Beatrice Lorenzin – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Tue, 28 Oct 2025 21:29:46 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 Vaccinismo di guerra https://www.carmillaonline.com/2017/06/10/38785/ Sat, 10 Jun 2017 12:30:03 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=38785 di Alexik

Sui vaccini credete agli scienziati ! Non ai cialtroni!”. Da qualche mese questo messaggio ci viene ripetuto come un mantra da tutta la compagine renziana, dai vertici del dicastero della salute, da esponenti della classe medica e da gran parte del giornalismo e opinion makers nostrani. Ma all’indomani della entrata in vigore del decreto Lorenzin diventa più che mai una ‘questione di necessità ed urgenza’ capire, in tema di vaccini, il cialtrone chi è.

Certo, io non mi permetterei mai di pensare che sia un cialtrone chi impone la vaccinazione forzata,  da [...]]]> di Alexik

Sui vaccini credete agli scienziati ! Non ai cialtroni!”.
Da qualche mese questo messaggio ci viene ripetuto come un mantra da tutta la compagine renziana, dai vertici del dicastero della salute, da esponenti della classe medica e da gran parte del giornalismo e opinion makers nostrani.
Ma all’indomani della entrata in vigore del decreto Lorenzin diventa più che mai una ‘questione di necessità ed urgenza’ capire, in tema di vaccini, il cialtrone chi è.

Certo, io non mi permetterei mai di pensare che sia un cialtrone chi impone la vaccinazione forzata,  da effettuarsi in pochi mesi, di 816.836 bambini e ragazzi, con 8 vaccini supplementari da sommare ai quattro precedentemente obbligatori,  mandando nel delirio le ASL e le segreterie scolastiche che dagli asili alle superiori dovranno controllare la documentazione vaccinale (cioè i libretti vaccinali, le autocertificazioni, le prenotazioni alla ASL, oltre a tutti i casi di esenzione e di ricorso) per bambini e ragazzi dai 6 mesi ai 16 anni, tenendo conto che la popolazione in tali fasce d’età è di circa 8 milioni di persone.

Non mi permetterei mai di pensare che sia un cialtrone chi trasforma i presidi in poliziotti,  obbligati a denunciare i genitori che non vaccinano abbastanza i loro figli, o a vietare ai bambini  ipovaccinati l’accesso ad asili e materne, escludendoli dalle classi e dai contesti relazionali ed affettivi che magari fino all’anno prima frequentavano….

Non mi permetterei mai !

Perchè questi – sia pur dolorosi – provvedimenti sono indispensabili per far fronte alle terribili epidemie che dilagano nella penisola o incombono sull’italica stirpe.
E poco importa se bisognerà radiare dall’ordine i medici dissenzienti, mettere a tacere ogni voce critica tramite una violentissima campagna denigratoria, imporre TSO, trattare alla stregua di criminali, untori e potenziali assassini i genitori che non intendono obbedire !
Perché il fine ultimo è la salvezza nazionale, a fronte dell’attacco simultaneo da parte di miliardi di invisibili, multiformi e microscopici nemici. A cominciare dal morbillo, i cui eserciti virali hanno già da tempo assalito le estremità occidentali d’Europa.

Il ministro Lorenzin lanciò l’allarme all’inizio dell’invasione, il 22 ottobre 2014, davanti alle telecamere di “Porta a Porta” (min.36): “solo di morbillo a Londra, cioè in Inghilterra, lo scorso anno (2013) sono morti 270 bambini per una epidemia di morbillo molto grave”.
Esattamente un anno dopo, il 22 ottobre 2015, il ministro ribadiva a Piazza Pulita che  “Di morbillo si muore, in Europa!c’è stata una epidemia di morbillo a Londra lo scorso anno (cioè nel 2014), sono morti più di 200 bambini …”.

La Lorenzin, a cui non sfugge nulla, ne sapeva più che i londinesi, ai quali quei 270 bambini morti di morbillo nel 2013, sommati ai 200 dell’anno successivo, proprio non risultavano.
Infatti i dati del Department of Health di sua maestà britannica parlavano, per il 2013, di n. 1 decessi per le conseguenze del morbillo a livello nazionale. La vittima in questione non era un bambino ma un 25enne, morto per una polmonite acuta. Nessun decesso, invece, per fortuna, nel 2014.

Ora, io non ce l’ho con la Lorenzin, poveretta, ma – che diamine ! –  almeno quelli del suo entourage di ‘luminari’ dell’Istituto Superiore di Sanità non avrebbero potuto dirle qualcosa ?
Anche perché se non le dicono niente quella persevera, come nell’intervista rilasciata al Messaggero il 21 luglio 2016, dove ribadisce: “in Gran Bretagna tre anni fa c’è stata una epidemia di morbillo – dovuta proprio al fatto che molti avevano rinunciato al vaccino – che ha causato la morte di centinaia di persone”.

Insomma, non solo per il ministro ci sarebbero stati in UK centinaia di morti mai esistiti, ma l’origine di tale ecatombe andrebbe ricercata nella scarsa copertura vaccinale, addebitabile alla nefasta propaganda dei biechi no-vax.

A questo proposito è però interessante leggere il rapporto redatto dai diretti interessati del UK Department of Health:

Nei primi tre mesi del 2013, c’è stato un incremento a 587 casi di morbillo, nonostante il livello di copertura da parte del vaccino trivalente MMR (per parotite, morbillo e rosolia, ndr) non sia mai stato così alto, con il 94% dei bambini fino ai 5 anni che ne avevano già ricevuto due dosi. 
I casi di morbillo risultavano distribuiti in tutta l’Inghilterra, con i numeri più alti nel nord ovest e nel nord est”.

In pratica, non era vero che la copertura vaccinale fosse bassa. Al contrario, era altissima, ma ciò nonostante, l’epidemia si era sviluppata ugualmente.
Anche il rapporto del ministero della salute britannico puntava il dito contro il calo delle vaccinazioni generato, alla fine degli anni ‘90, dalla paura del MMR, rilevando come fossero maggiormente colpiti dal contagio i ragazzi nati proprio in quegli anni, cioè la fascia di età che nel 2013 aveva dai 10 ai 16 anni.
Ma successivamente, i dati definitivi sui casi di morbillo accertati nell’intero anno non mostravano queste abissali differenze per fasce d’età: 711 ammalati nel 2013 in Inghilterra dagli 0 ai 9 anni, 769 dai 10 ai 19.
Londra, dove le vaccinazioni MMR dei bambini arrivavano solo al 87%, era stata colpita dal morbillo meno del nord ovest e del nord est del paese. Complessivamente, fra gli 8 milioni e seicentomila londinesi, gli ammalati di morbillo nel 2013 furono 192 (lo 0,0022% della popolazione) e 59 nel 2014.
In tutta l’Inghilterra, 108 malati necessitarono di ricovero ospedaliero, e 15 subirono complicazioni quali polmoniti, infezioni dell’apparato respiratorio, meningiti e gastroenteriti.
Con tutto il rispetto per le persone ammalate e per il morto, gli effetti dell’epidemia non potevano essere paragonate a quelli delle grandi catastrofi.

Più grave, invece, la situazione in Romania, dove il morbillo ha contagiato, da gennaio 2016 a fine marzo 2017, 3400 persone, con 17 morti.
Anche in questo caso l’Ufficio regionale europeo dell’Organizzazione mondiale della sanità, gran supporter delle vaccinazioni di massa, ha esortato ad innalzare in tutta Europa la copertura del MMR oltre il 95%, esortazione immediatamente ripresa dal nostro ministero della salute e dalla stampa tutta.

Nessuno dei nostri maestri del giornalismo ha però sentito l’esigenza di scomodarsi per andare a verificare sul posto le caratteristiche dell’epidemia, magari accompagnato dai colleghi rumeni, che hanno fatto sull’argomento degli interessanti reportages.
Sulla Gazeta de Nord-Vest, in una corrispondenza del 9 marzo da Rătești, un villaggio del distretto di Argeș dove si è verificato un focolaio, una dottoressa dice: E ‘una situazione più sfavorevole, la madre non è a casa, i bambini sono allevati dalla nonna. Si tratta di una situazione sociale difficile. Qui abbiamo una comunità dove abbiamo 35 casi di morbillo accertati.

Rătești. Foto: Gazeta de Nord-Vest.

Codruţa Simina, giornalista di Press One, è autrice di una corrispondenza da Măgura, frazione di Bocșa, nel distretto transilvano di Caraș-Severin, dove si è verificato uno dei focolai, e la morte di un bambino.
La corrispondenza è del 14 maggio scorso, e rileva come il contagio continui come prima. Descrive come a Măgura i bambini giochino a piedi nudi su strade sterrate, tra la sporcizia, perchè il municipio non le fa pulire. Descrive la scarsa scolarizzazione, l’indifferenza delle autorità sanitarie nella prevenzione, monitoraggio e cura.

Il fatto è che quando parlano di epidemie, né l’OMS, né le nostre autorità sanitarie si curano di indagare le condizioni socioeconomiche, igieniche, nutrizionali, l’accessibilità ai farmaci e ai servizi sanitari, dei contesti dove il virus si inserisce. O di chiedersi se è più facile passare dal morbillo alla polmonite quando si vive in abitazioni umide e malriscaldate, e poi morirne per le difficoltà di accesso agli antibiotici.
L’unica causa dell’epidemia e dei morti risulta essere la mancanza di vaccinazioni di massa, non la miseria.
L’unica soluzione prospettata è la vaccinazioni di massa, non il superamento di quelle condizioni di marginalità.
Davanti all’emergenza rumena, il nostro ministro della salute ha colto l’occasione per rilanciare l’indiscutibilità delle vaccinazioni forzate anche in Italia, seppure le condizioni di miseria presenti in posti come Rătești o Măgura qui da noi siano molto più limitate che in Romania. Per ora.
Questo fatto mi induce un dubbio ed una preoccupazione.
Negli ultimi tempi il ministro Lorenzin e la sua crociata sui vaccini sono state fatte oggetto di numerosi attacchi.
Qualcuno ha tirato fuori anche la corruzione a suon di rolex.
Ipotesi che non mi trova d’accordo.
Se la questione fosse così semplice, sarebbe semplice anche la soluzione.
Basterebbe organizzare un crowdfunding.
Della serie: il rolex te lo regaliamo noi, basta che non ci imponi le tue politiche sanitarie deliranti.
Comincio a temere però che la spiegazione sia un’altra.
Non è che nella sua ‘estrema lungimiranza’, la Lorenzin stia tentando in qualche modo di preparare il sistema immunitario di gran parte della popolazione italiana alle condizioni di miseria crescente, prodotte dalle politiche sociali, abitative e del lavoro, che da anni, in maniera bypartisan, questa classe politica e i suoi mandanti economico/finanziari stanno continuando a infliggerci ?(Continua)
Nota:
Ringrazio per le dritte sulla Lorenzin e l’epidemia londinese Paolo Bellavite, Professore Associato di Patologia Generale, Università degli Studi di Verona. Il contenuto del suo documento ‘Scienza e vaccinazioni. Aspetti critici e problemi aperti‘ sarà uno dei testi che ci accompagneranno nelle prossime puntate di ‘Vaccinismo di guerra’ … proprio perchè è bene credere agli scienziati e non ai cialtroni.
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Dioxinity Day/3 https://www.carmillaonline.com/2017/03/01/dioxinity-day3/ Wed, 01 Mar 2017 04:30:56 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=36807 di Alexik

rischio-gravidanza [A questo link il capitolo precedente.]

Fin dal suo arrivo alla guida del dicastero della salute, il calo demografico che mette a repentaglio il riprodursi dell’Italica stirpe è stato al centro dei pensieri di Beatrice Lorenzin. La sua ferrea determinazione ad attivare misure di contrasto contro il declino delle nascite indotto dalla crisi è ormai sotto gli occhi di tutti. Ovviamente non nel senso di contrastare gli effetti sociali della crisi …  ma di impedire il rifiuto della maternità da parte di molte femmine indolenti e [...]]]> di Alexik

rischio-gravidanza [A questo link il capitolo precedente.]

