Risultati della ricerca per “dioxinity” – Carmilla on line https://www.carmillaonline.com letteratura, immaginario e cultura di opposizione Fri, 09 May 2025 06:05:47 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 #LottoMarzo come e perché partecipare allo sciopero delle donne https://www.carmillaonline.com/2017/03/03/lottomarzo-come-e-perche-aderire-allo-sciopero-delle-donne/ Fri, 03 Mar 2017 08:42:01 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=36865 Sciopero donne 8 Marzo 2017Di Cassandra Velicogna

E se le donne non lavorassero più? Cosa succederebbe? L’otto Marzo si terrà uno sciopero internazionale delle donne. I sindacati italiani hanno recentemente dato la copertura per i settori pubblico e privato, ma la mobilitazione non è dedicata solo alle lavoratrici classicamente intese. L’idea di uno sciopero delle donne è partita dalle compagne argentine, impegnate a combattere l’incremento della violenza sulle ragazze nel loro Paese e da subito ha convinto le donne polacche, già mobilitate per il diritto all’aborto e quelle di mezzo mondo. In Italia non [...]]]> Sciopero donne 8 Marzo 2017Di Cassandra Velicogna

E se le donne non lavorassero più? Cosa succederebbe?
L’otto Marzo si terrà uno sciopero internazionale delle donne. I sindacati italiani hanno recentemente dato la copertura per i settori pubblico e privato, ma la mobilitazione non è dedicata solo alle lavoratrici classicamente intese. L’idea di uno sciopero delle donne è partita dalle compagne argentine, impegnate a combattere l’incremento della violenza sulle ragazze nel loro Paese e da subito ha convinto le donne polacche, già mobilitate per il diritto all’aborto e quelle di mezzo mondo. In Italia non siamo da meno, forti di un riaccendersi del movimento femminista che già era dilagato per le strade di Roma il 26 novembre scorso.
Le ragioni della protesta italiana non sono difficili da intuire. Basta aprire un quotidiano, qualche sito ben fatto o ascoltare un radiogiornale per conoscere i fatti di cronaca. Ne cito alcuni: il femminicidio, uno dei temi caldi dello sciopero a livello globale, è ancora un fenomeno più che preoccupante, in Italia. La blanda legge sugli orfani approvata due giorni fa non deve far abbassare la guardia, in un Paese che ha visto morire una donna per mano dell’ex partner o del partner ogni tre giorni nel 2016. Anche nel caso in cui le vittime avessero denunciato atteggiamenti  violenti in precedenza…
Non a caso il coordinamento si chiama “Non una di meno”.
Il diritto all’aborto è messo costantemente in discussione dalla carenza di medici non obiettori nelle strutture sanitarie pubbliche, come approfondiva Alexik su Carmilla qualche giorno fa (Dioxinity day 3).
Si pensi inoltre a quanto sia discriminatorio il mercato del lavoro e quanto le donne siano ancora ricattabili in questo ambito. Mobbing subito dalle neomamme, disparità dei salari e precarizzazione del lavoro femminile sono fatti all’ordine del giorno. Recentemente giunto agli onori delle cronache il tragico caso di Paola Clemente, la lavoratrice dell’agricoltura pugliese che nel 2015 ha perso la vita per un salario di due euro l’ora. Senza parlare del baratro di ingiustizia in cui sono immerse le donne migranti e va dall’assenza di tutele assicurative delle badanti fino allo stupro sistematico (vedi la situazione del comparto dell’agricoltura in serra nel ragusano).
Come ciliegina sulla torta, le campagne decise a tavolino e probabilmente anche in una scatola a chiusura stagna in tema maternità del ministro Lorenzin (anche di questo se n’è già parlato su Carmilla vedi  Dioxinity Day). Siamo in un Paese in cui è facile mettere alla pubblica gogna la vittima di un sopruso come Tiziana Cantone, meno facile far condannare  lo stupratore di una bambina di 7 anni… Vedi il caso di Torino in cui un pedofilo stupratore l’ha fatta franca grazie alla prescrizione, mentre i No Tav sono processati in quattro e quattr’otto…
Si potrebbe continuare, anche per molto, ma ci sembrano già ragioni sufficienti per promuovere la mobilitazione dell’otto Marzo prossimo. Abbiamo però voluto approfondire le modalità e le tematiche di quello che in rete compare come #LottoMarzo con una delle organizzatrici bolognesi dell’evento ovvero Elisa Coco.
Dopo l’intervista, che contiene informazioni pratiche su COME  aderire allo sciopero troverete la piattaforma “8 punti per l’8 Marzo” e il link alla mappa dei punti di concentramento locali.

Ciao Elisa, grazie per aver accettato la nostra proposta di intervista.

Mi fai una panoramica sintetica delle premesse dello sciopero delle donne? Mi riferisco in particolare al 26 novembre 2016 e alla due giorni di Bologna, che si è tenuta  il 4 e 5 Febbraio scorso.

Lo sciopero globale delle donne, nella sua articolazione italiana, nasce da due processi che si sono intersecati: da un lato la mobilitazione internazionale femminista che, come un’onda, sta attraversando interi continenti, dall’Europa all’America, dall’altro lo specifico percorso italiano che, dopo quasi 10 anni, riconnette su una dimensione nazionale il lavoro che migliaia di attiviste femministe hanno continuato caparbiamente a portare avanti nei propri contesti territoriali, con un processo  inaudito di messa in rete, allargamento e coinvolgimento. E proprio dal percorso internazionale, dall’energia che ci ha trasmesso, credo che prenda linfa lo slancio di passione politica che il movimento contro la violenza maschile sulle donne e contro tutte le forme di violenza di genere sta vivendo nel nostro paese. Il 26 novembre le strade di Roma sono state attraversate da una delle più grandi mobilitazioni di piazza degli ultimi anni: 200.000 donne, con qualche migliaio di uomini, incazzate e coloratissime, totalmente autorganizzate da ogni città e ogni provincia del paese, hanno dato vita a una bellissima proliferazione di pratiche creative di piazza e comunicative. E il giorno successivo in oltre mille ci siamo riunite per iniziare una avventura ambiziosa: scrivere insieme un piano femminista antiviolenza. Per farlo ci siamo divise in 8 tavoli di lavoro, che hanno prodotto una prima traccia di elaborazione del piano femminista con l’individuazione delle priorità e linee politiche per ogni tavolo, confluite nella piattaforma “8 punti per l’8 marzo” [lo potete leggere dopo l’intervista]. Da qui ripartiremo il 9 marzo per proseguire il lavoro, con l’obiettivo di arrivare alla stesura definitiva del piano entro giugno, in modo da iniziare una stagione di conflitto con il governo prima dell’approvazione della nuova legge sulla violenza, in calendario prima dell’estate.

Questo nasce come uno sciopero politico: come si sciopera in pratica #LottoMarzo?

Lo Sciopero dell’8 marzo è una scommessa: è uno sciopero politico che però vuole configurarsi pienamente e concretamente come sciopero reale. Tutte noi ci stiamo impegnando, con assemblee nei luoghi di lavoro e negli spazi pubblici, volantinaggi, collaborazioni con i sindacati che hanno accolto il nostro appello a indire lo sciopero, per far sì che le donne si astengano concretamente dal lavoro produttivo, cioè aderiscano allo sciopero e non si presentino al lavoro nella giornata dell’8 marzo, in nessuna fascia oraria.  Inoltre chiediamo  di astenersi anche dal lavoro riproduttivo, dalle mansioni di cura, e da tutte le forme di lavoro socialmente attribuite alle donne: fare la spesa, pulire la casa, accudire i figli, prendersi cura di malati ed anziani. Quel giorno ogni donna che sarà in sciopero potrà scegliere il suo modo di rendere visibile la  propria astensione dal lavoro riproduttivo, appendendo la matrioska di Non Una di Meno alla propria finestra, spegnendo tutti gli elettrodomestici, facendo circolare in rete un video autoprodotto per spiegare #ScioperoPerché, ma soprattutto  scendendo fisicamente in piazza, perché i nostri corpi possano davvero occupare lo spazio pubblico, insieme.

Lo sciopero ha copertura sindacale? E chi non può scioperare dal lavoro, ma aderire a suo modo, cosa può fare?

