Romain Gavras – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Thu, 31 Jul 2025 08:49:34 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 Spazi Contesi. Cinema e banlieue https://www.carmillaonline.com/2024/06/02/spazi-contesi-cinema-e-banlieue/ Sun, 02 Jun 2024 20:00:21 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=82741 di Paolo Lago e Gioacchino Toni

[In occasione dell’uscita del volume di Paolo Lago e Gioacchino Toni, Spazi Contesi. Cinema e banlieue. L’Odio, I Miserabili, Athena (Milieu, 2024) con due saggi di Sandro Moiso ed Emilio Quadrelli, si riporta di seguito un breve estratto dell’introduzione omettendo le note e ringraziando l’editore per la gentile concessione. p.l. gh.t.]

«Si può amare una città, si possono riconoscere le sue case e le sue strade nelle proprie memorie più remote e segrete; ma solo nell’ora della rivolta la città è sentita veramente come l’“haut-lieu” e al tempo stesso come la propria città: propria [...]]]> di Paolo Lago e Gioacchino Toni

[In occasione dell’uscita del volume di Paolo Lago e Gioacchino Toni, Spazi Contesi. Cinema e banlieue. L’Odio, I Miserabili, Athena (Milieu, 2024) con due saggi di Sandro Moiso ed Emilio Quadrelli, si riporta di seguito un breve estratto dell’introduzione omettendo le note e ringraziando l’editore per la gentile concessione. p.l. gh.t.]

«Si può amare una città, si possono riconoscere le sue case e le sue strade nelle proprie memorie più remote e segrete; ma solo nell’ora della rivolta la città è sentita veramente come l’“haut-lieu” e al tempo stesso come la propria città: propria poiché dell’io e al tempo stesso degli “altri”; propria, poiché campo di una battaglia che si è scelta e che la collettività ha scelto; propria, poiché spazio circoscritto in cui il tempo storico è sospeso e in cui ogni atto vale di per se stesso, nelle sue conseguenze assolutamente immediate. Ci si appropria di una città fuggendo o avanzando nell’alternarsi degli attacchi […]. Nell’ora della rivolta non si è più soli nella città» Furio Jesi, Lettura del Bateau ivre di Rimbaud

Nel corso della sua storia, il cinema non ha mancato di rappresentare il complesso universo delle periferie urbane contribuendo a sviluppare un immaginario su una realtà sociale e una geografia tanto mentale quanto fisica che investe le questioni identitarie e sociali, la negoziazione dello spazio e il rapporto con la storia e la memoria. […]

Sono diversi i film ambientati nelle banlieue delle grandi città francesi in cui viene narrata la quotidianità dei loro abitanti alle prese con le difficoltà di viverle e con l’ostilità loro riservata dal centro delle città quando vi mettono piede.

[In] questo saggio si intende esaminare la rappresentazione che di queste è stata data dal cinema, soffermandosi in particolare su una triade di opere che, più di altre, conquistando pubblico e critica, hanno saputo mostrare in maniera dirompente un universo per certi versi celato all’opinione pubblica dai media e dalla politica istituzionale […].

Film come L’Odio (La Haine, 1995) di Mathieu Kassovitz, I Miserabili (Les Misérables, 2019) di Ladj Ly e Athena (2022) di Romain Gavras hanno il merito di proporre tanto una riflessione sui rapporti tra centro e periferia, quanto sulle molteplici strutture di potere con cui gli abitanti di queste ultime devono fare i conti nella loro lotta quotidiana per vivere una vita degna di questo nome. […]

[Tali film vengono] analizzati prestando particolare attenzione alla rappresentazione dello spazio. In essi, infatti, si configurano diverse tipologie di spazio che possono essere affrontate attraverso gli strumenti critici di Gilles Deleuze, Félix Guattari e Michel Foucault.

Ai primi si devono i concetti di “spazio liscio” e “spazio striato” […]. Lo “spazio liscio” è quello del deserto, legato alla “macchina da guerra nomade”, lo “spazio striato”, invece, è proprio dell’organizzazione del potere della città e dell’apparato di Stato.

Michel Foucault, invece, […] a fianco di “utopia” introduce il termine “eterotopia”. Quest’ultima, nell’ottica dello studioso, si configura come un luogo separato dal normale contesto quotidiano, «una specie di contestazione al contempo mitica e reale dello spazio in cui viviamo».

