Francesco Dei – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Tue, 16 Sep 2025 20:30:18 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 La Storia non sempre si ripete https://www.carmillaonline.com/2023/07/03/la-storia-non-sempre-si-ripete/ Mon, 03 Jul 2023 20:00:29 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=77727 di Sandro Moiso

Francesco Dei, Balcani in fiamme. Storia militare della guerra russo-turca (1877-1878), Mimesis Edizioni, Milano-Udine 2023, pp. 424, euro 32,00

Il bel saggio di Francesco Dei, appena pubblicato da Mimesis, permette di svolgere riflessioni, non solo di carattere militare, su molti aspetti dei conflitti alle porte d’Europa, sia di ieri che di oggi. L’autore non è nuovo ad opere del genere poiché, già in passato, si è occupato di conflitti che, tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi vent’anni del secolo successivo, hanno visto coinvolte le forze armate russe. Sia nella loro forma zarista che in quella [...]]]> di Sandro Moiso

Francesco Dei, Balcani in fiamme. Storia militare della guerra russo-turca (1877-1878), Mimesis Edizioni, Milano-Udine 2023, pp. 424, euro 32,00

Il bel saggio di Francesco Dei, appena pubblicato da Mimesis, permette di svolgere riflessioni, non solo di carattere militare, su molti aspetti dei conflitti alle porte d’Europa, sia di ieri che di oggi.
L’autore non è nuovo ad opere del genere poiché, già in passato, si è occupato di conflitti che, tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi vent’anni del secolo successivo, hanno visto coinvolte le forze armate russe. Sia nella loro forma zarista che in quella di Armata rossa.

Dei, nato a Siena nel 1975 e laureato in Scienza politiche, si è specializzato in storia e cultura dell’Estremo oriente e in storia e cultura della Russia e dell’Europa slava. Appassionato di storia militare, ha pubblicato, sempre per Mimesis nel 2018, “La rivoluzione sotto assedio: Storia militare della guerra civile russa 1917-1922” (a suo tempo recensito su «Carmillaonline» il 27 giugno 2018), mentre nel 2020 ha dato alle stampe una “Storia militare della guerra russo giapponese 1904 – 1905” (LEG, Gorizia 2020).

La guerra affrontata nel saggio attuale è uno delle tante che hanno visto, tra l’età moderna e quella successiva alla metà del XIX secolo, due imperi, quello russo e quello ottomano, affrontarsi sia per il controllo dei Balcani che della Crimea e del Mar Nero. Conflitti in cui, di volta in volta, l’”aggressore” è stato uno dei due paesi, con motivazioni spesso mascherate dietro alla necessità di intervenire in difesa di minoranze etnico-religiose oppure di comunità ribellatesi contro lo zar o il sultano.

Nel caso della guerra del 1877-1878 il pretesto è fornito dalla persecuzione delle comunità cristiane dell’impero ottomano da parte delle milizie irregolari turche basci-buzuk, soprattutto in Bulgaria. Cosa che fornì lo spunto all’impero zarista, custode formale della fede ortodossa, di intervenire per espandere la propria influenza e presenza militare nell’area. A differenza, solo per fare un esempio, della guerra russo-turca del 1768-1774 in cui la parte del persecutore, in questo caso di comunità polacche e ucraine, era stata svolta dalle truppe di Caterina II di Russia e del suo favorito, Stanislao Augusto Poniatowski.

Considerata da molti storici come un conflitto secondario, la guerra russo-turca, nelle pagine e nell’accurata ricerca di Dei si rivela, nei fatti, una anticipazione e prefigurazione del futuro conflitto mondiale, in cui, soprattutto i Russi, utilizzeranno tecniche, strumenti, tattiche e lezioni tratte sia dalla guerra civile americana del 1860-65 che del conflitto franco prussiano del 1870.

Capisaldi trincerati sotto il livello del suolo o posti come rilievi creati con l’artificio di essere circondati e protetti da scavi profondi 4 o 5 metri che mettevano in difficoltà l’assalto delle fanterie e della stessa cavalleria; l’uso di armi da fuoco a retrocarica con gran numero di proiettili a disposizione di ogni soldato; mitragliatrici (prima fra tutte la Gatling così ampiamente utilizzata nel conflitto tra Nord e Sud negli Stati Uniti) e diversi tipi di artiglieria, cosi come l’uso dei primi siluri a propulsione per la marina militare, delinearono con grande anticipo quello che sarebbe stato, sul piano militare, il grande macello del Primo conflitto mondiale che sarebbe iniziato meno di quarant’anni dopo. Preceduta, per quanto riguarda la Russia, ancora dal conflitto russo-giapponese del 1904-1905.

