Nicolas Eymerich – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Mon, 29 Apr 2024 20:00:25 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.25 Black Flag, speranza e distopia. Ricordando la meraviglia del primo incontro con Valerio Evangelisti https://www.carmillaonline.com/2022/05/07/black-flag-speranza-e-distopia-ricordando-la-meraviglia-del-primo-incontro-con-valerio-evangelisti/ Sat, 07 May 2022 06:52:08 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=71775 di Fabio Ciabatti

Quando il mio ricordo va a Valerio Evangelisti la prima immagine che mi viene in mente è quella di un grande narratore, di una persona capace di raccontare storie meravigliose. Storie che non avevano una conclusione definitiva, ma che potevano ricominciare sempre, continuare all’infinito perché avevano un carattere aperto e multilineare. Storie pensate per costituire una sorta di memoria collettiva degli oppressi e degli sfruttati e per consentire loro di riappropriarsi delle proprie passate gesta, cancellate dalla storia scritta dai vincitori. Insomma, nel mio ricordo Valerio più che apparire come uno scrittore in senso stretto assomiglia un po’ [...]]]> di Fabio Ciabatti

Quando il mio ricordo va a Valerio Evangelisti la prima immagine che mi viene in mente è quella di un grande narratore, di una persona capace di raccontare storie meravigliose. Storie che non avevano una conclusione definitiva, ma che potevano ricominciare sempre, continuare all’infinito perché avevano un carattere aperto e multilineare. Storie pensate per costituire una sorta di memoria collettiva degli oppressi e degli sfruttati e per consentire loro di riappropriarsi delle proprie passate gesta, cancellate dalla storia scritta dai vincitori. Insomma, nel mio ricordo Valerio più che apparire come uno scrittore in senso stretto assomiglia un po’ al narratore di cui ci parla Walter Benjamin.
Sono ben consapevole che questo paragone ha dei limiti. A cominciare dal fatto che raramente i suoi romanzi hanno per protagonista l’uomo giusto e semplice di cui ci parla il filosofo berlinese. È più frequente che il motore della narrazione proceda dal “lato cattivo della storia”. Basti pensare al suo personaggio più famoso, l’inquisitore Nicolas Eymerich. I suoi racconti, in questo modo, sono in grado di dissezionare i fondamenti antropologici, ideologici, psicologici del potere, mettendosi dalla parte del potere stesso. È poi ovvio che il suo mezzo espressivo principale era il racconto scritto e non quello orale, per quanto sia anche vero che, sentendolo parlare con il suo tono di voce basso e leggermente cantilenante, non si poteva non rimanere affascinati dalla sua capacità affabulatoria e dalla sua sottile ironia.  

Rimane il fatto che Valerio non si accontentava di cristallizzare in forma letteraria l’insanabile scissione tra significato e vita, come accade al romanziere tipo benjaminiano. I suoi racconti, come quelli del narratore descritto dal filosofo berlinese, hanno un orientamento pratico anche se di natura peculiare. Hanno una finalità eminentemente politica, fanno cioè parte della sua battaglia per contendere palmo a palmo territori dell’immaginario alle potenze mitiche al soldo delle classi dominanti. Pur non avendo assolutamente nulla di didascalico, le sue storie hanno una morale. Si prenda come esempio la conclusione, tragica e al tempo stesso priva di rassegnazione, di Black Flag.

– È inutile! Tanto hanno già vinto! Il mondo è loro! Il futuro è loro!
Sheryl rispose: – Può darsi. L’importante è che sappiano che c’è chi resiste.
Avanzò verso i carri sparando tutti e sei i colpi del tamburo, in successione. Sei pallottole argentee perforarono il metallo urlante.

