora nato, non è dovuto soltanto all’intervento di forze esterne. Anche le contraddizioni al suo interno, non solo tra 5 Stelle e Lega, ma anche interne alle due stesse forze politiche (qui) hanno contribuito a paralizzarne l’azione. Cosa però che potrebbe essere superata nel corso dei prossimi giorni, con un più deciso schieramento a destra dei 5 Stelle. Le comparsate pubbliche negli ultimi giorni di un risorto Di Battista segnalano infatti un cambio di marcia e di argomentazione in vista della prossima campagna elettorale, in cui probabilmente il pallido e moderato Di Maio potrebbe essere messo da parte e sostituito da argomenti e personaggi più muscolari.

Mentre potrebbe farsi sempre più difficile la via di un’alleanza del centro destra in cui Berlusconi, pur precocemente liberato dai carichi pendenti, potrebbe non più avere lo stesso potere di attrazione fatale sugli elettori di destra e sulla Lega, considerato che quest’ultima avrebbe forse più da guadagnare elettoralmente da una sua autonomizzazione dal Cavaliere che non da un ulteriore rinsaldamento dei legami con lo stesso; debolezza segnalata anche dal brusco calo dei titoli azionari della società del Cavaliere che, nel giorno del calo del 2,3% della borsa milanese, sono scesi del 5% ovvero più del doppio, vuoi per ricatto finanziario e politico nei confronti di colui che stringe ancora i cordoni della borsa di Forza Italia e Lega, vuoi per sfiducia nella sua tenuta politica, unica garanzia per le aziende Mediaset. Dubbio che assale anche i fratelli minori dello stesso schieramento, la cui leader ha già deciso che piuttosto che perdere ulteriori voti della destra cosiddetta sociale a favore del programma fascio-leghista, sparendo dal quadro elettorale, sarà meglio piegarsi a Salvini e continuare a vivere nelle pieghe di un sovranismo meglio espresso a Varese che non a Roma.

Sovranismo che, una volta giunto al governo, potrebbe liberare tutte le proprie potenzialità repressive e autoritarie approfittando, come modello politico, proprio dell’azione esercitata da Mattarella, così come l’azione di Minniti ha favorito l’affermazione del dettato leghista sulla questione migranti e sicurezza, come si è accorto, sebbene in ritardo ed opportunisticamente, anche il presidente del PD Matteo Orfini (qui e qui).

L’ultimo dato “istituzionale” da segnalare è che la promessa del Presidente della Repubblica di voler salvare con il suo veto i risparmi degli italiani si è rivelata inconsistente fin da subito, considerato il fatto che nei due giorni successivi lo spread è salito fino a 320 punti e in Borsa il valore dei titoli italiani, prevalentemente bancari, ha continuato allegramente a scendere. Mentre il capo zombi di un governo nato già morto continuava a promettere aumenti dell’IVA e peggioramenti economici vari se il suo governo non avesse ricevuto la fiducia delle camere. Alla faccia del bon ton e del garbo che così tanti hanno rimpianto nelle trasmissioni televisive precedenti alla mancata realizzazione del governo giallo-verde.3 Il tutto contornato da un minaccioso clima da colpo di stato bianco in cui il Comitato per l’Ordine e la Sicurezza dichiarava, dal 29 maggio e in previsione delle manifestazioni del 2 giugno, la necessità di blindare e proteggere le sedi delle istituzioni non solo a Roma ma in tutta Italia.

Tralasciando di completare adesso un quadro che potrebbe complicarsi ancora nei giorni e nelle ore a venire, occorre ora provare a delineare quali potrebbero essere le possibili strategie e tattiche che un movimento antagonista allo stato di cose presente dovrebbe sperimentare se davvero volesse opporsi autonomamente a tali trasformazioni e duelli in atto su scala nazionale ed europea.

