giochi di ruolo – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Thu, 04 Dec 2025 21:00:06 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 Visum et repertum 2 https://www.carmillaonline.com/2025/03/01/visum-et-repertum-2/ Sat, 01 Mar 2025 21:00:54 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=87090 di Franco Pezzini

Solo i giocatori sopravvivono

Piero Melati, Lola&Vlad, pp. 496, € 20, Polidoro, Napoli 2024

Lo sappiamo, il vampiro è un Fregoli dell’immaginario, capace di assumere nel tempo mille e mille diverse facce: dall’impresentabile e putrescente orco tornato di successo con il Nosferatu di Robert Eggers, 2024, attraverso una lunghissima serie di metamorfosi (via teatro, cinema, tv, fumetti, giochi di ruolo, romanzi young adult, …) è diventato il belloccio sbrilluccicante di Twilight. Anzi la storia del gotico transmediale trova proprio nel vampiro – più che in ogni altra creatura dell’immaginario – la cartina al tornasole di una qualunque [...]]]> di Franco Pezzini

Solo i giocatori sopravvivono

Piero Melati, Lola&Vlad, pp. 496, € 20, Polidoro, Napoli 2024

Lo sappiamo, il vampiro è un Fregoli dell’immaginario, capace di assumere nel tempo mille e mille diverse facce: dall’impresentabile e putrescente orco tornato di successo con il Nosferatu di Robert Eggers, 2024, attraverso una lunghissima serie di metamorfosi (via teatro, cinema, tv, fumetti, giochi di ruolo, romanzi young adult, …) è diventato il belloccio sbrilluccicante di Twilight. Anzi la storia del gotico transmediale trova proprio nel vampiro – più che in ogni altra creatura dell’immaginario – la cartina al tornasole di una qualunque periodizzazione puntuale.

Non stupisce dunque che, con un’operazione sottile, un giornalista navigato come Piero Melati, uso a confrontarsi con istanze di serio impatto dell’attualità (dalla nota bio, “ha seguito il Maxiprocesso e la guerra siciliana di mafia degli anni Ottanta. È stato vicecaporedattore alla cultura del Venerdì di Repubblica. Attualmente collabora all’inserto Robinson di Repubblica, alle pagine culturali del Venerdì”) riporti in scena i vampiri: ma quelli di un periodo molto preciso e puntualmente descritti in ritratti, allergie ed erotica, cioè i vampiri degli anni Novanta, del RPG Vampire: The Masquerade (prima edizione 1991), dell’immaginario di chat e nickname fantasiosi o prevedibili, dei siti vampirologici del primissimo web. Lo fa con ironia e sparando alto, con un profluvio di personaggi, molti – non tutti – giovani (almeno d’aspetto: con vampiri ultrasecolari non si può mai dire) e scontri tra Milano e la Sicilia che fanno pensare a fenomeni paralleli di infiltrazione malavitosa del territorio.

Dimentichiamo i castelli turriti del gotico e la catabasi nei sotterranei lugubri e surreali di Murnau (e magari Sätty), dimentichiamo le orripilazioni del classico Vampiri, sepoltura, morte di Paul Barber o del recente Vampyr di de Ceglia; dimentichiamo anche i vampiri paradigmatici di Universal e Hammer. Qui lo spazio non è meno immaginale perché anzitutto è quello di internet, magari di plaghe segrete del dark web, e in secondo luogo vira verso altre dimensioni onirico/virtuali (“zone morte”, “terre di nessuno”… dir di più sarebbe un peccato) a mappare il pianeta fin da viscere male abitate come per covi mafiosi. Il limite non è quello geografico di remote Transilvanie, ma quello di link blindati in qualche altro cartolario della realtà. Dimentichiamo anche le classiche forme associative riconosciute al vampiro nell’immaginario collettivo – famiglie incestuose, plagio di servi umani… – visto che qui in scena sono Camarille da giochi di ruolo o socialità da web. Connotate, queste ultime, dall’impossibilità di conoscere davvero interlocutori catafratti da nickname elusivi, magari multipli e dunque sostanzialmente invisibili, o da epiteti da battaglia di eroi metallari.