Devo confessare che a questo romanzo sono particolarmente legato, non perché lo consideri una delle opere più significative di Evangelisti, ma semplicemente per il fatto che è stato il suo primo libro che ho letto. Per me, oramai vent’anni fa, fu una vera folgorazione scoprire la sua eccezionale capacità di mescolare diversi tipi di narrativa di genere (western, horror, fantascienza, racconto di guerra) e di intrecciare nello stesso testo epoche passate, presenti e future tra loro distantissime costruendo un insieme incredibilmente compatto, appassionante, popolare, profondo. Per quanto sia poi diventato un avido lettore della sua opera, la meraviglia di quella scoperta letteraria è rimasta per me indelebile. Tanto da farmi venire la voglia di rileggere questo romanzo quando ho saputo della scomparsa di Valerio.
Ci sarà tempo per considerazioni di più ampio respiro rispetto a quelle che sto proponendo in questo scritto. I compagni della redazione di Carmilla e tutti coloro che conoscono più di me la vita personale, la produzione letteraria e l’attività politica di Valerio potranno dare il loro contributo. Nel frattempo, penso valga la pena di condividere la rilettura di un testo che per me ha avuto un grande significato. 

Si potrebbe individuare anche un motivo meno personale per parlare di Black flag, legato in qualche modo all’attualità. In questo romanzo, infatti, in primo piano c’è la guerra, intesa come fondamento nascosto del mondo contemporaneo che tende a farsi inerzialmente esito ultimo e totalizzante della sua storia, guerra civile globale potremmo anche dire.  Il romanzo è pubblicato nel 2002 quando è ancora fresco il ricordo dell’abbattimento delle Torri Gemelle a New York e da non molto è iniziata l’invasione dell’Afghanistan da parte degli Stati Uniti. Ma la storia inizia e finisce con un’altra vicenda bellica, l’invasione statunitense nel 1989 di Panama dove Sheryl e Carl, medici psichiatrici americani, sono impiegati per curare nove marines affetti da una misteriosa malattia. I due scopriranno di essere stati inconsapevole strumento di un esperimento dell’esercito statunitense finalizzato alla creazione di un gruppo di soldati-mostro: il commando Gray Wolves. La parte più ampia della narrazione è però ambientata al tempo della guerra civile americana e segue le vicende di uno spietato gruppo di irregolari sudisti, i bushwhackers, cui si unisce per caso il Pantera, stregone e killer a pagamento messicano.
Un altro filone della storia è ambientato all’alba dell’anno 3000, in un futuro distopico caratterizzato da una sorta di anomia ferocemente carnevalesca. Un mondo in cui vige il più classico homo homini lupus, la guerra di tutti contro tutti. Un mondo in cui l’unica cosa che distingue le persone è la diversa psicosi da cui sono affette: esistono solo i Fobici, gli Isterici, gli Ossesso, gli Autistici, gli Schizo. Tra questi ultimi c’è anche Lilith, una giovane donna astuta e forte come nessun altro, una belva piena di rabbia anche se incapace di comprenderne il motivo.

Qui vediamo all’opera l’estrema conseguenza della logica bellica. 

Al riparo dalla violenza! Lilith si sentì fremere dall’indignazione. Senza violenza non c’era contatto umano. Che razza di società poteva mai essere, quella che ignorava la comunicazione attraverso la morte e il dolore?

Tutta Paradice stava vivendo l’unica forma di empatia tra gli uomini rimasta sulla terra. L’antitesi del gelo che si viveva normalmente. Uccidere per uscire dal proprio isolamento ed entrare in rapporto col prossimo. La festa. Finì per sgozzare il giovane inebriandosi dei suoi sussulti. Lo amò per un istante.

Come si è potuti arrivare a questo punto? Bisogna tornare indietro nel tempo, al periodo della guerra civile americana. Qui l’intero territorio dell’immaginario sembra esaurirsi nella dialettica tra un delirante utopismo anarco-individualista e un realismo conservatore meno visionario ma altrettanto spietato. Tra un massacro e un altro di civili perpetrato dai bushwhackers, Pantera assiste a ripetuti dialoghi tra Hamp Wyatt, uno degli uomini della milizia sudista, e Anselme Bellegarrigue, medico parigino dedito a cinici esperimenti sul malcapitato Koger, uomo lupo al seguito della banda, per renderlo suo malgrado una spietata macchina da guerra. Le argomentazioni del francese non vanno tanto per il sottile. Per lui non è la “sciocchezza” della schiavitù a tener insieme ciò che resta della Confederazione, ma è il suo “stile di vita”.

Noi ci battiamo per un’America in cui nessun governo ostacoli la proprietà individuale e le scelte del singolo. Non c’è governo che non sia nemico naturale della proprietà.

Proprietà equivale a libertà. Quando ogni americano bianco, maschio e adulto avrà la propria particella di terreno, grande o piccola che sia, non serviranno più leggi.

