Movimento per la Vita – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Wed, 30 Apr 2025 21:35:45 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 Dioxinity Day/3 https://www.carmillaonline.com/2017/03/01/dioxinity-day3/ Wed, 01 Mar 2017 04:30:56 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=36807 di Alexik

rischio-gravidanza [A questo link il capitolo precedente.]

Fin dal suo arrivo alla guida del dicastero della salute, il calo demografico che mette a repentaglio il riprodursi dell’Italica stirpe è stato al centro dei pensieri di Beatrice Lorenzin. La sua ferrea determinazione ad attivare misure di contrasto contro il declino delle nascite indotto dalla crisi è ormai sotto gli occhi di tutti. Ovviamente non nel senso di contrastare gli effetti sociali della crisi …  ma di impedire il rifiuto della maternità da parte di molte femmine indolenti e [...]]]> di Alexik

rischio-gravidanza [A questo link il capitolo precedente.]

Fin dal suo arrivo alla guida del dicastero della salute, il calo demografico che mette a repentaglio il riprodursi dell’Italica stirpe è stato al centro dei pensieri di Beatrice Lorenzin.
La sua ferrea determinazione ad attivare misure di contrasto contro il declino delle nascite indotto dalla crisi è ormai sotto gli occhi di tutti.
Ovviamente non nel senso di contrastare gli effetti sociali della crisi …  ma di impedire il rifiuto della maternità da parte di molte femmine indolenti e sciagurate.

E così, dopo il ‘successo’ del FertilityDay, il Ministero si è dato all’aperto boicottaggio di qualsiasi provvedimento teso a rendere effettiva l’applicazione della Legge 194/78 sull’interruzione volontaria di gravidanza.
Prevedo che a breve il prossimo passaggio sia quello di una bella campagna per bucare i preservativi (come in ‘Padre Vostro’, il bellissimo film di Vinko Bresan) con tanto di promozione ministeriale dello spot spagnolo della Desigual.

desigual2

E’ di questi giorni lo scontro fra il Ministero della Salute e la Regione Lazio sull’assunzione di due ginecologi destinati a garantire il funzionamento del reparto I.V.G. dell’Ospedale  San Camillo.
Per la cronaca, stiamo parlando di un reparto davanti al quale, nel gennaio 2016, le telecamere di ‘Presa Diretta‘ ripresero le donne in fila dalle 6.00 del mattino in uno squallido sottoscala esposto alle intemperie, senza neanche una sedia per quelle che fra loro si sentivano male.
Il servizio apriva alle 8.00 e metteva in palio solo 5 posti sul tavolo operatorio, perché il personale non obiettore dedicato a questo tipo di intervento non era sufficiente.
Chi rimaneva esclusa (ed erano tante) doveva tornare di nuovo alle sei del mattino del giorno dopo, per riprovarci senza la sicurezza di riuscire, ed affrontare quell’attesa snervante nell’angoscia che ‘scadesse il tempo’, quei 90 gg oltre i quali l’interruzione della gravidanza non è più concessa.
Oppure arrangiarsi in altro modo.
Russe e Ucraine tornando ad abortire in patria, a pagamento.
Le italiane partendo per la trasferta in Francia, o in Inghilterra, o in Canton Ticino, dove un terzo degli aborti effettuati riguarda donne del bel paese.
aborto-clandestinoQuelle che invece non potevano permettersi il ‘turismo abortivo’, avrebbero dovuto provvedere rivolgendosi alle classiche macellerie clandestine.
Oppure ricorrendo al sempre più diffuso ‘aborto fai da te’,  ordinando su internet l’apposito kit di farmaci per l’ulcera con effetti collaterali abortiferi, assunti in sovradosaggio e senza controllo medico. Molte ragazze sono finite in ospedale in questo modo, con emorragie spaventose.
A fronte di questa situazione vergognosa, l’unica preoccupazione del ministro della salute è stata quella di definire ‘contra legem’ le assunzioni nel reparto I.V.G. del San Camillo, facendo eco alla voce della CEI.