Prima cosa da dire sarebbe che la partecipazione elettorale non ha, al momento, più ragione d’esistere, soprattutto se tale partecipazione invece di voler solo rappresentare una cassa di risonanza parlamentare per le lotte, volesse, come hanno immaginato alcune vecchie mummie sindacali e politiche annesse a Potere al Popolo, proporsi come parte di possibili alleanze di governo.
Se due forze, sostanzialmente conservatrici e nazionaliste come 5 Stelle e Lega, che pur a breve potrebbero essere pienamente riconosciute per un rilancio politico di un’unità nazionale destinata a far fronte all’inevitabile crisi dell’Europa di Maastricht, sono state bloccate in ogni modo nel loro tentativo di sostituirsi all’ancien regime di PD e FI, c’è da immaginarsi quale possibilità di affermazione parlamentare potrebbe avere una forza caratterizzantesi come di estrema sinistra (tenuto conto che oggi i media tendono a definire come tali le mummie di LeU, di Rifondazione o di Sinista Italiana).

Come seconda cosa non si parli più di democrazia parlamentare: non esiste. È stata definitivamente stracciata davanti agli occhi di milioni di cittadini in diretta televisiva.
Dalla Catalunya a Parigi fino a Roma la risposta del potere è una sola: lasciate ogni speranza voi che entrate nell’arengario politico, non avrete più ascolto e possibilità di soddisfazione delle vostre speranze, per quanto misere. E’ già di sabato 26 maggio la risposta di Macron, a nome di tutti gli oligarchi europei: Non saranno le manifestazioni oceaniche a poter modificare il nostro programma di riforme.

Nemmeno se i cittadini si rivolgono ancora a forze sostanzialmente conservatrici quali Lega, Movimento 5 Stelle o il Partito Democratico Europeo Catalano di Carles Puidgemont.
Per il capitale la riposta è per ora soltanto: guerra senza quartiere! Come dimostra, ad esempio, l’insegna elaborata dal comandante della gendarmerie francese operante sul territorio della ZAD, trattando tale operazione di polizia come un autentica operazione di guerra. E rivelando perciò definitivamente come, ormai da anni, qualsiasi operazione di polizia sia in realtà un’operazione di guerra, esterna o interna ai confini nazionali che sia.

Gli antagonisti, gli oppressi, i lavoratori, gli sfruttati, i migranti da oggi avranno davanti soltanto il Moloch del capitale e i suoi irreprensibili funzionari. I movimenti reali già lo sanno di non aver e di non poter avere governi amici, ma ora lo sapranno anche tutti coloro che, pur illudendosi e molto spesso tappandosi il naso, hanno riposto le loro speranze in partiti populisti che, ricordiamolo sempre, hanno raggiunto e raggiungerebbero ancora, la maggioranza dei seggi in Parlamento

Proprio per questo motivo sarà sempre più inutile inseguire quegli stessi partiti sul loro stesso terreno. Lo fanno meglio loro, liberi da considerazioni di classe poiché interclassisti, mentre la scelta dell’inseguimento costringerebbe il movimento antagonista a spingersi sempre di più sul terreno della Destra, non dal punto di vista sociale (milieu piccolo borghese deluso, sottoproletariato e proletariato privo di qualsiasi garanzia), ma proprio su quello ideologico.
Ricordiamoci sempre che molti membri delle S.A. (Squadre d’assalto) hitleriane, poi eliminate dalle S.S. nella Notte dei Lunghi Coltelli tra il 30 giugno e il 1° luglio 1934, provenivano da un’estrema sinistra delusa dai continui ondeggiamenti della politica della Terza Internazionale stalinizzata.

Dovremmo forse difendere ancora i confini nazionali, la democrazia parlamentare, una Costituzione buona per tutti gli usi e chiedere ancora il diritto di espressione a chi usa qualsiasi strumento politico, mediatico, economico e militare per negarcelo? Oppure quel fetido antifascismo, come quello oggi rappresentato da Renzi in qualità di mediano (qui), che si presenta solo, sempre e soltanto quando serve a compattare, in chiave elettorale, una sinistra divisa con i peggiori rappresentanti del vero fascismo istituzionale e del capitalismo finanziario? E, infine, dovremmo forse rimpiangere la vecchia moneta nazionale, così come sembrano fare le orrende pubblicità televisive sulle sue riedizioni in oro zecchino da parte del Gruppo poligrafico e della zecca di Stato (qui)?

