Nixon – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Thu, 31 Jul 2025 20:00:07 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 Fumenti *2 – storie disegnate (Esilio) https://www.carmillaonline.com/2016/11/29/fumenti-2-storie-disegnate/ Mon, 28 Nov 2016 23:01:16 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=34456 di Simone Scaffidi

lapprodoS. Tan, L’approdo, Tunué, 2016, pp. 124, € 24.90

Silenzio. Torna in Italia, riedito da Tunué, un classicone tra i cosiddetti silent book. Ovvero i libri senza parole. La prima volta che l’ho sfogliato, nell’edizione francese titolata Là où vont nos pères, stavo annegando nei discorsi vacui sulle migrazioni, il Mediterraneo, il Messico, l’Australia, e questo albo mi ha fatto tirare un sospiro di sollievo. Non servivano tante parole per descrivere l’umanità di un uomo che migra, bastava appunto un po’ di umanità, [...]]]> di Simone Scaffidi

lapprodoS. Tan, L’approdo, Tunué, 2016, pp. 124, € 24.90

Silenzio. Torna in Italia, riedito da Tunué, un classicone tra i cosiddetti silent book. Ovvero i libri senza parole. La prima volta che l’ho sfogliato, nell’edizione francese titolata Là où vont nos pères, stavo annegando nei discorsi vacui sulle migrazioni, il Mediterraneo, il Messico, l’Australia, e questo albo mi ha fatto tirare un sospiro di sollievo. Non servivano tante parole per descrivere l’umanità di un uomo che migra, bastava appunto un po’ di umanità, e la tecnica e il potere immaginifico di Shaun Tan raggiungevano un livello talmente alto da non poter essere messi in discussione. Mentre leggevo, ricordo bene, pensavo al film Nuovomondo di Emanuele Crialese. La potentissima scena finale, accompagnata dalla voce di Nina Simone che cantava Sinnerman, scorreva sotto i miei occhi. Una volta chiuso il libro mi son chiesto se Crialese, per dare respiro poetico al film, avesse preso ispirazione dall’opera di questo autore australiano. Oggi scopro che L’approdo e Nuovomondo sono usciti entrambi nel 2006 e che la mia ipotesi, già allora azzardata, non ha nessun fondamento. La seconda volta che ho letto L’approdo, un mesetto fa, sempre nell’edizione francese, la situazione non era cambiata, continuavo ad annegare nella vanità dei discorsi dominanti sulle migrazioni. Questa volta però, girata l’ultima pagina, ho ripensato alla sceneggiatura, alla pulizia del disegno, alla perfezione del protagonista, ai sorrisi e al lieto fine. C’è un ordine, una compostezza in questo albo che lascia sospesi in un mondo onirico. È il mondo dei sogni, fatto di dolcezza, comprensione e sicurezza. Un mondo che, a guardarlo davvero bene, ha poco a che spartire con le migrazioni. Eccetto l’incipit, il vano desiderio di scovare, al di là del mare, un ordine delle cose differente dove regnino serenità e giustizia. Il Nuovomondo di Crialese è invece sporco, ingiusto, concreto. Certo c’è un immaginario fantastico che lega le due opere, ma è utilizzato in maniera radicalmente opposta. Crialese racconta l’illusione, il duro scontro quotidiano con la realtà. Shaun Tan invece fa sognare i suoi lettori, li culla, senza spingersi nell’orrore della realtà.

allendeO. Bras, J. Gonzales, Maudit Allende!, Futuropolis, pp. 128, € 20.00

Memoria. Si parte dall’infanzia di tre uomini per arrivare ai giorni nostri. Chi sono oggi quei tre uomini? Uno è un esempio di lotta democratica, uno d’infamia e uno di consapevolezza. Il primo si chiama Salvador Allende ed è il primo presidente socialista eletto democraticamente in America Latina. Il secondo porta il nome di Augusto Pinochet, uno dei peggiori dittatori che abbia calpestato il suolo americano. Il terzo è Leo, un cileno che ha vissuto un’infanzia da esule al contrario, quando dopo l’elezione di Salvador Allende la sua famiglia decise di trasferirsi in Sud Africa. Olivier Bras, lo sceneggiatore di questa storia, è un giornalista francese che ha coperto le notizie sul Cile per Liberation e RTI e ha lavorato per Courrier international. Jorge Gonzales, l’autore argentino dello splendido Cara Patagonia, è invece uno dei migliori disegnatori in circolazione. Grazie alla capacità di Gonzales di dare vita ai significati con le sfumature, e a una narrazione che convince e non si perde mai nel dettaglismo fine a se stesso, i due autori riescono a restituire la consapevolezza di una frattura che la memoria condivisa non può sanare. Una frattura che ha radici nel passato che non passa. Il Cile è un paese spaccato. Non esiste pacificazione all’orrore. Margaret Thatcher incontra Augusto Pinochet e lo ringrazia per il suo appoggio nella Guerra delle Malvinas. Fidel Castro incontra Salvador Allende e gli regala parole di stima, complicità e allerta. Gli Stati Uniti di Nixon appoggiano il colpo di Stato di Pinochet. L’11 settembre 1973, l’aeronautica bombarda La Moneda. Allende, che non crede al martirio, si toglie la vita. E Leo? I genitori di Leo stanno con Pinochet. Leo deve capire. E come lui molti cileni. Questa storia serve anche a questo, a capirsi. A uccidere il padre. A uccidere il dittatore. La memoria del Cile non può essere una memoria condivisa, è troppo profondo il solco che separa l’oppressione dalla chimera della giustizia sociale. Bras e Gonzales raccontano la Storia, ma non dimenticano le storie e i conflitti sociali e individuali che genera un potere brutale e assassino. Raccontano la frattura. Quest’opera non è ancora disponibile in italiano, ma speriamo non si faccia attendere.

