Frida Kahlo – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Sat, 01 Nov 2025 21:00:42 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 Tроцкий la serie https://www.carmillaonline.com/2019/01/03/t%d1%80%d0%be%d1%86%d0%ba%d0%b8%d0%b9-la-serie/ Wed, 02 Jan 2019 23:01:44 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=50459 di Maurone Baldrati

L’anno scorso, in occasione della Rivoluzione d’Ottobre, la Russia ha prodotto una miniserie in otto puntate su Trotsky. Pare che vi sia stato un input personale di Putin, di indagare e rappresentare questa fase storica con “coraggio”. Con coraggio? Dipende dai punti di vista. Uno storico di Mosca, Ilya Budraytskis, la pensa così: “Questa interpretazione (putiniana ndr) si riassume nella criminalizzazione della rivoluzione stessa come fenomeno politico. La rivoluzione si presenta come un risultato della combinazione di odiose ambizioni umane, la brama di potere, l’egoismo, la lussuria, e le macchinazioni di [...]]]> di Maurone Baldrati

L’anno scorso, in occasione della Rivoluzione d’Ottobre, la Russia ha prodotto una miniserie in otto puntate su Trotsky. Pare che vi sia stato un input personale di Putin, di indagare e rappresentare questa fase storica con “coraggio”. Con coraggio? Dipende dai punti di vista. Uno storico di Mosca, Ilya Budraytskis, la pensa così: “Questa interpretazione (putiniana ndr) si riassume nella criminalizzazione della rivoluzione stessa come fenomeno politico. La rivoluzione si presenta come un risultato della combinazione di odiose ambizioni umane, la brama di potere, l’egoismo, la lussuria, e le macchinazioni di nemici stranieri, che supportano tali ambizioni, e le utilizzano per la distruzione dello Stato russo”.

In effetti la vicenda, avventurosa, psicologica, onirica, drammatica e spettacolare, stupisce e inquieta: Lenin, per esempio, è rappresentato come un piccolo uomo vanesio, avido solo di potere e di successo. Avversario storico di Trotsky fin dal II congresso del POSDR (Partito Operaio Social Democratico Russo) del 1903, si allea con lui perché è costretto, ma arriva a ricattarlo e a minacciarlo perché deve essere chiaro che è lui, e solo lui il leader. E la rivoluzione è soprattutto opera dei leader che, teorizza lo stesso Trotsky, devono assurgere al ruolo supremo, il ruolo di semidei. Solo così le masse li seguiranno.

La rivoluzione del ’17, preparata da una lunga opera di propaganda, di scioperi e insurrezioni che sfoceranno – dopo il massacro del gennaio 1905 a Pietroburgo, quando la Guardia Regia aprì il fuoco su una folla di manifestanti disarmati – in un primo tentativo rivoluzionario nello stesso anno, in questa serie ha al centro soprattutto un aspetto: un cinismo totalizzante, un obiettivo da raggiungere a ogni costo, col calcolo, col tradimento se è necessario, con l’esecuzione dei disertori, che sono “dettagli”, effetti collaterali. Addirittura con finanziamenti di paesi nemici, paesi capitalisti che hanno come unico obiettivo la destabilizzazione della Russia attraverso la rivoluzione. Infatti dietro le quinte complottano personaggi ambigui, un trafficone che agisce per conto di uomini d’affari tedeschi e si muove, vestito come un damerino della Belle Epoque, tra i socialisti rivoluzionari e gli operai, suggerendo, manovrando, costruendo l’immagine dei leader come un moderno influencer politico.

D’altra parte la situazione era drammatica. C’era la guerra, il paese dei Soviet era allo stremo, inoltre le potenze occidentali avevano tentato un’invasione e infiltravano continuamente agenti provocatori e spie. Tutti aspetti che non entrano nella serie, che si concentra soprattutto sugli intrighi, i personaggi, e due aspetti che sembrano irrinunciabili nelle serie moderne: sesso e violenza. Per dire, Trotsky ci dà dentro come un riccio, con la moglie Natalja, con l’amante quando è il capo (e il fondatore) dell’Armata Rossa, e addirittura in Messico nel 1940, durante l’esilio, con Frida Kahlo, anche se è curvo e malato. La violenza, poi, è praticamente obbligatoria: siamo o non siamo nel cuore della dittatura comunista? Quando il treno della rivoluzione, nel 1917, in piena guerra civile, finisce il carbone e si ferma in una sterminata tundra innevata, non resta che prelevare le croci di legno di un cimitero. Poi, quando arriva un drappello di povera gente imbacuccata per fare visita ai propri defunti, e si infuria per quell’oltraggio, per toglierseli di torno i militari non trovano di meglio che sterminarli tutti. E Trotsky, alla domanda dello spietato commissario del popolo che ha dato l’ordine: “Che facciamo di loro?” indicando i cadaveri degli uomini, delle donne e dei bambini, li guarda con la sua faccia di pietra e dice: “Andiamo”.