[Ci sono molte forme di violenza sulle donne.]

Come la pensasse Beatrice Lorenzin in materia di interruzioni volontarie di gravidanza era cosa nota.
Lo si poteva già intuire dai tempi del suo discorso di apertura  al ‘Convegno nazionale dei Cav’, i centri di aiuto del Movimento per la Vita, nel novembre 2014. Il posto giusto per un ministro di un cd governo di centro -‘sinistra’, in mezzo a gente di larghe vedute …

Movimento per la vita
…  che paragona la 194 alle leggi sulla schiavitù e ai campi di concentramento nazisti

Movimento per la vita maggio 2013a

.. e che si incontra per sgranare rosari sotto i reparti che praticano le I.V.G., come sabato scorso a Bologna, nel tentativo di colpevolizzare le donne e il personale medico.

Il ruolo che svolge il Movimento per la vita … è particolarmente importante e straordinario, troppo spesso sottaciuto e non raccontato… il ministro vi è vicino, segue e sostiene il vostro lavoro“.

Vicinanza dimostrata dalla Lorenzin anche nei fatti. Era lei il ministro della salute quando il governo Renzi sostituì per decreto alla vecchia pena di 51 di ammenda una sanzione amministrativa da 5.000 a 10.000 per le donne ‘colpevoli’ di abortire clandestinamente.
Un provvedimento infame, che colpisce le donne in base a precisi criteri di classe, dissuadendo chi avesse complicazioni dopo un aborto clandestino dal chiedere assistenza presso le strutture pubbliche per paura di una multa spropositata.
Ma chi costringe le donne a ricorrere all’aborto clandestino, se non il  sabotaggio pianificato dell’applicazione della 194 nei servizi  sanitari pubblici?

[Ci sono molte forme di violenza sulle donne.]

Nell’ottobre 2015 il Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa richiamò l’Italia al rispetto della Carta Sociale Europea, ritenendo che le difficoltà di accesso ai servizi per le I.V.G. e la discriminazione sul lavoro riservata al personale sanitario non obiettore avvenissero in violazione del trattato.

Non c’è assolutamente violazione del diritto alla salute. Alcune aziende pubbliche hanno qualche problema di criticità dovuto a questioni di organizzazione, ma siamo nella norma”, disse in quell’occasione la Lorenzin.
La ‘norma’, per lei, è quella della fila alle sei del mattino per mendicare un diritto.
E’ quella di capoluoghi di provincia come Ascoli Piceno, dove il servizio pubblico per le I.V.G. può essere del tutto inesistente perché l’obiezione arriva al 100%.
La ‘norma’ è questa …

Tabella obiettori

… con percentuali oltre l’80% in Molise (89,7 %), Sicilia (89,1%), Basilicata (88,1%), provincia di Bolzano (85,9%) e Campania (81,8 %).1

Ma come impatta questa ‘norma’ sui territori già colpiti dagli effetti teratogeni delle nocività industriali?
Come impatta nella Terra dei Fuochi, sulle donne di Acerra, Aversa, Bacoli, Caivano, Castel Volturno, Giugliano, Marcianise e Villa Literno, dove l’OMS ha riscontrato forti eccessi di malformazioni congenite. Cosa succede quando decidono di ricorrere all’aborto terapeutico?
Ad Aversa trovano il reparto chiuso, a Giugliano un solo ginecologo non obiettore, al Policlinico di Napoli 39 obiettori su 42, al Cardarelli 12 su 13.
Al Secondo Policlinico di Napoli potrebbe capitargli di concludere l’aborto terapeutico ‘fuori turno’, quando i ginecologi non obiettori hanno già staccato, come è successo a Laura Fiore:

abortire-tra-gli-obiettori‘Sono stata abbandonata a me stessa, trovandomi sola in un ambiente di tutti obiettori. Riuscivo a ricevere qualche visita solo se chiedevo ai medici che entravano nella mia stanza, per prendere qualche materiale che serviva loro per visitare le altre. Nessuno ha monitorato il mio dolore fisico, le mie perdite ematiche, la mia dilatazione; alle mie domande al riguardo rispondevano tutti in maniera elusiva…
… chiedo
[a un ginecologo strutturato] se posso avere un cesareo o l’anestesia epidurale. “Non facciamo l’epidurale in questo ospedale” è la risposta. Allora gli chiedo di essere visitata. Lui esegue e visto che con la dilatazione siamo ancora a zero, mi pratica la dolorosa dilatazione digitale. Sul momento, dato che è l’unica volta che ricevo una visita così dolorosa, mi viene da pensare che l’abbia fatto apposta a farmi male visto che, essendo sabato, il medico era sicuramente obiettore‘….2.

Lasciamo la Campania, dove perfino i portantini e gli impiegati amministrativi possono permettersi di fare gli obiettori, e scendiamo a sud attraversando lo stretto fino in Sicilia.
Già, la Sicilia.
La Sicilia è un luogo dove i medici obiettori raggiungono l’89,1% in media, ma all’ospedale Cannizzaro di Catania arrivano al 94 %. E’ lì che Valentina Miluzzo è morta con due figli in grembo. Questa è la denuncia di suo padre:

Ma il Ministero della Lorenzin sancisce che Valentina è morta di aborto, non di obiezione di coscienza.

[Ci sono molte forme di violenza sulle donne.]

Sempre in Sicilia altre donne che vivono ad Augusta o a Gela sanno che, se decidono di avere un figlio, dovranno affrontare più di altre l’insorgere di malformazioni congenite.

La costa fra Augusta e Siracusa sconta l’eredità di 60 anni di petrolchimico. Ci sono passati tutti, Moratti, l’Exxon, la Liquichimica, l’ ERG, l’Enel, l’Enichem, l’Agip …
Ne è rimasto poco: le raffinerie dell’Isab e della Esso, la centrale dell’Enel e l’impianto Archimede per l’energia solare, capannoni abbandonati e vecchi impianti arrugginiti.
E poi metalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici, policlorobifenili (pcb), amianto e ceneri di pirite nei terreni, e altri metalli pesanti, idrocarburi ed esaclorobenzene nelle acque.
E mercurio, tanto mercurio, rilasciato in particolare dall’attività dell’impianto di cloro-soda originariamente della Montedison, poi Enichem, poi Syndial (ENI).
L’impianto utilizzava un processo di separazione degli ioni di cloro e sodio col sistema a cella di mercurio perché era uno dei meno costosi, e ancor meno costoso era lo smaltimento dei residui del metallo, che venivano scaricati nei tombini e da lì finivano in mare, oppure seppelliti in discariche non idonee, falsificando i certificati di analisi dei rifiuti3.
Pratiche dall’impatto devastante sull’ambiente, sulla catena alimentare, sulla salute degli abitanti e delle generazioni future.
Nel territorio si riscontrano, oltre ad un eccesso per molti tipi di tumore4, pesanti effetti sulla riproduzione, talmente gravi da indurre la Syndial a riconoscere unilateralmente indennizzi a 101 famiglie di nati o aborti con malformazioni cerebrali (idrocefalia), spina bifida e labio/palatoschisi, nel tentativo di evitare conseguenze penali più gravi5.

petrolchimico-siracusa

Giacinto Franco, compianto ex primario dell’Ospedale di Augusta e perito nel processo contro l’ex Enichem, descriveva così la situazione: “Le malformazioni [arrivarono nel 2000] a toccare il 5,8% rispetto al 2,16 della Sicilia Orientale e al 2,12 della Sicilia Occidentale. Quando io parlo del 5,8% parlo dei casi che nascono con malformazioni, non parlo dei casi totali di malformazioni perché, per esempio, una recente indagine affidata alla ASL dalla Procura di Siracusa ha messo in evidenza che i casi di aborto ad Augusta sono aumentati di 4 volte rispetto alla media nazionale; una media che è doppia rispetto ai dati relativi all’intera provincia. Un terzo delle interruzioni di gravidanza è dovuta a malformazioni del sistema nervoso centrale del feto. È indiscussa la connessione tra inquinamento e malformazione del sistema nervoso centrale; il motivo di questa disfunzione è, infatti, l’altissimo inquinamento di mercurio e piombo presente in quest’area“.6