shaun-tan

S. Taun, L’approdo

allende

O. Bras, J. Gonzales, Maudit Allende

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Non c’è crisi in Paradiso. Paradossi e identità di classe nell’America di Obama e di Trump – Prima parte https://www.carmillaonline.com/2016/10/01/non-ce-crisi-paradiso-paradossi-identita-classe-nellamerica-obama-trump/ Fri, 30 Sep 2016 22:01:43 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=33564 di Fabrizio Salmoni*

usa-1 Le cronache elettorali dagli Usa dipingono superficialmente la campagna per le presidenziali come se fosse un evento sportivo. Cosi facendo, il giornalismo italiano si conforma a quello internazionale contribuendo ad assuefare le menti all’idea che anche uno degli eventi politici più importanti per il mondo sia uno spettacolo in cui contano i singoli individui, i loro errori, i loro umori, le cartelle cliniche. Ai candidati si attribuiscono i favori o le preferenze di ampie categorie del corpo civile: le minoranze, le lobbies, le etnie, la comunità finanziaria, quelle religiose, i gruppi sociali peculiari dei vari Stati, ecc. [...]]]> di Fabrizio Salmoni*

usa-1 Le cronache elettorali dagli Usa dipingono superficialmente la campagna per le presidenziali come se fosse un evento sportivo. Cosi facendo, il giornalismo italiano si conforma a quello internazionale contribuendo ad assuefare le menti all’idea che anche uno degli eventi politici più importanti per il mondo sia uno spettacolo in cui contano i singoli individui, i loro errori, i loro umori, le cartelle cliniche. Ai candidati si attribuiscono i favori o le preferenze di ampie categorie del corpo civile: le minoranze, le lobbies, le etnie, la comunità finanziaria, quelle religiose, i gruppi sociali peculiari dei vari Stati, ecc. Un minestrone di ingredienti indistinti in cui le classi sociali vengono identificate essenzialmente con la dicotomia colletti blu e bianchi e “mondo delle imprese” (corporate world) mentre di middle class si parla per segnalarne la centralità “elettorale”, la perdita di potere d’acquisto, la sua discesa nella scala sociale.

Chi qui in Europa segue più attentamente le cronache della contesa americana con un occhio criticamente smaliziato non può evitare di notarne il paradosso più evidente: un elettorato fatto prevalentemente di bianchi poveri a forte componente operaia e contadina voterà in massa contro i propri interessi per un candidato miliardario portandolo probabilmente alla presidenza. Come può accadere? Cosa può aver rovesciato i tradizionali ruoli di rappresentanza politica tra i due maggiori partiti? Non sono forse i Democratici ad avere sempre rappresentato, dalla fine della Ricostruzione post Guerra Civile, lo stato sociale, i sindacati, le minoranze affamate di riconoscimento e diritti civili, la cultura inclusiva, insomma l’anima “progressista” della nazione mentre i Repubblicani si sono sempre connotati come i difensori del laissez faire economico, come rappresentanti delle corporation, del big business, e infine del capitalismo finanziario selvaggio e globale? Come è possibile che un proletario, indebitato fino al collo, privo di garanzie sindacali, di assistenza sanitaria, di garanzie pensionistiche, con la minaccia dell’ipoteca bancaria sulla casa, con i figli sempre più condannati dal lavoro precario e sottopagato a rimanere bloccati nella scala sociale malgrado le promesse del sogno americano, si schieri con la parte politica che per propria natura gli nega un’esistenza dignitosa?

La dura verità è che a partire dagli anni della presidenza di Ronald Reagan, della prescrizione-shock dei controllori di volo, del completamento della ridefinizione globale degli interessi capitalistici, del crollo dei salari, delle riduzioni fiscali, ha preso slancio un ribaltamento culturale senza precedenti che ha portato a fratture su linee trasversali del corpo sociale e a soluzioni politiche basate su argomenti che fino ad allora risultavano sovrastrutturali. Gli effetti di tale “rivoluzione culturale” (si, di questo si è trattato) sono stati la sostituzione in molti stati del Sud e del Midwest delle maggioranze Democratiche con amministrazioni Repubblicane e le presidenze Bush, padre e figlio, con l’emergenza di una solida classe dirigente neo-con. I due termini di Clinton non hanno invertito la tendenza, anzi con le sue ambiguità in politica sociale e il varo del trattato commerciale Nafta che ha interessato tutto il Nord America (Messico compreso) proprio il Democratico Clinton ha contribuito ad alimentare, il processo in atto, ancora prima che l’11 settembre aggravasse la situazione.