No, se il capitale finanziario ha necessità, nel suo sviluppo di abbattere i confini nazionali e le istituzioni giuridiche sacre per la borghesia faccia pure. Se, come ha fatto il 29 maggio il commissario tedesco al bilancio europeo Oettinger. minaccerà ancora gli italiani o gli altri cittadini europei affermando che «i mercati insegneranno agli italiani come si vota» (qui), ci aiuterà soltanto nell’opera di distruzione dei feticci di una società ipocrita ed autoritaria, che sventola unità di intenti ma prepara immani conflitti imperialistici e di classe. Una società che parla di umanità, ma che sa offrire soltanto sofferenza, distruzione e sfruttamento dell’uomo sull’uomo e sull’ambiente.

Non abbiamo nulla da salvare di questo Stato, non abbiamo interessi nazionali, non abbiamo territori vitali da difendere ad ogni costo e non accetteremo nessun appello alla loro difesa, sia che provengano da Destra come da Sinistra. Siamo tutti migranti e i confini ci sono soltanto di ostacolo, e lo sono ancora di più per le lotte. Il capitale ha lavorato per noi, non nei termini banali del progresso sbandierato per decenni dai rappresentanti di partiti liberali o di sinistra asserviti agli interessi di un indistinto sviluppo economico, ma rivelando il suo vero e autoritario volto.

Chi lo rappresenta evidentemente ha oggi tutto da perdere, tanto da doversi preoccupare anche soltanto per un banalissimo scossone elettorale, e poiché ce lo ha rivelato in maniera così meschina possiamo essere certi, al contrario, che noi avremo tutto da guadagnare e soltanto delle vecchie catene da perdere o da rivolgere come armi contro i nostri oppressori.
Il Re è nudo e il Kapitale anche e così i loro fasulli avversari istituzionali.
Affogheranno insieme nella tempesta che hanno scelto di scatenare.
Il tempo delle briciole cadute dal tavolo e dei piatti di lenticchie offerti in occasione delle promesse elettorali sta per finire perché noi vogliamo tutto.


  1. Devo qui ringraziare Nico Maccentelli per l’efficace definizione  

  2. Si veda L’ape e il comunista, (a cura del Collettivo Prigionieri Politici delle Brigate Rosse), “Corrispondenza Internazionale” N° 16/17, ottobre-dicembre 1980 poi ripubblicato per Pgreco, 2013  

  3. Si vedano le ridicole affermazioni di Lilli Gruber e Evelina Christillin nella trasmissione 8 e mezzo dell’8 maggio, in cui la prima rimpiangeva il bon ton chiedendo più garbo in politica, mentre la seconda paragonava lo sgarbo istituzionale di 5 stelle e Lega nei confronti di Mattarella al bullismo scolastico.  

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Là nella valle 12 – Funerali di Stato https://www.carmillaonline.com/2015/09/03/la-nella-valle-12-funerali-di-stato/ Wed, 02 Sep 2015 22:01:23 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=24759 di Sandro Moiso

funerali 1“In alta uniforme?” “Sì, in alta uniforme” “Ma lì in Valle sarebbe scomoda…poco pratica…” “De Gennaro…non mi faccia incazzare…questi sono gli ordini! Punto e stop!” De Gennaro girò i tacchi ed uscì dall’Ufficio, trattenendosi da ulteriori commenti.

Da quando c’era Half Nano ai vertici, gli ordini fioccavano sempre più assurdi mentre al cantiere i lavori di scavo non procedevano di un centimetro. L’agente scelto a tratti non ricordava nemmeno più da quanto tempo ormai prestasse servizio tra quei monti e quei boschi. La sua carriera, però, non era avanzata di un millimetro e spesso si trovava a [...]]]> di Sandro Moiso

funerali 1“In alta uniforme?”
“Sì, in alta uniforme”
“Ma lì in Valle sarebbe scomoda…poco pratica…”
“De Gennaro…non mi faccia incazzare…questi sono gli ordini! Punto e stop!”
De Gennaro girò i tacchi ed uscì dall’Ufficio, trattenendosi da ulteriori commenti.