E proprio questo del contesto pare l’aspetto più affascinante di un romanzo godibile, colto (ammiccamenti e citazioni si sprecano, dalle divertenti “portaerei americane ‘John Wayne’ e ‘John Belushi’” ad altri più sottili, come l’identificazione del vero autore del Trionfo della Morte di Palazzo Abatellis a Palermo o il richiamo ai locali Bosconero che potrebbe costituire un omaggio al romanzo L’eterna notte dei Bosconero di Flavio Santi, 2006), veloce nel ritmo e incalzante, con un finale scandito che può evocare certe eliminazioni seriali conclusive dei Padrini di Coppola: il richiamo alle fantasie di quegli anni di esordio di internet in cui euforie assortite per il nuovo mezzo e sue potenzialità aggregative ci appaiono oggi lontane quasi come lo steampunk vittorianeggiante. La percezione di uno spazio magico accessibile a tutti, di misteri e inconoscibilità non meno profondi di quelli declinati dal gotico classico, di schermaglie personali tutte nuove condotte sotto fitti velami trova connessioni e punti di sutura (termine che tornerà nel romanzo) con forme di aggregazione inedite nel segno della diffusione popolare dei pc – magari dietro saracinesche di covi di post-giovani o nell’ufficio di amici.

Di più, uno spazio magico dove un amore può sorgere tra sconosciuti – ma lo sono davvero più di tante persone incontratesi in carne e ossa? – e diventare così forte da spingere a un inseguimento avventuroso da antico romanzo alessandrino. Fino a un finale dove al lettore non è concesso di vedere i due assieme nella forma a noi più consueta… perché tutto è velato, travisato, ricondotto alla domanda fondamentale su quanto possiamo conoscerci e riconoscerci, e sull’asset del mistero in un gioco erotico che continuamente si rinnovella sui social a tanta distanza da quell’alba di internet. Perché sì, si può amare anche così.

Fino a un discorso più generale sul fantastico, all’inizio di quella che si è proposta di chiamare l’età neogotica – dagli anni Novanta agli anni Dieci del millennio successivo, con lo spegnersi della fase vampiresca del “romanticismo sexy” (e prima di singoli tentativi di ripensare il mito, dalla saga TV Penny Dreadful, 2014-16, al Dracula BBC/Netflix, 2020, fino, se vogliamo, allo stesso Eggers). In Lola&Vlad, storia (in sé delicata) d’amore & peculiarità ematiche, ci troviamo compiaciutamente nell’età neogotica: e il vampiro vi si conferma come una supermetafora del fantastico, un passepartout in grado di veicolare provocazioni sempre nuove delle società via via susseguitesi. Il che, ammettiamolo, per un vecchio babau come lui è davvero un risultato degno di nota.

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Una cosa divertente che spero di fare ancora: “La stanza profonda” di Vanni Santoni https://www.carmillaonline.com/2017/04/14/una-cosa-divertente-che-spero-di-fare-ancora-la-stanza-profonda-di-vanni-santoni/ Thu, 13 Apr 2017 22:10:54 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=37663 di Cassandra Velicogna

giochi di ruolo la stanza profonda carmilla Vanni Santoni Laterza cassandra velicognaVanni Santoni La stanza profonda, Laterza, Roma-Bari, 2017, 151 pp, 14 € collana “Solaris”

Parola chiave per entrare nell’atmosfera del nuovo libro di Vanni Santoni è immergersi. Immergersi nel gioco, nell’immaginazione, nei ricordi, nel Dungeon (parola “intraducibile”), nella stanza profonda. Ma da lì poi risalire e riportare tanto con sé. Ecco uno dei vettori della lettura e forse anche della stesura di quello che avrebbe dovuto essere a buon diritto (vedi la collana, vedi l’editore) un oggetto ibrido tra saggio e romanzo incentrato sui giochi di ruolo. [...]]]> di Cassandra Velicogna

giochi di ruolo la stanza profonda carmilla Vanni Santoni Laterza cassandra velicognaVanni Santoni La stanza profonda, Laterza, Roma-Bari, 2017, 151 pp, 14 € collana “Solaris”