Protagonisti passivi di tale cruciale capovolgimento politico sono i ceti proletari nuovi e vecchi costituiti dai lavoratori salariati dell’industria e dei servizi, i piccoli agricoltori e allevatori impoveriti dal crollo dei prezzi e indebitati con le banche,1 i neo-urbanizzati dagli anni Settanta sradicati dalle comunità rurali di origine e immessi nei bassi ceti impiegatizi ora ricacciati indietro nella scala sociale dalla nuova crisi economica, i rednecks (operai, lavoratori artigiani e padroncini), i salariati dei ranch. Gente che vive le trasformazioni che la investono con un forte senso di perdita: di identità e ruolo sociali, di status economico, di radici culturali che la nuova collocazione non riesce a sanare. Anzi, peggiora man mano che i cambiamenti la travolgono. E a quel senso di perdita si aggiungono prima le ansie, poi la rabbia, poi necessariamente la ricerca di vie di fuga nel proprio piccolo, nell’alienazione, nella ricerca spirituale, nel volgersi con nostalgia al passato, ai “vecchi tempi” che erano sempre duri ma avevano delle soluzioni, delle vie d’uscita dignitose.

usa-2 Tutti questi attori sono collocati geograficamente per la gran parte nella cosiddetta Heartland, cioè il cuore d’America, il vasto territorio che include indicativamente il Sud storico, il Sud Ovest, il Midwest. Un’area storicamente determinante per le lotte contadine culminate tra il tardi 1880 e la prima metà dei 1890 con la rivolta Populista contro le banche, i poteri economici, le politiche monetarie, e con significative agitazioni operaie a cavallo dei due secoli. Un’area a grandi linee appartenente alla tradizione Democratica fino alla Presidenza Johnson e, con l’intervallo dell’esperienza Nixon, a quella di Jimmy Carter. Ai due lati della Heartland, le due coste con le loro ricche enclavi: il nord est e la California.

Cosa è successo da allora?

Non tutti gli analisti si sono resi conto di quanto stava accadendo: ancora nel 2006 un team di eminenti professori di statistica politica annotava una singolare polarizzazione nelle scelte dell’elettorato ma riteneva con tipico ottimismo che le “tendenze disturbanti” avrebbero trovato soluzione nella parte moderata della classe politica, giudicando transitorio il predominio Repubblicano e gli spostamenti elettorali. Tuttavia il loro studio riscontrava che il reddito o la ricchezza non incidevano sulle scelte politiche tanto quanto i temi locali mentre l’elettorato si divideva meno che mai dai tempi del New Deal su temi occupazionali o sull’apparteneza di classe. Allo stesso tempo, pur rilevando che la crescita della sensibilità religiosa non stava soppiantando le tematiche economiche ammettevano che “non si sentivano di escludere che ciò avrebbe potuto accadere“. 2

Le presidenziali del 2004 che diedero la seconda vittoria a George W. Bush avevano fatto registrare un’inquietante variante di peso decisivo: il 22% dei votanti aveva espresso ai sondaggisti di aver dato la prevalenza per la scelta nelle urne ai “valori morali” su ogni altra cosa. Poco prima, tredici Stati avevano votato contro la legalizzazione dei matrimoni tra contraenti dello stesso sesso: “Guns, God and gays” divennero la convenzionale spiegazione per la vittoria di Bush. Allo stesso tempo si manifestava un’altra anomalia: gli Stati più ricchi si configuravano come Democratici, quelli poveri come Repubblicani.

L’emergenza dei Tea Parties , organizzazioni informali su base popolare, che hanno cercato di condizionare le elezioni del 2008 addirittura esprimendo un candidato Repubblicano (Sarah Palin) alla vicepresidenza rivelavano il peso crescente di un vasto strato di elettorato posizionato a destra, a forte connotazione religiosa, favorevole all’isolazionismo in politica estera e alla riduzione della presenza federale nelle decisioni degli Stati. Un altro segnale, forse sottovalutato, dei cambiamenti in atto tra la gente.