Da quando c’era Half Nano ai vertici, gli ordini fioccavano sempre più assurdi mentre al cantiere i lavori di scavo non procedevano di un centimetro.
L’agente scelto a tratti non ricordava nemmeno più da quanto tempo ormai prestasse servizio tra quei monti e quei boschi. La sua carriera, però, non era avanzata di un millimetro e spesso si trovava a tracciare strani paralleli tra la sua vita e il tunnel. Sì, la sua vita gli ricordava sempre più un tunnel senza sbocco.

Intanto, però, sulle labbra gli affiorò un sorriso.
“Sì, sì noi saremo ridicoli in alta uniforme… “pensò tra sé e sé “ ma li voglio proprio vedere i colleghi carabinieri tutti impennacchiati….”
E con questo pensiero si avviò verso la baracca della sua squadra dove avrebbe dovuto convincere gli altri agenti ad indossare la divisa delle grandi occasioni.

Qualche ora dopo erano tutti più o meno impeccabilmente schierati all’ingresso principale, nei pressi della centrale elettrica. I carabinieri no. Li avevano schierati, chissà perché, all’ingresso del tunnel geognostico. Impettiti e infiocchettati. Scarpe lucide, bandoliere bianche, pennacchi al vento. Con la banda in testa.
Ma che cazzo doveva succedere? Nessuno aveva parlato. Top Secret. Segreto di Stato. Silenzio assoluto e acqua in bocca.

Di certo non si doveva trattare di una manifestazione No Tav. Non sarebbe stata quella la tenuta più adatta e, d’altra parte, più nessuno andava da tempo nemmeno a battere contro le reti. Sarebbe stato, d’altra parte, come andare a bussare sulla bara di un morto nella speranza di richiamarlo in vita. Il Tav era morto e lo sapevano tutti, a parte qualche ostinato senatore del PD piemontese.

All’improvviso si iniziò a sentire un rombo, prima lontano e poi sempre più vicino.
“Minchia! Ma questi sono elicotteri…” mormorò l’agente La Russa appena tornato da una vacanza premio di quindici giorni per compensarlo delle radiazioni assorbite nel tunnel1. Non fu l’unico a riconoscere il rumore, ma nessuno poteva muoversi. Tutti schierati in bell’ordine sotto lo sguardo avvoltoiesco dell’ispettore capo.
“Fatemi fare brutta figura e il tunnel a picconate velo faccio scavare…fino in Francia…anzi no! Dritti fino alla Manica!” li aveva minacciati proprio quella mattina.

Poi arrivò l’odore di incenso e il suono di un canto gregoriano mentre petali di rosa iniziavano a cadere sulle due ali di agenti schierati.
“Ecco lo sapevo…Sono impazzito…come il sogno delle pecore2 mi aveva già rivelato” pensò De Gennaro.
La Russa invece era caduto in ginocchio “Miracolo! Miracolo! Sta arrivando la Madon…” non finì la frase perché due robusti alpini lo agguantarono per le braccia e lo tirarono via sotto lo sguardo disgustato dell’ispettore capo. “Troppe radiazioni fanno male alla psiche” fu il suo unico e distaccato commento.

Ma intanto il rumore e la dimensione mistico-psichedelica si andavano ingigantendo sempre più.
Sul ponte cominciarono ad affluire decine e decine di chierichetti. Tutti impettiti e tutti compresi dal far dondolare davanti a sé decine di incensieri da cui proveniva l’intenso profumo che aveva danneggiato definitivamente la mente del povero La Russa. Dietro di loro apparve una schiera di prelati.
Tutti rivestiti con i paramenti viola delle più funeree occasioni.

Di seguito veniva uno stuolo di suore, di frati, di diaconi, di prefiche e di flagellanti che precedevano, e questo strabiliò nuovamente anche De Gennaro, una carrozza nera e dorata tirata da dodici cavalli neri.
“Cazzo! Dracula…” mormorò l’agente alla sua destra, immediatamente zittito dallo sguardo spietato dell’ispettore. Poi apparve il coro, formato da almeno cento cantori di ogni tonalità e registro.

