Juan Carlos De Martin – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Sun, 20 Jul 2025 20:16:29 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 Dell’intelligenza artificiale generativa e del mondo in cui si vuole vivere https://www.carmillaonline.com/2025/07/20/dellintelligenza-artificiale-generativa-e-del-mondo-in-cui-si-vuole-vivere/ Sun, 20 Jul 2025 20:00:03 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=88455 di Gioacchino Toni

Antonio Santangelo, Alberto Sissa, Maurizio Borghi, Critica di ChatGPT, Prefazione di Juan Carlos De Martin, Postfazione di Marco Ricolfi, elèuthera, Milano 2025, pp. 160, € 15,00

Il nostro tentativo è di decostruire pezzo per pezzo le narrazioni troppo entusiastiche sul futuro che ci attende grazie a ChatGPT e all’intelligenza artificiale generativa nel suo complesso, mostrando quali sono le questioni più spinose che questi sistemi ci costringono ad affrontare oggi (p. 17).

Questa, in estrema sintesi, l’intenzione che ha mosso Antonio Santangelo, Alberto Sissa e Maurizio Borghi nella stesura del volume Critica di ChatGPT (elèuthera, 2025) «prendendo spunto dalle [...]]]> di Gioacchino Toni

Antonio Santangelo, Alberto Sissa, Maurizio Borghi, Critica di ChatGPT, Prefazione di Juan Carlos De Martin, Postfazione di Marco Ricolfi, elèuthera, Milano 2025, pp. 160, € 15,00

Il nostro tentativo è di decostruire pezzo per pezzo le narrazioni troppo entusiastiche sul futuro che ci attende grazie a ChatGPT e all’intelligenza artificiale generativa nel suo complesso, mostrando quali sono le questioni più spinose che questi sistemi ci costringono ad affrontare oggi (p. 17).

Questa, in estrema sintesi, l’intenzione che ha mosso Antonio Santangelo, Alberto Sissa e Maurizio Borghi nella stesura del volume Critica di ChatGPT (elèuthera, 2025) «prendendo spunto dalle conversazioni tra una serie di studiosi ed esperti di IA generativa, all’interno della mailing list del Centro Nexa su Internet e Società del Politecnico di Torino, all’incirca dal febbraio del 2023 a oggi. Si tratta, dunque, di un lavoro che si basa sull’intelligenza collettiva di un gruppo di persone molto eterogeneo e interdisciplinare, che si occupa di intelligenza artificiale e desidera allo stesso tempo comprenderla e contribuire a realizzarla» (p. 12).

Come sintetizza Marco Ricolfi nella Postfazione del volume, questo «si compone di tre blocchi: uno fenomenologico (che cos’è Chatgpt), l’altro antropologico-politico (che impatto ha sulle nostre società), l’ultimo legal-istituzionale (quali sono i punti di crisi giuridici). Questi sono presentati con la tecnica della meta-narrazione e quindi attraverso un’esposizione polifonica delle diverse facce del dibattito in corso» (p. 141).

Una seria ed argomentata critica all’universo dell’intelligenza artificiale generativa non può che contribuire a far acquisire ai lettori una maggiore consapevolezza di come tale tecnologia venga realizzata e diffusa e di come potrebbe/dovrebbe esserlo. Insomma, se in un modo o nell’altro ci si trova a fare i conti con la presenza dell’intelligenza artificiale, che almeno si eserciti su di essa una qualche influenza critica sviluppata dalla reale conoscenza di ciò di cui si sta discutendo.

Le riflessioni proposte dal volume si trovano a confrontarsi con un dibattito che sembra ormai guardare all’intelligenza artificiale generativa in maniera polarizzata: una visione di impianto neoliberista che vede nella AI un portentoso strumento di empowerment individuale utile per accrescere la competitività ed una visione che vi individua un rafforzamento di ciò che già esiste, una sorta di aggiornamento dell’apparato socio-tecnico dominante indirizzato ad acuire ulteriormente disuguaglianze e forme di sfruttamento.

Che la si legga come rivoluzione o come evoluzione di un percorso che ha preso il via diverso tempo prima dell’avvento dell’intelligenza artificiale, secondo gli autori del libro è necessario domandarsi quali riflessi ha ed avrà questo cambiamento sugli esseri umani e sul pianeta. Gli studiosi di questa trasformazione digitale tendono a tratteggiarla secondo quattro diverse modalità, «a seconda che essa, i suoi strumenti e il nostro modo di utilizzarli ci conducano, a loro modo di vedere, verso un avvenire individualistico, tribale, responsabile o inclusivo» (p. 137).

Nel primo caso si concepisce questa trasformazione tecnologica come inedita possibilità di realizzazione come individui all’interno di una società liberale destinata a farsi più florida e funzionale, «in cui ciascuno è responsabile per sé stesso ma non verso gli altri, dato che ognuno ha i mezzi informatici e le opportunità per mettere a frutto i propri talenti» (p. 137).

Nel secondo caso si guarda alla trasformazione digitale come ad un mezzo utile esclusivamente agli interessi di gruppi ristretti del tutto disinteressati di chi non ne fa parte, mentre, viceversa, nel terzo caso si guarda ad essa responsabilmente, auspicando che essa possa contribuire a risolvere i grandi problemi collettivi dell’umanità.

Nell’ultimo, infine, si concepisce la trasformazione «come un processo che, grazie ai suoi strumenti che ci consentono di superare i nostri bias e le nostre ideologie, ci conduce verso una migliore comprensione del punto di vista degli altri, verso l’incontro e l’armonizzazione con le loro prospettive, nella direzione di una società, per l’appunto, più inclusiva» (p. 138).