Fin dal suo arrivo alla guida del dicastero della salute, il calo demografico che mette a repentaglio il riprodursi dell’Italica stirpe è stato al centro dei pensieri di Beatrice Lorenzin.
La sua ferrea determinazione ad attivare misure di contrasto contro il declino delle nascite indotto dalla crisi è ormai sotto gli occhi di tutti.
Ovviamente non nel senso di contrastare gli effetti sociali della crisi …  ma di impedire il rifiuto della maternità da parte di molte femmine indolenti e sciagurate.

E così, dopo il ‘successo’ del FertilityDay, il Ministero si è dato all’aperto boicottaggio di qualsiasi provvedimento teso a rendere effettiva l’applicazione della Legge 194/78 sull’interruzione volontaria di gravidanza.
Prevedo che a breve il prossimo passaggio sia quello di una bella campagna per bucare i preservativi (come in ‘Padre Vostro’, il bellissimo film di Vinko Bresan) con tanto di promozione ministeriale dello spot spagnolo della Desigual.

desigual2

E’ di questi giorni lo scontro fra il Ministero della Salute e la Regione Lazio sull’assunzione di due ginecologi destinati a garantire il funzionamento del reparto I.V.G. dell’Ospedale  San Camillo.
Per la cronaca, stiamo parlando di un reparto davanti al quale, nel gennaio 2016, le telecamere di ‘Presa Diretta‘ ripresero le donne in fila dalle 6.00 del mattino in uno squallido sottoscala esposto alle intemperie, senza neanche una sedia per quelle che fra loro si sentivano male.
Il servizio apriva alle 8.00 e metteva in palio solo 5 posti sul tavolo operatorio, perché il personale non obiettore dedicato a questo tipo di intervento non era sufficiente.
Chi rimaneva esclusa (ed erano tante) doveva tornare di nuovo alle sei del mattino del giorno dopo, per riprovarci senza la sicurezza di riuscire, ed affrontare quell’attesa snervante nell’angoscia che ‘scadesse il tempo’, quei 90 gg oltre i quali l’interruzione della gravidanza non è più concessa.
Oppure arrangiarsi in altro modo.
Russe e Ucraine tornando ad abortire in patria, a pagamento.
Le italiane partendo per la trasferta in Francia, o in Inghilterra, o in Canton Ticino, dove un terzo degli aborti effettuati riguarda donne del bel paese.
aborto-clandestinoQuelle che invece non potevano permettersi il ‘turismo abortivo’, avrebbero dovuto provvedere rivolgendosi alle classiche macellerie clandestine.
Oppure ricorrendo al sempre più diffuso ‘aborto fai da te’,  ordinando su internet l’apposito kit di farmaci per l’ulcera con effetti collaterali abortiferi, assunti in sovradosaggio e senza controllo medico. Molte ragazze sono finite in ospedale in questo modo, con emorragie spaventose.
A fronte di questa situazione vergognosa, l’unica preoccupazione del ministro della salute è stata quella di definire ‘contra legem’ le assunzioni nel reparto I.V.G. del San Camillo, facendo eco alla voce della CEI.

[Ci sono molte forme di violenza sulle donne.]

Come la pensasse Beatrice Lorenzin in materia di interruzioni volontarie di gravidanza era cosa nota.
Lo si poteva già intuire dai tempi del suo discorso di apertura  al ‘Convegno nazionale dei Cav’, i centri di aiuto del Movimento per la Vita, nel novembre 2014. Il posto giusto per un ministro di un cd governo di centro -‘sinistra’, in mezzo a gente di larghe vedute …

Movimento per la vita
…  che paragona la 194 alle leggi sulla schiavitù e ai campi di concentramento nazisti

Movimento per la vita maggio 2013a

.. e che si incontra per sgranare rosari sotto i reparti che praticano le I.V.G., come sabato scorso a Bologna, nel tentativo di colpevolizzare le donne e il personale medico.

Il ruolo che svolge il Movimento per la vita … è particolarmente importante e straordinario, troppo spesso sottaciuto e non raccontato… il ministro vi è vicino, segue e sostiene il vostro lavoro“.

Vicinanza dimostrata dalla Lorenzin anche nei fatti. Era lei il ministro della salute quando il governo Renzi sostituì per decreto alla vecchia pena di 51 di ammenda una sanzione amministrativa da 5.000 a 10.000 per le donne ‘colpevoli’ di abortire clandestinamente.
Un provvedimento infame, che colpisce le donne in base a precisi criteri di classe, dissuadendo chi avesse complicazioni dopo un aborto clandestino dal chiedere assistenza presso le strutture pubbliche per paura di una multa spropositata.
Ma chi costringe le donne a ricorrere all’aborto clandestino, se non il  sabotaggio pianificato dell’applicazione della 194 nei servizi  sanitari pubblici?

[Ci sono molte forme di violenza sulle donne.]

Nell’ottobre 2015 il Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa richiamò l’Italia al rispetto della Carta Sociale Europea, ritenendo che le difficoltà di accesso ai servizi per le I.V.G. e la discriminazione sul lavoro riservata al personale sanitario non obiettore avvenissero in violazione del trattato.

Non c’è assolutamente violazione del diritto alla salute. Alcune aziende pubbliche hanno qualche problema di criticità dovuto a questioni di organizzazione, ma siamo nella norma”, disse in quell’occasione la Lorenzin.
La ‘norma’, per lei, è quella della fila alle sei del mattino per mendicare un diritto.
E’ quella di capoluoghi di provincia come Ascoli Piceno, dove il servizio pubblico per le I.V.G. può essere del tutto inesistente perché l’obiezione arriva al 100%.
La ‘norma’ è questa …

Tabella obiettori

… con percentuali oltre l’80% in Molise (89,7 %), Sicilia (89,1%), Basilicata (88,1%), provincia di Bolzano (85,9%) e Campania (81,8 %).1

Ma come impatta questa ‘norma’ sui territori già colpiti dagli effetti teratogeni delle nocività industriali?
Come impatta nella Terra dei Fuochi, sulle donne di Acerra, Aversa, Bacoli, Caivano, Castel Volturno, Giugliano, Marcianise e Villa Literno, dove l’OMS ha riscontrato forti eccessi di malformazioni congenite. Cosa succede quando decidono di ricorrere all’aborto terapeutico?
Ad Aversa trovano il reparto chiuso, a Giugliano un solo ginecologo non obiettore, al Policlinico di Napoli 39 obiettori su 42, al Cardarelli 12 su 13.
Al Secondo Policlinico di Napoli potrebbe capitargli di concludere l’aborto terapeutico ‘fuori turno’, quando i ginecologi non obiettori hanno già staccato, come è successo a Laura Fiore:

abortire-tra-gli-obiettori‘Sono stata abbandonata a me stessa, trovandomi sola in un ambiente di tutti obiettori. Riuscivo a ricevere qualche visita solo se chiedevo ai medici che entravano nella mia stanza, per prendere qualche materiale che serviva loro per visitare le altre. Nessuno ha monitorato il mio dolore fisico, le mie perdite ematiche, la mia dilatazione; alle mie domande al riguardo rispondevano tutti in maniera elusiva…
… chiedo
[a un ginecologo strutturato] se posso avere un cesareo o l’anestesia epidurale. “Non facciamo l’epidurale in questo ospedale” è la risposta. Allora gli chiedo di essere visitata. Lui esegue e visto che con la dilatazione siamo ancora a zero, mi pratica la dolorosa dilatazione digitale. Sul momento, dato che è l’unica volta che ricevo una visita così dolorosa, mi viene da pensare che l’abbia fatto apposta a farmi male visto che, essendo sabato, il medico era sicuramente obiettore‘….2.

Lasciamo la Campania, dove perfino i portantini e gli impiegati amministrativi possono permettersi di fare gli obiettori, e scendiamo a sud attraversando lo stretto fino in Sicilia.
Già, la Sicilia.
La Sicilia è un luogo dove i medici obiettori raggiungono l’89,1% in media, ma all’ospedale Cannizzaro di Catania arrivano al 94 %. E’ lì che Valentina Miluzzo è morta con due figli in grembo. Questa è la denuncia di suo padre:

Ma il Ministero della Lorenzin sancisce che Valentina è morta di aborto, non di obiezione di coscienza.

[Ci sono molte forme di violenza sulle donne.]

Sempre in Sicilia altre donne che vivono ad Augusta o a Gela sanno che, se decidono di avere un figlio, dovranno affrontare più di altre l’insorgere di malformazioni congenite.

La costa fra Augusta e Siracusa sconta l’eredità di 60 anni di petrolchimico. Ci sono passati tutti, Moratti, l’Exxon, la Liquichimica, l’ ERG, l’Enel, l’Enichem, l’Agip …
Ne è rimasto poco: le raffinerie dell’Isab e della Esso, la centrale dell’Enel e l’impianto Archimede per l’energia solare, capannoni abbandonati e vecchi impianti arrugginiti.
E poi metalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici, policlorobifenili (pcb), amianto e ceneri di pirite nei terreni, e altri metalli pesanti, idrocarburi ed esaclorobenzene nelle acque.
E mercurio, tanto mercurio, rilasciato in particolare dall’attività dell’impianto di cloro-soda originariamente della Montedison, poi Enichem, poi Syndial (ENI).
L’impianto utilizzava un processo di separazione degli ioni di cloro e sodio col sistema a cella di mercurio perché era uno dei meno costosi, e ancor meno costoso era lo smaltimento dei residui del metallo, che venivano scaricati nei tombini e da lì finivano in mare, oppure seppelliti in discariche non idonee, falsificando i certificati di analisi dei rifiuti3.
Pratiche dall’impatto devastante sull’ambiente, sulla catena alimentare, sulla salute degli abitanti e delle generazioni future.
Nel territorio si riscontrano, oltre ad un eccesso per molti tipi di tumore4, pesanti effetti sulla riproduzione, talmente gravi da indurre la Syndial a riconoscere unilateralmente indennizzi a 101 famiglie di nati o aborti con malformazioni cerebrali (idrocefalia), spina bifida e labio/palatoschisi, nel tentativo di evitare conseguenze penali più gravi5.

petrolchimico-siracusa

Giacinto Franco, compianto ex primario dell’Ospedale di Augusta e perito nel processo contro l’ex Enichem, descriveva così la situazione: “Le malformazioni [arrivarono nel 2000] a toccare il 5,8% rispetto al 2,16 della Sicilia Orientale e al 2,12 della Sicilia Occidentale. Quando io parlo del 5,8% parlo dei casi che nascono con malformazioni, non parlo dei casi totali di malformazioni perché, per esempio, una recente indagine affidata alla ASL dalla Procura di Siracusa ha messo in evidenza che i casi di aborto ad Augusta sono aumentati di 4 volte rispetto alla media nazionale; una media che è doppia rispetto ai dati relativi all’intera provincia. Un terzo delle interruzioni di gravidanza è dovuta a malformazioni del sistema nervoso centrale del feto. È indiscussa la connessione tra inquinamento e malformazione del sistema nervoso centrale; il motivo di questa disfunzione è, infatti, l’altissimo inquinamento di mercurio e piombo presente in quest’area“.6

Un quadro per certi versi simile a quella di Gela, dove il petrolchimico che si estende a un paio di chilometri dalla città si è lasciato indietro, nella sua dismissione, idrocarburi, metalli pesanti, ammoniaca, composti organo alifatici clorurati, benzene, fosfogessi nei suoli e nelle acque.
Anche a Gela si registrano eccessi statisticamente significativi per malformazioni congenite quali difetti del tubo neurale, microcefalia, ipospadia, idronefrosi ed ernia diaframmatica7.
E anche a Gela il monopolio degli obiettori in ospedale potrebbe non rendere possibile l’aborto terapeutico sul posto.