Parola chiave per entrare nell’atmosfera del nuovo libro di Vanni Santoni è immergersi. Immergersi nel gioco, nell’immaginazione, nei ricordi, nel Dungeon (parola “intraducibile”), nella stanza profonda. Ma da lì poi risalire e riportare tanto con sé. Ecco uno dei vettori della lettura e forse anche della stesura di quello che avrebbe dovuto essere a buon diritto (vedi la collana, vedi l’editore) un oggetto ibrido tra saggio e romanzo incentrato sui giochi di ruolo. In realtà non lo è, come il precedente Muro di casse (sui free party) : sono entrambi romanzi. Bei romanzi, libri dai quali si emerge con altro oltre al puro divertimento proprio della narrativa: con informazioni, nozioni, riflessioni. Ma non sono forse questo, i buoni romanzi?
Se ne sono accorti anche alla Fondazione Bellonci, e ora staremo a vedere se La stanza profonda, con la sua bella copertina firmata dal guru Riccardo Falcinelli, finirà in cinquina. Sarebbe un ulteriore passo per svecchiare il premio del liquore giallastro. Passata la sbornia della non-fiction narrativa, dunque, possiamo complimentarci per un escamotage che proprio da romanzo non è, ovvero l’utilizzo delle note all’interno del testo: grazie a queste si scopre (sembra di guardare un documentario) la storia dei giochi di ruolo, veri protagonisti del libro.
Dalle note scopriamo per esempio i nomi dei maggiori giochi di ruolo — “abbiamo allora Dungeons & Dragons (1974); poi Empire of the Petal Throne (1975), prima ambientazione originale lontana dai cliché; Tunnels & Trolls (1975), primo clone di D&D e primo gioco a introdurre elementi umoristici; Traveller (1977), primo GdR di fantascienza; RuneQuest (1978), primo a introdurre le abilità; Rolemaster (1980), primo a introdurre i critici e primo tentativo di “summa”; Il richiamo di Cthulhu (1981), primo horror e archetipo delle forme di gioco moderne; Champions (1981), primo GdR di supereroi e primo dotato di un unico sistema a punti che regola ogni aspetto dei personaggi; Toon e Paranoia (1984), primi GdR umoristici e che superano il concetto di morte del personaggio; Kata Kumbas (1984), primo italiano, e al pari coi precedenti nell’aver portato lo humour nei GdR. GURPS (1986), primo regolamento universale; Wahammer Fantasy Roleplay (1986), via inglese al GdR che anticipa quel genere “grimdark” che avrebbe spopolato trent’anni dopo nella fiction; Ars Magica (1987), primo GdR a favorire lo storytelling; Cyberpunk 2013 (poi 2020, 1988), primo a introdurre il background del personaggio; Amber (1991), primo senza dadi; Vampire: The Masquerade (1991), l’arrivo dello storytelling maturo; Savage Worlds (2003), che segna il rifiuto della complessità a vantaggio della possibilità di giocare subito; Dogs in the Vineyard (2004)”— il loro rapporto con i wargame e la parentela con i librigame (EL editore, lo stesso del primo manuale Advanced D&D).
Individuato l’oggetto, ecco un abbozzo della trama: un dungeon master torna dopo qualche anno alla casa dei genitori nella quale ritrova la “stanza  profonda”, teatro delle mille campagne con un nucleo di giocatori fisso e qualche giocatore “fluttuante”. Ripercorre la sua storia con i giochi di ruolo e con il gruppo dei giocatori, dalla frustrazione infantile di non avere compagni, fino allo sfilacciarsi del gruppo e alla fine delle sessioni fisse del martedì sera. Elemento fondamentale della vicenda è l’ambientazione:  il piccolo paese in Valdarno dove si svolge la vicenda. Il protagonista ora vive a Firenze, il distacco temporale e spaziale, seppur breve, servono per meglio processare non solo il rapporto con quei “nerd” che fingevano di essere maghi, mezzi uomini, guerrieri o vampiri, ma anche il cambiamento demografico, la conta dei negozi che aprirono negli anni Ottanta ed oggi non ci sono più, i giochi dei ragazzini migranti che ora affollano la piazza del paese e la penna del vigile che li multa…
Non solo questo aggiunge parecchio alla trama, ma fa del libro un lavoro completo, prezioso anche per chi non ha mai tirato un d20. Il cuore della vicenda riguarda però gli appuntamenti nella stanza profonda dove il master organizza campagne sempre diverse alle quali si intrecciano le vite dei ragazzi del gruppo. Ci sono anche dei colpi di scena, davvero originali, ma quelli non li sveliamo.
Invece bisogna indagare sul perché l’utilizzo dei GdR renda questo libro esaltante, nuovo e al contempo parte di qualcosa. Santoni, che ho seguito in un paio di presentazioni (a Book Pride con Luigi Serafini!), ma che ben lo spiega anche nel libro, parte dal presupposto che il GdR crei “community” di giocatori basate sull’orizzontalità. Un gioco in cui non esiste un vero vincitore, che non prevede una grossa spesa e non ha potenzialmente una fine è una rarità nella storia dell’intrattenimento ludico. In effetti la nostra società incentiva passatempi (o sport) basati sul prevalere di uno su tutti i giocatori, che si tratti di atletica o di poker, ma anche del Monopoli o degli altri giochi da tavolo. Il più bravo vince, il più ricco si porta via tutto… Nei GdR questo non succede.