Alla luce dell’analisi dello spazio, anche i complessi residenziali delle banlieue si prestano a essere analizzati come eterotopie, veri e propri spazi separati dalla città. In questi spazi strutturati secondo le regole del controllo reticolare, si sono nel tempo sedimentate sia forme di governance che di resistenza non pianificate. Lo spazio “striato”, segnato da canalizzazioni e percorsi obbligati dalle architetture pensate per controllare le periferie, ha dovuto fare i conti con continue infrazioni all’ordine pianificato sedimentando nel tempo nuove forme di disciplinamento spaziale e sociale ma anche spiragli di alterità nei confronti delle vecchie e delle nuove modalità di controllo nei cui confronti saranno, come vedremo, soprattutto le componenti più giovani che abitano le periferie a palesare un’insofferenza che si manifesta tanto nei confronti del particolare tipo di ordine che vige nelle banlieue, quanto nei confronti del potere e dello spazio della città che li respinge. I film analizzati mostrano come contro entrambi questi tipi di disciplinamento i banlieusard più giovani sferrino il loro attacco frontale senza pensare al domani, condannati come sono a una guerra civile che vivono come un presente dilatato privo di sviluppi.

I giovani abitanti delle periferie si configurano come una vera e propria “macchina da guerra nomade” […] lanciata contro lo “spazio striato” della città […] Vettori nomadi, macchine da guerra, i giovani delle periferie non conoscono la sedentaria blandizie della Ville Lumière, i viali striati, i boulevard e gli eleganti palazzi storici che si ergono come oscuri guardiani; non riescono a procedere incasellati in percorsi rigidi e obbligati. Essi sono gli abitatori di spazi in cui interstizi di deserto, fatto di terra e di campi incolti sparsi fra i caseggiati come sconosciuti banditi, si amalgamano agli edifici. Gli stessi caseggiati delle banlieue sono deserto, sono tutt’uno con le spazialità infinite che si diramano dintorno. […]

Le tre opere esaminate non hanno alcun lieto fine; si tratta di film che intendono dar conto delle molteplici forme di oppressione con cui devono fare i conti gli abitanti delle banlieue francesi contemporanee, tratteggiando le rivolte delle generazioni più giovani a cui è stato precluso il futuro, insieme allo spazio di vita, senza romanticismi e senza ipocrisie, senza ergersi a giudici e suggerire improbabili linee di condotta, consapevoli del fatto che le periferie sono luoghi molto più complessi non solo rispetto alle narrazioni offerte dai media e dalla politica istituzionale, ma anche rispetto a certe letture militanti venate di facili entusiasmi. […]

Vale la pena riprendere gli studi di Henri Lefebvre sullo spazio e sulla città sviluppati a partire da un contesto parigino indagato in prima persona e in preda, alla metà degli anni Cinquanta e nei successivi due decenni, a una profonda trasformazione urbanistica e sociale […] Al sociologo francese appare evidente quanto la produzione dello spazio rivesta un ruolo importante nei rapporti di potere politici, sociali ed economici contribuendo a modificare la composizione della classe operaia rendendo produttive attività che sino ad allora non lo erano. […]

Nell’indagare il rapporto tra periferie e centro nella contemporaneità occorre, però, porsi alcuni interrogativi circa cosa sia “il Centro” oggi, se si possa ancora parlare di questo pensandolo per come si è dato in passato. Occorre domandarsi se davvero chi vive le periferie ambisca a conquistare agibilità in un Centro che, a sua volta, ha subito importanti trasformazioni, soggetto come è stato a un processo di frammentazione e di fantasmizzazione del suo ruolo storico. Quello che un tempo si definiva “Centro” sembra oggi dover essere declinato al plurale per il suo presentarsi come un caleidoscopio in cui i centri amministrativo, commerciale, residenziale ecc., ridotti a non-luoghi, risultano sempre meno comunicanti gli uni con gli altri. Cosa si può conquistare di quel Centro frammentato? Quando i giovani banlieuesard vi mettono piede sembrano ormai farlo soltanto con lo scopo di metterlo a soqquadro e per fare incetta di merci brandizzate […]

La banlieue non è un non luogo caratterizzato da degrado e anomia. Né una no man’s land abitata da bande tribali ontologicamente antisociali e delinquenziali. E non è nemmeno un luogo di abbandono per le vite di scarto del sistema. La banlieue è il territorio di sperimentazione del capitale, dove la disarticolazione della vecchia classe operaia è stata presupposto e trampolino per la ristrutturazione dell’intero modo di produzione capitalista interno della Francia (ma similmente è avvenuto per il resto d’Europa). È il più avanzato laboratorio del nemico e pertanto la trincea di prima linea dei subalterni. [Jack Orlando]

Ed è in effetti da trincea di prima linea dei subalterni che sembra essere vissuta la banlieue dai suoi giovani abitanti nei film che ci si appresta a indagare in questo libro.