Anche nel numero dei morto e feriti tra i soldati che, secondo i calcoli dell’autore, raggiunse quello complessivo di circa 230.000 caduti, spartiti su entrambi i fronti, nell’arco di soli 10 mesi di scontri.
Caduti che se apparentemente diminuivano rispetto al conflitto in Crimea del 1853-1856 (con un numero di soldati deceduti compreso tra i 363 e 673mila) oppure alla guerra civile americana (con un milione e ottocentomila caduti), costituivano un discreto esempio di macelleria automatizzata moderna se si tiene conto della minor durata del conflitto stesso.

L’autore eccelle sia nella descrizione del conflitto e del suo svolgimento sul campo e a livello politico-diplomatico, che nel descrivere le sofferenze delle popolazioni civili coinvolte. Così come nell’elencare le caratteristiche della capacità di resistenza del popolo russo e del suo esercito e le motivazioni su cui questa si è, spesso, fondata. Cosa che nell’introduzione lo porta a tracciare interessanti paralleli con il conflitto attualmente in atto in Ucraina.

Lasciando, però, al lettore interessato la ricostruzione di quei drammatici avvenimenti che si conclusero con una vittoria russa non coronata dai risultati sperati e con un ulteriore indebolimento di quello che era ormai chiamato il Grande Malato, ovvero l’impero ottomano, occorre qui sottolineare alcune ulteriori riflessioni che il testo di Dei induce a svolgere, pur non trattandole sempre in maniera diretta.

La prima riguarda proprio il numero dei caduti che, dal punto di vista delle perdite puramente militari, avrebbe raggiunto il suo apice nel conflitto 1914-18 e che ci suggerisce che le cifre pornograficamente fornite ogni giorno dai media e dalla propaganda sulle perdite russe (soprattutto) ed ucraine, per il conflitto attualmente in corso, devono essere per stati in precedenza un po’ (se non molto) gonfiate. Secondo fonti del Pentagono, infatti, a tutto aprile 2023, l’esercito ucraino avrebbe sofferto un numero di perdite che potrebbe variare dai 124.500 ai 131.00, compresi 17.500 deceduti in azione; mentre le forze russe avrebbero subito da 189.500 a 223.00 perdite di cui 43.000 sarebbero cadute in azione1. Chiaramente in molti articoli riguardanti l’argomento si è giocato molto sulla traduzione del termine inglese casualties che può indicare sia le vittime che i feriti oppure i morti.

Anche se c’è da osservare come l’attuale conflitto, proprio per la novità rappresentata da alcuni strumenti usati per la prima volta su larghissima scala come i droni, di fatto costituisca sia un passo avanti nelle tecniche militari che un passo, forse due, indietro con il forzato ritorno alla guerra di trincea e il rallentamento della guerra di movimento. Dovuto sia al controllo dello spazio aereo e terrestre con i droni che all’utilizzo di più maneggevoli e micidiali armi anticarro su entrambi i fronti. Mentre allo stesso tempo, il numero delle vittime civili sembra andare in controtendenza rispetto ad un trend storico in cui, dalla seconda guerra mondiale in poi, il numero dei civili uccisi in ogni guerra , allargata o locale, ha sempre ampiamente sopravanzato quello dei militari uccisi.

La seconda riflessione, invece, aiuta a spiegare la tensione e l’attenzione con cui i media liberal occidentali hanno seguito le recenti elezioni tenutesi in Turchia, tifando apertamente per il tutt’altro che liberale avversario di Recep Tayyip Erdogan, Kemal Kilicdaroglu, che aveva promesso un patto più forte con l’UE (e quindi con le sue politiche nei confronti della Russia). Questo perché, al di là delle farlocche dichiarazioni sui “diritti” (poi smentite proprio dalla promessa del pugno duro con i migranti presenti sul territorio turco fatta dallo stesso Kilicdaroglu), quello che interessava allo schieramento occidentale era il far tornare la Turchia “nemica” della Russia come nei decenni e nei secoli precedenti.