Ci sono molte forme di violenza sulle donne. Fra queste: negargli il diritto di abortire in sicurezza, negargli il diritto di partorire in sicurezza, negargli il diritto alla salubrità ambientale, e di conseguenza il diritto alla salute (riproduttiva e non) e alla salute dei loro figli.

Il 25 novembre, nel giorno contro la violenza sulle donne, Beatrice Lorenzin ha dichiarato che “è attraverso la quotidianità degli interventi … che si può fare la differenza“. Ma non ho ancora capito se la quotidianità dei suoi interventi sia orientata ad impedire la violenza sulle donne, o ad esercitarla.


  1. Relazione Ministro Salute attuazione Legge 194/78 tutela sociale maternità e interruzione volontaria di gravidanza – dati preliminari 2013 e dati definitivi 2012 (anno 2014). Relazione Ministro Salute attuazione Legge 194/78 tutela sociale maternità e interruzione volontaria di gravidanza – dati definitivi 2013 e 2014 (anno 2015). Relazione Ministro Salute attuazione Legge 194/78 tutela sociale maternità e interruzione volontaria di gravidanza – dati definitivi 2014 e 2015 (anno 2016)  

  2. Laura Fiore, Abortire tra gli obiettori. La moderna inquisizione. Diario del mio aborto , Tempesta Editore, 2012, 182 p. 

  3. Legambiente, Lo stato dell’arte sulle riconversioni degli impianti di cloro soda in Italia, 2007, p. 22. 

  4. Eccessi di tumore del polmone, della pleura, delle vie respiratorie, eccesso di melanoma, di tumori del pancreas, della mammella e della vescica a Siracusa. Per approfondire: SENTIERI – Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento, in ‘Epidemiologia e Prevenzione’ anno 38 (2), marzo-aprile 2014, pp. 90-94. 

  5. La Syndial offre «somme di ristoro» alle donne di Augusta-Priolo che hanno abortito o partorito figli con gravi malformazioni, in ‘Epidemiologia & Prevenzione’, anno 30 (2), marzo- aprile 2006, pp.76-77. 

  6. Video intervista a Giacinto Franco, 21 novembre 2010. 

  7. Fabrizio Bianchi, Sebastiano Bianca, Gabriella Dardanoni, Nunzia Linzalone, Anna Pierini, Malformazioni congenite nei nati residenti nel Comune di Gela (Sicilia, Italia), in ‘Epidemiologia & Prevenzione’, anno 30 (1), gennaio-febbraio 2006, pp. 19-26. 

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Dioxinity Day/2 https://www.carmillaonline.com/2016/10/30/dioxinity-day2/ Sat, 29 Oct 2016 23:10:28 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=34221 di Alexik

cibi-contaminati[A questo link il capitolo precedente.]

“Alcolisti ! Fumatori ! DROGATI !!! Abbandonate le vostre abitudini dissolute e conformatevi al volere divino del ‘crescete e moltiplicatevi’! La vostra perseveranza nell’adozione di stili di vita scorretti è un attentato contro la demografia. A nulla vale l’elargizione governativa di bonus bebè, se il vostro attaccamento al vizio continua a sprofondarvi nell’improduttività spermatica e ovocitica. Emendatevi, dunque, e convertitevi al nuovo verbo salutista, per poter ritornare in piena forma ad offrir dei figli a Dio, alla Patria e all’Impero ! Cioè, [...]]]> di Alexik

cibi-contaminati[A questo link il capitolo precedente.]

“Alcolisti ! Fumatori ! DROGATI !!! Abbandonate le vostre abitudini dissolute e conformatevi al volere divino del ‘crescete e moltiplicatevi’!
La vostra perseveranza nell’adozione di stili di vita scorretti è un attentato contro la demografia.
A nulla vale l’elargizione governativa di bonus bebè, se il vostro attaccamento al vizio continua a sprofondarvi nell’improduttività spermatica e ovocitica.
Emendatevi, dunque, e convertitevi al nuovo verbo salutista, per poter ritornare in piena forma ad offrir dei figli a Dio, alla Patria e all’Impero !
Cioè, vabbè … a Dio e alla Patria. Per l’Impero ci stiamo ancora attrezzando“.

Mi suona più o meno così il tono delle infografiche del Fertility Day redatte dal Ministero della Salute: “rinuncia a Satana, alla sigaretta, alla canna e alla bottiglia!”
Eppure ho il sospetto che uniformarsi ai precetti ministeriali conduca a volte a risultati controproducenti.
Per esempio, non so se a tutti i veneti convenga abbandonare il loro proverbiale etilismo a favore dell’acqua di rubinetto.
Mi riferisco soprattutto a quelli che risiedono in una vasta zona compresa fra le province di Vicenza, Verona e Padova, dove nel 2013 un monitoraggio dell’IRSA-CNR ha rilevato altissime concentrazioni di sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) nelle acque potabili, con punte oltre i 2.000 ng/l1 (per farsi un’idea dell’ordine di grandezza, l’obiettivo di qualità fissato in Germania è di 100 ng/l).

Principale indiziata è la Miteni di Trissino (VI), ex Rimar/Marzotto2, oggi di proprietà della multinazionale Weylchem/ICIG. La fabbrica produce PFAS, usate per la produzione di tessuti idrorepellenti (goretex), imballaggi alimentari, teflon, schiume antincendio, cere per pavimenti, vernici, insetticidi, olii idraulici.
acqua-avvelenataÈ da un’area di pertinenza della Miteni che l’ARPA Veneto ha rilevato l’origine dell’inquinamento, che da lì si diffonde nell’Agno e poi, tramite gli acquiferi, si propaga ad altri torrenti (Gorzone, Retrone, Bacchiglione) ed alle fonti di approvvigionamento degli acquedotti3.

In questo modo sessantamila veneti avrebbero assunto per decenni sostanze perfluoroalchiliche bevendo acqua inquinata, cuocendoci la pasta, usandola per lavare le verdure ed innaffiare l’orto, mangiando carni, uova e pesci a loro volta contaminati.

E morendo più di altri. Secondo ISDE/Medici per l’Ambiente, in quella zona negli ultimi 30 anni ci sarebbero stati 1.300 morti in più rispetto ad altre aree della regione4. Morti in eccesso anche secondo l’ENEA per infarto, malattie cerebrovascolari, Alzheimer, Parkinson, diabete, tumori al sistema linfatico, al fegato, rene, vescica, pancreas, mammella, ovaio, testicolo, prostata5.
Una mortalità coerente con l’esposizione alle PFAS, che come interferenti endocrini alterano le funzioni e l’equilibrio degli ormoni, favorendo in questo modo l’insorgere delle patologie più varie. Effetti sulla riproduzione compresi.

acqua-avvelenataÈ un aspetto, quest’ultimo, che nella bassa valle dell’Agno non è stato monitorato, ma che è già conosciuto grazie a numerose ricerche sulle PFAS in tutto il mondo.
Dalla Danimarca al Canada a Taiwan ricercatori ed epidemiologi hanno correlato l’esposizione a PFAS ad una maggiore infertilità femminile6, al basso peso alla nascita, ai parti prematuri ed alla ridotta circonferenza cranica dei neonati7, all’insorgenza di patologie cerebrali nei nascituri8.
Una ricerca italiana ha riscontrato come le donne esposte a PFAS presentino una contaminazione dei fluidi follicolari (i liquidi che ricoprono i follicoli ovarici), con un potenziale effetto dannoso sugli ovociti9. Sempre in Italia, uno studio sul siero di 53 coppie infertili ha rilevato un livello più alto di acido perfluorottansolfonico (PFOS) rispetto al gruppo di controllo10.

Negli USA, l’Environmental Protection Agency associa la presenza di PFAS nel siero umano con i ritardi nella pubertà delle ragazze e con la menopausa precoce delle donne adulte11.
Un progetto del National Health and Nutrition Examination Survey ha stabilito un forte legame fra l’esposizione all’acido perfluoroottanico e le tireopatie femminili12, che rimanda ad un effetto indiretto sulla fertilità, vista l’influenza delle patologie tiroidee sulle alterazioni del ciclo mestruale, sul mancato rilascio dell’ovulo, sulle complicazioni in gravidanza, aborti spontanei, nascite pretermine, deficit neurologici del nascituro.
Infine, uno studio danese mostra come gli effetti sulla fertilità delle PFAS si trasmettano anche alle generazioni future, influendo sulla qualità del seme e sugli ormoni riproduttivi dei maschi esposti in utero all’acido perfluoroottanico (PFOA).13

Ce ne è abbastanza perché un Governo così preoccupato dell’integrità delle nostre funzioni riproduttive intervenga con decisione!
E infatti il Governo è intervenuto … fissando per decreto i valori soglia per l’acqua potabile a 30 ng/l per il PFOS ed a 500 ng/l per il PFOA. Cioè SETTE VOLTE SUPERIORI a quelli stabiliti negli USA, dove il limite per la somma delle due sostanze è di 70 ng/l.

Insomma: l’acqua inquinata  dalle PFAS potete bervela. Ma mi raccomando, non fatevi le canne se no rimanete sterili!
Del resto, perché preoccuparsi delle PFAS se la posizione dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), per bocca della dott.ssa Musumeci, è la seguente ?
‘Su queste sostanze non c’è una certezza su come agiscano, la IARC le ha classificate [solo] come ‘possibili cancerogeni’ (guarda qui l’intervista delle Iene). Alla faccia dei ricercatori che in tutto il mondo ne hanno dimostrato la nocività.

Dopo quella dell’ISS, un’altra dimostrazione di sensibilità istituzionale nei confronti della nostra salute – riproduttiva e non – proviene dalla Provincia di Alessandria, che ha concesso nel 2010 l’Autorizzazione Integrata Ambientale allo stabilimento di fluoropolimeri della Solvay Solexis di Spinetta Marengo (AL), permettendogli di buttare nella Bormida una tonnellata di PFAS all’anno14.
E la Bormida questa roba la porta nel Tanaro e poi nel Po, che la sparge attraverso il nord Italia fino alla foce.

tabella-pfoa

Nel percorso verso l’Adriatico le concentrazioni di inquinanti calano, sedimentandosi nei terreni, trasferendosi nelle falde, nei pozzi, nei canali di irrigazione per l’agricoltura, nelle acque di abbeveraggio degli allevamenti. E da lì risalgono la nostra catena alimentare, distribuite nei supermercati di tutta Italia.

Recentemente la Solvay ha annunciato la volontà di eliminare il PFOA dai suoi processi produttivi15. Non ho dubbi sul fatto che tale riconversione avvenga con successo.
L’Environmental Policy aziendale è sempre stata affidata a personale di altissimo livello, del calibro dell’ing. Luigi Guarracino, condannato come dirigente Solvay per il cromo esavalente nelle falde di Alessandria, inquisito come ex direttore Montedison-Ausimont per l’avvelenamento delle acque della discarica di Bussi (PE), e nuovamente iscritto nel registro degli indagati per le PFAS in Veneto, in qualità di ex A.D. della Miteni di Trissino. Una vera autorità in materia di inquinamento idrico!!!

Comunque, anche se l’immissione di PFAS dagli scarichi industriali finisse oggi, il disastro ambientale è compiuto e ci peserà addosso per decenni: le PFAS non sono biodegradabili, sono estremamente solubili in acqua e per questo si propagano facilmente16. Una volta assorbite dal corpo i tempi di dimezzamento della loro concentrazione nel sangue possono variare da 1,5 a più di 9 anni17.
L’infertilità è assicurata ancora a lungo.