Alcuni sindacati di base (Usi, Slai Cobas per il sindacato di Classe, Cobas, Confederazione dei Comitati di Base, Usb, Sial Cobas, Usi-Ait, Usb, Sgb) hanno proclamato per l’8 marzo lo sciopero generale di 24 ore. Flc-Cgil, la federazione dei lavoratori della conoscenza della Cgil, ha convocato lo sciopero per 8 ore. Questo garantisce la copertura sindacale per tutte e tutti, indipendentemente dall’iscrizione a qualunque sindacato. Chi ha forme di lavoro non tutelate o in nero può comunque cercare dei modi  di sottrazione dal lavoro, o di visibilizzazione della propria adesione, e, oltre alle iniziative che copriranno il consueto orario lavorativo, in tutte le città in maniera coordinata ci siamo date appuntamento alle 18 organizzando dei cortei notturni, proprio per favorire la partecipazione di tutte. E’ importante essere in piazza, per questo chiediamo a tutte le donne di “forzare” anche la propria consueta organizzazione familiare: chiediamo, e un po’ anche imponiamo, agli uomini che fanno parte delle nostre reti di cura di supportarci accollandosi per quel giorno tutte le mansioni riproduttive. È anche questa una forma di sciopero dal genere, visto che, nella divisione sessuale del lavoro, la cura è storicamente appannaggio femminile. L’8 marzo le donne, ma anche lesbiche, trans, gay e persone di genere fluido, possono scioperare anche sabotando tutte quelle forme con cui i nostri generi vengono continuamente messi a valore: rifiutarsi di riprodurre, ad esempio, l’accondiscendenza, l’accoglienza e la seduzione come “doti femminili”, o mettendo in discussione i dispositivi aziendali di diversity management.

La manifestazione delle donne quest’anno sarà “glocale”, passami il termine cacofonico. Nel senso che se non erro l’idea per una mobilitazione per la festa della donna è partita dall’Argentina e si è diffusa in tutto il mondo, ma ognun* potrà farlo sotto casa, nella propria piazza. A chi vorresti che arrivassero gli slogan gridati qui, in Italia?

Il termine in effetti è cacofonico ma efficace: l’iniziativa è stata lanciata dalle femministe argentine e di tutto il centro e sud america insieme alle compagne polacche e irlandesi: si sta davvero lavorando alla costruzione di una rete internazionale, con scambi quotidiani attraverso i social network ma anche incontri fisici. Però la sua realizzazione, almeno in Italia, è localissima, perché tantissime città si stanno autorganizzando, in modo che tutte le donne e le persone che aderiranno allo sciopero possano partecipare alle iniziative organizzate nella città più vicina. Qui in Italia i nostri slogan devono arrivare a tantissime e tantissimi, quindi abbiamo proprio l’ambizione di essere in tante e di gridare parecchio forte! Il nostro progetto è decisamente rivoluzionario: vogliamo parlare di come la violenza innerva tutto il sistema sociale in cui viviamo, tutti gli aspetti delle nostre vite, e quindi parleremo prima di tutto alle altre donne,  alle lavoratrici e alle tantissime precarie il cui lavoro è invisibile o diffuso, alle persone trans, lesbiche e gay che subiscono forme spesso molto efferate di violenza di genere. Partiamo dall’autorganizzazione, e dall’allargamento della mobilitazione, per poter poi parlare, e confliggere, con tutti i soggetti che quel potere, sessista, misogino, patriarcale, lo esercitano, lo mantengono e lo riproducono.

Cosa sta cambiando? Da dove nasce la marea? I numeri e la determinazione della due giorni cosa ci dice della forza di questo movimento?

Non credo che questa marea nasca dal nulla, i movimenti femministi hanno sempre avuto andamenti carsici, ma anche nei momenti di “bassa marea”, chiamiamola così, il lavoro prosegue, anche se a minore intensità. Quello che mi sembra nuovo, in questo processo, è la ripoliticizzazione di parti importanti del femminismo, che in questi decenni hanno presidiato la questione della violenza attraverso la relazione con le donne che quella violenza l’hanno vissuta nelle loro storie concrete e singolari. I centri antiviolenza hanno subito e subiscono con sempre più forza una pressione verso l’istituzionalizzazione, che, come abbiamo visto con i consultori, neutralizza esperienze nate come pratiche di femminismo trasformandole in servizi standardizzati. Questo significa perdere il contatto con l’esperienza delle donne che hanno subito violenza, forzarne l’autodeterminazione entro percorsi standard, come quello della denuncia, in  un paese in cui tra l’altro spesso di denuncia si muore. I centri si sono ribellati e sono scesi in piazza, dando nuova linfa anche alla riappropriazione politica dei consultori. L’altro grande elemento di novità credo che sia la caparbietà del lavoro di rete e il tentativo di coniugare radicalità e allargamento delle istanze. È tutta una scommessa, ma noi ci stiamo veramente impegnando per vincerla.

Pensi che si riusciranno ad evitare le trappole di provocatori e detrattori? Non faccio esempi, ma sui giornali e sui siti di movimento si cerca di proporre una propria visione, fare dei discrimini e domande capziose. Per esempio come rimanderesti al mittente la questione degli “uomini che volessero scioperare lottomarzo”?

Gli uomini possono scioperare l’8 marzo, ma sia chiaro che chi lo fa ci aspettiamo lo faccia in due modi.  Prima di tutto partendo da sé e scioperando dal sistema di potere patriarcale che attribuisce un privilegio agli uomini cisgender, ossia tutti quegli a cui è stato attribuito un sesso maschile alla nascita e che si riconoscono in quel sesso. Questo significa che Non Una di Meno non è l’occasione per avere facili patentini di antisessismo: uno dei nostri tavoli ha affrontato proprio la questione del sessimo nei movimenti, e siamo risolute nel non fare sconti a nessuno, a maggior ragione negli spazi dove condividiamo la nostra pratica politica con gli uomini. Dagli uomini che vogliono lavorare all’interno di questo movimento ci aspettiamo una messa in discussione reale, a partire dalle proprie pratiche, nella politica così come nelle relazioni. E sicuramente non solo l’8 marzo. In secondo luogo, se il potere e la decisionalità politica, a tutti i livelli, è degli uomini, scioperare dal proprio genere significa anche fare un passo indietro, e sostenere l’autonomia transfemminista, senza nessun tentativo di sovradeterminazione:  il protagonismo quel giorno sarà delle donne e delle persone lgbtq che stanno lavorando a questo percorso da mesi, da anni, e la centralità sarà data alle pratiche che noi, tutte insieme, stiamo costruendo.

Ti faccio una domanda un po’ spinosa e me ne scuso: che differenza c’è col movimento degli anni passati chiamato “Se non ora, quando”?

Premetto che questa è una mia opinione personale, che non vuole in alcun modo offendere le donne che hanno creduto e investito nel progetto Se non ora quando, perché tra loro molte erano sicuramente in buona fede. Detto questo, io penso che la differenza ci sia e sia abissale: “Se non ora quando” era un movimento “dall’alto”, studiato a tavolino per mobilitare l’opinione pubblica in chiave antiberlusconiana, con un taglio politico spesso moralistico, bigotto e borghese. Molte di noi al tempo contestammo la divisione tra donne per bene e donne per male che quella esperienza poneva tra i propri presupposti politici. Non una di meno è un movimento dal basso, nato e alimentato dal lavoro collettivo di migliaia di donne, di centinaia di associazioni, collettivi, gruppi, forse più caotico perché appunto autorganizzato, ma, a mio parere, molto più vitale, appassionante e trasformativo. E sicuramente molto più radicale, perché non si pone a difesa della “dignità delle donne” ma chiede una trasformazione radicale della società dal punto di vista dei rapporti di genere.

Ecco il testo uscito dalla due giorni di Bologna, per approfondire quel che si è detto nei tavoli di lavoro in preparazione allo sciopero delle donne:

“8 punti per l’8 marzo. È questa la piattaforma politica formulata dalle 2000 persone riunite in assemblea nazionale a Bologna il 4 e 5 febbraio, che hanno proseguito il lavoro sul piano femminista antiviolenza e stanno organizzando lo sciopero delle donne dell’8 marzo che coinvolge diversi paesi nel mondo. I punti esprimono il rifiuto della violenza di genere in tutte le sue forme: oppressione, sfruttamento, sessismo, razzismo, omo e transfobia. L’8 marzo quindi incrociamo le braccia interrompendo ogni attività produttiva e riproduttiva: la violenza maschile contro le donne non si combatte con l’inasprimento delle pene ‒ come l’ergastolo per gli autori dei femminicidi in discussione alla Camera ‒ ma con una trasformazione radicale della società. Scendiamo in strada ancora una volta in tutte le città con cortei, assemblee nello spazio pubblico, manifestazioni creative. Scioperiamo per affermare la nostra forza. Ribadiamo ancora una volta la richiesta a tutti i sindacati di convocare per quella giornata uno sciopero generale di 24 Ore, Non un’ora meno, e chiediamo alle realtà confederali ed in particolare alla Cgil di rispondere pubblicamente sulla convocazione dello sciopero generale.

Scioperiamo perché

La risposta alla violenza è l’autonomia delle donne

Scioperiamo contro la trasformazione dei centri antiviolenza in servizi assistenziali. I centri sono e devono rimanere spazi laici ed autonomi di donne, luoghi femministi che attivano processi di trasformazione culturale per modificare le dinamiche strutturali da cui nascono la violenza maschile sulle donne e la violenza di genere. Rifiutiamo il cosiddetto Codice Rosa nella sua applicazione istituzionale e ogni intervento di tipo repressivo ed emergenziale. Pretendiamo che nell’elaborazione di ogni iniziativa di contrasto alla violenza vengano coinvolti attivamente i centri antiviolenza.