Ma quali fattori hanno determinato il cambiamento politico epocale che sembra aver trasformato il corpo sociale d’America?

usa-7bis L’elemento primo è stata la pesante manipolazione culturale intrapresa dai settori militanti della destra, indirizzata a saldare i “valori morali”, cioè quell’insieme di sensibilità provenienti dal buon senso della “gente comune” (la casa, la famiglia, il lavoro duro, ecc. ) e dalle tradizioni popolari peculiarmente americane (l’aspirazione al miglioramento inevitabile delle proprie condizioni conseguito con le proprie forze, la libertà estesa, il senso religioso, l’orgoglio nazionalistico, la convinzione di poter riuscire a conservare solo quello per cui ci si è in qualche modo battuti), con la sistematica cancellazione del fattore economico dalla lista delle cause della propria condizione. Al punto che per gli ultraconservatori il tema dell’agire del settore imprenditoriale o finanziario è venuto di proposito a cadere come soggetto di discussione. Per essi il business (e il conseguente profitto) è normale, naturale, va oltre la politica; il libero mercato è qualcosa di immanente e necessario che determina le condizioni del successo individuale o professionale. E’ materia fuori discussione. Se si è poveri le cause vanno cercate nella dissoluzione del sogno americano a opera di chi lavora costantemente per demolirlo: i “liberals” con i loro privilegi, il controllo del governo, della burocrazia, di Wall Street, della cultura, dei media, i loro costumi degenerati, il rifiuto laico di Dio e dei Comandamenti, l’ipocrisia del politically correct, l’ambientalismo ideologico, le mode effimere, il caos della grande città.

Ecco, il capolavoro di tutto questo lungo lavorio è stato essere riusciti a dichiararsi “popolo”, ad identificarsi con quello, a identificare un nemico diverso da quello economicamente naturale, ad escludere qualsiasi critica al sistema economico ma allo stesso tempo perseguendo con i propri rappresentanti e candidati nazionali e locali politiche favorevoli al big business, alla deregulation, al taglio dei salari. La destra repubblicana ha fatto leva sull’associazione tra orgoglio individuale (Voi siete il sale della terra, il cuore battente d’America che tira la carretta…) e vittimismo narcisistico (…eppure siete trattati oltraggiosamente male), sull’indirizzo delle ansie quotidiane e dell’odio per tale condizione verso i liberals (leggi Democratici). Se poi le aziende chiudono, licenziano, se la terra coltivata viene espropriata o devastata dagli oleodotti o supersfruttata dalle coltivazioni intensive, se i prezzi salgono per garantire il massimo profitto della grande distribuzione che spreme fornitori e dettaglianti e li conduce al disastro, quella è la legge del mercato, della concorrenza, icone dello spirito americano e componenti del successo individuale. E’ la dura realtà con cui tocca confrontarsi e con cui si crea il benessere per tutti. Se poi i politici Repubblicani promuovono leggi e normative a favore di cartelli affaristici locali, agribusiness e corporation, l’argomento rientra nel campo della “politica”, tema di per sé complicato e odioso da discutere, o nella logica sacrosanta del libero mercato.

usa-3 I fantasmi da scacciare stanno nella retorica liberal che minaccia l’autenticità stessa della way of life americana, nella società malata di criminalità, immigrazione, aborto, biotecnologia, droga, pornografia, diritti civili per chi non li merita, privilegi per i ricchi, matrimoni omosessuali. Un quadro completo in cui convogliare i ceti più poveri e meno istruiti su parole d’ordine da usare in sede politica per guadagnare terreno ma anche per creare una gabbia culturale da cui non si riesce più a evadere. Mentre nella stanza vicina si fanno affari.

Significativo per paradossale contraddizione il caso del Freedom to Farm Act, una legge promossa nel 1996 dal senatore Repubblicano Pat Roberts del Kansas e da altri rappresentatnti locali dello stesso partito, nominalmente per aiutare i coltivatori a competere efficacemente sul mercato dei prodotti agricoli revocando le normative di origine New Deal per la protezione dei prezzi: grazie a quella legge gli agricoltori avrebbero avuto la libertà di coltivare qualsiasi cosa in qualsiasi quantità affidandosi al mercato per spremere i prezzi migliori: cosi finalmente si toglieva di mezzo il governo dalla libertà di operare secondo i propri mezzi. Il risultato fu di provocare una letale spirale di sovrapproduzione che in pochi anni mandò sul lastrico i piccoli produttori favorendo cosi i grandi dell’agribusiness ADM, Cargill, ConAgra. Non un disastro sociale, per i Repubblicani, ma un’esemplare “ristrutturazione dell’industria alimentare” per avere maggiore flessibilità ed efficienza della distribuzione, una vittoria della libertà sulla “ingombrante sussidiarietà governativa”. Un cambiamento in peggio per il suolo e gli agricoltori falliti che però hanno continuato da allora a votare il GOP, il Grand Old Party (Partito Repubblicano).3

*Master in Studi Americani all’Università del Texas

(Fine prima partecontinua martedì 4 ottobre)


  1. Nel recente ottimo film Hell or High Water di David McKenzie due fratelli si fanno rapinatori per pagare l’ipoteca della loro terra. Il Texas Ranger di origine Comanche che dà loro la caccia riflette con i colleghi bianchi:”…Il tempo rende giustizia. Le terre che avete preso ai Comanche ora le state perdendo con le banche…”  

  2. McCarty, Rosenthal, Poole, Polarized America. The Dance of Ideology and Unequal Riches, 2006, MIT Press  

  3. Thomas Frank. What’s the Matter with Kansas? How conservatives won the heart of America, 2005 Picador  

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Ufo: una nuova breccia nel cover up? https://www.carmillaonline.com/2016/04/29/ufo-nuova-breccia-nel-cover/ Thu, 28 Apr 2016 22:01:20 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=30042 di Maverick