Voltiamo pagina, abbandoniamo le PFAS e la pianura padana per scendere a sud, in questo nostro viaggio fra le nocività industriali e i loro effetti sulla riproduzione. Andiamoci con il ministro Lorenzin, nella Terra dei Fuochi, e sentiamo cosa dice:

Rispondendo al ministro, io credo che i Campani ‘l’abitudine al fumo’ … dei roghi tossici dei rifiuti se la toglierebbero volentieri. Ma impedire gli incendi della monnezza non è evidentemente una priorità per il collega della Lorenzin al ministero degli interni.
Quanto ai ‘tumori causati dagli stili di vita’, temo che il ministro della salute non abbia letto lo studio ‘Sentieri’, che collega la vicinanza delle discariche campane agli eccessi di mortalità per tumore al fegato, allo stomaco, al polmone, alla mammella e per i linfomi non Hodgkin18.

Anche i tumori  possono compromettere la fertilità, e non solo quelli che interessano direttamente gli apparati riproduttivi.
Questo almeno le infografiche del ministero ce lo spiegano: ‘Il 25% dei pazienti trattati con chemioterapia soffre di azoospermia (mancanza di sperma nel liquido seminale) dopo 2-5 anni dal  trattamento. Trattamenti antitumorali diffusi come la radioterapia esterna determinano un alto rischio di amenorrea (assenza di mestruazioni)’.
I rimedi previsti dal ministero consistono nella crioconservazione delle cellule riproduttive, estratte prima della chemio, e in non meglio specificate terapie ormonali e chirurgiche.
Ovviamente NON consistono nelle bonifiche della merda industriale sparsa per la penisola, in modo che magari il tumore non ti venga.
Sono i nostri corpi e le nostre vite a doversi adeguare ad un disastro ambientale dato come ineluttabile, al costo di dolorose terapie e per la felicità di chi le vende.

Ma torniamo ai Campani ed alle loro insane abitudini.
Nel capitolo precedente abbiamo disquisito degli effetti sulla riproduzione delle diossine. E vuoi che quei viziosi delle province di Napoli e Caserta se le facciano mancare ?
Vicino alle discariche di rifiuti industriali le diossine abbondano nel latte delle madri19, ed anche i maschi le portano nel sangue, assieme ai metalli pesanti. L’esposizione agli inquinanti produce nel loro liquido seminale alterazioni e frammentazione del DNA20.
Una condizione che, secondo la dott.ssa Notari del Centro Fertilità dell’ASL di Salerno, può comportare ‘problematiche sia della fecondazione degli ovociti, quindi problemi di fertilità, di concepimento, ma lo spermatozoo magari non è in grado nemmeno di supportare lo sviluppo embrionale, e quindi possiamo avere abortività. Ci sono delle ipotesi che l’associano persino all’insorgenza di tumori in fascia pediatrica“.21

Se poi, superando tutte queste difficoltà, gli abitanti della Terra dei Fuochi si ostinassero proprio a concepire, l’esito della gravidanza potrebbe non essere felice.
Lo dice l’OMS, che nel 2007 ha riscontrato una chiara correlazione tra l’inquinamento da rifiuti in Campania e l’eccesso di malformazioni congenite del sistema nervoso centrale e dell’apparato urogenitale22.

Cosa c’entra tutto questo infinito dolore con gli ‘stili di vita’?
Chi ha pagato per le responsabilità politiche e industriali del biocidio campano?23
Sulle infografiche del ministero non ci sono le risposte.

(Continua)


  1. Stefano Polesello, Sara Valsecchi, Rischio associato alla presenza di sostanze perfluoro – alchiliche (PFAS) nelle acque potabili e nei corpi idrici recettori di aree industriali nella provincia di Vicenza e aree limitrofe, IRSA-CNR, 25 marzo 2013 

  2. Il nome della Rimar era emerso negli anni ’80 anche nelle inchieste sulle navi dei veleni. Le peci fluorurate (scarti di produzione delle Pfas) del centro di ricerca Marzotto risultavano imbarcate sulla motonave tedesca Line, diretta a Port Koko in Nigeria nell’87, ed altre sostanze non identificate della Rimar comparivano anche nel carico della Zanoobia. In: Andrea Tornago, Pfas Veneto, indagini ferme in Procura da tre anni nonostante l’allarme ambientale. Accusata azienda coinvolta in navi veleni, Il Fatto Quotidiano, 7 marzo 2016. 

  3. ARPA Veneto, Stato dell’inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) in provincia di Vicenza, Padova e Verona, 30 settembre 2013, p. 48. 

  4. Le acque inquinate del Veneto, video, Repubblica.it. 

  5. Marina Mastrantonio (ENEA), Esposizione a sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) ed effetti sulle popolazioni, Relazione al convegno ‘La salute: elemento centrale per lo sviluppo sostenibile dei sistemi produttivi e del territorio’, Roma, 5 maggio 2016. 

  6. Arrivano a queste conclusioni sia le ricerche danesi che canadesi. Fei C, McLaughlin JK, Lipworth L, Olsen J., Maternal levels of perfluorinated chemicals and subfecundity, Human Reproduction, Maggio 2009, 24(5):1200-5.
    Carol Potera, Reproductive toxicology: Study associates PFOS and PFOA with impaired fertility, Environmental Health Perspectives, aprile 2009.
    M.P. Vélez, T.E. Arbuckle, and W.D. Fraser, Maternal exposure to perfluorinated chemicals and reduced fecundity: the MIREC study, Human Reproduction, marzo 2015, 30(3): 701–709. 

  7. Chen MH, Ha EH, Wen TW, Su YN, Lien GW, Chen CY, Chen PC, Hsieh WS, Perfluorinated compounds in umbilical cord blood and adverse birth outcomes, PLoS One, 2012, 7(8). 

  8. Liew Z, Ritz B, Bonefeld-Jørgensen EC, Henriksen TB, Nohr EA, Bech BH, Fei C, Bossi R, von Ehrenstein OS, Streja E, Uldall P, Olsen J., Prenatal exposure to perfluoroalkyl substances and the risk of congenital cerebral palsy in children, American Journal of Epidemiology, settembre 2014, 80(6):574-81. 

  9. Laura Governini, Raoul Orvieto,Cristiana Guerranti, Laura Gambera, Vincenzo De Leo, Paola Piomboni, The impact of environmental exposure to perfluorinated compounds on oocyte fertilization capacity, Journal of Assisted Reproduction and Genetics, maggio 2011, pp. 415–418. 

  10. La Rocca C, Alessi E, Bergamasco B, Caserta D, Ciardo F, Fanello E, Focardi S, Guerranti C, Stecca L, Moscarini M, Perra G, Tait S, Zaghi C, Mantovani A., Exposure and effective dose biomarkers for perfluorooctane sulfonic acid (PFOS) and perfluorooctanoic acid (PFOA) in infertile subjects: preliminary results of the PREVIENI project, International Journal of Hygiene and Environmental Health, Febbraio 2012, pp. 206-11. 

  11. Danish Ministry of the Environment, Environmental Protection Agency, Perfluoroalkylated substances: PFOA, PFOS and PFOSA Evaluation of health hazards and proposal of a health based quality criterion for drinking water, soil and ground water, Environmental project No. 1665, 2015. 

  12. Associazione fra concentrazione nel siero di acido perfluoroottanico e malattie della tiroide nella popolazione americana

  13. Anne Vested, Cecilia Høst Ramlau-Hansen, Sjurdur Frodi Olsen, Jens Peter Bonde, Susanne Lund Kristensen, Thorhallur Ingi Halldorsson, Georg Becher, Line Småstuen Haug, Emil Hagen Ernst, Gunnar Toft, Associations of in Utero Exposure to Perfluorinated Alkyl Acids with Human Semen Quality and Reproductive Hormones in Adult Men, Environmental Health Perspect, aprile 2013, Vol. 121/4.  

  14. IRSA/CNR, Realizzazione di uno studio di valutazione del Rischio Ambientale e Sanitario associato alla contaminazione da sostanze perfluoro-alchiliche (PFAS) nel Bacino del Po e nei principali bacini fluviali italiani. Relazione finale, 2013. 

  15. Solvay, Lavoriamo insieme guardando avanti, Spinetta Marengo 2013. Pare lo voglia sostituire col C6O4, che non è una roba propriamente innocua: vedi lettera di Medicina Democratica, Sezione provinciale di Alessandria, 19/02/15. 

  16. Francesca Malpei, Manuela Antonelli, Processi di trattamento applicabili alla rimozione di PFOS e PFOA, Relazione al convegno: I composti perfluoroalchilici nelle acque italiane. Distribuzione e rischi, Milano 22 ottobre 2013. 

  17. Accumulo ed eliminazione dei composti perfluoroalchilici: differenze fra soggetti continuamente residenti in alcune zone degli Stati uniti contaminate e quelli trasferitisi altrove. 

  18. SENTIERI – Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento: Mortalità, incidenza oncologica e ricoveri ospedalieri, 2014: Scheda sul Litorale Domizio Flegreo e Agro Aversano, pp. 67/72. 

  19. Giovannini A., Rivezzi G., Carideo P., Ceci R., Diletti G., Ippoliti C., Migliorati G., Piscitelli P., Ripani A., Salini R., Dioxins levels in breast milk of women living in Caserta and Naples: Assessment of environmental risk factors, Chemosphere, 2014, Vol. 94, pp. 76/84. 

  20. Paolo Bergamo, Maria Grazia Volpe, Stefano Lorenzetti, Alberto Mantovani, Tiziana Notari, Ennio Cocca, Stefano Cerullo, Michele Di Stasio, Pellegrino Cerino, Luigi Montano, Human semen as an early, sensitive biomarker of highly polluted living environment in healthy men: A pilot biomonitoring study on trace elements in blood and semen and their relationship with sperm quality and RedOx status, Reproductive Toxicology, Volume 66, Dicembre 2016, Pag. 1–9. 

  21. TG Leonardo del 10/10/16. 

  22. Organizzazione Mondiale della Sanità, Centro Europeo Ambiente e Salute, Istituto Superiore di Sanità, Dipartimento Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto Fisiologia Clinica, Osservatorio Epidemiologico della Regione Campania , Agenzia Regionale Protezione Ambiente della Campania, Trattamento dei rifiuti in Campania – impatto sulla salute umana, 2007. 

  23. Consigliabile in proposito la lettura di: Alessandro Iacuelli, Le vie infinite dei rifiuti. Il sistema campano, Rinascita Edizioni, 2008, 285 p., e anche quella di un paio di articoli qui e qui

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Lasciti coloniali: perché Calimero è tutto nero https://www.carmillaonline.com/2016/10/10/lasciti-coloniali-perche-calimero-nero/ Mon, 10 Oct 2016 21:30:00 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=33911 di Armando Lancellotti

passato-prossimo-grechi-presente-imperfetto-coverGiulia Grechi, Viviana Gravano, (a cura di), Presente imperfetto. Eredità coloniali e immaginari razziali contemporanei, Mimesis, Milano-Udine, 2016, pp. 194, € 18,00

Ormai due anni or sono, nel novembre del 2014, si è tenuta a Roma, presso la Casa della Memoria e della Storia, un’iniziativa di due giornate di incontri e di studio sul tema dell’immaginario postcoloniale italiano e delle eredità prodotte dal colonialismo del nostro paese che aveva lo stesso titolo del libro recentemente uscito a cura di Giulia Grechi e Viviana Gravano, che di quella “due giorni” raccoglie [...]]]> di Armando Lancellotti

passato-prossimo-grechi-presente-imperfetto-coverGiulia Grechi, Viviana Gravano, (a cura di), Presente imperfetto. Eredità coloniali e immaginari razziali contemporanei, Mimesis, Milano-Udine, 2016, pp. 194, € 18,00

Ormai due anni or sono, nel novembre del 2014, si è tenuta a Roma, presso la Casa della Memoria e della Storia, un’iniziativa di due giornate di incontri e di studio sul tema dell’immaginario postcoloniale italiano e delle eredità prodotte dal colonialismo del nostro paese che aveva lo stesso titolo del libro recentemente uscito a cura di Giulia Grechi e Viviana Gravano, che di quella “due giorni” raccoglie le relazioni, i lavori ed i materiali prodotti. Un volume con il quale la casa editrice Mimesis incrementa un catalogo già ricco di studi e saggi che da punti di vista differenti e con approcci molteplici affrontano il tema del colonialismo italiano; basti citare al riguardo alcuni titoli della stessa collana – Passato prossimo – a cui appartiene anche il libro che qui presentiamo: Alessandro Boaglio, Plotone chimico. Cronache abissine di una generazione scomoda, 2010; Paolo Bertella Farnetti, Adolfo Mignemi, Alessandro Triulzi (a cura di), L’impero nel cassetto. L’Italia coloniale tra album privati e archivi pubblici, 2013; Valeria Deplano, Alessandro Pes (a cura di), Quel che resta dell’impero. La cultura coloniale degli italiani, 2014.