Smontare quell’asse che, se non costituisce ancora una vera e propria alleanza con Putin, in realtà fa sì che il paese detentore del secondo apparato militare della Nato (ampiamente rivisitato nei suoi vertici dopo il fallito colpo di stato del 20162, sventato anche grazie all’intervento dell’intelligence russa) non costituisca più quel baluardo anti-russo cui la Storia degli ultimi decenni, ma soprattutto dei secoli precedenti, aveva abituato l’Occidente (e soprattutto il Regno Unito) ad un “sicuro” contenimento verso il Mediterraneo e il Medio Oriente della potenza slava.

Proprio ciò, ovvero la differente politica di Erdogan e della Turchia nei confronti della Russia e delle “volontà occidentali”, costituisce uno dei fatti di rilevanza storica scaturiti prima e confermati durante l’attuale conflitto russo-ucraino. Dimostrando che non sempre la Storia si ripete, uguale a se stessa, così come troppo spesso analisti, studiosi, politici e militari dello schieramento europeo e Nato continuano a pensare per poter fare affidamento su certezze, in realtà, in via di rapido decadimento.

Un’ultima riflessione, che svolge ancora l’autore proprio nel saggio, riguarda infine la debolezza e la vacuità delle trattative diplomatiche una volta che i conflitti sono avviati e non abbiano ancora raggiunto un punto in cui sia chiara la loro possibile conclusione. Cosa che non fa altro che confermare lo sconcerto e la delusione di chi, oggi, dal Vaticano a varie altre entità politiche e statuali, guarda e promuove, con scarsi o nulli risultati, una soluzione diplomatica del conflitto in corso. In questo, sì, la Storia sembra ripetersi ancora, indipendentemente dalle capacità e dal carisma dei promotori delle medesime iniziative3.


  1. Fonte: M. Specia – B. Hoffman, Casualties in Ukraine overwhelm cemeteries, The New York Times International Edition, 21 giugno 2023  

  2. Si veda qui  

  3. Si veda, in proposito, l’intervista concessa dall’ex Capo di stato maggiore dell’Aeronautica militare, Leonardo Tricarico, a Carlo Cambi in «In Ucraina nessuno cerca la pace», La Verità, 12 giugno 2023.  

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“Strisciare col ventre nel fango” https://www.carmillaonline.com/2018/06/27/strisciare-col-ventre-nel-fango/ Wed, 27 Jun 2018 21:00:46 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=46183 di Sandro Moiso

Francesco Dei, La Rivoluzione sotto assedio. Storia militare della guerra civile russa, 2 voll., Mimesis Edizioni, Milano – Udine 2018: 1° vol. 1917-1918, pp. 244, € 22,00; 2° vol. 1919-1922, pp. 510, € 28,00

Il testo in due volumi di Francesco Dei, proposto da Mimesis, va a colmare una lacuna non secondaria della storiografica sulla Rivoluzione d’Ottobre e le sue conseguenze sociali, politiche, economiche e militari. Si tratta infatti non tanto di una prima, approfondita storia della guerra civile seguita alla Rivoluzione russa del 1917, quanto piuttosto di una ricostruzione dettagliatissima delle vicende militari che l’accompagnarono.

A [...]]]> di Sandro Moiso

Francesco Dei, La Rivoluzione sotto assedio. Storia militare della guerra civile russa, 2 voll., Mimesis Edizioni, Milano – Udine 2018: 1° vol. 1917-1918, pp. 244, € 22,00; 2° vol. 1919-1922, pp. 510, € 28,00

Il testo in due volumi di Francesco Dei, proposto da Mimesis, va a colmare una lacuna non secondaria della storiografica sulla Rivoluzione d’Ottobre e le sue conseguenze sociali, politiche, economiche e militari. Si tratta infatti non tanto di una prima, approfondita storia della guerra civile seguita alla Rivoluzione russa del 1917, quanto piuttosto di una ricostruzione dettagliatissima delle vicende militari che l’accompagnarono.

A differenza di molte altre storie dello stesso periodo, quasi sempre comprese all’interno di opere più generali sulle vicende che accompagnarono la nascita e l’affermazione dell’URSS e del Partito bolscevico, il testo appena edito costituisce un’autentica storia militare del conflitto, privilegiando maggiormente gli avvenimenti sul campo di battaglia piuttosto che le risoluzioni politiche, le decisioni dei Soviet e del Partito oppure quelle prese in ambiti politici e diplomatici avversi alla nascente repubblica proletaria.