A partire da una riflessione circa la possibilità o meno di parlare di tali sistemi ricorrendo al termine intelligenza, anche alla luce delle “differenze di funzionamento” tra l’umano e l’artificiale, nel volume viene approfondito il particolare tipo di relazione che si sviluppa tra l’individuo e la macchina nella convinzione «che il contesto sociale nel quale queste tecnologie e il dibattito su di esse si sviluppano è fondamentale per determinare il loro significato e forse anche il loro futuro» (p. 48).

I sistemi di intelligenza artificiale così come si stanno evolvendo non possono essere disgiunti dal contesto culturale, socio-economico e politico in cui sono sorti e che li sta sviluppando, un contesto che si è riflesso e si riflette sui criteri di programmazione e di allenamento delle macchine che, da parte loro, tendono e tenderanno ad avvalorare. «Certi interessi si imprimono nella tecnologia, che deve essere valutata per come influenza la vita delle persone» (p. 87).

Nel libro vengono dunque affrontate le narrazioni relative l’intelligenza artificiale diffuse dai media e dalla pubblicistica scientifica al fine di evidenziarne le strutture retoriche e gli effetti di senso che ne derivano. Per quanto non si possa che guardare con sospetto a chi si prodiga con entusiasmo ad immaginare come queste tecnologie potrebbero migliorare la vita degli umani, non di meno, si sostiene nel libro, ci si può accontentare delle posizioni di chi, concentrandosi sul presente, si limita a mette in luce le ingiustizie e gli errori che si stanno commettendo in nome di un progresso che resta ancorato all’interno di una logica di stampo capitalista. «In ogni caso, nessuno può eludere il problema politico sollevato dall’intelligenza artificiale, che in fondo è lo stesso che ogni società deve affrontare quando sviluppa una tecnologia che promette di radicarsi al suo interno, producendo effetti che devono essere governati» (p. 87).

Una volta affrontata l’intelligenza artificiale generativa per quello che è e per come impatta sulla società, gli autori del volume prendono in considerazione gli aspetti giuridici che la riguardano notando come all’insistenza con cui si denuncia il ritardo del diritto rispetto alle innovazioni tecnologiche, a maggior ragione se riguardano l’universo digitale, sembra accompagnarsi la tendenza a non voler prendere troppo in considerazione gli aspetti legislativi al fine di non intralciare “l’inevitabile sviluppo tecnologico” e ciò induce, di fatto, alla derubricazione dei reati confidando in una sorta di autoregolamentazione del settore.

L’intelligenza artificiale generativa e Chatgpt sono l’ultimo prodotto di un capitalismo estrattivo che, per operare a pieno regime, deve reclamare l’esperienza umana depositata in dati personali e opere creative come una “terra di nessuno” da occupare e sfruttare prima degli altri e il più in fretta possibile. Vale a dire: anticipando i tempi di reazione del diritto. Ma è anche […] un prodotto che esaspera il conflitto tra i molti che forniscono la necessaria materia prima di questo processo estrattivo e i pochissimi che ne controllano i mezzi di estrazione del valore e beneficiano di tale rendita di posizione. Dal modo in cui le corti e le autorità garanti risolveranno questo conflitto si comprenderà, forse, se il diritto può ancora avere un ruolo nella costruzione del mondo in cui vogliamo vivere o se è definitivamente ridotto a un discorso obsoleto al traino della tecnologia e degli interessi dominanti (p. 125).

Se non si vuol lasciare che lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, alla luce di quanto questa impatti sulle vite degli esseri umani, proceda in una sorta di far west in cui le aziende tecnologiche in competizione procedono senza scrupoli alla ricerca di profitto è urgente confrontarsi con quale tipo di regolazione possa/debba essere data alla IA.

Una regolamentazione dell’intelligenza artificiale non può prescindere dal confrontarsi con il problema della velocità con cui muta la tecnologia, con l’individuazione del soggetto deputato a normala e con il fatto che si ha a che fare con una pluralità di interessi. A proposito di questi ultimi, basti pensare agli interessi dei lavoratori che con il diffondersi della IA perdono salario e potere, quando non direttamente il lavoro oppure agli interessi chi, per ragioni di razza, di sesso ecc., si vede discriminato dall’operare di algoritmi pianificati con cinismo o con approssimazione. Come scrive Marco Ricolfi nella Postfazione del volume:

Si tratta di lavorare sull’omogeneità e sulla frammentazione di questi portatori di interessi. Quanto all’omogeneità, il digital slave eritreo ha moltissimo in comune con quello francese o italiano; l’agricoltore francese con quello sudafricano. Quanto alla frammentazione, si tratta di prendere atto del fatto che oggi manca una classe sociale generale, come era il proletariato nella seconda metà dell’Ottocento e nella prima metà del Novecento, prima della fine della fabbrica fordista. Gli agricoltori non sono lavoratori dei servizi, la discriminazione algoritmica colpisce gruppi di soggetti anche molto diversi fra di loro (p. 145).

Per quanto sia fondamentale rilevare l’omogeneità degli interessi, come scrive Ricolfi, resta il problema politico di come trasformare la frammentazione in azione comune in assenza di un soggetto egemone che possa fungere da traino tenendo inoltre presente che, insieme alle forme con cui il capitale esercita il suo dominio sulla società, per usare le parole di Bifo, «sono cambiati in maniera radicale i modi di formazione della soggettività: per la generazione che ha imparato più parole da una macchina che da una voce umana l’accesso alla dimensione collettiva è divenuto impervio, disagevole. E per coloro che lavorano in condizioni di precarietà e distanziamento virtuale è sempre più difficile costruire solidarietà» (Franco Berardi “Bifo”, L’epoca in cui siamo entrati, «Il disertore», 7 maggio 2025) .

]]>