Senza effettività dei diritti non c’è giustizia né libertà per le donne

Scioperiamo perché vogliamo la piena applicazione della Convenzione di Istanbul contro ogni forma di violenza maschile contro le donne, da quella psicologica a quella perpetrata sul web e sui social media fino alle molestie sessuali sui luoghi di lavoro. Pretendiamo che le donne abbiano rapidamente accesso alla giustizia, con misure di protezione immediata per tutte, con e senza figli, cittadine o straniere presenti in Italia. Vogliamo l’affidamento esclusivo alla madre quando il padre usa violenza. Vogliamo operatori ed operatrici del diritto formati perché le donne non siano rivittimizzate.

Sui nostri corpi, sulla nostra salute e sul nostro piacere decidiamo noi

Scioperiamo perché vogliamo l’aborto libero, sicuro e gratuito e l’abolizione dell’obiezione di coscienza. Scioperiamo contro la violenza ostetrica, per il pieno accesso alla Ru486, con ricorso a 63 giorni e in day hospital. Scioperiamo contro lo stigma dell’aborto e rifiutiamo le sanzioni per le donne che abortiscono fuori dalle procedure previste per legge a causa dell’alto tasso di obiezione: perché ognun* possa esercitare la sua capacità di autodeterminarsi. Vogliamo superare il binarismo di genere, più autoformazione su contraccezione e malattie sessualmente trasmissibili, consultori aperti a esigenze e desideri di donne e soggettività LGBTQI, indipendentemente da condizioni materiali-fisiche, età e passaporto.

Se le nostre vite non valgono, scioperiamo!

Scioperiamo per rivendicare un reddito di autodeterminazione, per uscire da relazioni violente, per resistere al ricatto della precarietà, perché non accettiamo che ogni momento della nostra vita sia messo al lavoro; un salario minimo europeo, perché non siamo più disposte ad accettare salari da fame, né che un’altra donna, spesso migrante, sia messa al lavoro nelle case e nella cura in cambio di sotto-salari e assenza di tutele; un welfare per tutte e tutti organizzato a partire dai bisogni delle donne, che ci liberi dall’obbligo di lavorare sempre di più e più intensamente per riprodurre le nostre vite.

Vogliamo essere libere di muoverci e di restare. Contro ogni frontiera: permesso, asilo, diritti, cittadinanza e ius soli

Scioperiamo contro la violenza delle frontiere, dei Centri di detenzione, delle deportazioni che ostacolano la libertà delle migranti, contro il razzismo istituzionale che sostiene la divisione sessuale del lavoro. Sosteniamo le lotte delle migranti e di tutte le soggettività lgbtqi contro la gestione e il sistema securitario dell’accoglienza! Vogliamo un permesso di soggiorno incondizionato, svincolato da lavoro, studio e famiglia, l’asilo per tutte le migranti che hanno subito violenza, la cittadinanza per chiunque nasce o cresce in questo paese e per tutte le migranti e i migranti che ci vivono e lavorano da anni.

Vogliamo distruggere la cultura della violenza attraverso la formazione

Scioperiamo affinché l’educazione alle differenze sia praticata dall’asilo nido all’università, per rendere la scuola pubblica un nodo cruciale per prevenire e contrastare la violenza maschile contro le donne e tutte le forme di violenza di genere. Non ci interessa una generica promozione delle pari opportunità, ma coltivare un sapere critico verso le relazioni di potere fra i generi e verso i modelli stereotipati di femminilità e maschilità. Scioperiamo contro il sistema educativo della “Buona Scuola” (legge 107) che distrugge la possibilità che la scuola sia un laboratorio di cittadinanza capace di educare persone libere, felici e autodeterminate.

Vogliamo fare spazio ai femminismi

Scioperiamo perché la violenza ed il sessismo sono elementi strutturali della società che non risparmiano neanche i nostri spazi e collettività. Scioperiamo per costruire spazi politici e fisici transfemministi e antisessisti nei territori, in cui praticare resistenza e autogestione, spazi liberi dalle gerarchie di potere, dalla divisione sessuata del lavoro, dalle molestie. Costruiamo una cultura del consenso, in cui la gestione degli episodi di sessismo non sia responsabilità solo di alcune ma di tutt*, sperimentiamo modalità transfemministe di socialità, cura e relazione. Scioperiamo perché il femminismo non sia più un tema specifico, ma diventi una lettura complessiva dell’esistente.

Rifiutiamo i linguaggi sessisti e misogini

Scioperiamo contro l’immaginario mediatico misogino, sessista, razzista, che discrimina lesbiche, gay e trans. Rovesciamo la rappresentazione delle donne che subiscono violenza come vittime compiacenti e passive e la rappresentazione dei nostri corpi come oggetti. Agiamo con ogni media e in ogni media per comunicare le nostre parole, i nostri volti, i nostri corpi ribelli, non stereotipati e ricchi di inauditi desideri.

Se le nostre vite non valgono, noi scioperiamo. #NonUnaDiMeno #LottoMarzo

MAPPA delle mobilitazioni: segui il link qui sotto.

https://nonunadimeno.wordpress.com/portfolio/appuntamenti-8marzo/

Ultima nota estetica. Trovo sia meraviglioso il simbolo dello sciopero, quelle matrioske che evocano l’idea di una “reductio ad infinitum”: esprimono perfettamente il concetto di solidarietà tra donne.

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Dioxinity Day/3 https://www.carmillaonline.com/2017/03/01/dioxinity-day3/ Wed, 01 Mar 2017 04:30:56 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=36807 di Alexik

rischio-gravidanza [A questo link il capitolo precedente.]

Fin dal suo arrivo alla guida del dicastero della salute, il calo demografico che mette a repentaglio il riprodursi dell’Italica stirpe è stato al centro dei pensieri di Beatrice Lorenzin. La sua ferrea determinazione ad attivare misure di contrasto contro il declino delle nascite indotto dalla crisi è ormai sotto gli occhi di tutti. Ovviamente non nel senso di contrastare gli effetti sociali della crisi …  ma di impedire il rifiuto della maternità da parte di molte femmine indolenti e [...]]]> di Alexik

rischio-gravidanza [A questo link il capitolo precedente.]

Fin dal suo arrivo alla guida del dicastero della salute, il calo demografico che mette a repentaglio il riprodursi dell’Italica stirpe è stato al centro dei pensieri di Beatrice Lorenzin.
La sua ferrea determinazione ad attivare misure di contrasto contro il declino delle nascite indotto dalla crisi è ormai sotto gli occhi di tutti.
Ovviamente non nel senso di contrastare gli effetti sociali della crisi …  ma di impedire il rifiuto della maternità da parte di molte femmine indolenti e sciagurate.

E così, dopo il ‘successo’ del FertilityDay, il Ministero si è dato all’aperto boicottaggio di qualsiasi provvedimento teso a rendere effettiva l’applicazione della Legge 194/78 sull’interruzione volontaria di gravidanza.
Prevedo che a breve il prossimo passaggio sia quello di una bella campagna per bucare i preservativi (come in ‘Padre Vostro’, il bellissimo film di Vinko Bresan) con tanto di promozione ministeriale dello spot spagnolo della Desigual.

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E’ di questi giorni lo scontro fra il Ministero della Salute e la Regione Lazio sull’assunzione di due ginecologi destinati a garantire il funzionamento del reparto I.V.G. dell’Ospedale  San Camillo.
Per la cronaca, stiamo parlando di un reparto davanti al quale, nel gennaio 2016, le telecamere di ‘Presa Diretta‘ ripresero le donne in fila dalle 6.00 del mattino in uno squallido sottoscala esposto alle intemperie, senza neanche una sedia per quelle che fra loro si sentivano male.
Il servizio apriva alle 8.00 e metteva in palio solo 5 posti sul tavolo operatorio, perché il personale non obiettore dedicato a questo tipo di intervento non era sufficiente.
Chi rimaneva esclusa (ed erano tante) doveva tornare di nuovo alle sei del mattino del giorno dopo, per riprovarci senza la sicurezza di riuscire, ed affrontare quell’attesa snervante nell’angoscia che ‘scadesse il tempo’, quei 90 gg oltre i quali l’interruzione della gravidanza non è più concessa.
Oppure arrangiarsi in altro modo.
Russe e Ucraine tornando ad abortire in patria, a pagamento.
Le italiane partendo per la trasferta in Francia, o in Inghilterra, o in Canton Ticino, dove un terzo degli aborti effettuati riguarda donne del bel paese.
aborto-clandestinoQuelle che invece non potevano permettersi il ‘turismo abortivo’, avrebbero dovuto provvedere rivolgendosi alle classiche macellerie clandestine.
Oppure ricorrendo al sempre più diffuso ‘aborto fai da te’,  ordinando su internet l’apposito kit di farmaci per l’ulcera con effetti collaterali abortiferi, assunti in sovradosaggio e senza controllo medico. Molte ragazze sono finite in ospedale in questo modo, con emorragie spaventose.
A fronte di questa situazione vergognosa, l’unica preoccupazione del ministro della salute è stata quella di definire ‘contra legem’ le assunzioni nel reparto I.V.G. del San Camillo, facendo eco alla voce della CEI.