Effetto parallelo, ma forse anche parte della catena causale, il fatto che i giocatori (mezzo milione nel momento di massima popolarità, ovvero gli anni Ottanta) fossero considerati disadattati, nerd, una “nicchia” che immaginiamo popolata da esseri al limite del grottesco. Insomma gente che forse sarebbe stata utile con dei calcoli ingegneristici, ma di sicuro non avrebbe guidato grandi aziende e soprattutto non ti avrebbe soffiato la donna (o l’uomo) della tua vita…
Ok, ci sta: i nerd giocano a Dungeons & Dragons e sono emarginati. Fino a che un giorno — quando è iniziato tutto questo, con i film di Peter Jasckson? — la gente si sveglia e inizia a leggere J.R.R. Tolkien, vedere Games of Thrones, esaltarsi quando i robottoni di Pacific Rim sconfiggono i Kaiju e qualcosa cambia. La (sotto)cultura nerd ha vinto, o almeno è diventata di massa.
In ben due serie di culto si gioca a D&D: la prima è IT Crowd, (ve la consiglio, altro che Big Bang Theory). La serie britannica che narra di due nerd confinati nel reparto information technology di una grandissima azienda, che putacaso sta nello scantinato dell’azienda. Quando, per uno scherzo della sorte, si trovano a dover intrattenere i delegati delle aziende partner in giacca e cravatta, non li portano al night club come da prassi. Gli allestiscono nella propria stanza profonda (il reparto IT) una campagna di D&D, con tanto di effetti sonori. Inutile dire che l’esito è che gli ignari uomini d’affari si divertono tantissimo e ne vogliono ancora… Altra serie: più conosciuta, recente e ancor più cult è Stranger Thigs, che dell’estetica anni Ottanta ha fatto una vera e propria poetica. Come passano le loro giornate i quattro impavidi ragazzini che salveranno la città da un mostro terribile? Ma è ovvio, giocando a D&D nel “tinello” della casa dei genitori. Un posto talmente pieno di cose che servirà anche come rifugio per la strana ragazzina dal nome numerico, proprio come lo scantinato del nostro romanzo…
Situazioni simili, tematiche affini, ragazzi che con atteggiamento carbonaro si incontrano per inscenare duelli immaginari e lanciare incantesimi: Santoni sta descrivendo una scena che merita la sua ribalta e lo fa con maestria, senza la spocchia di dire “ve l’avevo detto”, piuttosto con un “che vi siete persi” complice nei confronti di tutti quelli che, almeno una volta, hanno compilato una scheda personaggio.
Personalmente non avevo capito proprio niente. Nerd? A me sembrava una cosa da veri fichi inventare mondi, personaggi e andarsene a zonzo per tunnel sotterranei a caccia di mostri, tesori e significati… Sarà perché i ragazzi con cui giocavo erano “più grandi”, ma trovavo la cosa davvero affascinante. Dopo un paio di campagne tra D&D e Il Richiamo di Cthulhu cambiai città e con mia somma soddisfazione trovai giocatori e un ottimo master proprio nel mio collettivo! Non mi sembrò strano, anzi. Giocammo qualche volta a Vampire: The Masquerade, non a caso il gioco più “politico” tra quelli di ruolo, complesso e affascinante con le sue famiglie immortali che studiano strategie per portare dalla loro i rapporti di forza di una società parallela e segreta. Poi l’attività politica diciamo “su strada” ebbe la meglio e addio Vampire… Arriviamo fino ai giorni nostri o quasi. Ormai sono davvero “grande”. Nel 2014 il mio partner viene spedito negli States per lavoro, ce ne avrà quasi per un anno. Benché putativamente il nerd sia lui, una delle prime cose che faccio è cercare tramite Facebook e fumetterie un gruppo che giochi a Vampire: the Masquerade, ma senza successo.
Quindi mi sono rispecchiata nel ragazzino che cerca un gruppo per giocare all’inizio del romanzo: i giochi di ruolo sono una cosa geniale, esaltante e tra le più divertenti che abbia mai fatto, il problema è “la realtà” e tutto quello che contiene, non quel mondo.
La stanza profonda e Muro di casse sono libri in un certo qual modo necessari: Santoni ha il coraggio della letteratura che non si crogioli nella pesantezza dell’essere. Per fortuna la vita è composta anche da cose esaltanti, come i free party o i GdR e questi romanzi — che d’altro canto non sono piatti, ma profondi e tematizzano anche le parole “emarginazione” e “repressione”— aiutano a ricordare per cosa stiamo lottando quotidianamente: un mondo in cui, senza stigmi e senza limiti di alcun genere, sia possibile fare le cose che amiamo, come andare a ballare o allestire campagne in un mondo di fantasia. Penso che la mia “letizia” per dirla con Spinoza (la passione per cagion della quale la Mente passa ad una perfezione maggiore) e quella dell’autore non siano che parte di una “letizia collettiva”, che abbiamo esperito e possiamo ancora esperire. In definitiva questo libro può servire a ricordarci di salvare le cose belle della nostra esistenza.

P.S se qualcuno in quel di Bologna sta giocando a Vampire: The Masquerade “alla vecchia maniera” può contattarmi su twitter: @MarteVenere

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