Un quadro per certi versi simile a quella di Gela, dove il petrolchimico che si estende a un paio di chilometri dalla città si è lasciato indietro, nella sua dismissione, idrocarburi, metalli pesanti, ammoniaca, composti organo alifatici clorurati, benzene, fosfogessi nei suoli e nelle acque.
Anche a Gela si registrano eccessi statisticamente significativi per malformazioni congenite quali difetti del tubo neurale, microcefalia, ipospadia, idronefrosi ed ernia diaframmatica7.
E anche a Gela il monopolio degli obiettori in ospedale potrebbe non rendere possibile l’aborto terapeutico sul posto.

Ci sono molte forme di violenza sulle donne. Fra queste: negargli il diritto di abortire in sicurezza, negargli il diritto di partorire in sicurezza, negargli il diritto alla salubrità ambientale, e di conseguenza il diritto alla salute (riproduttiva e non) e alla salute dei loro figli.

Il 25 novembre, nel giorno contro la violenza sulle donne, Beatrice Lorenzin ha dichiarato che “è attraverso la quotidianità degli interventi … che si può fare la differenza“. Ma non ho ancora capito se la quotidianità dei suoi interventi sia orientata ad impedire la violenza sulle donne, o ad esercitarla.


  1. Relazione Ministro Salute attuazione Legge 194/78 tutela sociale maternità e interruzione volontaria di gravidanza – dati preliminari 2013 e dati definitivi 2012 (anno 2014). Relazione Ministro Salute attuazione Legge 194/78 tutela sociale maternità e interruzione volontaria di gravidanza – dati definitivi 2013 e 2014 (anno 2015). Relazione Ministro Salute attuazione Legge 194/78 tutela sociale maternità e interruzione volontaria di gravidanza – dati definitivi 2014 e 2015 (anno 2016)  

  2. Laura Fiore, Abortire tra gli obiettori. La moderna inquisizione. Diario del mio aborto , Tempesta Editore, 2012, 182 p. 

  3. Legambiente, Lo stato dell’arte sulle riconversioni degli impianti di cloro soda in Italia, 2007, p. 22. 

  4. Eccessi di tumore del polmone, della pleura, delle vie respiratorie, eccesso di melanoma, di tumori del pancreas, della mammella e della vescica a Siracusa. Per approfondire: SENTIERI – Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento, in ‘Epidemiologia e Prevenzione’ anno 38 (2), marzo-aprile 2014, pp. 90-94. 

  5. La Syndial offre «somme di ristoro» alle donne di Augusta-Priolo che hanno abortito o partorito figli con gravi malformazioni, in ‘Epidemiologia & Prevenzione’, anno 30 (2), marzo- aprile 2006, pp.76-77. 

  6. Video intervista a Giacinto Franco, 21 novembre 2010. 

  7. Fabrizio Bianchi, Sebastiano Bianca, Gabriella Dardanoni, Nunzia Linzalone, Anna Pierini, Malformazioni congenite nei nati residenti nel Comune di Gela (Sicilia, Italia), in ‘Epidemiologia & Prevenzione’, anno 30 (1), gennaio-febbraio 2006, pp. 19-26. 

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Piena di Niente. Quattro storie vere sull’aborto e l’obiezione di coscienza in Italia https://www.carmillaonline.com/2015/08/28/piena-di-niente-quattro-storie-vere-sullaborto-e-lobiezione-di-coscienza-in-italia/ Thu, 27 Aug 2015 22:01:15 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=24732 di Deborah Sannia 

piena-di-nienteAlessia Di Giovanni, Darkam, Piena di niente. Quattro storie vere sull’aborto e l’obiezione di coscienza in Italia, Becco Giallo, 2015, pp. 144, € 15.00

Piena di niente è una graphic novel che racconta quattro storie di donne che hanno affrontato un aborto. Il sottotitolo recita: “quattro storie vere sull’aborto e l’obiezione di coscienza in Italia”, ma se di aborto si parla, di obiezione il testo purtroppo scarseggia.