[Ci sono molte forme di violenza sulle donne.]

Come la pensasse Beatrice Lorenzin in materia di interruzioni volontarie di gravidanza era cosa nota.
Lo si poteva già intuire dai tempi del suo discorso di apertura  al ‘Convegno nazionale dei Cav’, i centri di aiuto del Movimento per la Vita, nel novembre 2014. Il posto giusto per un ministro di un cd governo di centro -‘sinistra’, in mezzo a gente di larghe vedute …

Movimento per la vita
…  che paragona la 194 alle leggi sulla schiavitù e ai campi di concentramento nazisti

Movimento per la vita maggio 2013a

.. e che si incontra per sgranare rosari sotto i reparti che praticano le I.V.G., come sabato scorso a Bologna, nel tentativo di colpevolizzare le donne e il personale medico.

Il ruolo che svolge il Movimento per la vita … è particolarmente importante e straordinario, troppo spesso sottaciuto e non raccontato… il ministro vi è vicino, segue e sostiene il vostro lavoro“.

Vicinanza dimostrata dalla Lorenzin anche nei fatti. Era lei il ministro della salute quando il governo Renzi sostituì per decreto alla vecchia pena di 51 di ammenda una sanzione amministrativa da 5.000 a 10.000 per le donne ‘colpevoli’ di abortire clandestinamente.
Un provvedimento infame, che colpisce le donne in base a precisi criteri di classe, dissuadendo chi avesse complicazioni dopo un aborto clandestino dal chiedere assistenza presso le strutture pubbliche per paura di una multa spropositata.
Ma chi costringe le donne a ricorrere all’aborto clandestino, se non il  sabotaggio pianificato dell’applicazione della 194 nei servizi  sanitari pubblici?

[Ci sono molte forme di violenza sulle donne.]

Nell’ottobre 2015 il Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa richiamò l’Italia al rispetto della Carta Sociale Europea, ritenendo che le difficoltà di accesso ai servizi per le I.V.G. e la discriminazione sul lavoro riservata al personale sanitario non obiettore avvenissero in violazione del trattato.

Non c’è assolutamente violazione del diritto alla salute. Alcune aziende pubbliche hanno qualche problema di criticità dovuto a questioni di organizzazione, ma siamo nella norma”, disse in quell’occasione la Lorenzin.
La ‘norma’, per lei, è quella della fila alle sei del mattino per mendicare un diritto.
E’ quella di capoluoghi di provincia come Ascoli Piceno, dove il servizio pubblico per le I.V.G. può essere del tutto inesistente perché l’obiezione arriva al 100%.
La ‘norma’ è questa …

Tabella obiettori

… con percentuali oltre l’80% in Molise (89,7 %), Sicilia (89,1%), Basilicata (88,1%), provincia di Bolzano (85,9%) e Campania (81,8 %).1

Ma come impatta questa ‘norma’ sui territori già colpiti dagli effetti teratogeni delle nocività industriali?
Come impatta nella Terra dei Fuochi, sulle donne di Acerra, Aversa, Bacoli, Caivano, Castel Volturno, Giugliano, Marcianise e Villa Literno, dove l’OMS ha riscontrato forti eccessi di malformazioni congenite. Cosa succede quando decidono di ricorrere all’aborto terapeutico?
Ad Aversa trovano il reparto chiuso, a Giugliano un solo ginecologo non obiettore, al Policlinico di Napoli 39 obiettori su 42, al Cardarelli 12 su 13.
Al Secondo Policlinico di Napoli potrebbe capitargli di concludere l’aborto terapeutico ‘fuori turno’, quando i ginecologi non obiettori hanno già staccato, come è successo a Laura Fiore:

abortire-tra-gli-obiettori‘Sono stata abbandonata a me stessa, trovandomi sola in un ambiente di tutti obiettori. Riuscivo a ricevere qualche visita solo se chiedevo ai medici che entravano nella mia stanza, per prendere qualche materiale che serviva loro per visitare le altre. Nessuno ha monitorato il mio dolore fisico, le mie perdite ematiche, la mia dilatazione; alle mie domande al riguardo rispondevano tutti in maniera elusiva…
… chiedo
[a un ginecologo strutturato] se posso avere un cesareo o l’anestesia epidurale. “Non facciamo l’epidurale in questo ospedale” è la risposta. Allora gli chiedo di essere visitata. Lui esegue e visto che con la dilatazione siamo ancora a zero, mi pratica la dolorosa dilatazione digitale. Sul momento, dato che è l’unica volta che ricevo una visita così dolorosa, mi viene da pensare che l’abbia fatto apposta a farmi male visto che, essendo sabato, il medico era sicuramente obiettore‘….2.

Lasciamo la Campania, dove perfino i portantini e gli impiegati amministrativi possono permettersi di fare gli obiettori, e scendiamo a sud attraversando lo stretto fino in Sicilia.
Già, la Sicilia.
La Sicilia è un luogo dove i medici obiettori raggiungono l’89,1% in media, ma all’ospedale Cannizzaro di Catania arrivano al 94 %. E’ lì che Valentina Miluzzo è morta con due figli in grembo. Questa è la denuncia di suo padre:

Ma il Ministero della Lorenzin sancisce che Valentina è morta di aborto, non di obiezione di coscienza.

[Ci sono molte forme di violenza sulle donne.]

Sempre in Sicilia altre donne che vivono ad Augusta o a Gela sanno che, se decidono di avere un figlio, dovranno affrontare più di altre l’insorgere di malformazioni congenite.

La costa fra Augusta e Siracusa sconta l’eredità di 60 anni di petrolchimico. Ci sono passati tutti, Moratti, l’Exxon, la Liquichimica, l’ ERG, l’Enel, l’Enichem, l’Agip …
Ne è rimasto poco: le raffinerie dell’Isab e della Esso, la centrale dell’Enel e l’impianto Archimede per l’energia solare, capannoni abbandonati e vecchi impianti arrugginiti.
E poi metalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici, policlorobifenili (pcb), amianto e ceneri di pirite nei terreni, e altri metalli pesanti, idrocarburi ed esaclorobenzene nelle acque.
E mercurio, tanto mercurio, rilasciato in particolare dall’attività dell’impianto di cloro-soda originariamente della Montedison, poi Enichem, poi Syndial (ENI).
L’impianto utilizzava un processo di separazione degli ioni di cloro e sodio col sistema a cella di mercurio perché era uno dei meno costosi, e ancor meno costoso era lo smaltimento dei residui del metallo, che venivano scaricati nei tombini e da lì finivano in mare, oppure seppelliti in discariche non idonee, falsificando i certificati di analisi dei rifiuti3.
Pratiche dall’impatto devastante sull’ambiente, sulla catena alimentare, sulla salute degli abitanti e delle generazioni future.
Nel territorio si riscontrano, oltre ad un eccesso per molti tipi di tumore4, pesanti effetti sulla riproduzione, talmente gravi da indurre la Syndial a riconoscere unilateralmente indennizzi a 101 famiglie di nati o aborti con malformazioni cerebrali (idrocefalia), spina bifida e labio/palatoschisi, nel tentativo di evitare conseguenze penali più gravi5.

petrolchimico-siracusa

Giacinto Franco, compianto ex primario dell’Ospedale di Augusta e perito nel processo contro l’ex Enichem, descriveva così la situazione: “Le malformazioni [arrivarono nel 2000] a toccare il 5,8% rispetto al 2,16 della Sicilia Orientale e al 2,12 della Sicilia Occidentale. Quando io parlo del 5,8% parlo dei casi che nascono con malformazioni, non parlo dei casi totali di malformazioni perché, per esempio, una recente indagine affidata alla ASL dalla Procura di Siracusa ha messo in evidenza che i casi di aborto ad Augusta sono aumentati di 4 volte rispetto alla media nazionale; una media che è doppia rispetto ai dati relativi all’intera provincia. Un terzo delle interruzioni di gravidanza è dovuta a malformazioni del sistema nervoso centrale del feto. È indiscussa la connessione tra inquinamento e malformazione del sistema nervoso centrale; il motivo di questa disfunzione è, infatti, l’altissimo inquinamento di mercurio e piombo presente in quest’area“.6

Un quadro per certi versi simile a quella di Gela, dove il petrolchimico che si estende a un paio di chilometri dalla città si è lasciato indietro, nella sua dismissione, idrocarburi, metalli pesanti, ammoniaca, composti organo alifatici clorurati, benzene, fosfogessi nei suoli e nelle acque.
Anche a Gela si registrano eccessi statisticamente significativi per malformazioni congenite quali difetti del tubo neurale, microcefalia, ipospadia, idronefrosi ed ernia diaframmatica7.
E anche a Gela il monopolio degli obiettori in ospedale potrebbe non rendere possibile l’aborto terapeutico sul posto.