Caricare di energia il metallo che è in noi, renderci di nuovo belve e predatori. Questo è l’obiettivo. Uomini liberi capaci di vivere fuori di ogni costrizione sociale, così come vivono i lupi che hanno abbandonato il branco. Ognuno potente come una pila galvanica. In pratica tanti magneti che si respingono. 

L’uomo servile, che vive in gregge, costruisce. L’individualista, che disprezza il branco, distrugge. È quest’ultimo che fa la storia. 

Hamp Wyatt, replica con simpatia ma ritiene il suo interlocutore un po’ folle. 

D’accordo, ma la schiavitù è un principio, che poi si riassume in autorità e disciplina. Servono gerarchie, ruoli ben definiti. È questa l’anima del Sud, e lo schiavismo ne è la sintesi.

Racconti storie. Non c’è terra per tutti, e non tutta la terra è coltivabile senza braccia. La schiavitù è una necessità economica prima che morale.

Wyatt, in ultima istanza, considera pericoloso l’utopismo del francese perché 

Nel Nord gente come lui, ha persuaso gli operai a scioperare in piena guerra … Comincio a credere che la schiavitù andrebbe estesa a tutti i salariati. 

Il mondo però non si esaurisce nella dialettica tra i Bellegarrigue e i Wyatt. Perché tra di loro si aggira anche Pantera, eroe riluttante, infastidito catalizzatore della fiducia e della speranza dei più strambi emarginati nel gruppo dei bushwhackers. Attorno a lui si aggira un mondo di spiriti maligni ma giusti. La sua magia rispetto al mondo moderno appare come un arcaismo, memoria e tradizione di un passato che fatica a diventare una guida per il presente. L’attrito tra i differenti strati temporali genera una tensione la cui risultante appare inizialmente sospesa tra il mero rifugio nel passato e la creazione di nuove e inedite possibilità. Pantera, infatti, non ha molto da dire su ciò che accadrà al suo mondo o su ciò che pensa sia auspicabile per i tempi a venire. Chiamato in causa in una delle tante discussioni tra Bellegarrigue e Wyatt si limita a commentare Quando ho combattuto con Juan Nepomuceno Cortina l’ho fatto per difendere gli ejidos, le terre comuni. Non so altro”. Alla fine, però, sotto l’apparenza riuscirà a percepire un’altra realtà. Che si tratti dei suoi poteri di stregone o di una mera allucinazione poco importa. Quello che riesce a vedere con chiarezza è la vera natura dei suoi nemici. 

Non erano esseri umani: erano lupi. Lupi diversi dalla sua guida però. Più famelici che affamati, più crudeli che selvaggi, più violenti che forti. Odiavano tutti, si odiavano tra loro, ma soprattutto odiavano lui, che pure apparteneva alla stessa specie, e la sua diversità … pregustavano il momento in cui avrebbero soppresso l’anomalia, il lupo di branco. Feroce quanto loro, ma non sempre e non comunque. 

Dopo il combattimento finale Pantera decide di seguire nuovamente il suo vecchio comandante Juan Nepomuceno Cortina per andare in Messico e unirsi alla causa di Benito Juarez. Ha accettato finalmente  la sua natura di lupo di branco e ha compreso che la battaglia appena affrontata è solo un episodio di una lunga guerra.

La lotta, in questo Paese, continuerà anche senza di noi. Lupi di branco contro lupi solitari. Se avranno la meglio i secondi, l’America sarà l’inferno, e prima o poi il mondo intero. La loro frontiera si sposta -. Ghigno tra sé – Bellegarrigue lo avrebbe però chiamato paradiso. Anzi paradice -. Imitò l’accento del francese.