Il treno della rivoluzione è un piccolo capolavoro della serie, che cura molto i dettagli, gli arredi, gli scenari. Enorme, nero, potente e minaccioso, con le bandiere e la stella rossa incastonata sul frontale, sfreccia per l’Unione Sovietica col suo pennacchio di fumo nero. A bordo c’è lui con la sua guardia personale, tutti fighettoni vestiti con impeccabili completi di cuoio nero, che oltre a ricordare il comandante del Partigiano Johnny evocano i guerrieri punk di un mondo postapocalittico.

Proprio questi aspetti per così dire epici, che richiamano una certa, tragica grandeur, fanno di Tроцкий un prodotto affascinante, una grande opera pop, nonostante le innumerevoli inesattezze e addirittura le falsificazioni. Come quando Trotsky va incontro al suo assassino, un giornalista, e lo provoca fino a farsi uccidere perché ormai ha capito che è tutto finito, e i morti che ha sulla coscienza lo perseguitano. In realtà sappiamo che l’assassino era un sicario di Stalin, Ramon Mercader, fratello di Maria, seconda moglie di Vittorio de Sica e quindi zio di Christian, che aveva pianificato con cura l’omicidio, portando con sé una piccozza col manico segato, mentre qui la piccozza (col manico intero) è appesa al muro della casa.

Il personaggio è complesso, ossessionato dalla propria missione, liberare il mondo dalla schiavitù capitalista, per la quale è disposto a sacrificare la propria vita e quella dei suoi cari. I suoi comizi, i suoi discorsi, in piedi su carretti e tavoli improvvisati, sono alti, forti e senza una sbavatura. Chi non conosce la storia non può che subire il fascino di questa epopea e dei suoi eroi, un coacervo di positività e negatività, eroismo e meschinità, guerra, tragedia e avventura; chi invece l’ha studiata si stupirà per le soluzioni adottate, forse si arrabbierà, ma una volta iniziata non la mollerà e sarà disposto a passare una notte in bianco pur di vedere le otto puntate di seguito. Non si fermerà, come non si è fermata la rivoluzione.

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Fotografia, passione e utopia https://www.carmillaonline.com/2016/10/26/fotografia-passione-utopia/ Wed, 26 Oct 2016 21:00:30 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=34099 di Sandro Moiso

covertina2016-653x936Pino Bertelli, TINA MODOTTI. Sulla fotografia sovversiva, dalla poetica della rivolta all’etica dell’utopia, NdA press, 2016, pp. 294, € 10,00

[Tina Modotti, fotografa, attrice, donna bellissima, contraddittoria e rivoluzionaria ha fornito all’immaginario antagonista e narrativo più di uno spunto per far parlare di sé. Nata a Udine il 17 agosto 1896 e morta a Città del Messico il 5 gennaio 1942, in circostanze ancora non del tutto chiarite, ha letteralmente attraversato il mondo dall’Italia agli Stati Uniti giù fino in Messico, per poi esserne espulsa e tornare ancora in Europa, in Unione [...]]]> di Sandro Moiso

covertina2016-653x936Pino Bertelli, TINA MODOTTI. Sulla fotografia sovversiva, dalla poetica della rivolta all’etica dell’utopia, NdA press, 2016, pp. 294, € 10,00

[Tina Modotti, fotografa, attrice, donna bellissima, contraddittoria e rivoluzionaria ha fornito all’immaginario antagonista e narrativo più di uno spunto per far parlare di sé. Nata a Udine il 17 agosto 1896 e morta a Città del Messico il 5 gennaio 1942, in circostanze ancora non del tutto chiarite, ha letteralmente attraversato il mondo dall’Italia agli Stati Uniti giù fino in Messico, per poi esserne espulsa e tornare ancora in Europa, in Unione Sovietica e nella Spagna della Guerra Civile; per poi ripartire ancora una volta alla volta del Messico.

Registrata all’anagrafe come Assunta Adelaide Luigia Modotti Mondini, dopo aver raggiunto il padre emigrato a San Francisco, divenne prima la moglie del pittore Roubaix de l’Abrie Richey e, in seguito, nel corso del suo peregrinare, l’amante del fotografo americano Edward Weston, del comunista cubano Julio Antonio Mella, dell’inviato del Comintern Vittorio Vidali e della pittrice Frida Kahlo. Nello stesso tempo, dopo essersi avvicinata al Partito Comunista Messicano nei primi anni venti, ebbe modo di diventare organizzatrice sindacale, rappresentante del Soccorso Rosso Internazionale e fedele collaboratrice del già citato Vidali, alias Comandante Carlos delle Brigate Internazionali combattenti in Spagna. Di tutti questi aspetti della sua vita molto si è scritto e letto, sia in prosa che a fumetti,1 senza contare le opere teatrali e gli innumerevoli brani musicali che le sono stati dedicati.

modotti-3Certamente la parte più importante della sua vita e della sua attività è stata, però, quella dedicata alla fotografia. Un’attività di cui non solo è stata una delle prime e più importanti rappresentanti femminile, ma anche una radicale rinnovatrice. Sia nello sguardo che nella concezione del ruolo della fotografia. Anzi, si potrebbe tranquillamente affermare che proprio il suo lavoro in tale campo l’abbia portata ad essere una delle muse ispiratrici della fotografia sociale del Novecento.