Le differenze fra le protagoniste sono una vera e propria ricchezza poiché ci portano ad aprire lo sguardo oltre un [...]]]> di Deborah Sannia 

piena-di-nienteAlessia Di Giovanni, Darkam, Piena di niente. Quattro storie vere sull’aborto e l’obiezione di coscienza in Italia, Becco Giallo, 2015, pp. 144, € 15.00

Piena di niente è una graphic novel che racconta quattro storie di donne che hanno affrontato un aborto. Il sottotitolo recita: “quattro storie vere sull’aborto e l’obiezione di coscienza in Italia”, ma se di aborto si parla, di obiezione il testo purtroppo scarseggia.

Le differenze fra le protagoniste sono una vera e propria ricchezza poiché ci portano ad aprire lo sguardo oltre un unico presunto soggetto “donna”. C’è Elisa una studentessa spigliata e vivace; c’è Monica una giovane donna che vive problematicamente il suo bisogno d’amore e d’affetto; c’è Loveth prostituta nigeriana vittima della tratta; e infine Giulia infermiera sposata, madre di due bimbi. Le situazioni nelle quali si ritrovano le quattro donne sono tutte segnate dalla violenza fisica, psicologica ed emotiva, corollario delle loro Ivg. Gli scenari nei quali agiscono sono densi e pesanti: Loveth viene violentata da un cliente per poi ritrovarsi a fare i conti con la sua protettrice; Giulia è alle prese con un morboso marito cattolico; Monica si tormenta tra sensi di colpa e relazioni insoddisfacenti ed Elisa è in preda alla burocrazia per l’Ivg con vicino un uomo poco sensibile alla situazione. Le quattro storie sono tristi, piene di dolore e sensi di colpa. Le difficoltà differenti e toccanti, ponti di sofferenza che rendono angosciante la strada verso l’aborto.

Con poche lettere e tratti incisivi le autrici sono riuscite a rendere le vite di queste donne graffianti. Narrativamente si può dire che è un lavoro ben riuscito. La penna della disegnatrice ci regala spaccati intensi dove i corpi delle donne si espandono, come se volessero oltrepassare quel pezzetto delle loro vite che ci è dato assaporare. I corpi a volte sono giganti ed estraniati dalla situazione, a volte sono a pezzi come se sfuggissero alla legittima proprietaria, come se qualcuno o qualcosa potesse vederli dall’alto e dall’interno, rendendoli quindi vulnerabili. I colori inoltre ci imprigionano alle pagine, senza darci un attimo di tregua, guidandoci tra una protagonista e l’altra.

L’intento dell’opera è portare all’attenzione dei lettori e delle lettrici la legge 194/1978, che tratta l’interruzione volontaria di gravidanza sulla quale movimenti, società civile, istituzioni e sanità non si danno pace. Approvata nel maggio del 1978 nel pieno dell’attività del movimento femminista, la legge permette l’aborto e ne dà carico al sistema sanitario nazionale. È una legge che non accontenta tutte, ma da quel momento abortire è possibile, anche se non verranno cancellati tutti gli impedimenti al libero accesso all’Ivg e gli aborti clandestini – elemento importantissimo della campagna femminista – non spariranno del tutto. L’articolo 9 della legge 194 afferma infatti che:

Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte […] agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione. […] L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza.

Con questo articolo i medici possono definirsi obiettori e rifiutarsi di eseguire un aborto. Se fossero uno o due in tutta Italia non ci sarebbe nessun problema ma come ben segnalano le autrici del libro la media nazionale di obiettori secondo la Laiga (Libera associazione dei ginecologi per l’applicazione della legge 194) è del 91,3%. Se non c’è personale gli aborti non si fanno, o si fanno con ostacoli snervanti, e se non posso scegliere come e quando abortire vuol dire che qualcun altro sta scegliendo per me.