E in effetti quella frontiera nel 1989 si è spostata fino a Panama, bombardata dagli Stati Uniti. E, nell’anno 3000, ha inglobato l’intero mondo, piagato da una sovrappopolazione di 300 miliardi di persone. In questo lontano futuro sorge un’unica megalopoli che unisce le vecchie città di New York, Los Angeles, Washington. Un mostruoso agglomerato urbano chiamato, appunto, Paradice. Un mondo votato all’autodistruzione, alla stregua di Lilith che in un estremo tentativo di ribellione, uccide l’uomo che la controlla e la vuole violentare. Ma i due si trovano in una navetta spaziale che li sta portando sulla Luna, ultimo avamposto “civilizzato” della Organizzazione mondiale per la sanità mentale in grado di tenere sotto controllo gli abitanti della terra attraverso i lampi, una sorta di scariche planetarie di elettroshock. Lei, rimasta sola e incapace di guidare la navetta, è destinata alla morte. Ma l’uccisione del suo carnefice era l’ultimo disperato tentativo di cercare un contatto umano, l’ultima esperienza voluttuosa che “valeva bene la morte”. 

Questa versione fantascientifica della vecchia favola dello scorpione e della rana non vuole rappresentare un futuro ritenuto ineluttabile sulla base di un’antropologia pessimistica. È piuttosto un monito. “Quando un sistema di vita abolisce la comprensione del prossimo, l’aggressività diventa la norma. Dopo non ci sono che nemici, e se non ci sono li si inventa”, sostiene Sheryl poco prima del suo estremo atto di resistenza.  Un atto che, occorre sottolineare, non si configura come mero gesto individuale. Evangelisti ce lo fa capire a modo suo: l’arma utilizzata da Sheryl per sparare contro le mostruose forze dell’esercito statunitense è una vecchissima colt a tamburo dalla canna brunita molto lunga, curiosamente caricata a palle argentate, raccolta un attimo prima dalle mani di un giovane panamense ferito a morte che indossava una maglietta insanguinata con la scritta Battallon de la dignidad. Evangelisti non ce lo dice esplicitamente ma è chiaro che è la pistola di Pantera, passata di mano in mano per generazioni di resistenti!
C’è dunque un filo rosso che unisce le lotte degli oppressi del passato e del presente. Un futuro possibile che è stato sconfitto nel passato può risorgere trasfigurato nel presente. Ma quale speranza ci potrà mai essere di fronte a un nemico così potente? Nell’universo narrativo di Evangelisti non c’è spazio per un ingenuo ottimismo, né per alcuna indulgenza verso il mito del buon oppresso. In fin dei conti anche gli sfruttati possono essere dei lupi feroci. Ed è bene che lo siano al momento giusto. E anche se appaiono più deboli dei loro oppressori, non tutto è perduto. La storia di Pantera e dei suoi strambi compagni di viaggio ci mostra che c’è sempre una chance:

Il messicano contemplò, all’ultimo raggio della luna che stava per tornare a sparire, i miseri campioni di umanità che aveva davanti. Trascinare con sé quelle creature fiacche e inservibili poteva costargli la vita. Tuttavia valutò che forse la somma delle loro debolezze poteva dare un risultato superiore alle parti. La magia zoppicante di Vecchia Pipa, la vigoria in declino di Koger, la modesta sensualità di Molly, se prese insieme, formavano quasi una sgangherata forma di potenza. Aggiunta alla sua, poteva dare qualcosa di buono. 

La morale di Black flag, insomma, ci offre un monito e una speranza. Attraverso una narrativa di genere tutto suo, Valerio ci ha regalato una storia fantastica per ricordarci, insieme a Marx, che la lotta di classe dovrà finire “con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la comune rovina delle classi in lotta”; ci ha fatto dono di un meraviglioso racconto per dirci ancora una volta, riprendendo lo slogan degli Industrial Workers of the World, che “noi saremo tutto” soltanto se saremo capaci, per prima cosa, di essere un “noi”.

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Corona Regis https://www.carmillaonline.com/2020/05/03/corona-regis/ Sun, 03 May 2020 20:00:15 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=59769 di Alessandra Daniele

– Magister, si dice che siate sopravvissuto alla Peste Nera – chiese Pedro, in tono reverenziale. Eymerich annuì. – Dio aveva altri piani per me. Pedro sorrise. – E di certo li avete realizzati. Ditemi, vi siete curato da solo? – Sì. – Dev’esservi pesata la solitudine in quei momenti. – No. – Beh, ma voi avete una tempra unica. In tempo di pestilenza la quarantena è parte della pena – sospirò Pedro. Eymerich fissò lo sguardo sull’orizzonte grigio. – In realtà sono da sempre convinto che un certo grado d’isolamento, di distanziamento sia una condizione che giova non solo alla salute del [...]]]> di Alessandra Daniele