Ci sono molte forme di violenza sulle donne. Fra queste: negargli il diritto di abortire in sicurezza, negargli il diritto di partorire in sicurezza, negargli il diritto alla salubrità ambientale, e di conseguenza il diritto alla salute (riproduttiva e non) e alla salute dei loro figli.

Il 25 novembre, nel giorno contro la violenza sulle donne, Beatrice Lorenzin ha dichiarato che “è attraverso la quotidianità degli interventi … che si può fare la differenza“. Ma non ho ancora capito se la quotidianità dei suoi interventi sia orientata ad impedire la violenza sulle donne, o ad esercitarla.


  1. Relazione Ministro Salute attuazione Legge 194/78 tutela sociale maternità e interruzione volontaria di gravidanza – dati preliminari 2013 e dati definitivi 2012 (anno 2014). Relazione Ministro Salute attuazione Legge 194/78 tutela sociale maternità e interruzione volontaria di gravidanza – dati definitivi 2013 e 2014 (anno 2015). Relazione Ministro Salute attuazione Legge 194/78 tutela sociale maternità e interruzione volontaria di gravidanza – dati definitivi 2014 e 2015 (anno 2016)  

  2. Laura Fiore, Abortire tra gli obiettori. La moderna inquisizione. Diario del mio aborto , Tempesta Editore, 2012, 182 p. 

  3. Legambiente, Lo stato dell’arte sulle riconversioni degli impianti di cloro soda in Italia, 2007, p. 22. 

  4. Eccessi di tumore del polmone, della pleura, delle vie respiratorie, eccesso di melanoma, di tumori del pancreas, della mammella e della vescica a Siracusa. Per approfondire: SENTIERI – Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento, in ‘Epidemiologia e Prevenzione’ anno 38 (2), marzo-aprile 2014, pp. 90-94. 

  5. La Syndial offre «somme di ristoro» alle donne di Augusta-Priolo che hanno abortito o partorito figli con gravi malformazioni, in ‘Epidemiologia & Prevenzione’, anno 30 (2), marzo- aprile 2006, pp.76-77. 

  6. Video intervista a Giacinto Franco, 21 novembre 2010. 

  7. Fabrizio Bianchi, Sebastiano Bianca, Gabriella Dardanoni, Nunzia Linzalone, Anna Pierini, Malformazioni congenite nei nati residenti nel Comune di Gela (Sicilia, Italia), in ‘Epidemiologia & Prevenzione’, anno 30 (1), gennaio-febbraio 2006, pp. 19-26. 

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Dioxinity Day/2 https://www.carmillaonline.com/2016/10/30/dioxinity-day2/ Sat, 29 Oct 2016 23:10:28 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=34221 di Alexik

cibi-contaminati[A questo link il capitolo precedente.]

“Alcolisti ! Fumatori ! DROGATI !!! Abbandonate le vostre abitudini dissolute e conformatevi al volere divino del ‘crescete e moltiplicatevi’! La vostra perseveranza nell’adozione di stili di vita scorretti è un attentato contro la demografia. A nulla vale l’elargizione governativa di bonus bebè, se il vostro attaccamento al vizio continua a sprofondarvi nell’improduttività spermatica e ovocitica. Emendatevi, dunque, e convertitevi al nuovo verbo salutista, per poter ritornare in piena forma ad offrir dei figli a Dio, alla Patria e all’Impero ! Cioè, [...]]]> di Alexik

cibi-contaminati[A questo link il capitolo precedente.]

“Alcolisti ! Fumatori ! DROGATI !!! Abbandonate le vostre abitudini dissolute e conformatevi al volere divino del ‘crescete e moltiplicatevi’!
La vostra perseveranza nell’adozione di stili di vita scorretti è un attentato contro la demografia.
A nulla vale l’elargizione governativa di bonus bebè, se il vostro attaccamento al vizio continua a sprofondarvi nell’improduttività spermatica e ovocitica.
Emendatevi, dunque, e convertitevi al nuovo verbo salutista, per poter ritornare in piena forma ad offrir dei figli a Dio, alla Patria e all’Impero !
Cioè, vabbè … a Dio e alla Patria. Per l’Impero ci stiamo ancora attrezzando“.

Mi suona più o meno così il tono delle infografiche del Fertility Day redatte dal Ministero della Salute: “rinuncia a Satana, alla sigaretta, alla canna e alla bottiglia!”
Eppure ho il sospetto che uniformarsi ai precetti ministeriali conduca a volte a risultati controproducenti.
Per esempio, non so se a tutti i veneti convenga abbandonare il loro proverbiale etilismo a favore dell’acqua di rubinetto.
Mi riferisco soprattutto a quelli che risiedono in una vasta zona compresa fra le province di Vicenza, Verona e Padova, dove nel 2013 un monitoraggio dell’IRSA-CNR ha rilevato altissime concentrazioni di sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) nelle acque potabili, con punte oltre i 2.000 ng/l1 (per farsi un’idea dell’ordine di grandezza, l’obiettivo di qualità fissato in Germania è di 100 ng/l).

Principale indiziata è la Miteni di Trissino (VI), ex Rimar/Marzotto2, oggi di proprietà della multinazionale Weylchem/ICIG. La fabbrica produce PFAS, usate per la produzione di tessuti idrorepellenti (goretex), imballaggi alimentari, teflon, schiume antincendio, cere per pavimenti, vernici, insetticidi, olii idraulici.
acqua-avvelenataÈ da un’area di pertinenza della Miteni che l’ARPA Veneto ha rilevato l’origine dell’inquinamento, che da lì si diffonde nell’Agno e poi, tramite gli acquiferi, si propaga ad altri torrenti (Gorzone, Retrone, Bacchiglione) ed alle fonti di approvvigionamento degli acquedotti3.

In questo modo sessantamila veneti avrebbero assunto per decenni sostanze perfluoroalchiliche bevendo acqua inquinata, cuocendoci la pasta, usandola per lavare le verdure ed innaffiare l’orto, mangiando carni, uova e pesci a loro volta contaminati.

E morendo più di altri. Secondo ISDE/Medici per l’Ambiente, in quella zona negli ultimi 30 anni ci sarebbero stati 1.300 morti in più rispetto ad altre aree della regione4. Morti in eccesso anche secondo l’ENEA per infarto, malattie cerebrovascolari, Alzheimer, Parkinson, diabete, tumori al sistema linfatico, al fegato, rene, vescica, pancreas, mammella, ovaio, testicolo, prostata5.
Una mortalità coerente con l’esposizione alle PFAS, che come interferenti endocrini alterano le funzioni e l’equilibrio degli ormoni, favorendo in questo modo l’insorgere delle patologie più varie. Effetti sulla riproduzione compresi.

acqua-avvelenataÈ un aspetto, quest’ultimo, che nella bassa valle dell’Agno non è stato monitorato, ma che è già conosciuto grazie a numerose ricerche sulle PFAS in tutto il mondo.
Dalla Danimarca al Canada a Taiwan ricercatori ed epidemiologi hanno correlato l’esposizione a PFAS ad una maggiore infertilità femminile6, al basso peso alla nascita, ai parti prematuri ed alla ridotta circonferenza cranica dei neonati7, all’insorgenza di patologie cerebrali nei nascituri8.
Una ricerca italiana ha riscontrato come le donne esposte a PFAS presentino una contaminazione dei fluidi follicolari (i liquidi che ricoprono i follicoli ovarici), con un potenziale effetto dannoso sugli ovociti9. Sempre in Italia, uno studio sul siero di 53 coppie infertili ha rilevato un livello più alto di acido perfluorottansolfonico (PFOS) rispetto al gruppo di controllo10.

Negli USA, l’Environmental Protection Agency associa la presenza di PFAS nel siero umano con i ritardi nella pubertà delle ragazze e con la menopausa precoce delle donne adulte11.
Un progetto del National Health and Nutrition Examination Survey ha stabilito un forte legame fra l’esposizione all’acido perfluoroottanico e le tireopatie femminili12, che rimanda ad un effetto indiretto sulla fertilità, vista l’influenza delle patologie tiroidee sulle alterazioni del ciclo mestruale, sul mancato rilascio dell’ovulo, sulle complicazioni in gravidanza, aborti spontanei, nascite pretermine, deficit neurologici del nascituro.
Infine, uno studio danese mostra come gli effetti sulla fertilità delle PFAS si trasmettano anche alle generazioni future, influendo sulla qualità del seme e sugli ormoni riproduttivi dei maschi esposti in utero all’acido perfluoroottanico (PFOA).13

Ce ne è abbastanza perché un Governo così preoccupato dell’integrità delle nostre funzioni riproduttive intervenga con decisione!
E infatti il Governo è intervenuto … fissando per decreto i valori soglia per l’acqua potabile a 30 ng/l per il PFOS ed a 500 ng/l per il PFOA. Cioè SETTE VOLTE SUPERIORI a quelli stabiliti negli USA, dove il limite per la somma delle due sostanze è di 70 ng/l.