L’obiezione di coscienza praticata dai medici, fatto salvo l’intelligente e ironico gioco da tavolo alla fine del testo, è presente solo marginalmente e non distinta dagli altri retroscena di violenze e sofferenze. La possibilità di incontrare un obiettore è cosa ben diversa da incappare in un errore medico o in una burocrazia lenta. Voler abortire in una città con un’elevata percentuale di obiettori significa che qualcuno materialmente ti impedisce di accedere ad un diritto, il diritto di scegliere cosa fare del proprio corpo. L’obiezione è una violenza istituzionalizzata, una pratica subdolamente coccolata dagli ambienti ospedalieri e appoggiata dalle istituzioni: insomma la legge sull’aborto c’è, se poi non riuscite ad abortire fatti vostri! Gli ostacoli, di qualunque genere, che le donne trovano di fronte all’Ivg scaturiscono tutti da una cultura patriarcale e misogina. Ma le violenze, le relazioni, le sofferenze dettate dalla situazione della singola donna stanno su piani diversi rispetto alla tragedia dell’obiezione. Non perché siano meno gravi, perché non c’è gerarchia nelle sofferenze, ma perché l’obiezione è regolata e voluta dallo Stato e sostenuta da istituzioni sorde alle drammaticità che si vivono tra guardia medica, consultori, file agli sportelli e corridoi ospedalieri. È il muro dello Stato e di medici in doppio petto che può far diventare un Ivg un inferno. E anche se si arriva ad abortire si incontrano gli insulti alle donne chiamate “assassine”, la presenza di riferimenti a una cultura antiabortista dentro e nei pressi delle strutture, i maltrattamenti alle utenti che esistono perché l’obiezione del medico è sostenuta da un atteggiamento misogino dilagante. Ma non ci sono solo gli aborti che devono far zig zag tra gli obiettori.

In Piena di Niente possiamo cogliere le differenze delle storie: degli aborti fuori dagli ospedali, di quelli clandestini, di quelli violenti e degli strascichi che questi comportano. Sono storie crude accompagnate da forti inquietudini. Sicuramente la drammaticità che sgocciola dalle penne delle autrici voleva essere quella delle violenze, di varia natura, che le protagoniste affrontano prima e dopo l’Ivg. Ma quel che risulta è ancora una storia di aborti che vede tristezza, disagio, sensi di colpa e tutto quel condimento di sensazioni negative che sempre accompagnano le storie d’aborto. È chiaro che la storia del proprio aborto non può prescindere dalla condizione della singola, ma mi chiedo perché manchi ancora all’aborto una narrazione felice. Non tanto dell’arrivo alla pratica ma dell’atto in sé. Perché non una storia di donna felice e sollevata di aver fatto un aborto? Deve essere sempre tragico, opprimente e con risvolti malinconici? Perché l’aborto non diventa un sereno atto di autodeterminazione?

Si può venire da storie difficili ma se una donna vuole un aborto allora può esserci un lieto fine. Le donne sono differenti una dalle altre così come differenti sono gli approcci all’Ivg, e allora se di inquietudine attorno all’aborto ne abbiamo sentito parlare, forse sarebbe interessante sentire storie di donne che, nonostante i vissuti e le leggi, affrontano l’aborto consapevolmente e serenamente. E parlo di storie vissute, non di referendum o lotte per i diritti che sono sacrosante ma probabilmente da sole non bastano. L’ammirevole intento delle autrici vuole riparlare di Ivg e obiezione ma chiuso il libro ho avuto fra le mani un’altra storia di aborto avvolto da drammi, una storia che non lascia serenità o maggiore consapevolezza. Detto ciò rimane comunque la volontà di continuare a parlare di diritti e autodeterminazione, di violenza sulle donne, e la voglia di puntare il dito su moralità bigotte e indifferenti, sulle crudeltà del movimento per la vita e sugli interessi dei ginecologi.

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