Mentre sul tutto volteggiavano tre elicotteri Chinook da trasporto che distribuivano milioni di petali di rosa che scendevano turbinando sulla strada, sul ponte, sugli agenti, sugli alberi, che manco un film di cappa e spada di Hong Kong avrebbe potuto far di meglio.

E poi la folla: immensa, contrita, il cui silenzio era interrotto ritmicamente da applausi scroscianti, urla da stadio, preghiere incomprensibili di cui a tratti si riconoscevano spezzoni di frasi come: “…li hai dominati tutti come il Re dei Re”
“…come ti abbiamo rispettato qui, ti baceranno le mani anche di là”
“…dacci oggi il nostro pane quotidiano”.

Man mano che la folla penetrava attraverso il cancello del cantiere la preghiere diventava sempre più incomprensibile, mentre alcuni iniziavano ad emettere urla strane: “ Aaargh! Cthulhu! R’lyeh! Gnarl, ugh, ph’nglui mglw’nafh wgah’naglfhtang!” Oppure recitavano deliranti versi cadenzati : “Non è morto ciò che può vivere in eterno, e in strani eoni anche la morte può morire”.3

Gli agenti di servizio stavano collassando psicologicamente, anche se il solito Manganelli continuava a chiedere a destra e a manca: “Ma che è? Il funerale di Massimo Boldi? Oppure di Pippo Baudo? Chi è, il Cavaliere? Mamma mia, poveretto non sapevo che fosse morto!”
“Stai zitto” gli mormorò De Gennaro “ non può essere Lui, non vedi che non c’è nemmeno una escort!”

“Chiudete la bocca, immediatamente!” ordinò l’ispettore, ma poi si rese conto che per allentare la tensione qualcosa andava detto.
“E’ il funerale di un boss della’ndrangheta…”
“ E qui lo dovevano proprio fare?” chiese una voce indistinta nella truppa.
“Sì, perché se no a Roma il Papa si incazzava…e allora…”
“E allora cosa?” chiese a quel punto De Gennaro, reso audace dal fatto di vedere per una volta tentennare il suo superiore.

“E allora gli dobbiamo dei favori. Loro ci han chiesto di poterlo seppellire qui. Anzi di poterli seppellire qui in futuro, tutti. Boss e padrini. Di fare del tunnel il loro Pantheon, come quello di Roma per i Re d’Italia…”
“E gli è stato concesso?” chiese ancora l’agente scelto.
“Sì, visti anche i danni che le loro imprese hanno subito dalla chiusura delle cave operata dai magistrati qui in Valle e, soprattutto, dal fatto che si sa che qui non si farà più un cazzo. Addio affari con le coop. Allora tanto valeva accontentarli…”

“Ma come è possibile?” chiese ancora, incredulo, De Gennaro.
“E’ possibile, è possibile…altrimenti minacciavano di ritirare tutti i loro investimenti dalle banche italiane e nei titoli di Stato…in fin dei conti sono stati loro a bloccare la risalita dello spread. Altro che manovre di Draghi e della Banca Centrale!”

Sul paesaggio, ormai reso indistintamente rosa a causa dei petali accumulati, scese un silenzio mortificato. Mentre in lontananza si sentivano già echeggiare gli spari a salve di decine di fucili a canne mozze e le prime note di un Requiem intonato dalla banda dei carabinieri.