Le riflessioni compiute e proposte in quella occasione intendevano dare un contributo al progresso degli studi post-coloniali, che nel nostro paese non hanno ancora conosciuto uno sviluppo analogo a quello prodottosi altrove e non solo e non tanto per il presunto minor peso del colonialismo italiano rispetto ad altri imperialismi o per l’inferiore durata della sua storia, ma anche e soprattutto per il fatto che dal 1945 in poi, quel paese – l’Italia, appunto – che nei precedenti decenni fascisti aveva fatto di tutto per conquistare l’Impero e per fare degli italiani un popolo razzista di dominatori-civilizzatori di razze inferiori [su Carmilla], ha rapidamente sgravato la propria memoria di un passato divenuto ingombrante, nascondendo dietro una fitta nebbia di oblio i roventi deserti della Libia o gli assolati altopiani etiopi.

Ricordare, ripercorrere e ripensare quel passato e i suoi lasciti è divenuta, pertanto, un’urgenza sempre più impellente proprio oggi, sia per colmare una lacuna o correggere un ben poco involontario errore della memoria collettiva italiana, sia – come scrivono le curatrici, tanto delle due giornate di incontri quanto del libro, G. Grechi e V. Gravano – per «mettere in relazione quel passato coloniale con l’oggi: rispetto alla relazione degli italiani con i migranti che vivono nelle nostre città, che lavorano nelle nostre campagne e nelle nostre aziende; rispetto a quelle seconde, terze o quarte generazioni, che si fa ancora inspiegabilmente fatica a definire semplicemente italiane/i; rispetto alle relazioni con gli altri paesi del Mediterraneo, nostre ex colonie, o ex colonie di altri paesi europei; rispetto alla nostra cultura di consumo e agli immaginari che circolano nei linguaggi visivi contemporanei (dalla pubblicità alle serie televisive, al cinema, ai quotidiani, ai festival culturali)» (p. 23).

Una lettura postcoloniale del colonialismo italiano può fornire un contributo alla comprensione del processo di formazione della nazione e del “carattere nazionale” italiani, dal momento che – come opportunamente ricordano le due studiose – esso è stato intrapreso ben prima del fascismo, a partire dagli anni Ottanta dell’Ottocento, e quindi ha accompagnato buona parte della storia d’Italia dall’unità al secondo conflitto mondiale, in stretta relazione con altri «eventi di portata altrettanto globale, come le migrazioni di milioni di italiani», proprio mentre i governi propagandavano la conquista di un “posto al sole” per dare lavoro alle braccia disoccupate e come «le relazioni tra nord e sud, spesso caratterizzate anch’esse da un atteggiamento profondamente coloniale, tutto interno ai confini della nazione» (p. 25).

L’originale progetto – Immaginari (post)coloniali. Memorie pubbliche e private del colonialismo italiano – presentato in occasione del Convegno si proponeva inoltre di approntare un innovativo ed inedito archivio del colonialismo italiano, al fine di andare oltre l’approccio meramente storiografico e secondo una prospettiva di tipo postcoloniale che sia in grado di scardinare e oltrepassare la logica dell’archivio istituzionale, che «è di per sé uno strumento coloniale, usato per definire “l’altro”, attraverso una vera e propria ossessione tassonomica, non a caso nata nella modernità in parallelo alla formazione delle nazioni, e dei conseguenti nazionalismi» (p. 28). Se – come sostengono le autrici – l’istituzione archivio, tradizionalmente intesa, oltre ad essere luogo di conservazione della memoria è anche uno strumento culturale di potere, «fondamentalmente di origine europea, che deve catalogare l’intero mondo per condurlo a una sola spiegazione, a una sola lettura universalista, e quindi al possibile controllo» (p. 28), allora un valido contributo al superamento di questa logica di dominio propria della forma mentis imperialistica occidentale può venire dalla realizzazione di un archivio “affettivo” (p. 25), che nasca dalla raccolta di oggetti di piccoli archivi privati, di collezioni di persone e famiglie che hanno vissuto il periodo coloniale, da catalogare poi secondo un criterio insolito, non “misurativo”, tassonomico e quantitativo, ma qualitativo, “affettivo” e “narrativo”.

Pertanto – propongono Grechi e Gravano – «immaginiamo la scheda», che accompagna gli oggetti, prima digitalizzati e poi restituiti, «non tanto come un dispositivo quantitativo di controllo, ma come un piccolo componimento, una narrazione, attraverso la quale i donatori potranno raccontare liberamente le storie che li hanno legati e li legano al loro oggetto. In questo modo l’archivio conserverà la memoria intima, e quindi affettiva, degli oggetti, innescando sentimenti empatici in chi poi andrà a leggere le storie, e facendo in modo che la “storia” del colonialismo italiano non sia più solo patrimonio delle narrazioni istituzionali ma divenga materia viva e condivisa. Ogni oggetto è portatore di una propria biografia, e allo stesso tempo rifrange la storiografia, e la biografia delle persone che hanno avuto a che fare con esso. Non si tratta perciò di costruire un museo di oggetti, ma un archivio di storie» (p. 26); storie che intrecceranno punti di vista molteplici e apriranno prospettive nuove e plurali.

Di questo fervido laboratorio di idee e progetti dà conto il libro Presente imperfetto, che nelle quattro parti che lo compongono (I. Immaginari (post)coloniali; II Verso un postcoloniale italiano; III Archivi aperti; IV Le pratiche) raccoglie gli interventi e i contributi di tanti studiosi di aree disciplinari differenti (storici, archivisti, sociologi, studiosi di cultural studies, di cinema e media, fotografi, storici dell’arte, scrittori e critici letterari), alcuni dei quali, a mo’ d’esempio, di seguito consideriamo.

brusca-e-strigliaCristina Lombardi Diop (Teoria e grammatica della razza. Il passato prossimo del razzismo coloniale), docente di italianistica e studi di genere presso la Loyola University di Chicago, prende le mosse dall’interessante considerazione secondo cui, per quanto sia corretto e doveroso denunciare i processi di generale amnesia o di complessiva rimozione del passato coloniale e razzista italiano che hanno caratterizzato la memoria collettiva del nostro paese in seguito alla perdita delle colonie, l’insistenza sull’oblio della storia «lascia inesplorata (o rischia di offuscare) la persistente presenza del razzismo nel senso comune e nella quotidianità» (p. 45). Secondo la studiosa, esiste un immaginario coloniale e razzista ben più presente e duraturo di quanto non si sia per lo più consapevoli; anzi, proprio la generale inconsapevolezza riguardo ad esso certifica l’avvenuta traduzione senza soluzione di continuità, dal recente passato coloniale al presente, di immagini, stereotipi, pregiudizi razzisti che sono a tutti gli effetti forma mentis diffusa.

Per spiegare l’origine e lo sviluppo di un immaginario razzista persistente, Lombardi Diop fa ricorso alla metafora, presa a prestito da David Theo Goldberg, della “evaporazione” della razza, che esprime il senso di una diffusione pervasiva, di un «movimento non lineare, ma piuttosto a spirale, delle tracce sedimentate del razzismo coloniale, movimento che produce la simultanea visibilità e invisibilità dei suoi elementi» (p. 46). Si tratta di un processo di sedimentazione che avviene per riattualizzazione continua di rappresentazioni razziste che provengono dal passato e che finisce per rendere consuete e familiari quelle medesime rappresentazioni; è uno scambio comunicativo continuo tra passato e presente, «un “campo discorsivo mobile” che contiene il passato e contemporaneamente produce nuove immagini adatte alla contemporaneità» (p. 46). E come vi è continuità tra l’immaginario razzista del passato e quello del presente, così non vi è separazione tra il razzismo di Stato, delle istituzioni politiche e statali e quello diffuso nella «società civile, attraverso (pre)giudizi e pratiche del vissuto individuale» (p.46).

calimeroSe, come vuole Lombardi Diop, il «razzismo scaturisce in modo esplicito dalle passioni incontrollate della gente comune e prende forma nelle pratiche quotidiane» (p. 47) e se il “razzismo quotidiano” è «quel processo attraverso il quale le idee razziste assumono significato perché tradotte in pratiche quotidiane ripetute e quindi familiari e gestibili» (p.47), allora determinante diviene l’humus sociale in cui tutto questo si produce, la cornice complessiva all’interno della quale prende forma quella che la studiosa definisce la “grammatica della razza”, «ossia quella logica sociale attraverso la quale le sfere primarie del razzismo (la sfera istituzionale, quella ideologica, e quella delle pratiche sociali) si congiungono a formare una sintassi del sentire comune» (p.47).

Per rendere conto di quanto sostenuto sul piano teorico, Lombardi Diop, applicando concetti presi a prestito da Roland Barthes, considera di seguito alcune immagini della cultura popolare e della propaganda razzista di epoca fascista per coglierne gli aspetti di continuità con una celebre immagine pubblicitaria comparsa per la prima volta agli inizi degli anni Sessanta, quella di Calimero per il detersivo per lavatrice Ava. Ciò che per Barthes vale per l’immagine pubblicitaria – l’estrema chiarezza di un significato intenzionalmente stabilito a priori e la polisemia dell’immagine, che può essere letta sia a livello denotativo sia a livello connotativo – può essere esteso anche al messaggio propagandistico. La decodifica del messaggio dipende poi tanto dalla cultura del singolo destinatario del messaggio stesso quanto dall’ideologia sociale del contesto complessivo e «la lettura di una pubblicità o di un fumetto dipende dai diversi tipi di conoscenza investiti nell’immagine attraverso la combinazione di testo/immagine/stile del disegno/azione narrativa» (p.48).

la-doccia-salutareTra le immagini più ricorrenti della propaganda coloniale che coinvolgeva anche quei bambini del Ventennio divenuti poi «genitori degli adulti di oggi nati all’inizio del boom economico» (p. 49) – cioè quando venne inventato il personaggio di Calimero – vi era quella del soldato/colonizzatore, portatore di civiltà, nel solco della civilizzatrice Roma antica e del “destino/fardello dell’uomo bianco”; immagine già presente nella retorica coloniale del periodo liberale, ma corroborata dall’insistenza del fascismo circa la specificità razziale “bianca” degli italiani e la sua essenziale distanza dalla razza “nera” africana, etiope in particolare. È del 1937 l’introduzione in Africa Orientale della legislazione razziale e segregazionista e degli anni di poco precedenti e successivi sono fumetti quali La Piccola Italiana, Piroletto e famiglia in A.O., Peperino nell’Etiopia italiana, o le serie di cartoline postali coloniali a colori, in cui l’atto civilizzatore italiano consiste di frequente nel «lavaggio “salutare”, tema presente in molte delle immagini che ci giungono dagli imperi europei, che associavano la nerezza alla sporcizia, misurando il grado di civilizzazione alla quantità di sapone a disposizione degli europei per sbiancare e curare l’igiene del corpo e della casa. Il lavaggio “salutare” connota il corpo nero come un pericolo dal quale la razza italiana deve proteggersi a causa della sua contaminazione e della degenerazione dell’ordine sociale che esso provoca. Queste immagini entrarono in circolazione pervadendo la coscienza dei “bravi italiani”» (p. 52).