In appendice al volume i due saggi: Estranei al centro di Sandro Moiso; Ri-cominciamo a dire Lenin. Dal “Partito di Mirafiori”, al “Partito della banlieue” di Emilio Quadrelli.

Su alcune tematiche approfondite dal libro: Paolo Lago, Gioacchino Toni, Note su cinema e banlieue, in «Carmilla online», 1 dicembre 2024; Paolo Lago, Gioacchino Toni, Cinema e banlieue. Spazio striato, spazio liscio ed eterotopie, in «Scenari», 24 maggio 2024.

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La nostra guerra civile quotidiana: Athena https://www.carmillaonline.com/2022/10/12/una-tragedia-per-la-nostra-guerra-civile-quotidiana/ Wed, 12 Oct 2022 20:00:21 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=74272 di Sandro Moiso

«Guardate il dio incatenato e doloroso, il nemico di Zeus, il detestato da tutti gli dei, perché amò i mortali oltre misura» (Prometeo incatenato, Eschilo)

La guerra in Ucraina e, soprattutto, la disinformazione e la propaganda bellicista che la circondano sembra averci fatto dimenticare che in realtà una guerra altrettanto sfiancante e spietata percorre le strade e i quartieri periferici delle metropoli occidentali. Una guerra di classe tra lo Stato e i settori più disagiati della società che, ormai, non possono nemmeno più identificarsi collettivamente come “classe [...]]]> di Sandro Moiso

«Guardate il dio incatenato e doloroso, il nemico di Zeus, il detestato da tutti gli dei, perché amò i mortali oltre misura» (Prometeo incatenato, Eschilo)

La guerra in Ucraina e, soprattutto, la disinformazione e la propaganda bellicista che la circondano sembra averci fatto dimenticare che in realtà una guerra altrettanto sfiancante e spietata percorre le strade e i quartieri periferici delle metropoli occidentali. Una guerra di classe tra lo Stato e i settori più disagiati della società che, ormai, non possono nemmeno più identificarsi collettivamente come “classe operaia”. Ce lo ricorda, però, con forza il magnifico film Athena di Romain Gavras, prodotto e distribuito da Netflix, e co-sceneggiato con Ladj Ly già regista dell’altrettanto bello «Les Misérables».

La prima osservazione, la più semplice da fare, è che i giovanissimi protagonisti del film di Ladj Ly sono cresciuti, esattamente dello stesso numero di anni trascorsi tra quello (2019) e il film attuale (2022), e che la situazione di scontro e odio sociale in Francia, e nel resto delle periferie delle metropoli occidentali, non è affatto migliorata, anzi…

La trama prende le mosse dall’uccisione, dopo un alterco, di un giovanissimo ragazzo di origini nordafricane, Idir, ad opera di un commando vestito con le divise della polizia. Quando però il film inizia l’omicidio è già avvenuto e i rappresentanti delle forze dell’ordine cercano di rassicurare una folla preoccupata e nervosa e uno dei fratelli, Abdel (interpretato da Dali Benssallah), militare e veterano decorato delle guerre neo-colonialiste francesi nel Mali.

Il lancio di una molotov di un altro fratello più giovane, Karim (interpretato da Sami Slimane), è il segnale per un assalto al commissariato da parte dei giovani abitanti del quartiere ghetto di Athena.
Durante il quale gli assalitori riescono a portare via armi, mezzi, divise e caschi degli agenti, prima di ritirarsi tra le “mura” del ghetto. Da quel momento si dipana una autentica tragedia, ispirata sia a quella greca che a quelle shakespeariane.