  1. Si veda Là nella Valle 5 – Area 51, 20 agosto 2012  

  2. Là nella Valle 11 – La vita è sogno, 19 aprile 2014  

  3. Con un sincero omaggio ad Howard P. Lovecraft e ai suoi miti di Cthulhu  

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TaX Files https://www.carmillaonline.com/2012/03/26/tax-files/ Mon, 26 Mar 2012 08:30:35 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=4239 di Alessandra Daniele

TaxFiles.jpgTerrestri, sappiamo che alcuni di voi si sono accorti del nostro imminente arrivo, e sappiamo che la notizia, una volta confermata e di dominio pubblico, potrà spaventarvi. Penserete che il nostro sia un piano di invasione, forse addirittura di sterminio. In realtà noi vogliamo solo aiutarvi. Sono stati i vostri stessi leader a chiedere il nostro intervento, e godiamo della loro fiducia. In quest’era di crisi galattica, è giusto che tutte le specie senzienti collaborino, aldilà degli steccati ideologici e biologici. Lo spread fra la Terra e il resto del quadrante continua a salire: l’ultima volta che è [...]]]> di Alessandra Daniele

TaxFiles.jpgTerrestri, sappiamo che alcuni di voi si sono accorti del nostro imminente arrivo, e sappiamo che la notizia, una volta confermata e di dominio pubblico, potrà spaventarvi. Penserete che il nostro sia un piano di invasione, forse addirittura di sterminio. In realtà noi vogliamo solo aiutarvi. Sono stati i vostri stessi leader a chiedere il nostro intervento, e godiamo della loro fiducia. In quest’era di crisi galattica, è giusto che tutte le specie senzienti collaborino, aldilà degli steccati ideologici e biologici.
Lo spread fra la Terra e il resto del quadrante continua a salire: l’ultima volta che è successo i dinosauri si sono estinti. La situazione del vostro pianeta minaccia l’equilibrio di tutta la galassia, ed è troppo grave perché possiate risolverla da soli. Avete bisogno di un intervento tecnico. Al nostro arrivo, assumeremo la guida di tutte le nazioni della terra, e prenderemo i provvedimenti necessari nell’interesse di tutti. Ecco quindi i punti principali del nostro programma:

Riforma del mercato del lavoro
Per essere competitive col resto dell’universo, le imprese terrestri devono poter modernizzare il loro rapporto con le risorse che adoperano, superando la distinzione ideologica fra organico e inorganico. Le risorse umane saranno quindi equiparate a quelle materiali. Un quintale di operai non dovrà costare a una fabbrica più di un quintale di rottami metallici da riciclare, entrambi saranno pagati una volta sola al momento dell’acquisto, ed entrambi all’occorrenza verranno pressofusi.

Tassazione dei beni immobili
La specie umana risiede sul pianeta Terra, che è la sua prima casa, e va tassata come tale. Tutti i terrestri saranno perciò tenuti a pagare l’IMPOSTOR, Imposta sul Pianeta Originario e sul Satellite Terrestre Orbitante. La luna infatti, essendo stata raggiunta dalle missioni Apollo, è da considerarsi seconda casa. Le teorie complottiste secondo le quali l’Apollo 11 in realtà non sarebbe mai sbarcato sulla luna saranno perseguite come istigazione all’evasione fiscale.

Accise sul carburante
Il sole è la prima fonte d’energia della Terra, e la rende abitabile. Sulla luce solare, come su tutte le fonti energetiche del pianeta, tutti i terrestri pagheranno varie accise che serviranno a ripianare l’enorme buco di bilancio lasciato dal meteorite che causò l’Era Glaciale. Alle accise andrà naturalmente aggiunta l’IVA, Imposta sui Visitatori Alieni.

Rilancio delle Grandi Opere
Sappiamo che da anni fra di voi circola la notizia che la Terra verrà distrutta per far posto a un’autostrada galattica. Questo ovviamente è falso. L’astrovia a Velocità Tachionica TAV passerà attraverso il vostro pianeta, che sarà opportunamente traforato da parte a parte. Secondo i nostri studi, questo non causerà alcun danno all’ecosistema terrestre, né ai suoi abitanti. Ogni opposizione al progetto perciò sarà considerata miope passatismo di stampo ideologico, quando non terroristico.