Alien CongressTutte le agenzie internazionali e diversi quotidiani anche in Italia hanno dato nei giorni scorsi rilievo alle dichiarazioni della candidata presidenziale in materia di Ufo. La Clinton ha detto in Tv che se eletta si impegnerà a desecretare i files riguardanti gli Ufo e la presenza aliena. L’aveva già detto a Gennaio al “Conway Daily Sun” del New Hampshire e ora l’ha ribadito. Non è la prima a dire di volerlo fare e bisognerà verificarne la vera volontà: Hillary è una consumata politicante e la circostanza può essere letta come una astuta mossa elettorale, una strizzata d’occhio [...]]]> di Maverick

Alien CongressTutte le agenzie internazionali e diversi quotidiani anche in Italia hanno dato nei giorni scorsi rilievo alle dichiarazioni della candidata presidenziale in materia di Ufo. La Clinton ha detto in Tv che se eletta si impegnerà a desecretare i files riguardanti gli Ufo e la presenza aliena. L’aveva già detto a Gennaio al “Conway Daily Sun” del New Hampshire e ora l’ha ribadito. Non è la prima a dire di volerlo fare e bisognerà verificarne la vera volontà: Hillary è una consumata politicante e la circostanza può essere letta come una astuta mossa elettorale, una strizzata d’occhio a quel 57% di americani che è convinto che gli vengano nascoste molte informazioni sull’argomento. Anche ammesso che sia cosi è una mossa impegnativa e rischiosa, in molti sensi. I media hanno attribuito all’influenza dell’amico e finanziatore Laurance Rockefeller, fondatore della Rockefeller Initiative1 e convinto sostenitore dell’ipotesi extraterresre, l’interesse della lady per l’argomento, e alle pressioni simultanee di John Podesta, il suo Direttore della campagna elettorale (e di Bill, precedentemente), da tempo sulla breccia con una sua organizzazione, il Center for American Progress, per perorare la fine del cover up per ragioni di democrazia e trasparenza.2 Ad una tv di Las Vegas Podesta aveva fatto seguito alle prime dichiarazioni della Clinton dicendo di averla voluta convincere ad “andare a fondo della questione“.

Precedenti e Presidenti
Prima di lei fu J.F. Kennedy a procurarsi la diffidenza dei militari e del mondo della ricerca aerospaziale, Nasa compresa, con l’espressa volontà di voler condividere con i sovietici le risultanze della ricerca spaziale. C’è chi afferma che quell’intenzione contribuì a decidere la sua sorte poiché sembrò evidente la sua intenzione di scambiare informazioni anche sul fenomeno Ufo con i sovietici mettendo cosi a repentaglio l’esclusività o la prevalenza degli elementi di conoscenza in mano americana.

Poi ci fu Nixon che con la materia Ufo giocò sporco, come suo solito, per mania di grandezza. Al culmine del primo mandato, nel 1973, “Tricky Dick” pensò forse di voler passare alla storia non solo per i successi in politica internazionale (la fine della guerra in Vietnam, l’apertura alla Cina, il trattato per la limitazione delle armi nucleari con l’Urss) ma anche per aver rivelato la verità sugli Ufo. Lo volle fare in modo trasversale, ambiguo, sostenendo indirettamente il progetto del cineasta Robert Emenegger e del produttore Allan Sandler per la realizzazione di un documentario in cui fossero inserite immagini clamorose top secret fornite dall’Air Force. Due alti ufficiali si misero in contatto con i due, li accompagnarono presso le videoteche di alcune basi aeree, concordarono i filmati, sensazionali a detta di Sandler, da inserire; si fecero avanti finanziatori inaspettati come la John MacArthur Foundation che aveva stretti rapporti (come molte Fondazioni dei nostri giorni) con ambienti di intelligence; ci furono anticipazioni di un possibile rilascio di informazioni da parte di alcuni media e personaggi dell’establishment culturale che sembravano voler preparare il terreno per le rivelazioni. Poi venne il Watergate e tutto si fermò. Il documentario si fece (Ufos, past, present and future) e andò in onda su Nbc ma senza le clips promesse (tranne una di 12 secondi – sostennero gli autori) ed ebbe un certo successo ma non suscitò le reazioni previste in mancanza di footage inedito e sensazionale. Il ricercatore Grant Cameron fa due ipotesi: che l’iniziativa fosse voluta da Nixon o che fosse un tentativo fallito di “disclosure” da parte di ambienti governativi non identificabili ma certamente abbastanza potenti da smuovere militari, finanziamenti, media.3