Proprio a questo aspetto, senza naturalmente separarlo dal carattere e dalle scelte di vita della comunista di origine friulana, è dedicato il volume di Pino Bertelli, critico cinematografico e culturale neo-situazionista, recentissimamente tornato in libreria in edizione economica per i tipi della NdA press. Ed è una fortuna poiché, concentrando il discorso sul significato della sua opera fotografica, si rivela essere l’opera più completa, approfondita e soddisfacente sulla Modotti.

modotti-2Accompagnato da un breve saggio della stessa Modotti, Sulla fotografia, il testo si divide in due parti. Nella prima, dal titolo Della fotografia sovversiva, commentari sulla filosofia e sulla politica della fotografia di Tina Modotti, l’autore esplora “l’etica dell’Utopia espressa nella Fotografia radicale della Modotti”, ricollegandola alle successive correnti della fotografia e della critica radicale della società. Mentre nella seconda, intitolata Tina la “Rossa”. La fotografia al tempo dell’amore e le sue puttane tristi, ricostruisce il percorso di vita della fotografa ricollegandolo alle sue scelte morali, stilistiche ed estetiche.

Proprio dalla seconda parte si dà qui di seguito un significativo estratto dalle pagine 194-197 ]

La fraternità spirituale che Tina Modotti cercava tra gli oppressi e gli sfruttati fuoriusciva fortemente dalle sue fotografie. Il suo codice visivo è legato a un’etica della visione liberata e dice che fare fotografia significa dialogare con il mondo. “La macchina fotografica è l’arma ideale di una consapevolezza di tipo acquisitivo. Fotografare significa infatti appropriarsi della cosa che si fotografa” (Susan Sontag) […] La fotografia sociale, che è una forma di resistenza attiva contro la stupidità generale, desidera l’inverso del reale o denuda il reale truccato […] La fotografia sociale di Tina Modotti seguiva un impulso morale che aveva come fine il desiderio di denunciare il sopruso o di svegliare le coscienze. La Modotti sapeva che le fotografie possono infrangere una situazione o disvelare un’impostura, semplicemente mostrando il vero. Non si tratta di fotografare la sofferenza e l’ingiustizia, occorre far vedere quali sono i mali della sofferenza e chi sono i persecutori dell’ingiustizia…queste semplici idee sono alla basse di ogni fotografia sociale. Il Manifesto di Tina Modotti – Sulla fotografia – riafferma l’importanza della fotografia sociale come riscatto estetico, etico e morale contro l’ingiustizia e la rapacità di ogni potere: “mi considero una fotografa e nient’altro, e se le mie fotografie sono diverse da quelle che si fanno in genere è perché cerco di produrre non arte ma fotografie autentiche, senza trucchi e manipolazioni, mentre la maggior parte dei fotografi aspira a effetti artistici o imita altri generi di rappresentazione, ottenendo un prodotto ibrido…Non si tratta di stabilire se la fotografia sia arte o no; si tratta piuttosto di distinguere tra buona fotografia e cattiva fotografia. modotti-5 Buona è da considerarsi quella che accetta tutti i limiti inerenti alla tecnica fotografica e utilizza tutte le possibilità e le caratteristiche che questo mezzo espressivo offre…già per il fatto di potersi produrre solo nell’attualità e sulla base di ciò che esiste obiettivamente, la fotografia è il mezzo migliore per registrare la vita oggettiva in tutte le sue forme fenomeniche; da qui il suo valore di documento e se a ciò si aggiunge sensibilità e conoscenza della cosa, e soprattutto una posizione chiara rispetto al suo ruolo storico, il risultato è degno, mi pare, di occupare un posto nella produzione sociale alla quale tutti dobbiamo contribuire”. L’eroismo della visone della Modotti non è misurabile in base a qualche nozione di verità o estetica dell’arte. Si tratta di contravvenire alla scrittura fotografica ordinaria e non farsi discepoli di nessuno che non abbia tentato di strappare la maschera del banale nell’arte e cercato di tagliare alla radice i simulacri/mitologie del potere.


  1. Basti qui citare la biografia curata da Pino Cacucci: Tina, uscita in prima edizione per Interno Giallo nel 1991  

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