Insomma: l’acqua inquinata  dalle PFAS potete bervela. Ma mi raccomando, non fatevi le canne se no rimanete sterili!
Del resto, perché preoccuparsi delle PFAS se la posizione dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), per bocca della dott.ssa Musumeci, è la seguente ?
‘Su queste sostanze non c’è una certezza su come agiscano, la IARC le ha classificate [solo] come ‘possibili cancerogeni’ (guarda qui l’intervista delle Iene). Alla faccia dei ricercatori che in tutto il mondo ne hanno dimostrato la nocività.

Dopo quella dell’ISS, un’altra dimostrazione di sensibilità istituzionale nei confronti della nostra salute – riproduttiva e non – proviene dalla Provincia di Alessandria, che ha concesso nel 2010 l’Autorizzazione Integrata Ambientale allo stabilimento di fluoropolimeri della Solvay Solexis di Spinetta Marengo (AL), permettendogli di buttare nella Bormida una tonnellata di PFAS all’anno14.
E la Bormida questa roba la porta nel Tanaro e poi nel Po, che la sparge attraverso il nord Italia fino alla foce.

tabella-pfoa

Nel percorso verso l’Adriatico le concentrazioni di inquinanti calano, sedimentandosi nei terreni, trasferendosi nelle falde, nei pozzi, nei canali di irrigazione per l’agricoltura, nelle acque di abbeveraggio degli allevamenti. E da lì risalgono la nostra catena alimentare, distribuite nei supermercati di tutta Italia.

Recentemente la Solvay ha annunciato la volontà di eliminare il PFOA dai suoi processi produttivi15. Non ho dubbi sul fatto che tale riconversione avvenga con successo.
L’Environmental Policy aziendale è sempre stata affidata a personale di altissimo livello, del calibro dell’ing. Luigi Guarracino, condannato come dirigente Solvay per il cromo esavalente nelle falde di Alessandria, inquisito come ex direttore Montedison-Ausimont per l’avvelenamento delle acque della discarica di Bussi (PE), e nuovamente iscritto nel registro degli indagati per le PFAS in Veneto, in qualità di ex A.D. della Miteni di Trissino. Una vera autorità in materia di inquinamento idrico!!!

Comunque, anche se l’immissione di PFAS dagli scarichi industriali finisse oggi, il disastro ambientale è compiuto e ci peserà addosso per decenni: le PFAS non sono biodegradabili, sono estremamente solubili in acqua e per questo si propagano facilmente16. Una volta assorbite dal corpo i tempi di dimezzamento della loro concentrazione nel sangue possono variare da 1,5 a più di 9 anni17.
L’infertilità è assicurata ancora a lungo.

Voltiamo pagina, abbandoniamo le PFAS e la pianura padana per scendere a sud, in questo nostro viaggio fra le nocività industriali e i loro effetti sulla riproduzione. Andiamoci con il ministro Lorenzin, nella Terra dei Fuochi, e sentiamo cosa dice:

Rispondendo al ministro, io credo che i Campani ‘l’abitudine al fumo’ … dei roghi tossici dei rifiuti se la toglierebbero volentieri. Ma impedire gli incendi della monnezza non è evidentemente una priorità per il collega della Lorenzin al ministero degli interni.
Quanto ai ‘tumori causati dagli stili di vita’, temo che il ministro della salute non abbia letto lo studio ‘Sentieri’, che collega la vicinanza delle discariche campane agli eccessi di mortalità per tumore al fegato, allo stomaco, al polmone, alla mammella e per i linfomi non Hodgkin18.

Anche i tumori  possono compromettere la fertilità, e non solo quelli che interessano direttamente gli apparati riproduttivi.
Questo almeno le infografiche del ministero ce lo spiegano: ‘Il 25% dei pazienti trattati con chemioterapia soffre di azoospermia (mancanza di sperma nel liquido seminale) dopo 2-5 anni dal  trattamento. Trattamenti antitumorali diffusi come la radioterapia esterna determinano un alto rischio di amenorrea (assenza di mestruazioni)’.
I rimedi previsti dal ministero consistono nella crioconservazione delle cellule riproduttive, estratte prima della chemio, e in non meglio specificate terapie ormonali e chirurgiche.
Ovviamente NON consistono nelle bonifiche della merda industriale sparsa per la penisola, in modo che magari il tumore non ti venga.
Sono i nostri corpi e le nostre vite a doversi adeguare ad un disastro ambientale dato come ineluttabile, al costo di dolorose terapie e per la felicità di chi le vende.

Ma torniamo ai Campani ed alle loro insane abitudini.
Nel capitolo precedente abbiamo disquisito degli effetti sulla riproduzione delle diossine. E vuoi che quei viziosi delle province di Napoli e Caserta se le facciano mancare ?
Vicino alle discariche di rifiuti industriali le diossine abbondano nel latte delle madri19, ed anche i maschi le portano nel sangue, assieme ai metalli pesanti. L’esposizione agli inquinanti produce nel loro liquido seminale alterazioni e frammentazione del DNA20.
Una condizione che, secondo la dott.ssa Notari del Centro Fertilità dell’ASL di Salerno, può comportare ‘problematiche sia della fecondazione degli ovociti, quindi problemi di fertilità, di concepimento, ma lo spermatozoo magari non è in grado nemmeno di supportare lo sviluppo embrionale, e quindi possiamo avere abortività. Ci sono delle ipotesi che l’associano persino all’insorgenza di tumori in fascia pediatrica“.21

Se poi, superando tutte queste difficoltà, gli abitanti della Terra dei Fuochi si ostinassero proprio a concepire, l’esito della gravidanza potrebbe non essere felice.
Lo dice l’OMS, che nel 2007 ha riscontrato una chiara correlazione tra l’inquinamento da rifiuti in Campania e l’eccesso di malformazioni congenite del sistema nervoso centrale e dell’apparato urogenitale22.

Cosa c’entra tutto questo infinito dolore con gli ‘stili di vita’?
Chi ha pagato per le responsabilità politiche e industriali del biocidio campano?23
Sulle infografiche del ministero non ci sono le risposte.

(Continua)


  1. Stefano Polesello, Sara Valsecchi, Rischio associato alla presenza di sostanze perfluoro – alchiliche (PFAS) nelle acque potabili e nei corpi idrici recettori di aree industriali nella provincia di Vicenza e aree limitrofe, IRSA-CNR, 25 marzo 2013 

  2. Il nome della Rimar era emerso negli anni ’80 anche nelle inchieste sulle navi dei veleni. Le peci fluorurate (scarti di produzione delle Pfas) del centro di ricerca Marzotto risultavano imbarcate sulla motonave tedesca Line, diretta a Port Koko in Nigeria nell’87, ed altre sostanze non identificate della Rimar comparivano anche nel carico della Zanoobia. In: Andrea Tornago, Pfas Veneto, indagini ferme in Procura da tre anni nonostante l’allarme ambientale. Accusata azienda coinvolta in navi veleni, Il Fatto Quotidiano, 7 marzo 2016. 

  3. ARPA Veneto, Stato dell’inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) in provincia di Vicenza, Padova e Verona, 30 settembre 2013, p. 48. 

  4. Le acque inquinate del Veneto, video, Repubblica.it. 

  5. Marina Mastrantonio (ENEA), Esposizione a sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) ed effetti sulle popolazioni, Relazione al convegno ‘La salute: elemento centrale per lo sviluppo sostenibile dei sistemi produttivi e del territorio’, Roma, 5 maggio 2016. 

  6. Arrivano a queste conclusioni sia le ricerche danesi che canadesi. Fei C, McLaughlin JK, Lipworth L, Olsen J., Maternal levels of perfluorinated chemicals and subfecundity, Human Reproduction, Maggio 2009, 24(5):1200-5.
    Carol Potera, Reproductive toxicology: Study associates PFOS and PFOA with impaired fertility, Environmental Health Perspectives, aprile 2009.
    M.P. Vélez, T.E. Arbuckle, and W.D. Fraser, Maternal exposure to perfluorinated chemicals and reduced fecundity: the MIREC study, Human Reproduction, marzo 2015, 30(3): 701–709. 

  7. Chen MH, Ha EH, Wen TW, Su YN, Lien GW, Chen CY, Chen PC, Hsieh WS, Perfluorinated compounds in umbilical cord blood and adverse birth outcomes, PLoS One, 2012, 7(8). 

  8. Liew Z, Ritz B, Bonefeld-Jørgensen EC, Henriksen TB, Nohr EA, Bech BH, Fei C, Bossi R, von Ehrenstein OS, Streja E, Uldall P, Olsen J., Prenatal exposure to perfluoroalkyl substances and the risk of congenital cerebral palsy in children, American Journal of Epidemiology, settembre 2014, 80(6):574-81. 

  9. Laura Governini, Raoul Orvieto,Cristiana Guerranti, Laura Gambera, Vincenzo De Leo, Paola Piomboni, The impact of environmental exposure to perfluorinated compounds on oocyte fertilization capacity, Journal of Assisted Reproduction and Genetics, maggio 2011, pp. 415–418. 