Jimmy Carter anche si era sbilanciato in campagna elettorale dicendo di voler far luce sul fenomeno, prima di imbarcare nella sua amministrazione buona parte della neonata Trilateral (ben 26 nomine), non proprio gente interessata alla trasparenza sull’argomento. Carter confessò di avere avuto personalmente tre avvistamenti e affidò al suo Capo Ufficio Stampa Jody Powell l’incarico di occuparsene. Il quale volle farsi protagonista di una fuga in avanti dichiarando a US News and Worls Report che prima della fine dell’anno (1977) il Presidente avrebbe fatto “sconvolgenti dichiarazioni sul tema Ufo” e che su informazioni della Cia ci sarebbe stata “un’ inversione di marcia della politica ufficiale che fino ad allora aveva sottostimato gli eventi“. La ricerca di informazioni avviata da Carter si scontrò apertamente con l’apparato militare che gli oppose un rifiuto ad informarlo perchè non aveva il “need to know” (estremo livello di top secret). Dopo breve tempo Jody Powell fu smentito dalla Casa Bianca con l’affermazione che “era stato frainteso”.4

A fine Dicembre 1978 ci fu un’interrogazione al Congresso del Democratico Samuel S. Stratton, Presidente di Sottocommissione sulle Investigazioni Militari, riguardo intrusioni di Ufo nel sistema di difesa di tre anni prima. Stratton esprimeva preoccupazione “sulla presunta capacità di velivoli sconosciuti di penetrare lo spazio aereo e di rimanere fermi sopra basi militari, depositi di armi, siti missilistici e di controllo di lancio senza che l’Air Force riuscisse a intercettarli e a identificarli“. La risposta dell’Air Force fu che “i rapporti sugli Ufo erano di interesse transitorio e che non si disponeva di files permanenti in merito“.5 Oggi, grazie ai documenti declassificati sappiamo che non era vero.

Curiosamente, proprio durante la presidenza Carter si verificarono dei fatti internazionali che i complottisti hanno evidenziato: su pressioni di Eric Gairy, premier di Grenada, il 27 Novembre 1978 l’Onu aveva deciso di stabilire uno Special Political Committee che raccogliesse e analizzasse i dati in un programma di respiro internazionale con l’obiettivo di cercare e dare risposte sulla materia Ufo. Ci furono diverse riunioni concluse con la decisione di aprire un’agenzia Onu apposita (Determina 33/426 dell’8 Dicembre) con l’appoggio dell’amministrazione Carter. Dopo tre mesi, il 13 Marzo 1979 un golpe militare a Grenada esautorò Gairy e lo sostitui con Maurice Bishop. Tutto si arenò e non ci fu più seguito.6

E’ noto quanto Reagan fosse interessato al fenomeno (lui stesso disse di avere avuto due avvistamenti) e ne desse un’interpretazione minacciosa. Di lui si ricordano le frasi che più volte usò per manifestare di avere elementi di conoscenza. Come la sua risposta alla domanda su quale fosse la maggiore necessità nel campo delle relazioni internazionali: “Mi sono sempre chiesto se il mondo scoprisse di essere minacciato da una potenza dallo spazio, da un altro pianeta. Non scopriremmo subito che non ci sono differenze tra noi esseri umani, cittadini del mondo e non ci uniremmo per combattere quella particolare minaccia?“.7

George Bush sr., da ex Direttore Cia e candidato presidenziale, dichiarò che “ne sapeva parecchio“.8
Lo stesso Clinton interpellato in merito in un’intervista del 2005 a Hong Kong, disse che non aveva trovato niente ma alluse a verosimili difficoltà “interne“: “Ho cercato di scoprire se ci fossero documenti segreti e, nel caso, se mi fossero nascosti. Non sarei il primo Presidente a cui i sottoposti abbiano mentito o a cui dei burocrati abbiano trattenuto informazioni. Ma ci possono essere individui in carriera che nascondono questi oscuri segreti anche ai Presidenti. Se è cosi, be’ sono riusciti ad evitare di coinvolgermi e se è cosi mi sento quasi imbarazzato a dire che ho provato a sapere9 . Una risposta contorta che suggerisce che Clinton avesse capito che le difficoltà provenivano dall’interno dell’amministrazione, dall’apparato. Da cui anche il rafforzamento delle tesi più recenti secondo cui i Presidenti, come tutti i politici o i dirigenti di nomina politica, non sono al corrente della complessità del cover up che affonda nei programmi segreti (Special Access Programs) finanziati con fondi neri e sprofondati nel magma del complesso industrial-militare10 . La loro possibilità di penetrare i livelli di sicurezza del “need to know” è molto limitata, e quasi impossibile nel settore privato.
E’ tuttavia importante che un Presidente, o un candidato Presidente come la Clinton, voglia “forzare” in qualche modo la questione. Realisticamente, potrebbe rischiare la pelle, come Kennedy o più facilmente non andare da nessuna parte, come i suoi predecessori.

Le perplessità
Per tornare quindi alle recenti dichiarazioni, ci sono diverse contraddizioni nelle parole della candidata che rendono la questione poco chiara anche perchè certe cose già le dovrebbe sapere:

1: L’Area 51 può essere stata interessata in passato a esperimenti di retroingegneria sugli Ufo, ma non dovrebbe più essere il posto giusto. I ricercatori indicano con buone argomentazioni la base aerea Wright-Patterson in Ohio come la sede vera dove si custodiscono i veri segreti.11 Del resto, è proprio li che le testimonianze multiple indicano che i reperti (e i corpi?) di Roswell furono immediatamente trasportati in quel Luglio 1947. Sembra quindi un’ingenuità quella di pensare a una “task force” per investigare dove probabilmente non c’è più niente da tempo se non velivoli sperimentali e progetti aerospaziali che probabilmente impiegano propulsione e tecnologia derivate da un pregresso lavoro di retroingegneria.