Il meccanismo connotativo innescato da queste immagini è il medesimo della pubblicità del detersivo per lavatrice Ava e del suo personaggio, Calimero, il pulcino nero, apparso per la prima volta in televisione con Carosello nel 1963. Calimero viene sottoposto al lavaggio “salutare” con il detersivo Ava dalla bianca e bionda “olandesina” che gli rivela che lui non è nero, ma solo sporco e così, nuovamente riportato alla sua natura bianca può ricongiungersi alla madre che lo aveva rifiutato, «apostrofandolo con la frase rimasta famosa: “Vattene via, piccolo sgorbio nero”. […] Nella sequenza narrativa di Calimero, il contrasto sporco/pulito denota l’azione del bianco (il detersivo) che trionfa sul nero (lo sporco), mentre connota simultaneamente e ripropone gli elementi dominanti dell’immaginario igienico-razziale del fascismo. […] In conclusione, il passaggio generazionale tra i protagonisti del colonialismo e coloro che furono esposti alla sua propaganda da una parte, e i figli del miracolo economico dall’altra, fa sì che il bagaglio razziale del colonialismo possa essere rimesso in circolazione rendendo invisibili gli elementi razzializzanti del suo messaggio» (p. 53).

Nel suo intervento, dal titolo Appunti su scuola italiana, colonialismo e razzismo, Gianluca Gabrielli, dottore di ricerca in History of education all’Università di Macerata e autore di numerosi lavori sul razzismo italiano e sulla storia della scuola italiana, va alla ricerca di “costanti” nell’atteggiamento della scuola, dagli anni precedenti l’unità politica del paese fino ad oggi, nei confronti delle popolazioni non europee e dei popoli colonizzati da europei ed italiani in particolare.

ilpontedoro_1966Una prima costante la individua nello stereotipo, già precedentemente considerato, della missione civilizzatrice e lo fa partendo da un testo della scuola elementare, un sussidiario, non di epoca coloniale, che porta la firma del “maestro Manzi” e che uscì in prima edizione nel 1966 con il titolo Il ponte d’oro. L’immagine di copertina – osserva Gabrielli – meritoriamente «rompeva gli stereotipi della subordinazione africana, e anche quelli della semplice fratellanza di matrice cristiana, ciononostante il suo senso rimaneva interno a un’interpretazione del mondo in cui la “civiltà” matura nella società bianca e occidentale, e che solo un gesto di generosità del bianco può permettere che si trasmetta alla società nera (originariamente considerata priva di civiltà)» (p. 66): è infatti il ragazzo bianco che, in una sorta di corsa a staffetta, generosamente passa la pergamena, simbolo metonimico di cultura e conoscenza, al ragazzo nero, che altrimenti ne rimarrebbe privo.

Una seconda costante è quella della categorizzazione tassonomica e gerarchica delle razze, in base ai tratti somatici, al colore della pelle e secondo la tipica logica deterministica del razzismo biologico positivistico che connette tratti morali, comportamentali, cognitivi, culturali, spirituali ed altri ancora all’identità razziale. Gabrielli ritrova questa pedagogia razzista già nel Giannetto, «il libro di letture e cultura generale per la scuola primaria di Luigi Alessandro Parravicini che rappresentò un best seller tra gli insegnanti con un centinaio di ristampe tra il 1834 e il 1900» (p. 67). Il determinismo estetico-razzista, che fa corrispondere la presunta bellezza bianca alla sua superiorità in termini di intelligenza, laboriosità, moralità e civiltà, si fa via via sempre più frequente nei testi scolastici sia a fine Ottocento, in un clima culturale egemonicamente positivistico-evoluzionistico e nel momento delle prime conquiste coloniali italiane nel Corno d’Africa, sia durante il fascismo, soprattutto a partire dagli anni della conquista dell’Etiopia e della conseguente introduzione in A.O. della legislazione razziale.

In questo periodo fu introdotto un libro destinato ai ragazzi dai 10 ai 14 anni, Il secondo libro del fascista, che «insegnava la superiorità “razziale” degli italiani e l’inferiorità delle popolazioni africane e degli ebrei; la “teoria della razza” era espressa in termini biologici senza alcuna ambiguità» (p. 69). Il crollo del fascismo – osserva Gabrielli – non scalfì però più di tanto il paradigma razziale, ormai presente nella società italiana e nella fattispecie nella scuola da quasi un secolo e pertanto tenacemente radicato e molto diffuso, se è vero che manuali scolastici e testi di geografia in particolare riproponevano lo stereotipo eurocentrico e razzista del primato dei popoli di razza bianca ed europei. Alla permanenza e alla resistenza, esplicite o sotto traccia, del paradigma razziale si aggiunse poi il silenzio, via via crescente fino a diventare oblio, riguardo al passato coloniale italiano, con la fine della guerra e la perdita anche della amministrazione fiduciaria della Somalia (1960); oblio che riguardò l’intera società italiana e pertanto anche la scuola. Quanto mai significativo l’esempio proposto da Gabrielli di «un volume per le verifiche pubblicato nel 1965; qui la mappa delle colonie italiane su cui i ragazzi dovevano tracciare i nomi dei possedimenti nazionali semplicemente non comprende l’Etiopia (la maniera più efficace di non fare i conti con il fascismo era fare finta che non fosse mai esistito)» (p. 71).

È a partire dagli anni Settanta e in seguito alla riforma e al rinnovamento della scuola che di colonialismo e razzismo si comincia a parlare nelle aule italiane, ma le omertà e i silenzi del passato continuarono a fare sentire il loro peso al punto che – dice Gabrielli – si può parlare di una “decolonizzazione per interposto colonialismo”, in quanto gli italiani cominciarono a fare i conti con il colonialismo ed il razzismo altrui, appoggiando e condividendo le lotte degli afroamericani negli Usa o dei sudafricani contro il regime segregazionista, ma continuando sostanzialmente ad ignorare il colonialismo, il razzismo, le stragi e i crimini compiuti dagli italiani, nonostante i grandi passi avanti compiuti nel frattempo dagli storici, in particolare da Angelo Del Boca e Giorgio Rochat, che poi produssero effetti anche nell’editoria scolastica. Da ricordare a tal proposito il primo volume della collana di Loescher Editore, diretta da Massimo L.Salvadori, Documenti della storia: G.Rochat, Il colonialismo italiano, 1972.

Con gli anni Novanta e l’inizio dei fenomeni migratori di massa, che hanno condotto in Italia uomini e donne provenienti per lo più da ex colonie (italiane o di altri paesi europei poco importa), si apre un nuovo capitolo della storia dei rapporti tra gli italiani, il passato coloniale e il razzismo; un capitolo che potrebbe portare «a rivedere il punto di vista eurocentrico con cui guardare alla storia e a valorizzare lo sguardo dei conquistati» e che potrebbe inaugurare una nuova prospettiva veramente post-coloniale. Ma le cose per ora paiono andare esattamente in direzione opposta, cioè quella di un riemergente razzismo italiano e della costruzione di una «immagine del migrante, in parte tributaria delle diverse immagini dell’indigeno prodotte e modificate a partire dall’Ottocento e in parte catalizzatrice delle nuove paure che fermentano nella società» (p. 73).

difendilaDella elaborazione di un’immagine negativa del migrante che eredita e ripropone stereotipi razzisti del passato coloniale parla anche Francesca Locatelli – studiosa di storia dell’Africa e del colonialismo italiano e collaboratrice del AMM-Archivio Memorie Migranti – nel suo intervento (Da “sudditi coloniali” a “extracomunitari”: il razzismo italiano ieri e oggi), con l’esame del quale concludiamo le riflessioni su questo interessante libro.
Secondo Locatelli l’atteggiamento europeo nei confronti dei migranti risente in maniera determinate del passato coloniale del vecchio continente e gli esempi sono facilmente reperibili, come «l’ossessione della Francia per l’abolizione del velo come segno di integrazione nella società nazionale non fa altro che rievocare l’ideologia coloniale dell’assimilation, che misurava il grado di civiltà dei popoli colonizzati in base all’accettazione, all’adeguamento e alla conformità con la cultura francese, intesa come cultura superiore» (p. 127).

Anche l’Italia non è di certo esente da questo fenomeno di ritorno del passato coloniale, della sua ideologia e delle sue pratiche che confluiscono sia nelle politiche istituzionali sia negli atteggiamenti diffusi nei confronti di migranti. Al fine di meglio comprendere queste dinamiche, la studiosa suggerisce di indagare, con maggiore attenzione di quella riservatagli fino ad oggi, il fenomeno del colonialismo demografico fascista, cioè del trasferimento in colonia di centinaia di migliaia di italiani, soprattutto negli anni Trenta, a seguito della riproposizione da parte del regime del progetto (anacronistico in quel momento storico) della colonizzazione di popolamento. «Gli italiani presenti in colonia, come quelli che rimangono in Italia, sono cresciuti con la cultura della superiorità della razza che emerge nei loro comportamenti quotidiani […]. Lo dimostrano le numerosissime storie raccontate dalle sentenze penali riguardanti i coloni presenti in Eritrea, conservate nell’archivio della Corte Suprema di Asmara. […] Storie di stupri di donne e bambine, di arroganza e violenza razzista e di maltrattamenti quotidiani» (p. 128).

Quali esperienze fecero e quali convinzioni e pratiche o atteggiamenti razzisti riportarono indietro, mettendoli in circolo nel paese, quei circa 500.000 italiani che a metà degli anni Trenta si trasferirono nei territori d’oltremare? E di tutto questo quanto è rintracciabile nelle decisioni politiche e nei comportamenti quotidiani odierni verso stranieri e migranti presenti in Italia?
«Come studiosi» – conclude Locatelli – «dovremmo quindi interrogarci di più sulle dinamiche che il colonialismo demografico aveva innescato nelle colonie. E in particolare, sui rapporti inter-personali e sociali nei territori d’oltremare e sul ruolo che gli ex coloni hanno avuto nella circolazione di idee, miti, esperienze in Italia nel periodo postcoloniale attraverso le loro associazioni» (p. 131).

Infine, alcuni riferimenti a fatti e vicende recenti – anche molto noti – non possono che confermare le analisi e le preoccupazioni riguardo alla crescita incontrollata di un immaginario razzista che, strisciante fino a qualche anno fa, cammina ormai attraverso il paese ben ritto sulle proprie gambe, non preoccupandosi neppure più di fingersi altro da ciò che è. C’è solo l’imbarazzo della scelta di episodi – all’interno di una cornice sociale fatta di considerazioni e pensieri diffusi, di parole violente e volgari, di atteggiamenti discriminanti – che esplicitano in maniera smaccatamente disarmante quanto l’immaginario collettivo italiano sia pieno zeppo di stereotipi e pregiudizi razzisti di cui non sono esenti neppure le istituzioni pubbliche.

fertility-day-598Si commentano da soli sia il becero vaniloquio di Carlo Tavecchio, presidente della Federazione Italiana Gioco Calcio, che è riuscito più volte nella non facile impresa di offendere tutti (donne, omosessuali, stranieri, neri…), inanellando volgarità figlie dei tempi di “Faccetta nera”, sia il manifesto propagandistico per il Fertility Day del ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, in cui visi fin troppo bianchi, biondi e sorridenti (insomma, molto ariano-caucasici, ma – paradossalmente – quasi più da attori di Baywatch che da italiani) sono associati alla “fertilità” e alla “salute” della “stirpe”, mentre visi di neri e di rasta accanto a bianchi, ma amalgamati in una immagine “seppiata” quanto mai demodé, sono associati al concetto del comportamento insano, asociale, sterile, cioè eugeneticamente pericoloso, non diversamente dai manifesti della propaganda della RSI che mettevano in guardia le “indifese vergini italiane” dal contatto con i “bruti e naturalmente libidinosi” soldati neri statunitensi sbarcati in Italia.

carlo-tavecchio-887E non servono come alibi o attenuanti né l’inconsapevolezza culturale di un Tavecchio, da un lato, né l’involontaria e frettolosa imperizia di un’inesperta responsabile della comunicazione del Ministero della Salute (anche a voler credere alla abborracciata versione ufficiale del Ministero stesso), perché altro non fanno che confermare quanto siano incontrollatamente diffusi stereotipi e pregiudizi razzisti che molto facilmente riaffiorano dal carsico terreno dell’immaginario collettivo italiano.