  10. La Rocca C, Alessi E, Bergamasco B, Caserta D, Ciardo F, Fanello E, Focardi S, Guerranti C, Stecca L, Moscarini M, Perra G, Tait S, Zaghi C, Mantovani A., Exposure and effective dose biomarkers for perfluorooctane sulfonic acid (PFOS) and perfluorooctanoic acid (PFOA) in infertile subjects: preliminary results of the PREVIENI project, International Journal of Hygiene and Environmental Health, Febbraio 2012, pp. 206-11. 

  11. Danish Ministry of the Environment, Environmental Protection Agency, Perfluoroalkylated substances: PFOA, PFOS and PFOSA Evaluation of health hazards and proposal of a health based quality criterion for drinking water, soil and ground water, Environmental project No. 1665, 2015. 

  12. Associazione fra concentrazione nel siero di acido perfluoroottanico e malattie della tiroide nella popolazione americana

  13. Anne Vested, Cecilia Høst Ramlau-Hansen, Sjurdur Frodi Olsen, Jens Peter Bonde, Susanne Lund Kristensen, Thorhallur Ingi Halldorsson, Georg Becher, Line Småstuen Haug, Emil Hagen Ernst, Gunnar Toft, Associations of in Utero Exposure to Perfluorinated Alkyl Acids with Human Semen Quality and Reproductive Hormones in Adult Men, Environmental Health Perspect, aprile 2013, Vol. 121/4.  

  14. IRSA/CNR, Realizzazione di uno studio di valutazione del Rischio Ambientale e Sanitario associato alla contaminazione da sostanze perfluoro-alchiliche (PFAS) nel Bacino del Po e nei principali bacini fluviali italiani. Relazione finale, 2013. 

  15. Solvay, Lavoriamo insieme guardando avanti, Spinetta Marengo 2013. Pare lo voglia sostituire col C6O4, che non è una roba propriamente innocua: vedi lettera di Medicina Democratica, Sezione provinciale di Alessandria, 19/02/15. 

  16. Francesca Malpei, Manuela Antonelli, Processi di trattamento applicabili alla rimozione di PFOS e PFOA, Relazione al convegno: I composti perfluoroalchilici nelle acque italiane. Distribuzione e rischi, Milano 22 ottobre 2013. 

  17. Accumulo ed eliminazione dei composti perfluoroalchilici: differenze fra soggetti continuamente residenti in alcune zone degli Stati uniti contaminate e quelli trasferitisi altrove. 

  18. SENTIERI – Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento: Mortalità, incidenza oncologica e ricoveri ospedalieri, 2014: Scheda sul Litorale Domizio Flegreo e Agro Aversano, pp. 67/72. 

  19. Giovannini A., Rivezzi G., Carideo P., Ceci R., Diletti G., Ippoliti C., Migliorati G., Piscitelli P., Ripani A., Salini R., Dioxins levels in breast milk of women living in Caserta and Naples: Assessment of environmental risk factors, Chemosphere, 2014, Vol. 94, pp. 76/84. 

  20. Paolo Bergamo, Maria Grazia Volpe, Stefano Lorenzetti, Alberto Mantovani, Tiziana Notari, Ennio Cocca, Stefano Cerullo, Michele Di Stasio, Pellegrino Cerino, Luigi Montano, Human semen as an early, sensitive biomarker of highly polluted living environment in healthy men: A pilot biomonitoring study on trace elements in blood and semen and their relationship with sperm quality and RedOx status, Reproductive Toxicology, Volume 66, Dicembre 2016, Pag. 1–9. 

  21. TG Leonardo del 10/10/16. 

  22. Organizzazione Mondiale della Sanità, Centro Europeo Ambiente e Salute, Istituto Superiore di Sanità, Dipartimento Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto Fisiologia Clinica, Osservatorio Epidemiologico della Regione Campania , Agenzia Regionale Protezione Ambiente della Campania, Trattamento dei rifiuti in Campania – impatto sulla salute umana, 2007. 

  23. Consigliabile in proposito la lettura di: Alessandro Iacuelli, Le vie infinite dei rifiuti. Il sistema campano, Rinascita Edizioni, 2008, 285 p., e anche quella di un paio di articoli qui e qui

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Dioxinity Day https://www.carmillaonline.com/2016/09/25/dioxinity-day/ Sun, 25 Sep 2016 01:06:55 +0000 https://www.carmillaonline.com/?p=33477 di Alexik

bacioGiustamente affossato dalle accuse di razzismo, l’opuscolo per la prevenzione della sterilità e dell’infertilità è stato ritirato dal sito del Ministero della Salute. Come è noto la copertina del pamphlet ritraeva quattro sorridenti ragazzotti WASP1, che raffiguravano ‘le buone abitudini da promuovere’, contrapposti a quattro giovani neri, rasta e bad girls intenti a farsi le canne, in rappresentanza dei ‘cattivi compagni da abbandonare’. Vano ricordare alla Lorenzin che Bob Marley – che era nero, rasta e di cannoni se ne faceva a [...]]]> di Alexik

bacioGiustamente affossato dalle accuse di razzismo, l’opuscolo per la prevenzione della sterilità e dell’infertilità è stato ritirato dal sito del Ministero della Salute.
Come è noto la copertina del pamphlet ritraeva quattro sorridenti ragazzotti WASP1, che raffiguravano ‘le buone abitudini da promuovere’, contrapposti a quattro giovani neri, rasta e bad girls intenti a farsi le canne, in rappresentanza dei ‘cattivi compagni da abbandonare’.
Vano ricordare alla Lorenzin che Bob Marley – che era nero, rasta e di cannoni se ne faceva a iosa – ha avuto 13 figli (di cui due adottati, perché la paternità non necessariamente è questione di sperma).

Vista la copertina, non oso immaginare quali perle di saggezza contenesse l’opuscolo. ‘Purtroppo’ resteremo all’oscuro del suo contenuto, ma possiamo però consolarci con i materiali del Fertility Day ancora consultabili sul sito del Ministero.

Leggendoli salta agli occhi come le infografiche siano del tutto incentrate sugli STILI DI VITA.
lorenzinIl loro messaggio prevalente è questo: le cause della vostra eventuale sterilità ed infertilità sono da attribuire alle VOSTRE abitudini al fumo, al VOSTRO consumo di alcolici, al VOSTRO uso di sostanze stupefacenti e dopanti, alla VOSTRA stazza, alle malattie che VI trasmettete quando fate del sesso.
In pratica, se rimanete sterili, la colpa è inequivocabilmente VOSTRA.

Mi suona nelle orecchie un vecchio ritornello, quello che attribuiva alle abitudine alcoliche dei veneti l’angiosarcoma epatico degli operai di Porto Marghera, al fumo di sigaretta i mesoteliomi degli esposti amianto, al consumo di crostacei l’avvelenamento da arsenico dei lavoratori del Petrolchimico di Manfredonia.
Del resto la Lorenzin non è nuova a queste operazioni: già nel 2013 aveva scaricato la responsabilità dei tumori degli abitanti della Terra dei Fuochi sui loro stili di vita (guarda il video qui).

I materiali ‘informativi’ del Fertility Day solo in ultima analisi citano frettolosamente fra le cause di infertilità i ‘fattori ambientali’, che per il Ministero consistono in ‘materie plastiche,  pesticidi e  farmaci’.
Elencati così, in maniera generica e sciatta, senza altra specificazione. Senza nulla dire su chi, come, e secondo quali logiche li fabbrica, li smercia, ve li mette nel piatto, vi induce o vi costringe a consumarli. Neanche una parola, poi, sugli inquinanti di aria, acque e suoli.
Perché resti chiaro che la colpa dell’infertilità è VOSTRA e solo alle VOSTRE insane abitudini dovrete imputarla. Non alle nocività industriali, né a chi le produce.
Comunque, visto che l’opuscolo incriminato è in via di rielaborazione, mi permetto di suggerire alla Lorenzin ed al suo staff nuove immagini sulle ‘buone abitudini da promuovere’ oltre a qualche approfondimento contenutistico.

weddingSi potrebbe per esempio cominciare dai risultati del Progetto Moniter (Monitoraggio degli inceneritori nei territori dell’Emilia Romagna) condotto dall’ARPA ER sugli otto inceneritori della regione, che a più riprese rilevano “una associazione coerente e statisticamente significativa tra livelli di esposizione ad emissioni da inceneritore e nascite pretermine”.2
Lo stesso studio “suggerisce una associazione tra esposizione a inceneritore e abortività spontanea”.3
Correlazione già rilevata in precedenza da Patrizia Gentilini, oncoematologa dell’ISDE, per le donne esposte agli inquinanti dell’inceneritore di Forlì, con un “incremento statisticamente significativo del 44% di abortività spontanea”.4
Il dato non sorprende. I più comuni inquinanti emessi dagli inceneritori sono diossine, PCB, ossidi di azoto, anidride solforosa, IPA, VOC e metalli pesanti.  Tutti hanno, in un modo o nell’altro, effetti sulla riproduzione, o in termini di alterazioni delle funzioni riproduttive maschili e femminili, o in termini di effetti sul nascituro. Vediamoli nel dettaglio.

seveso-1I legami fra l’esposizione alle diossine e lo sviluppo dell’endometriosi sono noti dal 1992, quando una serie di esperimenti (leggi: esercizi di sadismo) sulle scimmie rhesus, esposte per 4 anni al TCDD, rivelarono come “l’incidenza dell’endometriosi fosse direttamente correlata con l’esposizione alla diossina e la gravità della malattia dipendesse dalla dose somministrata”.
Studi successivi dimostrarono come le diossine inibissero la produzione di regolatori della fisiologia uterina, come attivassero processi infiammatori e di ispessimento dei tessuti dell’endometrio, come interferissero sulla sintesi e sull’azione del progesterone . Altri esperimenti sulle scimmie correlarono l’esposizione a diossina con l’aumento degli aborti spontanei5.