– Magister, si dice che siate sopravvissuto alla Peste Nera – chiese Pedro, in tono reverenziale. Eymerich annuì.
– Dio aveva altri piani per me.
Pedro sorrise.
– E di certo li avete realizzati. Ditemi, vi siete curato da solo?
– Sì.
– Dev’esservi pesata la solitudine in quei momenti.
– No.
– Beh, ma voi avete una tempra unica. In tempo di pestilenza la quarantena è parte della pena – sospirò Pedro.
Eymerich fissò lo sguardo sull’orizzonte grigio.
– In realtà sono da sempre convinto che un certo grado d’isolamento, di distanziamento sia una condizione che giova non solo alla salute del corpo, ma anche dell’anima, e andrebbe mantenuto sempre.
– Anche in assenza d’un morbo in circolazione?
– C’è sempre qualche morbo in circolazione, Pedro, ce ne sono a centinaia.
– Sì, ma una mezza quarantena permanente non sarebbe sostenibile – obiettò Pedro – troppe attività ne soffrirebbero, il commercio, le arti…
Eymerich accennò un sorriso sarcastico.
– Il commercio, le arti – ripeté – pensiamo piuttosto a quanto se ne gioverebbero gli studi. I costumi. L’ordine. E la preghiera.
Pedro s’affretto ad annuire.
– Sì, certo. Però mi sembra difficile che una situazione del genere si realizzi mai, no?
– Non mettiamo limiti alla Provvidenza – rispose Eymerich, con un mezzo sorriso.

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Da Eymerich a Pantera: il viaggio del lettore https://www.carmillaonline.com/2019/01/08/da-eymerich-a-pantera-il-viaggio-del-lettore/ Mon, 07 Jan 2019 23:01:45 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=50445 di Luca Cangianti

Alberto Sebastiani, Nicolas Eymerich. Il lettore e l’immaginario in Valerio Evangelisti, Odoya, 2018, pp. 249, € 18,00.

Se leggiamo uno dei tredici romanzi del Ciclo di Eymerich, inaugurato da Valerio Evangelisti nel 1994, ci capiterà molto probabilmente di divertirci e dopo l’ultima pagina ci rimarrà ancora l’appetito. Se ne leggiamo due, oltre alla voglia di passare al terzo, ci suonerà sicuramente un campanello di allarme, e al successivo non avremo più dubbi. Qui non stiamo solo seguendo una dopo l’altra le avventure di un inquisitore intelligente, colto, scaltro, [...]]]> di Luca Cangianti

Alberto Sebastiani, Nicolas Eymerich. Il lettore e l’immaginario in Valerio Evangelisti, Odoya, 2018, pp. 249, € 18,00.

Se leggiamo uno dei tredici romanzi del Ciclo di Eymerich, inaugurato da Valerio Evangelisti nel 1994, ci capiterà molto probabilmente di divertirci e dopo l’ultima pagina ci rimarrà ancora l’appetito. Se ne leggiamo due, oltre alla voglia di passare al terzo, ci suonerà sicuramente un campanello di allarme, e al successivo non avremo più dubbi. Qui non stiamo solo seguendo una dopo l’altra le avventure di un inquisitore intelligente, colto, scaltro, crudele, misogino, entomofobico e soprattutto schizoide, ma siamo al cospetto di un’unica monumentale opera, un “One Big Novel” che sconfina in tutta la produzione letteraria dello scrittore e in cui convergono paraletteratura, gotico, horror, space opera, cyberpunk, poliziesco, western, romanzo storico e di formazione. Oltre lo stile chiaro e scorrevole, senza sperimentazioni linguistiche, emerge così una trama complessiva che si articola su vari piani temporali: il XIV secolo di Nicolas Eymerich da vivo, le ambientazioni successive dove incontriamo lo scienziato Marcus Frullifer, le astronavi psitroniche, i tre stati nordamericani dotati di un solo esercito, i nazicomunisti della RACHE in eterno conflitto con Euroforce, la facciata politica di Eurobank. In questo contesto una guida come quella di Alberto Sebastiani, Nicolas Eymerich. Il lettore e l’immaginario di Valerio Evangelisti, ci offre la possibilità di fortificare il piacere della lettura aiutandoci a cogliere l’ordito profondo di una poetica radicale e militante.