Viene da ridere, mente si leggono le pagine estremamente dettagliate e allo stesso tempo emozionanti di questo libro, pensando alle difficoltà che i governi odierni, nascituri o sconfitti, di destra o di “sinistra” sbandierano oggi per giustificare la propria incapacità di risolvere i problemi o nell’affrontare la finanza internazionale e le troike europeiste. Viene da ridere, anche se l’argomento è certamente serio e drammatico, se paragonato alle difficoltà che i rivoluzionari, non soltanto quelli appartenenti alla frazione bolscevica poi risultata vincitrice, i lavoratori, i contadini e i soldati russi dovettero affrontare in un periodo di carestie, massacri, battaglie che contribuì in maniera prevalente a determinare poi il divenire della società sovietica.

Una guerra che succedeva ad una rivoluzione che era scoppiata , essenzialmente, per porre fine ad un’altra guerra: quella imperialista del 1914-1918. Una guerra che vide essenzialmente scontrarsi sul territorio della più grande nazione del mondo non soltanto gli eserciti rossi, bianchi, verdi, le formazioni anarchiche e quelle di autentici banditi che cercarono di approfittare del disordine politico, sociale e militare per i loro scopi criminali, ma anche, almeno fino a tutto il 1919, gli eserciti di almeno altre 15 nazioni intervenire pesantemente nel conflitto.

Il dramma non era soltanto costituito dal fatto che la maggioranza di questi eserciti, soprattutto quelli stranieri ma non solo, era formata da uomini stanchi di guerra e che pure una guerra ferocissima dovevano ancora condurre, ma anche dai milioni, decine di milioni di russi, donne e uomini, che in tale marasma dovettero riuscire a sopravvivere, lottando per farlo, schierandosi a fianco dell’uno o dell’altro e, in certi casi, di un altro ancora dei contendenti. Talvolta passando per necessità, sconfitta, scelta o tradimento dall’uno all’altro, come pietre che rotolavano sul fondo del fiume di sangue della guerra.

Una narrazione che assomiglia, nonostante l’accuratezza delle ricerche e un’attenta analisi di tutte le fonti (spesso inedite per l’Italia) disponibili, ad un grande romanzo storico. Una guerra senza pace, che sembrerà finire più per sfinimento e progressivo ritiro dei nemici dei Soviet e del loro governo, più che per una decisiva vittoria militare dei secondi. Una sconfitta del nemico che diventa opaca, meno gloriosa di quella che la propaganda della Russia stalinizzata vorrà poi celebrare. Resa opaca poi dal fatto che i suoi veri vincitori, dal punto di vista militare, quali Trockij, Tuchačevskil o Frunze (solo per citarne alcuni), sarebbero diventati invisi al potere negli anni successivi e tutti eliminati prima entro il 1940. Lasciando un vuoto enorme nell’organizzazione e nella teoria militare dell’Unione Sovietica, una volta che questa fu assalita da Hitler.

I personaggi tragici si trovano su ogni fronte: oltre a quelli già superficialmente citati per il fronte rosso, occorre ricordare la figura di Nestor Makhno e della sua lotta anarco-contadina, oppure dei generali bianchi come Denikin o il ferocissimo barone folle Ungern-Sternberg o i tanti atamani cosacchi al servizio dell’idea imperiale. Il libro, giustamente, va però ben oltre i nomi più famosi e illumina il lettore con una miriade di personaggi, fatti, battaglie che, fino ad ora erano stati rimossi dalla storiografia politica “ufficiale”.

Comandanti dell’Armata rossa di estrazione proletaria e contadina, ufficiali di carriera arruolati nella stessa armata per la loro esperienza militare ma posti al comando di quegli stessi uomini che nel 1917 si erano rifiutati di combattere ancora ai loro ordini o a quelli dei loro colleghi che, al contrario, nel corso della guerra civile si troveranno schierati sul fronte opposto.