Narrata per mezzo di lunghi piani sequenza in cui lo spettatore si trova coinvolto negli eventi, senza il tempo necessario per riflettere o decidere cosa sia effettivamente meglio fare, l’opera di Romain Gavras (classe 1981), figlio del regista Costa-Gavras e già autore di controversi e violente videoclip musicali e del lungometraggio Le monde est à toi (2018) oltre che di Our Day Will Come (Notre jour viendra) del 2010, si ispira infatti esplicitamente alla tragedia greca. Come ha affermato lo stesso regista:

Da sempre, sono ispirato dalla tragedia greca. Mi affascinano il suo significato metaforico, l’unità di tempo e il modo di trascendere la realtà. Era mio desiderio avvicinarmi a questo metodo di narrazione per tradurlo in immagini e creare una coinvolgente esperienza cinematografica.
Athena è una storia familiare ma racconta anche una storia più ampia: la forma della tragedia greca era quindi essenziale […] Crea l’impressione di svolgersi in tempo reale: come i personaggi in scena, neanche gli spettatori avranno il tempo di pensare. Sperimenteranno l’intensità del momento e lo vivranno a pieno. Il film abbraccia l’epico e il personale. […] Non ho paura dell’eccesso, dello spettacolo e della potenza delle immagini.

La funzione svolta dal coro nella tragedia greca viene qui svolta proprio dall’intensità e dal ritmo delle immagini che coinvolgono lo spettatore e lasciando allo stesso, se ne avrà il tempo, la possibilità di decidere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato nella sequenza degli avvenimenti.
Non tentano regista e co-scenggiatore, come era gia anche avvenuto con Les Misérables (recensito qui su Carmilla), di descrivere sociologicamente i fatti; quel che conta è penetrare all’interno dell’intreccio di sentimenti, passioni, interessi famigliari, di classe, criminali e istituzionali attraverso la rappresentazione “epica” e realistica allo stesso tempo dei fatti. Fatti sovra-determinati sì dalla situazione sociale, economica e politica delle banlieu francesi, ma allo stesso tempo guidati dalla hybris dei singoli protagonisti che, più che dar vita ad un’unica figura di eroe, mostrano le molteplici e disperate sfaccettature dello stesso. Inevitabilmente destinate tutte, come in Eschilo, alla sconfitta.
Un eroe, se si vuole, antico, tormentato dal dubbio e dal dolore oppure vinto dalla sua stessa superbia. Come nel caso di un altro dei fratelli, Mokthar (interpretato da Ouassini Embarek), che, pur colpito dalla perdita del fratello più piccolo, è interessato a perseguire i propri interessi criminali più che a essere partecipe della rivolta e della vendetta.

Toccherà a Abdel e, soprattutto, a Karim essere l’incarnazione metropolitana di Prometeo. Portatori del fuoco della violenza e della rivolta più che della conoscenza. Comunque e sempre incerta e tradita. Eroi orgogliosi e primordiali, annullati e azzerati dai fatti, lontani dall’immagine dell’Io borghese che troppo spesso accompagna le rappresentazioni degli stessi in altri contesti.

Le trame sfuggono di mano, le idee si confondono, le scelte sono dettate dal caso e dal momento, mentre l’unico che sembra perseguire una sua strategia di distruzione, pur fingendosi demente, è il militante radicale islamico. Unico ad essere lucidamente conscio del proprio e dell’altrui destino.
Mentre sullo sfondo della trama e dell’inconscio dei personaggi aleggia la figura di una Mater dolorosa magrebina che fin dai primi istanti sembra sapere che le sue sofferenze non solo non sono ancora terminate, ma destinate ad aumentare.

Un film lontano da ogni buonismo e da qualsiasi rigurgito ideologico che, pur poco o nulla pubblicizzato sui canali televisivi italiani durante l’ultima Mostra dell’arte cinematografica di Venezia di cui l’unica cosa che sembrava interessare erano le presenze delle star sul red carpet, proietterà tutti gli spettatori nelle contraddizioni, ineludibili e insanabili, di una società occidentale che si pretende ancora stabile, benestante e democratica. Riassunte tutte in un sintetico dialogo tra Abdel e la sorella, un attimo prima che la situazione precipiti:

«Qual è il tuo problema? Ti piace ancora obbedire agli ordini?»
«E’ meglio che non ci sia la guerra, specialmente qui.»
«Ma non capisci che è già cominciata la guerra?!»

(Qui il trailer originale del film)

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