Per quanto riguarda gli effetti sulla prole, a 33 anni dal disastro di Seveso il monitoraggio della progenie della popolazione esposta ha dimostrato come la probabilità di contrarre alterazioni neonatali ormonali sia 6,6 volte maggiore per i nati dalle madri residenti nella zona più contaminata6.

Passando ai policlorobifenili (PCB), il parere dell’Organizzazione Mondiale della Sanità è il seguente: “Studi sugli esposti a PCBs hanno evidenziato effetti sulla motilità spermatica, crescita fetale (basso peso alla nascita, ridotta circonferenza cranica) e dello sviluppo (ridotta età gestazionale, immaturità neuromuscolare), e della funzione neurologica alla nascita (ridotta autonomia funzionale, aumento delle anomalie nei riflessi, ridotte capacità mnemoniche, ridotto indice Q.I. e difetti di attenzione)…. sono state osservate in bambini nati da madre esposte a PCB alterazioni nel numero di differenti tipi di linfociti.”7

nursery-antigasL’esposizione neonatale a diossine e PCB prosegue anche con l’allattamento8.
Sul latte materno il Ministero della Salute, così ‘attento’ alla procreazione, non dispone monitoraggi. Spesso ci hanno pensato le madri stesse, sostenute dai Comitati di base, ad automonitorarsi la qualità del latte.
Nella Taranto dell’Ilva questo genere di analisi ha rilevato alte concentrazioni di PCB, mentre a Montale (PT) le 12 molecole PCB dioxin-like riscontate nei campioni di latte materno sono risultate del tutto sovrapponibili al profilo dei PCB emessi dal vicino inceneritore9
Valori elevatissimi di PCB, al di sopra di qualunque segnalazione in letteratura, sono stati riscontrati in un campione di latte di una mamma bresciana, residente in un’area contaminata dalla Caffaro10.

Disquisendo di diossine e PCB abbiamo temporaneamente trascurato gli altri inquinanti. Presenti fra i principali componenti delle emissioni industriali, metalli pesanti quali arsenico, mercurio, piombo, rame, zinco, cadmio, manganese, cobalto, antimonio risultano come accertati o sospetti tossici per la riproduzione11.

Fra gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) il benzo(a)pirene, può danneggiare i feti in formazione, mentre il benzene, in rappresentanza dei Composti Organici Volatili (VOC), è un sospetto teratogeno.

Infine, l’anidride solforosa può ridurre la fertilità maschile e femminile, mentre il diossido di azoto presenta una limitata evidenza di tossicità per il feto in formazione e per la fertilità femminile.

Tutti gli inquinanti citati si riscontrano a Taranto in concentrazioni elevatissime.
Nonostante tutte le chiacchere sulla bonifica e ambientalizzazione dell’Ilva, i dati  sul quartiere Tamburi tra il 2013 e il 2015 mostrano sforamenti delle concentrazioni di diossina anche quaranta volte oltre i limiti.
A novembre 2014 il dato più preoccupante: un picco di diossina di 791 picogrammi al mq (il ‘valore soglia’ per le deposizioni si attesta tra 15 e 20 picogrammi)12
Temo che tutto questo abbia qualcosa a che fare con le conclusioni della dott.ssa Raffaella Depalo, responsabile dell’U.O. di fisiopatologia della riproduzione umana del Policlinico di Bari.
I dati raccolti dalla Depalo sull’area tarantina, rilevano come l’infertilità colpisca quasi una coppia su 4 (tra il 20 e il 25% della popolazione), con una incidenza di menopausa precoce che investe il 26% delle donne.

Siete ancora così convinti/e che sia tutta colpa vostra ? (Continua)


  1. White Anglo-Saxon Protestant. 

  2. Candela S, Angelini P, Bonvicini L, et al., Progetto Moniter. Valutazione epidemiologica degli effetti sanitari – Studi epidemiologici sulla popolazione residente – Effetti riproduttivi,  2010, p. 37. Candela S, Carretta E, Baldacchini F, et al., Progetto Moniter. Valutazione epidemiologica degli effetti sanitari – Studi epidemiologici sulla popolazione residente – Studio degli effetti riproduttivi sui nati nel periodo 2007-2010, 2012, p. 32. 

  3. Candela S, Angelini P, Bonvicini L, et al., Progetto Moniter. Valutazione epidemiologica degli effetti sanitari – Studi epidemiologici sulla popolazione residente – Rischio di aborto spontaneo in una popolazione esposta alle emissioni da inceneritori per rifiuti solidi urbani,  p. 21. 

  4. Patrizia Gentilini, Rabdomiosarcoma embrionario infantile come possibile patologia “sentinella” dell’esposizione a diossine, M&B Pagine elettroniche, ottobre 2012. 

  5. Si rimanda alla bibliografia in calce a: Endometriosis Association, Endometriosis & Dioxin. Information for physicians, nurses, and other healthcare professionals, 2009, p. 10. Vedi anche: M.G. Porpora1, S. Resta, E. Fuggetta, R. Brunelli, G. Perrone, F. D’itri, P. Storelli, L. Manganaro, E. De Felip, Esposizione a inquinanti organoclorurati ed endometriosi: minireview, Giorn. It. Ost. Gin. Vol. XXXIV – n. 5,  Settembre-Ottobre 2012. 

  6. Andrea Baccarelli; Sara M. Giacomini; Carlo Corbetta; Maria Teresa Landi; Matteo Bonzin; Dario Consonni; Paolo Grillo; Donald G. Patterson Jr.; Angela C. Pesatori; Pier Alberto Bertazzi, Neonatal Thyroid Function in Seveso 25 Years after Maternal Exposure to Dioxin, Plos Medicine Journal, 29-07-2008. URL consultato il 22-04-2010. 

  7. OMS, Polychlorinatedbiphenyls: human health aspects, 2003, p. 64 

  8. Diossine e PCB bioaccumulano nel grasso umano,  e il grasso delle madri è una delle  componenti principali del latte materno. In questo modo vengono trasmessi in pochissimo tempo alla prole  le diossine e i PCB accumulati in decenni di esposizione nell’adulto, con livelli più alti di rischio dovuti sia al diverso rapporto fra peso corporeo del neonato e quantità di inquinante assorbita, sia per l’impatto dell’inquinante su un organismo all’inizio della sua formazione. 

  9. Patrizia Gentilini, Xenobiotici nel latte materno: il caso delle diossine, Relazione presentata al convegno “Origine epigenetica delle malattie dell’adulto”, Arezzo, 17/19 settembre 2010. 

  10. Turrio-Baldassarri L, Abate V, Battistelli CL et al., PCDD/F and PCB in human serum of differently exposed population groups of an Italian city, Chemosphere 2008. 

  11. L’esposizione cronica all’arsenico è causa di aborti spontanei e nati morti. E’ emersa una limitata evidenza di teratogenicità dell’arsenico negli esperimenti su animali.
    Per l’esposizione al mercurio vi è una limitata evidenza di aumento degli aborti spontanei e dei disordini mestruali nelle donne. Limitata evidenza di effetti sulla fertilità maschile. Gli esperimenti sugli animali dimostrano come l’esposizione danneggi il feto in formazione.
    Il piombo è un possibile teratogeno per gli umani. L’esposizione può avere effetti sulla fertilità maschile e femminile, danneggiare i testicoli e il feto in formazione.
    L’esposizione al rame può avere effetti sulla fertilità maschile e femminile.
    L’esposizione allo zinco potrebbe avere effetti sulla fertilità maschile (riduzione del numero degli spermatozoi).
    Il cadmio è un probabile teratogeno per gli umani. Può danneggiare il sistema riproduttivo maschile (testicoli) e il ciclo riproduttivo femminile.
    L’esposizione al manganese può danneggiare i testicoli e influire negativamente sulla fertilità maschile.
    Il cobalto può danneggiare il sistema riproduttivo maschile negli animali (diminuzione degli spermatozoi), e danneggiarne la fertilità.
    C’è una limitata evidenza degli effetti negativi sul sistema riproduttivo femminile da parte dell’antimonio.
    Fonte: Right to Know

  12. Ilva e diossina, Ambrogi Melle sollecita l’intervento del sindaco di Taranto, Inchiostro Verde, 3 agosto 2016. 

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