Giovani operai arruolatisi come volontari nelle file delle armate rivoluzionarie che grazie all’inesperienza o alla scarsa preparazione (nel corso del conflitto imperialista spesso gli operai non erano stati arruolati per meglio assolvere alle loro funzioni produttive e di fabbrica) verseranno un tributo di sangue terribile nel corso delle prime fasi della guerra civile.
Contadini arruolati a forza in tutte le armate mentre le campagne e le comunità venivano depredate, bruciate, distrutte. E tutto questo potrebbe andare a costituire il coro dell’immensa tragedia che anima le pagine della ricerca di Dei, che può così affermare:

“Porteremo il lettore sulle rive del placido Don a seguire le colonne dei giovani cosacchi in marcia verso il Volga; nel gelido fango della tragica marcia sul ghiaccio dell’Armata bianca di Kornilov o nei quartieri generali sovietici, tra carte geografiche, matite e qualche bicchiere di vodka a scoprire la nascita dell’Armata rossa e di quei comandanti che ne influenzarono il primo anelito di vita come Tuchačevskil e Frunze. Inoltre il lettore avrà anche l’occasione di conoscere quei personaggi, meno famosi per noi occidentali, che le conferirono il tono di una vera e propria epopea […] Tra questi il sanguinario Stanislav Bulak-Balachovich che fece dei viali di Pskov una via crucis di bolscevichi, o lo sconclusionato e folle atamano Grigoriev poco credibile Pugačev del XX secolo…e così tanti altri”.1

Il tutto compreso in una cornice quasi surreale di armi luccicanti al sole, vessilli di tutti i colori mossi e agitati dal vento, di povere uniformi oppure di divise ricche e vistose che talvolta si mescolano con i treni blindati che percorrono la vastità del territorio russo, spesso affiancandosi su binari paralleli da cui daranno vita a scontri terrestri e rapidi che però sembrano ricalcare quelli delle grandi battaglie navali del passato.

Velocità ferroviaria e lentezza delle fanterie, modernità tecnologica e arretratezza organizzativa, aerei che galleggiano tra le nuvole mentre animali e soldati sprofondano nel fango delle campagne in primavera e in autunno (in Siberia anche d’estate). Un paesaggio infinito squarciato da ferite irrimarginabili e soffuso di un rosso che apparterrà più al colore del sangue che non a quello delle bandiere di partito. Questo lo sfondo del dramma, lo scenario di una vicenda che metterà alla prova la tenacia dei contendenti e, soprattutto, dei bolscevichi. Motivi per cui Lenin avrebbe affermato: «Se non riusciamo ad adattarci alle circostanze, se non siamo inclini a strisciare col ventre nel fango, non siamo rivoluzionari ma ciarlatani».2

Anche se sarà proprio questo spirito indomito a prevalere, nel corso del conflitto, sugli avversari, l’autore ci invita a non credere superficialmente che :

“la guerra civile russa sia un semplice scontro tra due fazioni contrapposte […] poiché, in questa, si confrontarono non solo bolscevichi e controrivoluzionari ma anche movimenti e partiti diversi, regioni che reclamavano l’autonomia, nazioni straniere ed eserciti sbandati. Possiamo, quindi, affermare con certezza assoluta che la guerra civile non fu una lotta a due ma una guerra senza quartiere tra una moltitudine di fazioni”.3

Il compito per lo storico è stato sicuramente gravoso, sette anni di lavoro, ma il risultato è per il lettore appassionato, sicuramente, interessantissimo e spesso rivelatorio.
Il corredo iconografico e di carte che riproducono l’evolversi degli scontri e delle battaglie, oltre che lo spostamento e il formarsi dei fronti, aiuta sicuramente chi legge ad orientarsi al meglio in un conflitto che, come pochi altri, ha contribuito alla formazione di un’esperienza politica, di una nazione, di una società e di una classe dirigente e, last but not least, dei suoi rapporti economici, politici e diplomatici con le nazioni vicine e lontane.

Ancora una volta dunque, a discapito delle più superficiali convinzioni pacifiste e falsamente umanitarie, la storia militare si rivela estremamente utile per comprendere non soltanto l’evoluzione di avvenimenti solo apparentemente lontani nello spazio e nel tempo, ma anche l’origine di contraddizioni che agitano il mondo in cui viviamo e che, molto probabilmente, ancora lo faranno nel prossimo futuro.


  1. F.Dei, La rivoluzione sotto assedio, Vol. 1°, pag. 11  

  2. in F.Dei, op.cit., Vol. 1°, pag. 11  

  3. op. cit. pag. 11  

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