2: I Rockefeller. Non è chiaro cosa spinga Laurance Rockfeller a occuparsi cosi appassionatamente di una materia che la sua famiglia dovrebbe conoscere meglio di tanti. O è una pecora nera, emarginata, o chi lo sa…

Clinton&Rockefeller 3: E’ interessante il fatto che la Clinton usi l’espressione UAP (Unidentified Aerial Phenomena), invece che UFO. Questo indica che è informata della distinzione prudentemente generica che si fa in ambienti “moderati” militari e scientifici, e che quindi si tiene “aggiornata”. Ma quanto veramente sa?

4: E’ improbabile che la sortita sia solo una mossa elettorale. Come suggeriscono i toni delle cronache giornalistiche, la Lady rischia di imbrigliarsi nel consueto ridicolo mediatico che quindi potrebbe nuocerle. E’ invece probabile che sia stata realmente persuasa da chi le è vicino e che la spinta alla “disclosure” si stia facendo sentire. Quanto sia personalmente convinta e sincera, visto il soggetto, è dubbio ma prima o poi lo sapremo.

5: E’ rilevante che un personaggio di cosi alto livello accenni apertamente a una “presenza” aliena tra di noi (“La Terra può essere stata visitata” – Daily News). E’ un ulteriore elemento di forzatura perchè si presta ad essere interpretato come allusione al fenomeno dei rapimenti. E’ in grado di procedere su quella ancora più difficile strada?

6: Le allusioni del 2005 di Bill Clinton (sottoposti…burocrati…individui in carriera…) dimostrano che l’ex Presidente aveva capito dove è l’infezione e dovrebbero averle dato la nozione che il cover up è gestito da una catena trasversale di operativi di medio livello gerarchico nell’amministrazione pubblica, negli ambienti militari e di intelligence, dai project managers dei programmi segreti nel settore privato. La cosa più efficace che potrebbe fare un Presidente sarebbe un provvedimento per sciogliere dai giuramenti di segretezza imposti per contratto a chi ha responsabilità importanti nella catena di gestione dentro gli enti governativi, e ai tanti testimoni vincolati da impegni analoghi o terrorizzati negli anni dalle pressioni a tacere. Da ciò che ha detto, o da come lo dice, Hillary non sembra consapevole della complessità del cammino da percorrere. Certo, potrebbe come minimo seguire le tracce del marito che con l’Ordine Esecutivo n. 12958 desecretò oltre ottocento milioni di pagine classificate, Ordine che fu poi stemperato dalla successiva presidenza con l’effetto di ridurre il numero.

L’iniziativa mediatica della candidata è comunque da considerare come un piccolo passo in avanti sulla strada della Verità, utile se non altro per far sapere che il fenomeno Ufo è trattato a livelli top, il che già di per sé dovrebbe pesare come segnale sia nei confronti dell’opinione pubblica sia per gli oscuri ambienti “che sanno”.


  1. La maggior parte dei fondi della Rockefeller Initiative provengono dall’ex immobiliarista di Las Vegas Robert Bigelow, oggi titolare della Bigelow Aerospace e gestore della Bigelow Aerospace Advanced Space Studies a cui la Federal Aviation Authority indirizza le persone che vogliono segnalare avvistamenti Ufo. Bigelow finanzia alcune organizzazioni di ricerca ufologica e riceve a sua volta finanziamenti governativi per progetti in collaborazione con la Nasa. Una specie di partita di giro, una delle tante che rende il terreno dell’investigazione ufologica estremamente intricata da decifrare  

  2. Fabrizio Salmoni, Ufo, sicurezza nazionale e progresso negato, https://mavericknews.wordpress.com/2016/03/09/ufo-sicurezza-nazionale-e-progresso-negato/#more-1128  

  3. Grant Cameron, www.presidentialufo.com. Larry Holcombe, Ufo Leaks  

  4. ibidem  

  5. Fawcett, Greenwood, Clear Intent  

  6. Grant Cameron, ibidem. Don Berliner, Ufo briefing Documents  

  7. Grant Cameron, ibidem  

  8. Richard Dolan, Ufos & the National Security State, vol.2  

  9. Huffington Post, 28.3.2016  

  10. Fabrizio Salmoni, ibidem  

  11. Thomas Carey, Donald Schmitt. Inside the real Area 51. The secret history of Wright-Patterson  

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Entropolis https://www.carmillaonline.com/2012/08/20/entropolis/ Mon, 20 Aug 2012 08:43:05 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=4411 di Alessandra Daniele

Ubik1.JPG”Secondo principio della termodinamica: prima o poi tutto diventa merda”. Lo diceva Woody Allen, e i suoi ultimi film lo dimostrano. Secondo i Corvi, la tribù di nativi americani del western crepuscolare ”Corvo Rosso non avrai il mio scalpo” (Jeremiah Johnson, 1972) il valore di qualcuno si stima dalla forza del nemico che combatte. Philip K. Dick s’è scelto il più forte. L’Ananke, la necessità che genera il fato al quale neanche gli dei possono sfuggire. La pietra d’angolo su cui è costruito tutto l’universo. E che ne fa un mattatoio. L’Entropia.