Un’altra leggenda che ci teniamo a smentire è che nostri inviati si trovino già sulla Terra da molto tempo, infiltrati fra i terrestri, per manovrare occultamente la Storia dell’umanità. Questo è falso. In realtà voi siete i soli responsabili dell’attuale disastro, e di tutte le stronzate che avete fatto per arrivarci. A noi è bastato aspettare sulla sponda della Via Lattea che passasse il vostro pianeta.
Ed è passato

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Severus Spread https://www.carmillaonline.com/2012/01/02/severus-spread/ Mon, 02 Jan 2012 06:20:21 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=4146 di Alessandra Daniele

Alphabet.jpgSotto capodanno, mentre noi cialtroni lottavamo per digerire lo zampone di neoprene, lo spumante di cebion, e i parenti di merda, su FriendFeed, per iniziativa di Leonardo, l’Ultima Legione lottava per salvare l’idioma italico dall’invasione dei barbari scaracchio-sassoni, sfoderando decine di corrispettivi italiani della parola”spread”. Che naturalmente continuerà a non essere tradotta, perché è una di quelle parole che funzionano, tipo ”kamikaze”, o ”tzunami”. Parole taglienti e minacciose, che si piantano in testa come schegge di metallo. Ai media servono così. Ogni prima pagina, come ogni apertura di Tg, è una granata a frammentazione, una bomba [...]]]> di Alessandra Daniele

Alphabet.jpgSotto capodanno, mentre noi cialtroni lottavamo per digerire lo zampone di neoprene, lo spumante di cebion, e i parenti di merda, su FriendFeed, per iniziativa di Leonardo, l’Ultima Legione lottava per salvare l’idioma italico dall’invasione dei barbari scaracchio-sassoni, sfoderando decine di corrispettivi italiani della parola”spread”. Che naturalmente continuerà a non essere tradotta, perché è una di quelle parole che funzionano, tipo ”kamikaze”, o ”tzunami”. Parole taglienti e minacciose, che si piantano in testa come schegge di metallo. Ai media servono così. Ogni prima pagina, come ogni apertura di Tg, è una granata a frammentazione, una bomba a grappolo di queste parole: racket, blitz, virus, raid, default, burka, serial killer.
Non è esterofilia (alcune sono latine) né pigrizia, è mestiere. Titolare ”Il differenziale fra i buoni del tesoro decennali italiani e quelli tedeschi è aumentato di trenta punti” è soporifero, evoca l’immagine di grigi mezzemaniche che smanettano su calcolatrici a fosfori verdi.
Titolare ”Lo spread sfonda quota 500” funziona, dà l’idea di un enorme missile fallico che sfreccia in una scia di fuoco puntando verso l’Italia, per ridurla a una voragine fumante. Panico!
Spread è una parola magica, e ormai agli italiani fa più o meno l’effetto del potteriano ”Crucio”, l’incantesimo della tortura. E funziona anche meglio se associata ad altre in una formula: spread e default sono perfette in sequenza come rumori da fumetto: ”spread” è la sciabolata mortale, ”default” è il tonfo del cadavere. ”Spread in salita, rischio default” non è un titolo, è una formula, e quindi non può e non deve essere tradotta, o perde il suo effetto.
Per i media (e chi li controlla) le parole sono armi. Devono colpire il bersaglio, e fare più danni possibile. L’idioma d’origine non ha nessuna importanza, la questione non è linguistica, è balistica. I termini si scelgono in base all’efficacia del suono, come i comandi usati per l’addestramento dei cani, sitz, plat, spread.
Al suono della parola spread, l’italiano medio ha finalmente azzannato il Culo Flaccido che gli stava seduto sulla faccia da un ventennio.
Al suono della parola default però, l’italiano medio ci ha consegnati a un governo di Repo-Men, di esattori re-possessori disposti, come quelli del film omonimo, a squartarci per recuperare gli organi. E milioni di lavoratori si lasceranno Marchionnare a fuoco come bestiame da soma, e/o da macello.
Quanti corrispettivi italiani ha la parola default? In questo caso sarebbe adatto ”perdere per abbandono”. È imperdonabile non tradurre un termine che ha decine di possibili corrispettivi validi? Usare le parole come armi è uno degli ‘Incantesimi Senza Perdono”. Possiamo impararli.
O perdere per abbandono.

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