Nicolas Eymerich è un inquisitore domenicano realmente esistito, ma la trasposizione letteraria di Evangelisti ne fa un personaggio con uno spessore psicoanalitico e filosofico straordinario. Il Magister risolve a ogni appuntamento un enigma e riporta l’ordine reazionario della Chiesa laddove l’eresia e la sovversione rischiano di attecchire. Tuttavia, a differenza di molti eroi popolari, romanzo dopo romanzo, egli subisce una trasformazione interiore. Rifacendosi alla struttura del Viaggio dell’eroe di Chris Vogler (per altro commentata dallo stesso Evangelisti), Sebastiani sostiene che il domenicano è «al tempo stesso l’eroe del Ciclo e ombra del potere che non ammette diversità né discussione… L’inquisitore evoca inoltre un altro archetipo: “il guardiano della soglia”. È però tale non per un altro eroe all’interno della narrazione, ma per il lettore che deve risolvere l’enigma. È infatti egli stesso che lo ostacola, non vuole farlo entrare nel discorso complessivo, profondo, dell’opera di Evangelisti. Il lettore che deve indagare e ricostruire il disegno generale diventa così un personaggio, l’eroe, e si ritrova di fronte un guardiano della soglia, Eymerich. Questi agisce addirittura come un “trickster” e lo inganna: lo fa immedesimare in sé, lo rende partecipe delle sue avventure, lo fa tifare per un eroe spietato, negativo, e gli ostacola la visione della verità, il vero volto dell’Inquisizione, che non è quello di investigatore dell’eresia, ma di alfiere del potere. E mascherando il proprio ruolo, inganna il lettore.»
Ma per quale ragione Evangelisti tenderebbe al lettore questa insidia, inducendolo a identificarsi con un eroe che nel corso del suo viaggio interiore invece di redimersi si trasforma in un mostro compiutamente malvagio? Perché secondo Sebastiani, che in questo riprende alcune dichiarazioni dello scrittore, la psicopatologia del domenicano, la sua freddezza, la sua chiusura, la sua ostilità all’altro, è in embrione la stessa del capitalismo contemporaneo: «Eymerich è… una forma del male, un’ombra. E va riconosciuta. Per questo il lettore, nel suo viaggio dell’eroe, deve indagare il personaggio, capire come funziona e sconfiggerlo.»

Se l’oggetto del One Big Novel è lo scontro tra il potere e chi lo subisce, per quanto possano essere totalizzanti e disperanti gli scenari evocati, la possibilità ribellione non è mai tacitata completamente. Valga per tutti il dialogo finale di Black Flag nel quale Carl di fronte ai carri armati che riaffermano il dominio del potere grida:

– È inutile! Tanto hanno già vinto! Il mondo è loro! Il futuro è loro!
Sheryl rispose: – Può darsi. L’importante è che sappiano che c’è chi resiste.
Avanzò verso i carri sparando tutti e sei i colpi del tamburo, in successione. Sei pallottole argentee perforarono il metallo urlante.

La resistenza non è mai inutile e c’è sempre qualcuno che “resta umano”. Da questo punto di vista è interessante un altro eroe creato da Evangelisti: il pistolero messicano Pantera, una figura antitetica a quella dell’inquisitore, anche se ne condivide alcuni tratti. Mentre Eymerich è pronto a eliminare chiunque metta in discussione il potere, Pantera è al soldo di chi lo ingaggia, ma per un insopprimibile senso di giustizia insorge contro coloro che commettono soprusi ai danni dei più deboli.
Se quindi il principio della ribellione è resiliente rispetto a quello del potere, l’arma di cui dispone è la stessa della reazione: l’immaginario, che in questo caso serve a concepire un futuro diverso. Questo è, secondo Sebastiani, «il cuore massimalista della fantascienza del Ciclo: la possibilità di uscire dal realismo capitalista.» Ecco quindi qual è il ruolo della narrativa nella poetica militante di Evangelisti: le storie, e in particolar modo quelle della letteratura popolare, evocano archetipi, consentono ai lettori di viaggiare insieme, ricreano il legame sociale distrutto dal capitalismo. Questo spirito politico ed estetico analizzato da Sebastiani in maniera attenta, partecipata e mai didascalica, si riversa nella sua monografia fino a fonderla con lo stesso oggetto studiato, il One Big Novel. «I puntini sono uniti», conclude la guida, «il discorso complessivo disegna un quadro inquietante, ma è ancora uno specchio in cui il lettore si riflette. Se non gli piace quel che vede, deve trovare il modo di cambiarlo. Non ha che una possibilità: deve ribellarsi a Eymerich, nelle forme e nei modi che ha a disposizione, o che ritiene opportuni. Magari diventando Pantera.»