In principio era dio il [...]]]> di Alessandra Daniele

Ubik1.JPG”Secondo principio della termodinamica: prima o poi tutto diventa merda”. Lo diceva Woody Allen, e i suoi ultimi film lo dimostrano.
Secondo i Corvi, la tribù di nativi americani del western crepuscolare ”Corvo Rosso non avrai il mio scalpo” (Jeremiah Johnson, 1972) il valore di qualcuno si stima dalla forza del nemico che combatte.
Philip K. Dick s’è scelto il più forte.
L’Ananke, la necessità che genera il fato al quale neanche gli dei possono sfuggire. La pietra d’angolo su cui è costruito tutto l’universo. E che ne fa un mattatoio.
L’Entropia.

In principio era dio il bersaglio di Philip K. Dick, poi però, aldilà del torvo, metallico volto del demiurgo biblico, PKD ha visto qualcosa di ben più potente e sinistro, qualcosa di gelido e oscuro come gli abissi dello spazio profondo, del vuoto cosmico prossimo alla morte termica. Il destino ultimo di tutte le cose.
Diventare merda.
E l’ha riconosciuto come il Nemico.
Philip K. Dick ha scelto tutti i suoi nemici fra i più pericolosi, a cominciare dal Nazifascismo, del quale denuncia la reincarnazione nell’imperialismo USA.
Un impero tutt’altro che granitico, solcato da profondi conflitti interni, ma con la capacità invasiva e distruttiva d’una pandemia. E che nel XXI° secolo ha già prodotto una catena di disastrose guerre neocoloniali, e una crisi economica planetaria grazie alla quale ogni giorno, mentre lavoriamo anche in agosto, i nostri sudatissimi risparmi diventano merda.
Entropia.
E il secolo è appena cominciato.
Contro l’Entropia e i suoi agenti Philip K. Dick combatte sul piano politico, culturale, e filosofico, ma non si perde nei cospirazionismi generici, indica responsabili precisi (Nixon, l’FBI di Hoover, Reagan e la Reaganomics) e individua le tendenze esatte, come la manipolazione mediatica dell’immaginario e della percezione della realtà. PKD non ci lascia un’elegante pergamena di saggi consigli, ci fornisce armi cariche per continuare una battaglia precisa, strumenti calibrati per esaminare e affrontare il nostro presente.
Un esempio: in UBIK, la metafora gnostica sulla condizione umana è anche in grado di descrivere l’attuale situazione italiana meglio di qualsiasi analisi scritta oggi.
Spoiler
I personaggi di UBIK, o meglio le loro menti, sono prigioniere d’una replica virtuale del mondo prodotta dalla mente d’uno schizofrenico di nome Jory, che si nutre della loro energia vitale come i ragni divorano gli insetti imprigionati nelle loro ragnatele. Questo mondo fittizio però regredisce e cade a pezzi, perché Jory, il demiurgo, sta morendo, e non riesce più a mantenerne l’integrità.

Noi siamo prigionieri e vittime da più di vent’anni dell’Italia di cartapesta prodotta dalla propaganda berlusconiana, uno scenario che adesso ci sta crollando addosso, mentre Berlusconi s’avvicina alla morte, politica, e cerebrale.
Ovviamente, il governo Monti non ci salverà, perché non è altro che un prodotto senile dello stesso morente immaginario berlusconiano: è il Professore Severo che periodicamente passa a rimettere a posto i conti, affinché il Re Burlone possa tornare a scialacquare, trucco che però stavolta ha ben poche speranze di riuscita.
Com’è ormai evidente, il governo Monti non rappresenta il risveglio dall’incubo berlusconiano, ma solo un altro livello di quell’incubo.
Monti stesso, coi suoi salassi, è in fondo l’ultima, scarnificata manifestazione dello stesso demiurgo, come lo zombie-Jory che verso la fine di UBIK azzanna Joe Chip, nel vampiresco tentativo di rubargli ancora un’ultima scintilla di vita.
Chip però non è solo, qualcuno fin dall’inizio cerca di aiutarlo, con una serie di avvertimenti, scritte, messaggi, rivelandogli la sua condizione, la reale natura del mondo in cui è imprigionato, e tentando di guidarlo verso una possibile rinascita: è Glen Runciter, suo amico e mentore, che Chip crede morto.
Philip K.Dick è il nostro Glen Runciter.

”Alcuni dicono che è morto… altri dicono che non lo sarà mai”.
(dal finale di ”Jeremiah Johnson”, 1972)

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