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Dioxinity Day https://www.carmillaonline.com/2016/09/25/dioxinity-day/ Sun, 25 Sep 2016 01:06:55 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=33477 di Alexik

bacioGiustamente affossato dalle accuse di razzismo, l’opuscolo per la prevenzione della sterilità e dell’infertilità è stato ritirato dal sito del Ministero della Salute. Come è noto la copertina del pamphlet ritraeva quattro sorridenti ragazzotti WASP1, che raffiguravano ‘le buone abitudini da promuovere’, contrapposti a quattro giovani neri, rasta e bad girls intenti a farsi le canne, in rappresentanza dei ‘cattivi compagni da abbandonare’. Vano ricordare alla Lorenzin che Bob Marley – che era nero, rasta e di cannoni se ne faceva a [...]]]> di Alexik

bacioGiustamente affossato dalle accuse di razzismo, l’opuscolo per la prevenzione della sterilità e dell’infertilità è stato ritirato dal sito del Ministero della Salute.
Come è noto la copertina del pamphlet ritraeva quattro sorridenti ragazzotti WASP1, che raffiguravano ‘le buone abitudini da promuovere’, contrapposti a quattro giovani neri, rasta e bad girls intenti a farsi le canne, in rappresentanza dei ‘cattivi compagni da abbandonare’.
Vano ricordare alla Lorenzin che Bob Marley – che era nero, rasta e di cannoni se ne faceva a iosa – ha avuto 13 figli (di cui due adottati, perché la paternità non necessariamente è questione di sperma).

Vista la copertina, non oso immaginare quali perle di saggezza contenesse l’opuscolo. ‘Purtroppo’ resteremo all’oscuro del suo contenuto, ma possiamo però consolarci con i materiali del Fertility Day ancora consultabili sul sito del Ministero.

Leggendoli salta agli occhi come le infografiche siano del tutto incentrate sugli STILI DI VITA.
lorenzinIl loro messaggio prevalente è questo: le cause della vostra eventuale sterilità ed infertilità sono da attribuire alle VOSTRE abitudini al fumo, al VOSTRO consumo di alcolici, al VOSTRO uso di sostanze stupefacenti e dopanti, alla VOSTRA stazza, alle malattie che VI trasmettete quando fate del sesso.
In pratica, se rimanete sterili, la colpa è inequivocabilmente VOSTRA.

Mi suona nelle orecchie un vecchio ritornello, quello che attribuiva alle abitudine alcoliche dei veneti l’angiosarcoma epatico degli operai di Porto Marghera, al fumo di sigaretta i mesoteliomi degli esposti amianto, al consumo di crostacei l’avvelenamento da arsenico dei lavoratori del Petrolchimico di Manfredonia.
Del resto la Lorenzin non è nuova a queste operazioni: già nel 2013 aveva scaricato la responsabilità dei tumori degli abitanti della Terra dei Fuochi sui loro stili di vita (guarda il video qui).

I materiali ‘informativi’ del Fertility Day solo in ultima analisi citano frettolosamente fra le cause di infertilità i ‘fattori ambientali’, che per il Ministero consistono in ‘materie plastiche,  pesticidi e  farmaci’.
Elencati così, in maniera generica e sciatta, senza altra specificazione. Senza nulla dire su chi, come, e secondo quali logiche li fabbrica, li smercia, ve li mette nel piatto, vi induce o vi costringe a consumarli. Neanche una parola, poi, sugli inquinanti di aria, acque e suoli.
Perché resti chiaro che la colpa dell’infertilità è VOSTRA e solo alle VOSTRE insane abitudini dovrete imputarla. Non alle nocività industriali, né a chi le produce.
Comunque, visto che l’opuscolo incriminato è in via di rielaborazione, mi permetto di suggerire alla Lorenzin ed al suo staff nuove immagini sulle ‘buone abitudini da promuovere’ oltre a qualche approfondimento contenutistico.

weddingSi potrebbe per esempio cominciare dai risultati del Progetto Moniter (Monitoraggio degli inceneritori nei territori dell’Emilia Romagna) condotto dall’ARPA ER sugli otto inceneritori della regione, che a più riprese rilevano “una associazione coerente e statisticamente significativa tra livelli di esposizione ad emissioni da inceneritore e nascite pretermine”.2
Lo stesso studio “suggerisce una associazione tra esposizione a inceneritore e abortività spontanea”.3
Correlazione già rilevata in precedenza da Patrizia Gentilini, oncoematologa dell’ISDE, per le donne esposte agli inquinanti dell’inceneritore di Forlì, con un “incremento statisticamente significativo del 44% di abortività spontanea”.4
Il dato non sorprende. I più comuni inquinanti emessi dagli inceneritori sono diossine, PCB, ossidi di azoto, anidride solforosa, IPA, VOC e metalli pesanti.  Tutti hanno, in un modo o nell’altro, effetti sulla riproduzione, o in termini di alterazioni delle funzioni riproduttive maschili e femminili, o in termini di effetti sul nascituro. Vediamoli nel dettaglio.

seveso-1I legami fra l’esposizione alle diossine e lo sviluppo dell’endometriosi sono noti dal 1992, quando una serie di esperimenti (leggi: esercizi di sadismo) sulle scimmie rhesus, esposte per 4 anni al TCDD, rivelarono come “l’incidenza dell’endometriosi fosse direttamente correlata con l’esposizione alla diossina e la gravità della malattia dipendesse dalla dose somministrata”.
Studi successivi dimostrarono come le diossine inibissero la produzione di regolatori della fisiologia uterina, come attivassero processi infiammatori e di ispessimento dei tessuti dell’endometrio, come interferissero sulla sintesi e sull’azione del progesterone . Altri esperimenti sulle scimmie correlarono l’esposizione a diossina con l’aumento degli aborti spontanei5.

Per quanto riguarda gli effetti sulla prole, a 33 anni dal disastro di Seveso il monitoraggio della progenie della popolazione esposta ha dimostrato come la probabilità di contrarre alterazioni neonatali ormonali sia 6,6 volte maggiore per i nati dalle madri residenti nella zona più contaminata6.

Passando ai policlorobifenili (PCB), il parere dell’Organizzazione Mondiale della Sanità è il seguente: “Studi sugli esposti a PCBs hanno evidenziato effetti sulla motilità spermatica, crescita fetale (basso peso alla nascita, ridotta circonferenza cranica) e dello sviluppo (ridotta età gestazionale, immaturità neuromuscolare), e della funzione neurologica alla nascita (ridotta autonomia funzionale, aumento delle anomalie nei riflessi, ridotte capacità mnemoniche, ridotto indice Q.I. e difetti di attenzione)…. sono state osservate in bambini nati da madre esposte a PCB alterazioni nel numero di differenti tipi di linfociti.”7

nursery-antigasL’esposizione neonatale a diossine e PCB prosegue anche con l’allattamento8.
Sul latte materno il Ministero della Salute, così ‘attento’ alla procreazione, non dispone monitoraggi. Spesso ci hanno pensato le madri stesse, sostenute dai Comitati di base, ad automonitorarsi la qualità del latte.
Nella Taranto dell’Ilva questo genere di analisi ha rilevato alte concentrazioni di PCB, mentre a Montale (PT) le 12 molecole PCB dioxin-like riscontate nei campioni di latte materno sono risultate del tutto sovrapponibili al profilo dei PCB emessi dal vicino inceneritore9
Valori elevatissimi di PCB, al di sopra di qualunque segnalazione in letteratura, sono stati riscontrati in un campione di latte di una mamma bresciana, residente in un’area contaminata dalla Caffaro10.

Disquisendo di diossine e PCB abbiamo temporaneamente trascurato gli altri inquinanti. Presenti fra i principali componenti delle emissioni industriali, metalli pesanti quali arsenico, mercurio, piombo, rame, zinco, cadmio, manganese, cobalto, antimonio risultano come accertati o sospetti tossici per la riproduzione11.

Fra gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) il benzo(a)pirene, può danneggiare i feti in formazione, mentre il benzene, in rappresentanza dei Composti Organici Volatili (VOC), è un sospetto teratogeno.

Infine, l’anidride solforosa può ridurre la fertilità maschile e femminile, mentre il diossido di azoto presenta una limitata evidenza di tossicità per il feto in formazione e per la fertilità femminile.

Tutti gli inquinanti citati si riscontrano a Taranto in concentrazioni elevatissime.
Nonostante tutte le chiacchere sulla bonifica e ambientalizzazione dell’Ilva, i dati  sul quartiere Tamburi tra il 2013 e il 2015 mostrano sforamenti delle concentrazioni di diossina anche quaranta volte oltre i limiti.
A novembre 2014 il dato più preoccupante: un picco di diossina di 791 picogrammi al mq (il ‘valore soglia’ per le deposizioni si attesta tra 15 e 20 picogrammi)12
Temo che tutto questo abbia qualcosa a che fare con le conclusioni della dott.ssa Raffaella Depalo, responsabile dell’U.O. di fisiopatologia della riproduzione umana del Policlinico di Bari.
I dati raccolti dalla Depalo sull’area tarantina, rilevano come l’infertilità colpisca quasi una coppia su 4 (tra il 20 e il 25% della popolazione), con una incidenza di menopausa precoce che investe il 26% delle donne.

Siete ancora così convinti/e che sia tutta colpa vostra ? (Continua)


  1. White Anglo-Saxon Protestant. 

  2. Candela S, Angelini P, Bonvicini L, et al., Progetto Moniter. Valutazione epidemiologica degli effetti sanitari – Studi epidemiologici sulla popolazione residente – Effetti riproduttivi,  2010, p. 37. Candela S, Carretta E, Baldacchini F, et al., Progetto Moniter. Valutazione epidemiologica degli effetti sanitari – Studi epidemiologici sulla popolazione residente – Studio degli effetti riproduttivi sui nati nel periodo 2007-2010, 2012, p. 32. 

  3. Candela S, Angelini P, Bonvicini L, et al., Progetto Moniter. Valutazione epidemiologica degli effetti sanitari – Studi epidemiologici sulla popolazione residente – Rischio di aborto spontaneo in una popolazione esposta alle emissioni da inceneritori per rifiuti solidi urbani,  p. 21. 

  4. Patrizia Gentilini, Rabdomiosarcoma embrionario infantile come possibile patologia “sentinella” dell’esposizione a diossine, M&B Pagine elettroniche, ottobre 2012. 

  5. Si rimanda alla bibliografia in calce a: Endometriosis Association, Endometriosis & Dioxin. Information for physicians, nurses, and other healthcare professionals, 2009, p. 10. Vedi anche: M.G. Porpora1, S. Resta, E. Fuggetta, R. Brunelli, G. Perrone, F. D’itri, P. Storelli, L. Manganaro, E. De Felip, Esposizione a inquinanti organoclorurati ed endometriosi: minireview, Giorn. It. Ost. Gin. Vol. XXXIV – n. 5,  Settembre-Ottobre 2012. 