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I Cani di Eymerich https://www.carmillaonline.com/2017/01/22/i-cani-di-eymerich/ Sun, 22 Jan 2017 19:16:00 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=36118 di Alessandra Daniele

donald-trumpIl primo effetto della presidenza Trump è sicuramente positivo: è finita l’ipocrisia del “presidente di tutti”, la menzogna intrinseca nello stesso nome “Stati Uniti” è stata sbugiardata ufficialmente. Donald Trump non è il presidente di tutti. Almeno metà del paese lo considera un farabutto, un nazista, un demente, un usurpatore, una marionetta di Putin. È profondamente odiato dai media mainstream, in particolare dalla Stampa (avversione che ricambia) da tutta l’intellighenzia, e da quasi tutto l’establishnent politico, compresi almeno tre quarti dello stesso partito Repubblicano che ha scalato, [...]]]> di Alessandra Daniele

donald-trumpIl primo effetto della presidenza Trump è sicuramente positivo: è finita l’ipocrisia del “presidente di tutti”, la menzogna intrinseca nello stesso nome “Stati Uniti” è stata sbugiardata ufficialmente.
Donald Trump non è il presidente di tutti. Almeno metà del paese lo considera un farabutto, un nazista, un demente, un usurpatore, una marionetta di Putin.
È profondamente odiato dai media mainstream, in particolare dalla Stampa (avversione che ricambia) da tutta l’intellighenzia, e da quasi tutto l’establishnent politico, compresi almeno tre quarti dello stesso partito Repubblicano che ha scalato, i cui dirigenti hanno cercato di sabotarlo fino a poco prima del voto.
Tutta Hollywood lo insulta regolarmente, ed ha boicottato la sua cerimonia d’insediamento partecipando invece a manifestazioni di protesta.
I Servizi Segreti hanno già cominciato a lavorare alla richiesta d’impeachment.

anti-trumpSempre più americani temono per la sorte della loro democrazia, preoccupati che Trump possa fare agli USA ciò che di solito gli USA fanno al resto del mondo.
Americanes. Eymerich Canes. L’assonanza è suggestiva, e forse pertinente.
Gli USA sembrano incarnare da secoli la bastardizzazione di quello che fu l’imperialismo della Chiesa, la pretesa di unire e soggiogare tutto il mondo conosciuto sotto un solo Ordine, un solo Sistema, una sola Cultura, un solo Credo.
Occupare e colonizzare i territori dell’immaginario come quelli del pianeta.
Il cuore dell’Impero adesso però scricchiola sotto il peso delle sue stesse contraddizioni. E si aprono crepe sempre più profonde.
Anche alla Casa Bianca.
Rispetto ai fondamentali del capitalismo, Trump è sicuramente un ortodosso, ma è un eretico rispetto a quella Globalizzazione della quale gli Stati Uniti sono stati finora letteralmente il braccio armato, oltre che il primo motore. Le sue dichiarazioni contro l’UE e la NATO e il suo discorso d’insediamento tutto rivolto all’interno lo dimostrano.
“Buy american, hire american”: Trump è un nazionalista protezionista, e tendenzialmente isolazionista. Espressione d’una delle due “anime” degli USA che dalla Guerra Civile in poi era stata sempre sconfitta.
Ovviamente è anche un Supercazzaro, né capace né intenzionato a mantenere tutte le sue promesse elettorali, però la sua natura politica di fondo è per una volta autenticamente diversa da quella dei suoi predecessori.
Trump non è il presidente di tutti, e questo potrebbe significare un’inversione di tendenza epocale.
I Cani di Eymerich (che l’inquisitore disprezzerebbe come pessimi imitatori e demonolatri) per la prima volta nella loro Storia stanno forse per essere richiamati?