  6. Andrea Baccarelli; Sara M. Giacomini; Carlo Corbetta; Maria Teresa Landi; Matteo Bonzin; Dario Consonni; Paolo Grillo; Donald G. Patterson Jr.; Angela C. Pesatori; Pier Alberto Bertazzi, Neonatal Thyroid Function in Seveso 25 Years after Maternal Exposure to Dioxin, Plos Medicine Journal, 29-07-2008. URL consultato il 22-04-2010. 

  7. OMS, Polychlorinatedbiphenyls: human health aspects, 2003, p. 64 

  8. Diossine e PCB bioaccumulano nel grasso umano,  e il grasso delle madri è una delle  componenti principali del latte materno. In questo modo vengono trasmessi in pochissimo tempo alla prole  le diossine e i PCB accumulati in decenni di esposizione nell’adulto, con livelli più alti di rischio dovuti sia al diverso rapporto fra peso corporeo del neonato e quantità di inquinante assorbita, sia per l’impatto dell’inquinante su un organismo all’inizio della sua formazione. 

  9. Patrizia Gentilini, Xenobiotici nel latte materno: il caso delle diossine, Relazione presentata al convegno “Origine epigenetica delle malattie dell’adulto”, Arezzo, 17/19 settembre 2010. 

  10. Turrio-Baldassarri L, Abate V, Battistelli CL et al., PCDD/F and PCB in human serum of differently exposed population groups of an Italian city, Chemosphere 2008. 

  11. L’esposizione cronica all’arsenico è causa di aborti spontanei e nati morti. E’ emersa una limitata evidenza di teratogenicità dell’arsenico negli esperimenti su animali.
    Per l’esposizione al mercurio vi è una limitata evidenza di aumento degli aborti spontanei e dei disordini mestruali nelle donne. Limitata evidenza di effetti sulla fertilità maschile. Gli esperimenti sugli animali dimostrano come l’esposizione danneggi il feto in formazione.
    Il piombo è un possibile teratogeno per gli umani. L’esposizione può avere effetti sulla fertilità maschile e femminile, danneggiare i testicoli e il feto in formazione.
    L’esposizione al rame può avere effetti sulla fertilità maschile e femminile.
    L’esposizione allo zinco potrebbe avere effetti sulla fertilità maschile (riduzione del numero degli spermatozoi).
    Il cadmio è un probabile teratogeno per gli umani. Può danneggiare il sistema riproduttivo maschile (testicoli) e il ciclo riproduttivo femminile.
    L’esposizione al manganese può danneggiare i testicoli e influire negativamente sulla fertilità maschile.
    Il cobalto può danneggiare il sistema riproduttivo maschile negli animali (diminuzione degli spermatozoi), e danneggiarne la fertilità.
    C’è una limitata evidenza degli effetti negativi sul sistema riproduttivo femminile da parte dell’antimonio.
    Fonte: Right to Know

  12. Ilva e diossina, Ambrogi Melle sollecita l’intervento del sindaco di Taranto, Inchiostro Verde, 3 agosto 2016. 

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Fertility Day https://www.carmillaonline.com/2016/09/01/fertility-day/ Thu, 01 Sep 2016 19:02:03 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=33003 di Alessandra Daniele

I politici come la Lorenzin sono una grande risorsa demografica. La loro mamma è sempre incinta.

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di Alessandra Daniele

I politici come la Lorenzin sono una grande risorsa demografica.
La loro mamma è sempre incinta.

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Cari registi, cari scrittori https://www.carmillaonline.com/2015/01/21/cari-registi-cari-scrittori/ Tue, 20 Jan 2015 23:03:09 +0000 http://www.carmillaonline.com/?p=20178 Una lettera agli autori della lettera contro il divieto di rappresentare l’uso delle sigarette nei film italiani.

di Mauro Baldrati

Tennessee-Williams-by-Irving-PennCari registi, cari scrittori,

sulla vostra lettera liberale, che io preferirei definire libertaria, la ministra Lorenzin ha detto che non intende vietare la rappresentazione del tabagismo nei film. E’ normale, i politici di professione sono altamente specializzati nel manifestare un’intenzione negandola. Quindi facciamo finta che sia vero. Poniamo che veramente il governo intenda promulgare una normativa che vieti le riprese di attori che fumano in scena.

A questo provvedimento vi opponete fieramente, [...]]]> Una lettera agli autori della lettera contro il divieto di rappresentare l’uso delle sigarette nei film italiani.

di Mauro Baldrati

Tennessee-Williams-by-Irving-PennCari registi, cari scrittori,

sulla vostra lettera liberale, che io preferirei definire libertaria, la ministra Lorenzin ha detto che non intende vietare la rappresentazione del tabagismo nei film. E’ normale, i politici di professione sono altamente specializzati nel manifestare un’intenzione negandola. Quindi facciamo finta che sia vero. Poniamo che veramente il governo intenda promulgare una normativa che vieti le riprese di attori che fumano in scena.

A questo provvedimento vi opponete fieramente, in nome della libertà creativa e del rifiuto dell’intervento di uno stato etico/confessionale nei comportamenti privati degli esseri umani. Scrivete: “Al cinema e alla parola scritta, si dovrebbe chiedere ed esigere soprattutto di raccontare la gioia, il dolore, la grandezza, la pochezza ed il mistero di cui siamo fatti.” E’ un’affermazione condivisibile. Apprezzo, e ho apprezzato molto il vostro lavoro, scrivendo delle vostre opere su questo sito, qui, qui, qui, qui. Per me rappresentate una interessante ricerca italiana per un nuovo brand cinematografico che non teme il mainstream, ma lo usa, contribuendo a creare quella che Gramsci chiamava “una nuova letteratura popolare”, una sovranità culturale che finalmente possa liberarci dalla dura colonizzazione americana, dall’invasione di prodotti americani per gli americani e per i sudditi del resto del mondo. Poi però arriva il punto critico, il cuore nero, se così possiamo definirlo, della vostra missiva: “E se per fare questo al nostro meglio sentiremo la necessità di inondare lo schermo di nuvole di fumo, come di altre cose in fondo molto più disdicevoli, continueremo a farlo, perché questo è il nostro lavoro.”

Ecco, non posso credere che siate ancora legati a filo triplo a questi miti, a queste estetica stantìa: l’eroe che fuma una sigaretta dopo l’altra, avvolto da una nuvola azzurrognola resa ancora più fascinosa da giochi di luce raffinati, l’eroe trasgressivo. Il tempo passa, sovrano, e si porta dietro una serie di sovrastrutture che diventano obsolete, se riproposte sine-die. Da qualche parte nella Crocifissione in Rosa Henry Miller descrive un ambulatorio di aborti, nella città tentacolare. E’ una discesa agli inferi, nella pazzia e nel massacro. Oggi è una scena semplicemente grottesca, dopo le battaglie e l’approvazione della legge 194. Ma è una sovrastruttura del suo tempo, e lui è un uomo del suo tempo. Però la grandezza della sua arte, e il suo messaggio di libertà restano intatti, e lo saranno anche fra cento anni. Così il mito di Hemingway cacciatore di leoni e di elefanti. Improponibile e ridicolo. Gli elefanti vivono in pochi esemplari nelle riserve, e così i leoni. Ma Hemingway resta un grande scrittore, anche quando abbatte un leone a fucilate in uno dei 49 racconti.

Così io non ci credo. Non credo che voi intendiate negare che una parte di pubblico si identifica coi suoi eroi, li ammira, li ama, li ascolta, li imita, li trasfigura, li paragona coi fantasmi che si porta dentro, li usa per mantenere vivi i personaggi che una vita intera ha creato nella loro immaginazione, e la cui genesi fantasmagorica risale all’infanzia. E non credo che siate indifferenti alle ferite che il fumo del tabacco industriale provoca negli organismi ancora in formazione degli adolescenti che stanno iniziando il “vizio”. E in nome di cosa? Non siete di “quella” generazione, coi suoi miti e le sue pazzie: quella nouvelle vague francese anarco-comunista, che si pippava una gauloise senza filtro dopo l’altra, e se tossiva era “tossire è bello”. Il tempo cosa passa a fare? E le riflessioni, e le idee nuove, e la liberazione da tutte le schiavitù?

No. Io credo qualcos’altro. Credo che la vostra lettera sia reticente. Che contenga un falso movimento. A mio avviso la realtà vera, nascosta tra le righe, potrebbe essere la seguente (il condizionale è d’obbligo): l’affermazione – o la rappresentazione – di un evento, serve per scaricare l’ansia (o la tensione) – spesso antica, irrisolta – che questo evento crea, o evoca. Forse tra di voi ci sono dei fumatori che usano i personaggi per entrare a gamba tesa nella loro tensione privata. Negli eroi del secolo scorso, nei cavalieri fumatori di un’epica con le ragnatele, nei parrucconi di una trasgressione subalterna ai padroni del cancro, voi rappresentate una parte di voi stessi, cercate il vostro piacere, e persino la vostra assoluzione.

Infine, diciamola tutta. Chiamiamo in causa anche la tecnica: nella concatenazione delle storie c’è bisogno di pause, di soste, e l’atto di accendersi la sigaretta è un espediente narrativo utile, perché permette allo spettatore di fare uno stacco, di raccogliere le idee. Ed anche è una macchina seriale di distruzione di emozioni, che serve per restituire quel senso di straniamento che spesso è alla base di tanta ricerca artistica moderna. Per esempio, l’uso del tabagismo di Sorrentino è simile a quello dell’alcol in Carver: ossessivo, come se stordisse i personaggi, come se li smembrasse.

balthus-paris-1948-irving-pennE allora avanzo la seguente proposta, che non vuole affatto essere provocatoria: perché ai vostri personaggi-alter ego non fate fumare le canne? Otterreste almeno due risultati importanti: 1) la soddisfazione del bisogno di rappresentare l’urgenza e la rabbia, generando quella scarica di energia non più disallineata che alcuni di voi cercano nelle opere; 2) un’evoluzione della mitopoiesi, allineandola al vostro/nostro tempo, liberando voi e noi da quelle parrucche incipriate che resistono a dispetto delle battaglie e delle conquiste mentali. Negli anni ’60, quando sulle tematiche di liberazione si sapeva non tutto, ma molto, le droghe venivano raggruppate in due meta categorie: le stupefacenti e le psicotrope. Le prime erano reazionarie, violente, perché obbligavano l’utilizzatore a una dipendenza da padroni più o meno occulti. Comprendevano gli oppiacei, l’alcol, gli psicofarmaci, le anfetamine e le sigarette. Le seconde, se utilizzate responsabilmente (e questa è un’elaborazione del nostro tempo) erano invece liberatorie, perché stimolavano la creatività e la socialità. Di queste, la cannabis era la regina. Fumare le canne, come gesto, non è certo un obiettivo di vita, ma in quanto rito anche sociale può superare la ripetizione edipica dell’eterno poppare, e quindi favorire l’uscita dal sistema autoritario di “un edipo troppo grande”, come lo definiva Deleuze. Pippare le sigarette è il contrario, è un rifiuto dell’azione, è un rifugio nell’isolamento della dipendenza.

Inoltre a livello scenico potreste usufruire di un espediente tecnico ancora più raffinato dell’accensione della sigaretta, una pausa più complessa, più articolata, e non vi priverebbe di quelle nuvole di fumo fascinose che vi stanno così a cuore.

Quindi, per concludere: d’accordo sulla non opportunità di divieti, perché difficilmente si ottiene la liberazione col proibizionismo e con la censura, ma voi avete il dovere di uscire dai vostri fantasmi privati e di essere generosi, e di accettare il fatto che gli eroi di oggi possono essere tali anche senza succhiare dal capezzolo fasullo di un seno ormai spettrale.

[Foto di Irving Penn. In apertura: Tennessee Williams; all’interno: Balthus]

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