[Continua]

 

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La coscienza dei soldati https://www.carmillaonline.com/2012/03/08/la-coscienza-dei-soldati/ Thu, 08 Mar 2012 07:37:16 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=4222 di Alessandra Daniele

sharon_boomer_valerii.jpgDall’articolo di Lorenza Ghinelli La pedagogia disarmante di Paulo Freire

“Vedo in Marco Bruno, come nel poliziotto, due facce della medesima medaglia, una medaglia che ha uno scopo preciso, far tornare i conti ai potenti. I poliziotti, così come i No Tav, assumono su se stessi ruoli prestabiliti da altri. Senza divertimento alcuno e senza consapevolezza”.

Dal quarto atto dell’Enrico V di Shakespeare, tre soldati discutono se l’essere coscritti al servizio del re li sollevi dalla responsabilità morale delle loro azioni, facendo ricadere solo su di lui le loro colpe:

“Ne sappiamo abbastanza se sappiamo che siamo [...]]]> di Alessandra Daniele

sharon_boomer_valerii.jpgDall’articolo di Lorenza Ghinelli La pedagogia disarmante di Paulo Freire

“Vedo in Marco Bruno, come nel poliziotto, due facce della medesima medaglia, una medaglia che ha uno scopo preciso, far tornare i conti ai potenti. I poliziotti, così come i No Tav, assumono su se stessi ruoli prestabiliti da altri. Senza divertimento alcuno e senza consapevolezza”.

Dal quarto atto dell’Enrico V di Shakespeare, tre soldati discutono se l’essere coscritti al servizio del re li sollevi dalla responsabilità morale delle loro azioni, facendo ricadere solo su di lui le loro colpe:

“Ne sappiamo abbastanza se sappiamo che siamo sudditi del re; se la sua causa è ingiusta, l’obbedienza che dobbiamo al re ci toglie ogni responsabilità per i suoi atti”.

Enrico V, fra loro in incognito, li avverte però che la responsabilità morale è personale, e che se moriranno con la coscienza nera andranno all’inferno e pagheranno personalmente per le loro malefatte, a prescindere dal loro status di coscritti:

“Ogni suddito deve obbedienza al re, ma l’anima di ciascun suddito è affare tutto suo”.

Enrico V rischia così di rendere i suoi uomini dei soldati “meno efficienti”, perché responsabilizzati, e quindi non più predisposti all’obbedienza pronta, cieca, e assoluta, se può costargli l’anima. Soldati “peggiori”, ma uomini migliori. Esseri umani, e non macchine: il dubbio che tormenta l’agente Rick Deckard, cacciatore di androidi, è quello d’essere anch’egli una macchina, e questo doloroso interrogarsi sulla propria coscienza ne dimostra l’umanità.
Il monito di Enrico V è il contrario di ciò che Nicolas Eymerich promette sempre ai soldati al servizio dell’Inquisizione, prima d’una strage di eretici, o ebrei, o musulmani: assoluzione preventiva e plenaria per ogni atrocità commessa ai suoi ordini.
“Stavo solo eseguendo degli ordini” era la linea di difesa di Eichmann.
E non ha funzionato.

Se un soldato spacca la testa a una contadina sessantenne, o ammazza un pescatore a fucilate, o insegue un ragazzo su un traliccio finché il ragazzo sbaglia la presa e cade fulminato, la colpa non è solo del re.
Si accusa spesso la cultura antagonista di disumanizzare gli uomini in divisa vedendoli solo come ciechi strumenti del potere, in realtà io ci tengo a fare esattamente il contrario, riconoscerli come esseri umani dotati del bene più prezioso dell’universo: una coscienza indipendente. Capaci di discernere gli ordini che li portano a combattere le mafie, da quelli che li mandano a presidiare i cantieri controllati dalle mafie. Anche Roberto Saviano avverte:

“l’Alta velocità è diventata uno strumento per la diffusione della corruzione e della criminalità organizzata (…) Il tracciato della Lione-Torino si può sovrapporre alla mappa delle famiglie mafiose e dei loro affari”.

Una coscienza indipendente ti mette in grado di decidere se condividere le idee e le colpe del re e delle mafie, oppure no. Se essere migliore come soldato, o come essere umano.

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